lunedì 25 aprile 2011

IT CAME FROM OUTER SPACE #2

AC/DC - Blow Up Your Video

Informazioni
Gruppo: AC/DC
Titolo: Blow Up Your Video
Anno: 1988
Etichetta: Atlantic
Autore: ticino1

1988, anno memorabile per un giovanotto che voglia di studiare non ne aveva e la cui testa piena di fronzoli trasformava in un fanatico di rock'n'roll autodistruttivo. Questo lavoro lo fece innamorare per un lungo periodo di questa formazione proveniente dagli antipodi. Quante volte portò questa cassetta il vicino sul terrazzo, gridando "Abbassa la musica, porco Dio!"? Tante. Gli AC/DC stessi riuscirono a distruggere quell'entusiasmo.

GO-ZONE!



EDOARDO BENNATO - Sono Solo Canzonette

Informazioni
Artista: Edoardo Bennato
Titolo: Sono Solo Canzonette
Anno: 1980
Etichetta: Ricordi
Autore: Akh.

Perché "Sono Solo Canzonette"? Perché credo sia l'apice di questo artista, nel suo piccolo un album perfetto. Ogni canzone ti entra dentro e non ti lascia più, come regalandoti la voglia di restare sempre bambino dentro, con i suoi pro e i suoi contro. Un album intenso a 360 gradi, dove il divertimento e la critica dissacrante sono il motivo d'unione sia nei momenti più poetici ("L'Isola Che Non C'è") sia in quelli piu scanzonati (vero Spugna?), ma tutto mi prende in questo disco e sono orgoglioso di dirlo: fra i Diabolicum e gli Emperor, una volta ogni tanto passa anche il "Rockcoccodrillo" e non me ne pento mai; in fondo "sono solo canzonette".



:WUMPSCUT: - Bunkertor 7

Informazioni
Gruppo: :Wumpscut:
Titolo: Bunkertor 7
Anno: 1997
Etichetta: Beton Kopf Media
Autore: Leonard Z
Secondo album per Rudy Ratzinger (sic!), dj teutonico e mente alla base del suo progetto :Wumpscut:. Che dire di questo disco? Semplice... riesce nel trasmettere tutte le emozioni negative dell'uomo usando solo sintetizzatori, campioni, drum machine e voce acida. Vince là dove molti album black metal falliscono. Da avere assolutamente se volete ascoltare un album impregnato di malvagità e distruzione.







VINICIO CAPOSSELA - Ovunque Proteggi

Informazioni
Gruppo: Vinicio Capossela
Titolo: Ovunque Proteggi
Anno: 2006
Etichetta: Atlantic / Warner Music
Autore: 7.5-M

Non è questione di cuore e non è questione di mente. La straordinaria forza evocativa di Capossela, melomane col pallino delle arti (letteratura, pittura, teatro, folclore, religione, etc), è un sottilissimo confine tra emotività e pensiero, tra cultura e sensazione. Il suo "Ovunque Proteggi" porta in sé un eclettismo egocentrico centripeto che tutto divora e distilla. Quello che rimane poi è altamente poetico, catartico, commovente. Un lavoro da ascoltare tutto d'un fiato per farsi catturare. Splendido.






FRANCESCO GUCCINI - D'Amore Di Morte E Di Altre Sciocchezze

Informazioni
Gruppo: Francesco Guccini
Titolo: D'Amore Di Morte E Di Altre Sciocchezze
Anno: 1996
Etichetta: EMI
Autore: Dope Fiend

La futilità delle visioni dell'uomo, amori terminati, amori che fioriscono, il beffardo umorismo dell'esistenza, le disillusioni e i dolori di cui la vita di ogni essere umano è costellata. Cosa si può fare se non imparare a vivere queste cose come sciocchezze? In questo album Francesco Guccini, con la sua consueta acidità e il raffinato cinismo con cui da sempre si balocca, dona un agrodolce spaccato di situazioni la cui morale è soltanto una: la vita non va combattuta, ma vissuta per come si presenta, senza mai rinunciare ai propri sogni e alle proprie speranze. Un piccolo grande album che ha lasciato un segno indelebile nella mia esistenza.

...io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare e rido in faccia a quello che cerchi e che mai avrai...



FIONA APPLE - Tidal

Informazioni
Gruppo: Fiona Apple
Titolo: Tidal
Anno: 1996
Etichetta: Columbia / Sony
Autore: Mourning

Rimanere incantati da un'artista ancora ragazzina che nel 1996 pubblica un debutto di rock-pop dalle tinte blues raffinato, elegante, irriverente e istintivo? Scrivere di chi, se non di una Fiona Apple che con "Tidal" ci offre una gamma d'emozioni infinita, racchiuse in un album di cinquanta minuti nel quale brillano gemme quali "Shadow Boxer", "Criminal", "Slow Like Honey" e "Never Is A Promise". Un ascolto leggero e illuminante, carezzevole e riflessivo, così aggraziatamente melancolico da lasciare un sorriso di sovraggiunta soddisfazione sul finire. È un'opera d'arte "popular" che tanto adatta al popolo non è. Entrate in contatto con il mondo contenuto in "Tidal" e non ne potrete più fare a meno, è passione che si fa musica.


MIKE OLDFIELD - Tubular Bells II

Informazioni
Artista: Mike Oldfield
Titolo: Tubular Bells II
Anno: 1992
Etichetta: Warner
Autore: Fedaykin

Nel 1992, dopo il suo definitivo distacco dalla Virgin, Mike Oldfield decide di dare una rilettura del suo primo capolavoro "Tubular Bells", che lo aveva reso celebre venti anni prima, tentando di mantenere intatta la struttura originaria dell'opera, pur cambiandone i temi e la sonorità. Il risultato è un disco ancora a due movimenti, dai colori caldi e dall'appeal moderno, in cui Mike si distacca definitivamente, dopo "Amarok", dalla corrente Pop che aveva caratterizzato i suoi anni '80 e ritorna alle origini, riprendendo quei canoni progressivi e classici che erano stati il suo punto di forza negli anni '70. L'inglese torna qui a dimostrare le sue enormi doti di polistrumentista e soprattutto la sua capacità di parlare, coinvolgere, lasciare ammutoliti senza bisogno di parole, solo con la melodia; ogni stanza di questo disco è un'emozione diversa e la sensazione alla fine sarà quella di aver percorso un lungo viaggio. Nonostante non sia il suo lavoro più riuscito, scelgo questo album perché ha siginficato per me lo sbocciare di un grande amore nei confronti di questo artista così poliedrico; il magnifico "Live" di questo disco, girato nel castello di Edimburgo e registrato da MTV su un vecchio VHS, mi tenne incollato alla televisione per innumerevoli pomeriggi.

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FORGOTTEN TOMB - Under Saturn Retrograde


Informazioni
Gruppo: Forgotten Tomb
Anno: 2011
Etichetta: Agonia Records
Contatti: www.myspace.com/darknessinstereo
Autore: Bosj

Tracklist
1. Reject Existence
2. Shutter
3. Downlift
4. I Wanna Be Your Dog
5. Joyless
6. Under Saturn Retrograde Part I
7. Under Saturn Retrograde Part II
8. You Can't Kill Who's Already Dead
9. Spectres Over Venice

DURATA: 50:45

Pieno di diverse influenze, il quinto disco dei Forgotten Tomb, ancor più del precedente e ormai lontano "Negative Megalomania".
L'approccio non è variato molto da quando li abbiamo lasciati nel 2007, abbiamo sempre quell'ibrido indefinibile di depressive black degli esordi, doom alla Katatonia, post-punk di derivazione Joy Division, chitarre smussate secondo il trend che trova in Alcest la sua più celebre affermazione.
L'incipit ci riporta bruscamente ai Katatonia anni '90, con una vicinanza a "Discouraged Ones" che più palese non si può, ovviamente con la pur personale interpretazione del combo nostrano. Si continua poi con inserti di cantato pulito qui e là, come già disposto da "Negative Megalomania", con bordoni di sei corde che davvero sembrano usciti dalle sessioni di "Écailles De Lune" di un Alcest meno raffinato e più palustre.
Purtroppo il disco, pur nella sua indubbia varietà, risulta poco incisivo se considerato nel suo complesso, causa un songwriting incapace di lasciare il segno, con tracce che si susseguono senza imprimere alcunchè nell'ascoltatore, in una commistione di spunti che pare non trovare la propria giusta misura espressiva.
Complice di questa mancanza di carisma nel platter è sicuramente la produzione, decisamente troppo incentrata sulle distorsioni di chitarra, a discapito delle linee vocali, che risultano molto basse e confuse, e della batteria, che viene così smussata come non mai.
Certo non aiuta neanche la lunghezza: cinquanta minuti abbondanti di depressive (non più) black metal possono rivelarsi interminabili se incapaci di catalizzare l'attenzione dell'ascoltatore con le giuste corde. La sensazione è quella di un disco quasi misurato, di mestiere, con idee che spuntano ogni tanto, ma sono ancora relegate al sottobosco; unico caso azzeccato è "Joyless", che a metà disco cambia fortemente i toni (da segnalare un'impostazione vocale iniziale assolutamente identica a quella di Frode Forsmo dei Funeral dell'epoca "From These Wounds") e lascia intravedere margini di creatività. Purtroppo si tratta di un caso isolato, poichè dalla titletrack si torna sui "soliti" binari ibridi e blandi dei Forgotten Tomb degli ultimi tempi.
Dopo quattro anni, con "Springtime Depression" sempre più distante nel tempo, nel piglio e nei suoni, era lecito aspettarsi qualcosa di più.

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DESERT OF MARS - Transmission


Informazioni
Gruppo: Desert Of Mars
Anno: 2011
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/desertsofmars - http://desertsofmars.com
Autore: Mourning

Tracklist
1. Send More Gasoline
2. Dreamcrushers Inc.
3. Honor Above All
4. Strike
5. March Of The Meteors
6. Ready To Burn
7. Domatomic
8. This Time
9. 1000 Suns
10. Cities On Fire

DURATA: 37:59

Ho scoperto il monicker Desert Of Mars girovagando su internet, il trio composto da Tony Salvaggio (basso e voce), Robert (Bob) Hoff (chitarra) e Billy Garretsen (batteria) arriva da Austin (Texas) e si presenta con il primo album "Transmission".
Prendete il desert sound, shakeratelo con il grigiore ribelle di un certo sound grunge e la vivacità di scelte punk e vi sarete fatti un'idea di come suoni questo disco.
Kyuss, Fu Manchu, l'orecchiabilità dei Nirvana e potrei citare chissà quanti altri nomi come influenza per questi ragazzi, quello che è più importante è che poco meno di quaranta minuti di musica volino, c'è il piglio rock, ci sono le melodie, i ritornelli che ti vien voglia di cantare e quel buon equilibrio fra l'impatto classico del "made in California" e il subbuglio emotivo della grigia e piovosa Seattle.
La tracklist passa da un'opener dallo stile radiofonico come "Send More Gasoline" a una "Dreamcrushers Inc." che lascia più spazio alla fuga strumentale, dalla ritmica quasi seriosa di "Strike" all'atmosfera spacey che si respira in una fuzzy "March Of The Meteors" (che piacere il basso in risalto).
Più che l'arido spirito del deserto texano è un viaggio galattico creato da canzoni dai toni adombrati quello che stiamo percorrendo in loro compagnia, anche nei momenti in cui la solarità dei Fu Manchu sembra presentarsi in maniera più attiva, come avviene in "Ready To Burn", essa è inglobata all'interno della visione personale dei Desert Of Mars.
Non ci troviamo dinanzi a qualcosa d'innovativo, è però evidente che incanalino la musica in un'unica direzione, il letto su cui discenderà ha come argine la visione scura del riffing, qualità che viene rimarcata ancora una volta in "This Time" dai lievi tratti psichedelici.
La bontà di un disco valido qual è "Transmission" è il non avere filler, una prova che si porta avanti in maniera compatta offrendo una qualità livellata ben oltre una piena sufficienza e che con un paio di spunti indovinati mostra i presupposti per raggiungere vette più alte.
Del resto neanche per quanto riguarda il lato legato alla produzione c'è molto da ridire, la strumentazione è intellegibile ed equilibrata, forse un po' di spinta in più in certe occasioni avrebbe fornito quello smalto necessario a spezzare una stasi percettibile in sparuti frangenti ma parliamo sempre di un'autoproduzione e di un debutto, c'è il tempo per tali accorgimenti e le premesse fanno ben sperare per il futuro, bravi.

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ARCHITORTURE - Circle Of Aggression


Informazioni
Gruppo: ArchiTorture
Anno: 2011
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/architorturemetal
Autore: Mourning

Tracklist
1. Spare No One
2. Circle Of Aggression
3. Treachery

DURATA: 10:43

Gli ArchiTorture sono thrasher finlandesi e nascono nel 2005 con il monicker Treachery sotto il quale producono uno split con i connazionali Morg, "Doomsday Split", e due demo, "Tomb Of Mankind" e "Skeleton Transformer", dopo i quali cambiano il nome con quello odiernamente in uso e rilasciano l'ep "Thrashing Through Your Mind" nel 2009.
Sono passati due anni e si rifanno sotto con un "Promo" di tre tracce contenente appena dieci minuti ma che incarna pienamente la filosofia della band tesa ad aggredire l'ascoltatore, del combo fra le altre cose fa parte Anssi Kantola vecchia conoscenza del nostro sito per la sua militanza negli (Psychoparalysis) in qualità di cantante/chitarrista, qui in veste di batterista.
Nel foglio di presentazione lo stesso Kantola nomina gente storica e fondamentale per la scena thrash come Jim Durkin (Dark Angel), Gary Holt e Paul Baloff (ascia e singer ahimè deceduto degli Exodus), non sono nomi assolutamente tirati a caso, mettendo su infatti i brani noterete come album quali "Bonded By Blood" e "Darkness Descends" siano fra le fonti d'ispirazione riconoscibili nel songwriting fatto per lo più da un assalto battente, indiavolato, con assoli frenetici e una voce che non si distacca dal rimandare alla sfrontata e cattiva esecuzione del buon Don Doty (Dark Angel).
Agli ArchiTorture non interessa per nulla inventare o innovare, vogliono solo che il genere viva per ciò che era in passato dimenticandosi delle forme patinate e modaiole che tanto sono in voga in questo periodo, il lavoro svolto sia in fase di composizione, sia in quello di produzione, oltretutto decisamente valida, fa sì che personalmente riponga più di una semplice speranza nell'attendere il debut album.
Se è quindi questa la visione del thrash a cui siete interessati, passate sul Myspace, ascoltatene i pezzi e speriamo di ricevere notizie fresche al più presto.

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SHELLY JOHNSON BROKE MY HEART - Brighter

Informazioni
Gruppo: Shelly Johnson Broke My Heart
Anno: 2011
Etichetta: Stop! Records
Contatti: www.myspace.com/shellyjohnsonbrokemyheart
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Boy And The Pokey Town
2. Hope Like There's No Tomorrow
3. Petrinne Sonne
4. Lullaby
5. Red Sun - Black Sand

DURATA: 20:44

Ricordate film come "Stand By Me - Ricordo Di Un'Estate", "Breakfast Club", "Singles", "Alta Fedeltà" e "Empire Records"?
Sono una serie di pellicole che personalmente ricordo sì per la storia (alle volte "sempliciotta") ma ancor più per le colonne sonore, un tuffo negli anni Ottanta e Novanta: rock, grunge, shoegaze, dark, punk, c'era di tutto e ogni singolo "frame" veniva più o meno scandito da un brano che ti rimaneva in testa.
La musica guarda costantemente avanti, si digitalizza, migliora le produzioni, punta a formati sempre più accessibili e trasportabili ma non rinuncia ai forti legami col passato che dall'origine del suono sono fonti d'ispirazione.
Come la moda vive i suoi cicli, li ripercorre, è da un po' in vigore un revival rock di quel periodo fatto di malinconia e chitarre dilatate, di ritornelli che ti arrivano all'orecchio accattivandoselo e proposte orientate "popular" ma che difficilmente entreranno in una classifica per la scarsa voglia d'impegno all'ascolto che odiernamente attanaglia chi acquista musica definibile pop (sì signori anche in quel settore non è tutto uno schifo).
I Shelly Johnson Broke My Heart è in questa fascia che si collocano, la band riminese possiede un retrò sound che in modo citazionistico ricorda parecchie formazioni di quel periodo, dai Cure ai Pixies, dagli Slowdive ai My Bloody Valentine passando per Paul Weller e tanti altri che vi verranno in mente mettendo su l'ep "Brighter".
Venti minuti che racchiudono un breve quanto piacevole salto nel passato, vi sarà facile entrare in contatto con le note di questi ragazzi, la familiarità di "The Boy And The Pokey Town" con la Londra di Smith e soci sfruttando un riffing elementare e onirico, dotato di un substrato grigiastro riflessivo che da quel tocco riflessivo e incarna quello sguardo un po' nel vuoto della generazione rock energica ma contrastata.
Proprio i Pixies così evidenti nell'incedere sostenuto ma dolce di "Hope Like There's No Tomorrow", arricchita dalla deliziosa partecipazione vocale di Stefania Salvato, furono uno degli amori sonori del leader storico dei Nirvana Kurt Cobain, uno degli uomini svolta sia dal punto di vista emotivo che del concetto stesso di comporre musica.
Con "Petrinne Sonne" e "A Lullaby" c'è una lieve scarica che sveglia dal delicato e sognante, trovano spazio elementi grooveggianti, pop e tendenti al noisy e intanto un altro nome si fa strada nella folta schiera di formazioni a cui penso, gli Echo And The Bunnymen (li conoscerete, anche i più distratti ricorderanno di sicuro una "The Killing Moon" in "Donnie Darko") arrivando alla conclusione di "Brighter ascoltando "Red Sun - Black Sand" in cui l'aspetto crepuscolare/evocativo ruba abilmente la scena al resto.
Una prova che evidenzia da parte degli Shelly Johnson Broke My Heart un sincero amore per una tipologia di rock intimista ed emozionale, c'è da migliorare la pronuncia inglese, in certi momenti sin troppo imprecisa mentre musicalmente la connessione fra musicista e note tocca dei livelli d'intensità veramente alti ma a cui bisogna apportare un pizzico di personalità.
Consiglio d'inserire "Brighter" nel vostro stereo se sentiste il bisogno di rifugiarvi in un mondo che vi accarezzi, vi lasci un po' di tranquillità magari dopo aver passato una giornata frenetica, è una piccola oasi di paradiso di cui vale la pena approffittare.

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ABYSSPHERE - Shadows And Dreams


Informazioni
Gruppo: Abyssphere
Anno: 2010
Etichetta: Endless Desperation
Contatti: www.myspace.com/abyssphere
Autore: Mourning

Tracklist
1. Episode
2. Gladiator
3. Shadows And Dreams
4. Hell Without You
5. Demon Rows
6. Under The Moonlight
7. Song Of Distant Lands
8. Confession
9. As We Die (Charon cover)

DURATA: 45:10

Abyssphere? Uhm il nome non mi dice davvero nulla, non conoscevo questa band russa né tantomeno ero a conoscenza di un album, "Images And Masks", antecedente a questo "Shadows And Dreams".
Vengono presentati come un act di Melodic/Doom Death, non so se sia la definizione più adatta per una formazione matura sì ma decisamente catchy negli intenti, il metal proposto dal combo porta alla mente tanti nomi fra i quali potrei citare gli Amorphis, il goth dark dei 69 Eyes e degli Charon (non è un caso vi sia posta a fine tracklist la cover di "As We Die" proprio dei finnici) e il melodic death più spicciolo dei Dark Tranquillity, ogni singolo brano possiede un fattore derivativo costante, c'è però da dire che svolgono il proprio compito senza sbavature, "precisini", "pulitini", forse un po' troppo sdolcinati nel romanticizzare un sound già di per sè molto ammiccante.
Detta così sembra l'ennesimo platter clone privo di speranze, uno di quelli che metti nello scaffale a prendere polvere a vita, non lo è per il semplice fatto che gli Abyssphere oltre ad avere un'organizzazione solida, sia le chitarre che il comparto ritmico rasentano la perfezione nel combinare la propria spinta e dinamica, possiedono il buon gusto di utilizzare i synth come un orpello che finalmente non è solo un misero accompagnamento.
Lo strumento alterna linee vivide ad altre carezzevoli intensificando lo spessore evocativo o intimo della traccia in corso e poi, caratteristica di più acts dell'est europeo, inserisce attimi tesi al folk.
Gli Abyssphere non fanno eccezione nel contempo però lo relegano al ruolo di substrato leggero che si sposa idealmente con il complesso divenendo prorompente in un'unica occasione, nella seconda canzone "Gladiator".
Il platter offre un potpourri di soluzioni mostrando una discreta varietà: volete un brano più motivante e severo? Puntate "Hell Without You". Vi piace la parte tastieristica? "Demon Rows" è vostra.
Se avete apprezzato "Gladiator" sicuramente troverete interessante "Song Of Distant Lands" e per una visione distinta di tutto ciò che possono mettere sul piatto l'opener "Episode" vi fornirà un sommario più che soddisfacente.
L'unica pecca di "Shadows And Dreams" è il rimanere incatenato a un andazzo poco più che sufficiente e nulla più, se da un lato ci si può accontentare prendendolo per com'è (e scorre davvero bene), dall'altro in bocca il sapore amaro del "vorrei ma non posso" si fa strada e date le potenzialità degli Abyssphere si spera che la staccata in direzione di un traguardo più degno e che lasci il segno avvenga a breve termine, accasarsi nel limbo per troppo tempo può far perdere di vista l'obbiettivo, spero quindi che al più presto riescano a infilare quel quid aggiuntivo che riesca a tirarli fuori dal calderone del "sei" (e qualcosa in più) meritato ma canonico.

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MALEVOLENTIA - Ex Oblivion


Informazioni
Gruppo: Malevolentia
Anno: 2011
Etichetta: Season Of Mist
Contatti: www.myspace.com/blackmetalmalevolentia
Autore: Mourning

Tracklist
1. Ex Libris Oblivionis
2. Serment De La Corde
3. Martyrs
4. A L’Est D’Eden
5. Dies Irae
6. Dagon
7. Nyarlathotep
8. Ex Oblivion
9. La Nonnet Et L’Incube
10. La Geste Du Corbeau

DURATA: 47:20

A volte ritornano e lo fanno con giusta causa, è il caso di dirlo dato che i francesi Malevolentia si erano eclissati per ben sei anni, è dal 2005, anno in cui venne dato alla luce il debutto "Contes Et Nouvelles Macabres", che si avevano notizie incerte sulla data d'uscita del successore sino a che in questo 2011 è spuntato fuori a mo' di sorpresa "Ex Oblivion".
La line-up composta da membri ed ex di act quali Otargos, Anthennath, Diskarial, Hasserben, Apocryphe, Bleeding Solitude propone un symphonic black ispirato ai Dimmu Borgir che furono e similare per certi aspetti a quello degli olandesi Carach Angren, aspetti retrò sono evidenziati in un riffing arrembante, veloce e tagliente nella sua compattezza che sa molto di nineties, capace di ricreare atmosfere cineree grazie a melodie e dissonanze ritualistiche e che trova naturale e liberamente malsano sfogo nella vocalità suadente ed incantantrice delle corali liriche quanto in quella affascinantemente maligna della cantante Spleen.
Le due tracce che incarnano al meglio la coniugazione del sinfonico atmosferico con le partiture black sono "Dagon", caratterizzata da aperture dall'incedere raw andante e indovinate linee di canto lirico che si stagliano dalle retrovie, e "Nyarlathotep", dotata di un intro "horrorifico" dal quale a breve si scatenerà una mitragliata di blast e un ritmo in stile marcia mortuaria scandito da continue rullate per poi di colpo dilatarsi lasciando spazio alle divagazioni ampie dei synth a supporto ricordando posizioni e scelte del periodo di "Spiritual Black Dimension" dei norvegesi.
I Malevolentia si esprimono al meglio nel momento in cui la proposta si adopera a favore del sinfonismo e della melodia in genere, l'arrembare coadiuvato da questi due fattori rende "Nonne Et L'Incube" un altro pezzo degno di menzione.
"Ex Oblivion" è un disco che suona "familiare" perché la sua genetica convive con quel flavour oscuro della metà anni Novanta, "Martyrs" e la conclusiva "Le Geste Du Corbeau" rimembrano in alcune occasioni "Enthrone Darkness Triumphant" e lo strumentale "Dies Irae" è situato al posto più adatto per spezzare i ritmi e fornire una pausa al lieve cambio di rotta sonora successivo.
Le composizioni sono fluide, gli arrangiamenti filano a dovere e se la pecca più grave è imputare un dejà vù (sì non c'è ombra di dubbio che i Dimmu abbiano messo lo zampino, è però altrettanto vero che questi francesi sanno il fatto loro) che se vogliamo è un "male" a dir poco inevitabile, penso la possano scampar liscia senza troppi problemi.
Un disco come "Ex Oblivion" mostra che per i Malevolentia un certo modo di fare symphonic non è morto, direi più che altro ch'è stato sotterrato dalle pacchianate che gli stessi promotori dello stile hanno enfatizzato nel corso degli anni sino alle ultime cadute rovinose.
Ascoltare prestazioni simili mi fa credere che anche se il black sta diventando sempre più un circo in cui i leoni sono ormai sostituiti dai troppi clown dell'ultima ora, ci sia ancora gente che si sbatte usando il senno, vi consiglio vivamente di dare una possibilità a quest'album.

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DEGRADATION - Juggernaut


Informazioni
Gruppo: Degradation
Anno: 2011
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/degradation666
Autore: Mourning

Tracklist
1. A Necessary Evil
2. Juggernaut
3. The Reckoning
4. Rise To Fall
5. Trail Of Sin
6. Executioner... Slayer Of The Light (The Crown cover)
7. Degradation
8. Thrill Of The Kill

DURATA: 30:36

Trenta minuti, solo trenta minuti di puro thrash, questo è ciò che viene racchiuso in "Juggernaut", debutto dei Degradation.
I ragazzi di Chicago offrono una buona prova ricca di brani coinvolgenti e già con l'opener "A Necessary Evil" piazzano la prima hit, ritmo che mantiene il numero di giri motore ben alti, cadenza perfetta per l'headbanging.
Le influenze indicate da loro stessi come fonti primarie del sound (Metallica, Megadeth, Testament, The Haunted e The Crown fra le altre) sono chiaramente distinguibili, nello scorrere della tracklist, ogni pezzo ha però una caratteristica che lo rende appetibile, sia il refrain molto heitfieldiano di "Juggernaut", la virata più tecnica di "The Reckoning" dove il riffing diviene più intricato e spesso nelle melodie o il vigore e la velocità sprigionati da "Rise To Fall" e "Trail Of Sin", sono piccole doti che sommate fanno di un album come "Juggernaut" una salutare e piacevole prova del genere.
Alla sesta traccia m'imbatto in un dono inatteso: "Executioner... Slayer Of The Light" è quella che ritengo una delle canzoni fondamentali della discografia degli svedesi The Crown, contenuta in un gioiello come "Deathrace King" è adrenalina, un pugno in pieno volto senza preavviso, non è per nulla semplice riproporla conferendole la grinta di Johan Lindstrand e il tocco di Marko Tarvonen, la versione dei Degradation si rivela degna d'ascolto con scapocciata annessa.
Il discorso viene portato a conclusione prima con "Degradation", ancora sulla scia della violenza svedese antecedente con un pizzico di The Haunted, e successivamente con "Thrill Of The Kill" che fa sgorgare una palese anima megadethiana.
Alex e Mike, le due asce, fanno tutto ciò che è necessario per immettere i brani sui binari più consoni, si tratti di spingerli puntando su velocità repentine, groove o accorgimenti lievemente più ricercati.
La sintonia fra i chitarristi è uno dei punti chiave per la più che discreta riuscita di questo disco, Alex ricopre anche il ruolo di cantante, non gode di una grande varietà nel proporsi ma è sempre sul pezzo in modo adeguato.
I Degradation sono coperti in tutti i reparti, le basi di Steve e Joe assicurano il dovuto supporto in quanto a consistenza completando un quadro rassicurante, certo è che una produzione un po' più nitida avrebbe giovato alle tracce per esaltarne la scorrevolezza e il piglio alquanto genuino.
Qual è la pecca di "Juggernaut"? Che dura troppo poco, un problema la cui soluzione non è però complicata, basta ripremere "play" è il gioco è fatto, se amate il thrash un platter simile non potrà che essere una gradita compagnia.

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MEPHISTO / THE TRUE ENDLESS - Too Evil And Sick



Informazioni
Gruppo: Mephisto / The True Endless
Anno: 2007
Etichetta: Vomitium Niger Prod. / Ordo MCM
Contatti: www.myspace.com/thetruemephisto - www.myspace.com/thetruendless
Autore: Leonard Z

Tracklist
Mephisto (Ita)
1. Hordes Of Hell

The True Endless
2. Ode Alla Morte Nera Pt. I
3. Ode Alla Morte Nera Pt. II

DURATA: 12:00

Primo split in sette pollici per la coppia di band nostrane Mephisto e The True Endless. A quanto pare questi due gruppi hanno davvero molto feeling reciproco, dato che a questo seguirà un altro split nel 2010 intitolato "Too Heavy For Hell". Partiamo con i napoletani Mephisto: "Hordes Of Hell" è una canzone thrash sulla scia dell'eredità lasciata dai primissimi Bathory. Sound molto schietto, registrazione in presa diretta, attitudine anni '80. Un bel pezzo per chi ama il genere (come me!). Dall'altro lato invece abbiamo i novaresi The True Endless che ci propongono un black più canonico, con blast beat, chitarre ronzanti in stile norvegese, testi in italiano. Non conosco i The True Endless, ma devo dire che, sebbene il loro primo pezzo sia valido dal punto di vista del songwriting (il secondo è una sorta di nenia chitarristica ripetitiva che sa più di outro che di canzone vera e propria), ho trovato la prestazione del batterista decisamente sottotono, come se il brano fosse stato registrato di corsa, una sorta di "buona alla prima", quando invece si percepiscono notevoli sbagli e incertezze durante l'esecuzione. Se non state attenti alla qualità della registrazione e in alcuni casi nemmeno alla tecnica, ma all'attitudine, questo split fa per voi, altrimenti soprassedete. Anche l'aspetto grafico dello split è in linea con i pezzi: foglio monocromatico fatto un po' "alla cazzo" con disegno di corvo inchiodato. Devo dire che mi ha fatto molto effetto la discrepanza tra questa uscita e quella dei Dolcinian, anche loro sotto Ordo MCM. Se l'etichetta ha posto una grandissima attenzione sulla veste grafica e sulla qualità del 7 pollici dei Dolcinian (a colori, gatefold, con una resa sonora marcissima e d'impatto) non sembra assolutamente aver fatto lo stesso per questo split. Spero che la Ordo MCM si assesti sulla produzione ai livelli di Dolcinian e non a quelli di questo split per quanto riguarda artwork e aspetto grafico.

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ANGEL OF DAMNATION - Carnal Philosophy


Informazioni
Gruppo: Angel Of Damnation
Anno: 2011
Etichetta: Kneel Before The Master's Throne Records
Contatti: www.myspace.com/angelofdamnationdoom
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Doomed Forevermore
2. I'll Drink From The Chalice Of Blood
3. Bow Before The Goat
4. Into The Coven Of The Damned
5. Enthrone The Flesh
6. Cleansed In The Fires Of Satan

DURATA: 37:01

Chiunque segua il Doom (anche solo in maniera distratta e poco approfondita) si sarà certamente reso conto dell'enorme quantità di prodotti usciti negli ultimi tempi. E onestamente bisogna dire che raramente la qualità è stata scarsa.
Gli Angel Of Damnation sono un trio tedesco che arriva quest'anno al traguardo del primo full, dopo un demo e uno split con i Don Juan Matus.
"Carnal Philosophy" è un album che si potrebbe definire con una sola parola: classico.
In brani come "Doomed Forevermore" (che sembra uscita da "Epicus Doomicus Metallicus" con venticinque anni di ritardo) e "Into The Coven Of The Damned" sono le influenze e i sentori epici di Candlemass e Solitude Aeturnus quelli che saltano palesemente all'orecchio, mentre in "Bow Before The Goat" spunta una vena maggiormente orientata vero l'Heavy che mi ha ricordato in parte i Mercyful Fate, soprattutto per quanto riguarda quell'alone demoniaco che permeava le composizioni dei danesi.
Il vero fulcro dell'album è però il credo oscuro che piantò i semi per il Doom, quel monumento empio che veniva portato in trionfo da maestri come Black Sabbath, Pentagram e Saint Vitus. Pezzi quali "I'll Drink From The Chalice Of Blood", "Enthrone The Flesh" e "Cleansed In The Fires Of Satan" (nella quale è tra l'altro presente una parte solista tanto classica quanto goduriosa), infatti, gli Angel Of Damnation omaggiano pesantemente i pezzi di storia che ho appena citato, ammantandosi di quell'aura funesta tanto cara a chi ama questo stile.
Le prove strumentali sono ben assemblate, il riffing è corposo, i pattern di batteria sostengono bene le composizioni e la voce di Gerrit Mutz (già cantante nei Dawn Of Winter) fa il suo mestiere egregiamente ricordando forse a tratti una sorta di Johan Langquist più roco. Tutto sommato anche la produzione è buona, sebbene forse a volte alcuni volumi avrebbero potuto essere livellati meglio, ma c'è da dire che sono considerazioni che non influiscono su un giudizio finale assolutamente positivo.
Gli Angel Of Damnation hanno sfornato un debutto che, lungi dall'essere un album tributo, ricalca con maestria quelle che sono le orme tracciate da chi questo genere l'ha creato e reso grande.
Chiunque quindi annoveri fra le proprie grandi passioni il Doom di stampo classico non dovrebbe snobbare questo "Carnal Philosophy", anzi.
Il disco è assolutamente ottimo e se il gruppo saprà mantenersi su questi standard potrà senza dubbio offrire soddisfazioni di gran spessore ai seguaci di questo filone musicale.
Io il loro nome me lo sono già appuntato!

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NO FORGIVENESS - Divine Tragedy

Informazioni
Gruppo: No Forgiveness
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/noforgivenessinsanearea
Autore: Mourning

Tracklist
1. Overture
2. Everybody
3. N-Crypt (feat. Moontear from Circus Of Damnation)
4. K-Time
5. In The Name Of Shit
6. Pandora (feat. Dusk Soprano from Chrysalys)
7. Natural Born Sinners
8. 0-8-0 (The Divine Tragedy)
9. Hidden Truth
10. Dance With The Devil
11. Anthem
12. The Falling Page (feat. Pi Greco from Digitalis Purpurea)

DURATA: 46:30



Il duo torinese dei No Forgiveness formato da Holy Smoke e Celesh, rispettivamente voce e chitarra e in egual misura fautori della componente elettronica del progetto, giunge al terzo album, "Divine Tragedy", continuando a seguire il modello del concept.
Il titolo non poteva che preannunciare un'opera legata all'esplorazione di più "mondi" (come non immaginare il viaggio di Dante attraverso i tre livelli post-terreno) tributando il sommo poeta con estratti recitati della composizione del 1300 a fare capolino in "Overture" e nella conclusiva "The Falling Page", alpha ed omega del platter.
Il genere in sè non è definibile e catalogabile in una precisa direzione, ebm, industrial, dark, gothic e horror metal vengono sapientemente inseriti in una pignatta che ribolle continuamente, il disco ha una forte inclinazione catchy e non esula dallo sfruttare trovate "danzerecce" vedasi il sampler di "Rock This Party", pezzo di Bob Sinclair incastonato in "Everybody".
Non fatevi ingannare però dall'apparenza, i due musicisti possiedono una vena particolarmente ispirata che permette loro di dar vita a melodie di una decadenza lucida non di poco conto, è la parte centrale del platter a godere degli spunti migliori, un filotto che va da "In The Name Of Shit" sino a "0-8-0 (The Divine Tragedy)" fra picchi elevati di fascino malsano e fraseggi strumentali carichi d'impatto evocativo, buono da questo punto di vista l'apporto in "Pandora" di Dusk Soprano cantante dei Chrysalys nell'impostare la corale lirica su un riffato corposo.
Nella biografia si parla d'influenze mansoniane, da parte di Trent dei N.I.N. e Rammstein, il primo è presente forse nel modo d'impostare le scelte più enfatizzate, tra metallizzazioni, atmosfere sinistre e una moderna voglia di dancefloor gotico, nomi come Ministry, Rob Zombie e Deathstars non mi sento di escluderli come papabil riferimenti, ciò non fa altro che alimentare il mio pensiero già positivo su una realtà che ha escogitato il modo di far rientrare nel proprio operato una gamma ampia di varianti orchestrate corettamente e fornendo loro una produzione adeguata nel supportarne le movenze di "Divine Tragedy".
I No Forgiveness sono sicuramente adatti a chi segue la scena industrial, ebm e alternative, è anche vero che un disco simile può essere considerato una "fuga" piacevole di tanto in tanto anche per chi come il sottoscritto ha preferenza per altre tipologie d'ascolti, provate a indossare il "vestito scuro" di questi ragazzi e vedete se la taglia fa per voi.

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CURSE - Void Above, Abyss Below


Informazioni
Gruppo: Curse
Anno: 2011
Etichetta: Schwarzdom Productions
Contatti: www.myspace.com/blackmetaleldur
Autore: Mourning

Tracklist
1. Desecrating The Divine Trinity
2. Void Above, Abyss Below
3. The Mad Sheperd
4. Infernal Visions
5. I'm The Dead Guy
6. Red Is The Deepest Black
7. Painting The Devil On The Wall
8. Hour Of The Skull
9. Priests Of The Underworld

DURATA: 35:56

I Curse sono un altro progetto di Eldur conosciuto anche come mastermind della creatura "Fortíð", con questa formazione si allontana dal viking e dall'atteggiamento epico della proposta che ha caratterizzato la trilogia "Völuspá" per dedicarsi alla parte più rozza e primordiale del genere.
E' in compagnia del batterista D. Theobald che da luce a questo terzo capitolo, "Void Above, Abyss Below", i cui riferimenti musicali sembrano essere più che altro Hellhammer e Darkthrone, spunta poi fuori ogni tanto qualche traccia dei Satyricon della versione black'n'roll ma si parla di una release decisamente sporca, più affine ai primi nomi citati come peculiarità e grettezza.
I brani sono semplici, il processo compositivo è stato alquanto istintivo, l'album è stato scritto e registrato in poco più di un mese con metà d'esso completamente incentrato sull'improvvisazione, è quindi una release genuina e "pura" fino all'osso, per certi aspetti tendente a una jam-session da sala prove che pur mostrando di possedere dei limiti in quanto a personalità e struttura, è capace di offrire anche dei buoni momenti, ci sono infatti un paio di canzoni, iniziando proprio dalla mid tempo "Void Above, Abyss Below", che svolgono il proprio compito senza intoppi particolari.
Siano i momenti in cui "rotolanti" ci dan sotto come avviene in "The Mad Sheperd" oppure quelli più atmosferici, vedasi "I'm The Dead Guy" e la conclusiva "Priests Of The Underworld", i Curse sono coscienti di muoversi su un terreno pestato, battuto e rivoltato ormai all'inverosimile, con un pizzico di mestiere e qualche breve parentesi maggiormente melodica, esempio ne sono "Painting The Devil On The Wall" e la successiva "Hour Of The Skull", portano a casa il risultato.
La produzione per quanto sia ruvida e non proprio perfetta non crea fastidi particolari alla strumentazione, per fortuna hanno avuto il "buongusto" di evitare riferimenti a certe prove registrate in stile demo anni Novanta solo perché fa figo.
Non vi cambierà la vita "Void Above, Abyss Below", è però un disco dotato di un alone scuro e di riff che i cultori della vecchia scuola difficilmente potranno non apprezzare, sulla longevità della sua esistenza negli stereo qualche dubbio si pone, sarà il vostro gusto a dare ai Curse la possibilità di vivere o meno fra i lavori che ritenete degni, provarli però non vi costa nulla.

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BENIGHTED - Asylum Cave


Informazioni
Gruppo: Benighted
Anno: 2011
Etichetta: Season Of Mist
Contatti: www.myspace.com/brutalbenighted
Autore: Advent

Tracklist
1. Asylum Cave
2. Let The Blood Spill Between My Broken Teeth
3. Prey
4. Hostile
5. Fritzl
6. Unborn Infected Children
7. The Cold Remains
8. A Quiet Day
9. Shadows Descend
10. Swallow
11. Lethal Merycism
12. Drowning

DURATA: 45:03

I francesi hanno una particolare dedizione alla qualità, in qualsiasi tipo di musica decidono di buttarsi lo fanno dopo aver masticato con modestia i migliori che li hanno preceduti. E' questa un'ottima maniera di superare la marea nera che inquina la scena contemporanea. Spesso si notano band che si precipitano a scrivere senza avere dimestichezza di un genere di cui bisogna avere padronanza assoluta, ma non è il caso dei Benighted. Padronanza assoluta è la definizione perfetta per questo sesto album di un gruppo attivo da ben undici anni che fin dalle prime release ha dimostrato di essere valido. L'album parte subito in quinta con la title-track "Asylum Cave", una sfuriata brutal death/grind che non atterrisce l'ascoltatore, il loro è infatti un brutal molto assimilabile anche dai non avvezzi al marciume, il caratteristico ritmo molto sostenuto contribuisce, insieme a delle voci scream e growl mai troppo incazzose, a dare vita ad un metal estremo tutto da calvalcare col pensiero.
Dopo un solo che sembra tutto dedicato agli Autopsy di "Severed Survival" ce ne buttano un altro melodico ma originale tornando senza dispiacere al macelloso rituale canonico mordi-spolpa-rutta.
Durante il rituale i ragazzi fanno anche rallentare un po' la corsa con "Hostile", pillola sanguigna di tre minuti, la traccia inoltre si conclude con acuti urli che si stagliano su melodici sfondi disegnati dalle chitarre.
Ogni pezzo sa dove deve mirare e fa sempre centro, chi cerca sangue rappreso immerso nel quale possa affogare non rimarrà soddisfatto dalla proposta di questi Francesi, chi invece è in cerca di qualcosa di meno serioso e più equilibrato tra death metal e grindcore avrà tra le mani uno dei migliori cocktail reperibili al momento.
I Benighted fanno di pig squeal, guttural, growl e scream la loro arma migliore, il blast beat e le ritmiche delle chitarre accompagnate da un instancabile ma troppo nascosto basso li fanno muovere con stabilità e velocità in quella che è una delle battaglie più memorabili del 2011, già, perchè con loro si ha proprio la sensazione di essere "in guerra", dalla parte dei vincitori.

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MESMERIZED - Antihuman Inferno


Informazioni
Gruppo: Mesmerized
Anno: 2011
Etichetta: Wydawnictwo Muzyczne Psycho
Contatti: www.myspace.com/mesmerizedbringerofdoom
Autore: Mourning

Tracklist
1. Hymns Of Detestation
2. Meteorian
3. Endless Streams Of Consciousness
4. Factory Of Death
5. Antihuman Inferno
6. Eternal Solitude
7. The Sound Of The Black Waves
8. Fed By Fear
9. Perfect Black Infinity
10. Dark Blood Rising
11. You’ve All Been Fucked

DURATA: 38:42

I Mesmerized sono una delle tante formazioni polacche che erano attese al varco, dopo un primo disco, "Coronation", piacevole ma non memorabile, ci si aspettava il seguito per capire quali fossero le migliorie e le pretese che la band volesse rivendicare, un lieve assaggio ci era stato fornito nello split "Satanic & Violent Metal Aggresion" nel quale si mostravano in forma ancor più violenta rispetto l'inizio carriera.
Anno 2011, è giunto il momento d'ascoltare "Antihuman Inferno", per l'ennesima volta il sound tende a velocizzarsi, i quasi quaranta minuti del platter vengono costantemente mantenuti su ritmiche spietate, difficile trovare attimi di pausa e frangenti "rilassati", dopo un paio di "on air" si nota come ci sia forse una eccessiva uniformità compositiva che non rende granché distinguibili i brani, è un assalto per lo più dal tempo battente che non esula dal rimembrare loro connazionali come gli Azarath e i Witchmaster.
L'onda d'urto della parte black è stata praticamente asservita a quella death metal, sfruttano spruzzate di thrash in sparute occasioni, viene accantonata anche la derivazione di stampo Marduk che li caratterizzò nel primo periodo per aggiungere invece certi fraseggi quasi di stampo grind, il fatto che alcuni dei membri in line-up siano (o siano stati) anche negli Anticipate può aver influito in tal senso.
La prestazione in toto però si rivela standard, ci sono tanti bei riff, c'è impatto però il più delle volte si perde nella sterilità causata da una personalità ancora latente, episodi quali "Meteorian", "Endless Stream Of Consciouness", "Antihuman Inferno", "The Sound Of Black Waves", "Perfect Black Infinity" e "Fed By Fear" non hanno nulla da farsi rimproverare ma a quanti acts potreste ricollegarli?
Se il problema fosse limitato alla sola derivazione, non sarebbe poi così grave, il fatto che dopo svariati giri nel lettore invece l'interesse vada scemando sì, sono proprio la mancanza di lucidità e di quel "tocco" minimamente personale a rendere "Antihuman Inferno" un prodotto che diviene fine a se stesso.
Peccato perché il lavoro del drummer, ormai ex della situazione, Sargon, è di quelli che valgono, belli i cambi di tempo e i pattern sia per la violenza che esprimono, sia per quanto ne concerne la gestione tecnica, discreto anche l'apporto vocale dello scream black, è la presenza più nera in album dai toni troppo death e poco black.
Tirando le somme e contando che nel complesso i Mesmerized sono comunque riusciti a fare qualche piccolo passo in avanti, consiglio agli sfegatati del death/black di concedere una possibilità a "Antihuman Inferno", chissà che non rientri nelle vostre grazie, forse non durerà una vita nello stereo ma quando lo chiamerete in causa avrete la mazzata che vi serve a portata di mano.

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SIMONE PIVA & I VIOLA VELLUTO - ...Ci Vuole Fegato Per Vivere




Informazioni
Gruppo: Simone Piva & I Viola Velluto
Anno: 2011
Etichetta: Red Pony
Contatti: www.myspace.com/simonepivaeiviolavelluto
Autore: Mourning

Tracklist
1. Quo Vadis Baby?
2. L'Italia Far West
3. Souvenirs
4. La Moda
5. Nuovo Mondo
6. Più Vivi Che Mai
7. Vivere Meglio Con Me
8. Il Mio Revolver
9. Brucia... Gemona, Brucia!
10. Guarisci La Tua Vita

DURATA: 32:23

Sono friulani, sono rocker nell'animo e come tali si lasciano alle spalle lustrini e paillettes per avventurarsi in un percorso riflessivo, naturale come il corso della vita fatto di alti e bassi, di lucentezza e grigiore, questo è ciò che sono Simone Piva & I Viola Velluto.
In un'Italia sempre più allo sbando la musica è come sempre una delle forme comunicative più utilizzate per esprimere un disagio che continua a espandersi, cos'è il rock se non il veicolo adeguato nel quale far fluire i propri pensieri, le speranze interrotte e una voglia di rivalsa per un andazzo divenuto insostenibile? Non potevano quindi scegliere titolo più adatto di "...Ci Vuole Fegato Per Vivere" per il loro debutto discografico.
L'opener "Quo Vadis Baby?" dotata di una carica esistenzialistica ti porta a rivalutare le opzioni a disposizioni nella vita chiedendoti se un sì o un no detto con troppa fretta non sarebbe potuto essere ponderato meglio, suppongo che un legame col film di Gabriele Salvatores del 2005 non sia poi da escludere.
"L'Italia Far West" è uno spaccato della nostra quotidianità fatta di prevaricazioni, raccomandazioni e costrizioni che portano i ragazzi e chi affronta il mondo del lavoro da precario a vita a scegliere fra una fazione (prete o bandito nel pezzo), le atmosfere plumbee della gioventù grunge vengono fuori dirompenti, si amplificano nella dolcezza di una "Souvenirs" narrante il romanticismo di un amore che ti rimane dentro e che negli anni il ricordo tiene con sè accompagnato da un velo di malinconia mentre "La Moda" quasi scanzonata e irriverente fa il verso al pensiero della generazione odierna inchiodata ai marchi, alle massificazioni malauguratamente priva di una personalità propria.
E' punk, è rock, ci sono respiri appena accennati e sferzate d'irruenza, ascoltate l'alternarsi di una rivoltosa "Nuovo Mondo", di una melancolica "Più Vivi Che Mai" che per lievi assonanze ricorda certi passaggi dei The Cure e un'accoppiata "Vivere Meglio Con Me" e "Il Mio Revolver" che con una salutare dose di Mudhoney e rock cantautorale mette sul piatto i problemi legati a uno squilibrio emotivo-fisico causato da una vita condotta sempre sui margini dell'eccesso, si può riprenderla? Tutto può sempre cambiare anche all'ultimo istante.
Con "Brucia... Gemona, Brucia!" si rende omaggio alla città natale del trio, amata per le radici che a lei conducono, odiata per la routine immobilistica che caratterizza spesso le piccole realtà, il fuoco di cui la canzone parla è ciò che servirebbe a ridarle nuova vita? Le incursioni di violino a cura di Lucia Cionfero in questo brano come in "Il Mio Revolver" impreziosiscono le composizioni acuendo quel sentore nostalgico che le ingabbia, piacevole e indovinata anche la tromba di Flavio Zanuttini in "L'Italia Far West" e mentre scrivo "Guarisci La Tua Vita" con il suo messaggio teso al pensiero positivo andante conclude "...Ci Vuole Fegato Per Vivere".
Simone Piva & I Viola Velluto sono pronti a schierarsi a fianco di una normalità che va riconquistata, di un quieto vivere che dovrebbe essere una costante e non un miraggio nella vita dell'uomo.
Siate chiusi nella vostra stanza o in macchina sfrecciando in autostrada, un album poetico e sinceramente rock come questo vi terrà compagnia e porterà a galla spunti su cui ragionare, avete voglia di farlo? Allora "...Ci Vuole Fegato Per Vivere" fa per voi, perché ogni tanto azionare il cervello non fa mica male!

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DIVULTION - The End Of Humanity


Informazioni
Gruppo: Divultion
Anno: 2011
Etichetta: More Hate / Goremageddon
Contatti: www.myspace.com/divultionband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Beyond The Life
2. Dead Body Shredding
3. Worms Under Skin
4. End Of Humanity
5. Regeneration
6. Eat My Guts
7. Rotting
8. Grinded Bodles
9. Coda

DURATA: 31:31

Gli ucraini Divultion entrano a far parte del mondo death con la prima uscita full "End Of Humanity" che segue il solo demo pubblicato nel 2008, "Demoralization".
Il quartetto da un lato propone una miscela di brutal death abbastanza canonica con rimandi chiari a gente come Cannibal Corpse e Cryptopsy senza escludere lievi rimembranze Deicide, dall'altro per fortuna si distacca dalla corrente martellante a senso unico del "blasto in continuazione che fa figo".
Non ci troviamo quindi all'orecchio un platter che sprizza originalità, percorre sentieri già battuti più volte riuscendo comunque a segnare punti in positivo sin dall'opener "Beyond The Life" a dimostrazione che la lezione è stata recepita e discretamente riprodotta.
E' purtroppo reale la sensazione sin dalle prime battute che qualcosa non vada, la produzione infatti non aiuta particolarmente la release, le chitarre avrebbero bisogno di più spessore soprattutto quando decidono di andare in "groove on", la poca sostanza del sound viene a galla, peccato perchè le idee di base nel riffing di brani quali "Dead Body Shredding", "End Of Humanity", "Eat My Guts" e "Rotting" sono più che piacevoli per un appassionato del genere e la prova del singer Alexander Martynov non è eccezionale ma in linea con quella di molti suoi colleghi, un po' statica, mancano quelle variazioni caratteristiche che hanno fatto grandi George Fisher e Lord Worm (dei tempi che furono, il comeback meglio non chiamarlo in causa che mi vengono i brividi di freddo al solo pensiero).
I trenta minuti in compagnia di "End Of Humanity" volano via, il disco è livellato su una più che degna sufficienza, c'è bisogno di guardare avanti puntando a immettere un minimo della propria figura all'interno delle composizioni e sistemando l'aspetto produttivo, vero punto debole del platter, potranno non dico primeggiare ma vedersela almeno ad armi pari e dare qualche calcione a tanti che si cimentano nel genere con risultati ben più infimi.
Se siete appassionati incalliti dello stile e qualsiasi album esca fuori vi va d'ascoltarlo, non vedo perché dovreste privarvi del lavoro dei Divultion, in caso contrario se vi capitasse sott'occhio perché no, andarlo a cercare, non ne vedo l'esigenza.

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ROBY TAV & TIZIANA RADIS - The Secret Wood Tales

Informazioni
Gruppo: Roby Tav & Tiziana Radis
Anno: 2010
Etichetta: Black Widow
Contatti: www.myspace.com/robytav
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Secret Wood Tales
2. Senza Tempo
3. La Dama Bianca
4. Autumn Wind
5. Mirror Of Light
6. The Silver Wood
7. Moon Lake Fairies
8. Ocean Of Butterflies
9. The Forest Awakening
10. God Of The Forest

DURATA: 46:18

Due artisti eclettici e particolari si uniscono, cosa ne viene fuori? "The Secret Wood Tales".
L'album di debutto del progetto di cui sono l'anima Roby Tav e Tiziana Radis è decisamente fuori dagli schemi, suona gothic, suona folk, non disdegna le atmosfere da fiaba (e lo sappiamo che i racconti primordi non sempre celebravano il concludersi della vicenda con un "lieto fine", leggete le versioni originali di quelle dei Grimm a esempio) e un pizzico di elettronica.
L'incantevole intro "The Secret Wood Tales" ci conduce per mano alla vera opener del disco, "Senza Tempo", tonalità plumbee, gioco di voci che si doppiano, è Tiziana la regina della scena e lo conferma affascinando l'ascoltatore nella successiva "La Dama Bianca" dai risvolti suadenti.
Il panorama bucolico che si viene a delineare ci avvolge, accarezza e accompagna, l'uso dei synth e le acustiche curate da Roby incrementano il fascino di questa "foresta" fatta di suoni e vocalità leggiadramente critalline, cantato che non si limita all'esser espresso in italiano e inglese, figurano anche acceni di francese in "Autumn Wind".
Il comparto ritmico, pur rimanendo una presenza mai ingombrante e di frequente minimalista, possiede comunque un paio di momenti in cui il raggio d'azione diviene più importante, "The Silverwood" nel suo decadere mostra attimi di vivacità scura apprezzabili, è poi sempre la voce di Tiziana a conquistare tessendo una ragnatela nella quale precipitare sapendo d'esser (forse) al sicuro.
L'album per quanto fuori dal canonico stile dark, non propriamente gothic e solo accennatamente folk pur avendo in sè geni dei generi citati, con l'ultima "God Of Forest" tira fuori il cosiddetto "asso nella manica", il pezzo in una intelaiatura inizialmente acustica inserisce dapprima sezioni elettroniche cupe e un flauto che da quel tocco di naturalistico per non perdere del tutto il contatto con l'aura silvestre sin lì emanata, un misto fra Jean Michel-Jarre e Enigma.
"The Secret Wood Tales" è un diversivo intrigante per chi come il sottoscritto preferisce ascoltare per la maggior parte del tempo metal pesante e essere assorbito da atmosfere più nere e claustrofobiche, è un disco che troverà riscontro certo fra gli appassionati dello stile, in entrambi i casi dopo un paio di "on air" la voglia d'acquistarlo potrebbe scattare, il che non sarebbe un male.

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CATFIGHT - Never Go Back Again

Informazioni
Gruppo: Catfight
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.reverbnation.com/catfightukofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Break
2. Walking On Steel
3. Kill Me Again
4. Hayleen

DURATA: 14:30

Parlare di rock al femminile obbliga a menzionare le artiste che ne han fatto la storia, cosa sarebbe la storia di questo stile ribelle senza figure come Janis Joplin, Joan Jett, Lita Ford, Patty Smith e nell'era odierna una Courtney Love?
Sono solo alcuni dei nomi che hanno dato vita a prove entusiasmanti e carismatiche in un mondo in cui le band e i progetti dalla nomea altisonante erano e sono spesso a conduzione unicamente maschile escludendo il gothic metal da vetrina.
Le Catfight sono un giovane progetto all female nato in Inghilterra nel 2009 e "Never Go Back Again" è l'ep che la cantante Samara Kain mi ha gentilmente inviato, è composto da quattro tracce semplici, dinamiche e che giocano col lato sbarazzino e punkeggiante in cui "Break" e "Hayleen" distillando indie rock, punk, sferzate metalliche tirano in causa il nome delle L7, le ragazzacce finite sotto contratto con la Sub Pop nell'era grunge, chi non ricorda pezzi come "Wargasm" e "Shitlist" (non li conosceste, un motivo in più per approfondire il discorso)?
Con "Walking On Steel" e "Kill Me Again" è l'altra faccia della medaglia a presenziare, c'è più intimità, la voce diviene soffusa e il primo pezzo è dotato di un buon refrain (il riff iniziale somiglia a qualcosa incisa da Bryan Adams?... uhm) mentre una chitarra calda, avvolgente e che si diletta in fase solistica e la prestazione di Samara dietro il microfono, molto intensa e accattivante, caratterizzano la seconda.
C'è ancora da lavorare, il songwriting va affinato, necessita di soluzioni un po' meno sentite e che portino a galla la personalità delle quattro componenti, è anche vero però che il rock suonato alla vecchia maniera schietto e istintivo non ha mai fatto del male a nessuno, anzi.
Fatevi un giro sul Myspace delle Catfight, ascoltatene i brani e immaginate come possano essere esaltanti in sede live, detto questo se ciò che le vostre orecchie hanno udito è stato gradito, il tenerle d'occhio mi sembra il giusto compenso corredato magari dall'acquisto di questo breve assaggio a titolo "Never Go Back Again".

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TROLLFASTHEART - Only For Trolls


Informazioni
Gruppo: Trollfastheart
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/trollkallamik
Autore: Mourning

Tracklist
1. Along The Forest
2. Begins The Night
3. Eating Crude Oil
4. A Good Degustation
5. Troll Kalla Mik
6. Hunting Of The Troll Queen
7. Night Errant Creature
8. Only For Trolls

DURATA: 43:00

Kadgar è un artista che ha delle convinzioni, Kadgar è i Trollfeastheart, il musicista iberico proveniente da Segovia è conosciuto nell'ambiente underground sia come promoter extreme metal (http://sadixmo.com/) nella città di Madrid, sia in quanto membro di realtà quali Abÿfs e Icepressive.
Nel suo progetto solista, per quanto si parli di una zona mediterranea e non delle lande scandinave, la passione per un sound black ruvido, primordiale e dai tratti lievemente epicheggianti, una sorta di miscuglio nero di Bathory, Darkthrone e Immortal è ciò che dona linfa vitale alle composizioni di "Only For The Trolls".
Con un titolo simile e la scelta d'incentrare il platter su una figura così gretta, asservita all'oscurità, il suono non poteva che rendere omaggio producendo strutture che fossero totalmente prive di qualsiasi orpello tirando frequentemente dritto per dritto, le dinamiche di batteria puntano sul battere non arrivando mai a raggiungere il blast, ritmiche punkeggianti si fanno vive ("Eating Crude Oil" n'è un esempio) con una omogeneità d'intento che potrebbe causare cali d'interesse in chi non sia patito di una lettura così ortodossa del genere, non trovando appigli a cui aggrapparsi se non la cristallina irruenza del riffing e una prestazione vocale che raspa quanto basta per entrare in sintonia con le atmosfere cupe di "Only For The Trolls".
La lezione del passato è stata assorbita e proposta con discreta perizia, il passo compiuto ha come risultato evidente quello d'aver dato una identità precisa al sound riconoscibile, derivativa quanto volete ma chiaramente incline a raffigurare il modo d'interpretare il black di Kadgar.
Si potrà aggiustare in futuro il suono della drum machine programmata molto bene ma che arriva all'orecchio in maniera troppo meccanica e non credo sia questo il gelo che la natura del Troll voglia esprimere, del resto la produzione ha svolto il compito assegnatole portando a casa più meriti che demeriti, il lavoro degli Hel1s Studio è una spalla importante su cui i Trollfeastheart possono contare per dar sfogo alla loro musica invernale.
Una realtà da non prendere sottogamba, piccoli accorgimenti potranno far sì che Kadgar offra lavori ancor più maligni di questo primo "Only For Trolls" che vi consiglio d'ascoltare chiusi nella vostra camera mentre fuori una pioggia battente o una nevicata percuotono indiavolatamente le serrande.
Sul messaggio in chiusura dei crediti inseriti nel booklet "STOP download black metal, only original is true" dovremmo esser tutti d'accordo no?

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GODCURSED - Abyss


Informazioni
Gruppo: Godcursed
Anno: 2010
Etichetta: S8N Recordings
Contatti: www.myspace.com/godcursed
Autore: Mourning

Tracklist
1. Abyss
2. Drowning In The Venom
3. Witchwind
4. (t)IHS
5. I Am Dead To You
6. Mindless Masses
7. A Haunted Path
8. The Sweet Reward Of Death
9. Dead Of Winter
10. Crawling Through Myself (Perpetuance cover)
11. Night Of Pain (Wehrmacht cover)
12. Ode (Bathory cover)

DURATA: 1:11:49

I Godcursed, altra realtà che vede al timone unico Chrish Shaver, musicista canadese e di quelli che non si arrestano, dopo aver nel 2009 ridato vita al materiale datato 1991-1994 dei Morbid Darkness trasportandolo nel mondo death di questo ex side project divenuto un act vero e proprio, rientrano nel 2010 con un album nuovo di pacca dal titolo "Abyss".
Sono dieci le tracce che ne formano lo scheletro, la matrice è sempre un death/thrash possente che si adorna di un comparto melodico decadente, i nomi che vi balzeranno in testa saranno i più disparati: Hypocrisy, Dismember, Unleashed, Grave, Unanimated il riffing è orientato a incarnare la lezione della scuola scandinava non dimenticandosi del recente passato che vedeva nei primi Sepultura, Possessed ed Hellhammer i punti di riferimento, la violenza e irruenza primordiale è compresa nel prezzo e l'ombra dei Malevolent Creation in alcuni fraseggi si presenta senza troppi indugi.
E' una sequela di brani compatti, la batteria pesta dannatamente, gli assoli sono puliti e ben incastonati in un complesso che sfrutta un riffato che usa ridondanze e risulta frequentemenete affilato e malsano ("Witchwind" n'è buon esempio), è un delirio fatto di atmosfere gelide e il Canada come clima e tipologia di territorio non si fa mancare affinità con le lande svedesi.
Fatto sta che "Abyss" e la lunga "I Am Dead To You" vengono supportate da un suono vivido, arrembante, la seconda vanta oltre dieci minuti di durata che, ben suddivisi fra assalti a spron battuto e aperture dilatate in cui la solistica si diverte a farsi strada mettendo in mostra anche le doti tecniche di Chris, vengono snocciolati come nulla fosse.
Con "Haunted Path" incrociamo l'episodio "d'acchiappo", le armonie scelte per dargli forma lo rendono altamente fruibile e facile da assimilare evidenziando il lato più catchy se così lo vogliamo definire, viene comunque subito smentito dal successivo "The Sweet Reward Of Death", l'altro colosso del disco che torna a martellare con prepotenza e ad alimentare la voglia di alternare il più possibile fasi spaccaossa con altre più groove (anche gli Amon Amarth vengono a farci visita in quest'occasione seppur il rimando sia lieve), lasciando il posto a una "Dead Of Winter" ripescata dal "Demo 2004" e ri-registrata per l'occasione, una badilata senza mezzi termini in cui il rimando all'old school più marcio aumenta di spessore.
La conclusione di "Abyss" è affidata a un trittico di cover, "Crawling Through Myself" dei Perpetuance, project in cui militava lo stesso Chris che la compose nel 2004, si diverte ad attingere dal passato per guardare avanti, lo fa costantemente e porta a galla dei pezzi spesso e volentieri dalle più che discrete potenzialità, in questo caso arriva all'orecchio l'ennesima martellata succeduta da "Night Of Pain" dei Wehrmacht e "Ode" dei Bathory che non dovrebbero avere nessun bisogno di venir presentate, la prima inserita in quanto ritenuta in sintonia con il materiale che stava elaborando in quel periodo, la seconda per il testo e motivazioni personali che legano quest'artista alla figura di Quorthon, fra i suoi più grandi ispiratori.
Chris Shaver nei Godcursed ha trovato il proprio sfogo, è una valvola continuamente in azione che pur modificando il tiro di release in release possiede sempre le carte giuste per farsi apprezzare dagli amanti del genere, l'unico neo è la drum machine il cui suono di rullante non mi fa impazzire ma che in fin dei conti è uno scoglio superabile, se penso che c'è gente sotto grandi label che ha produzioni limitanti e uscite dall'incelofanatore si annulla proprio il problema, questa è comunque superirore come veridicità.
In passato avete già avuto il piacere di ascoltare musica prodotta dai suoi progetti? Sapete allora cosa vi attende e potete star sicuri che non ne rimarrete delusi, i restanti diano una possibilità a questo ragazzo che immette nelle composizioni passione, costanza e devozione per l'estremo riuscendo a cavarne fuori buoni dischi, non è assolutamente poco.

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SEAMOUNT - Sacrifice


Informazioni
Gruppo: Seamount
Anno: 2010
Etichetta: The Church Within Records
Contatti: www.myspace.com/seamountdoom
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Ancient
2. Ocean I Call You
3. The Mountains Will Know My Name
4. Standing In The Rain
5. 40000 Fathoms
6. Stardust
7. Gettin Through
8. Sacrifice
9. Path To Legend
10. Only Death Shall Do Us Part

DURATA: 58:50

Ci sono artisti che offrono garanzia di qualità solo col proprio nome, il signor Phil Swanson rientra decisamente in questa categoria di eletti.
Il personaggio non può risultare sconosciuto ai famelici osservatori-fruitori del panorama heavy/doom, la militanza in act quali Hour Of 13, Upwards Endtime e nella creatura epic Atlantean Kodex non è di sicuro passata inosservata, a queste grandi band potete e dovete aggiungere i Seamount giunti nel 2010 con "Sacrifice" al terzo album rilasciato.
Il quintetto di cui è il leader e frontman è rimasto identico dalla fondazione nel 2007 ad oggi, vede Tim Schmidt e Andy Kummer alle chitarre, Markus Stroehlein al basso e Jens Hofmann dietro le pelli, una formazione coesa e che ancora una volta è capace di regalare emozioni a profusione grazie a uno shake continuo di hard rock, doom e heavy metal.
Una tracklist talmente bella e sincera nell'animo che è difficile sceglierne la o le tracce portanti, si fa vivere senza cali né passaggi a vuoto, chi ha avuto il piacere d'ascoltare il precedente lavoro "Light II Truth" troverà quest'ultimo meno vario, più inquadrato e canonicamente osservante le linee guide della "vecchia scuola" con il surplus però di ancor più spiccata personalità e classe che donano ai pezzi il valore di "gioielli", sì dieci piccoli diamanti incastonati in un'unica corona.
Se l'aspetto degli arrangiamenti e la prestazione vocale di Phil li ritengo praticamente indiscutibili per la bontà e la naturalezza impiantate, doti che permettono a "Sacrifice" di farsi mandare on air a più riprese, è il comparto delle sensazioni atmosferiche che intensifica la voglia di riprendere incessantemente la musica dei Seamont, l'aria si satura di fraseggi che emanano sapori agrodolci, è una sorta di melancolica presenza che ciclicamente urta l'animo con toni esalanti greve serietà e ricordi mesti che conducono a una sfida ancora da affrontare e vincere.
Sarò anche di parte, lo dico senza pormi troppe paranoie, dei vari progetti in cui risiede la figura di Phil, i Seamont sono quelli che preferisco, inquadrano al meglio ciò che è l'essenza del doom inteso come fato, quella forza che costringe l'uomo a confrontarsi con una vita che non dovresti voler prevedere, perché nel bene o nel male è l'incerto che la rende unica.
Con "Sacrifice" hanno raggiunto la vetta, il "monte sottomarino" ha rilasciato un disco che potrei inserire unicamente all'interno della lista degli acquisti obbligatori da fare, straconsigliato!!!

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VERSUS HEAVEN - Behind The Perfect Mask


Informazioni
Gruppo: Versus Heaven
Anno: 2010
Etichetta: Copro/Casket Records
Contatti: www.myspace.com/versusheaven
Autore: Mourning

Tracklist
1. Betrayed
2. Art Without Pain
3. Time Does Not Heal
4. Heartless Kill Machine
5. Mankind Unrest
6. Angel Dust
7. White Nights
8. Perfect Mask
9. Unexplored Land
10. Forbidden

DURATA: 50:43

Nati con il monicker Betrayed suonando heavy classic nel 2004, i greci di cui sto per scrivere hanno cambiato nome in Versus Heaven, proposta virando in territori power/heavy/thrash e sfornato il primo disco, "Behind The Perfect Mask" sul finire del 2010.
La nazione ellenica sembra proprio in pieno fermento, continua a regalare band di valore e questi ragazzi non sono da meno al cospetto di tante realtà che hanno già fatto capolino sul nostro sito, la commistione d'influenze che passa per tappe obbligatorie quali Iced Earth, Savatage, Heathen, Annihilator, Megadeth fra le tante, pur presentata con una produzione moderna ed equilibrata, fa respirare quel gusto di fine anni Ottanta, inizio Novanta scandito da sferzate thrashy e melodie power/heavy di stampo Us Metal che sia per atmosfera che per dinamiche portano a casa dei buoni risultati.
La tracklist infatti possiede più di un capitolo intrigante e coinvolgente all'ascolto, sin da subito con l'opener "Betrayed" che con una ritmica graffiante e un refrain catchy colpisce il bersaglio al primo colpo.
Con "Art Whithout Pain" il dinamismo aumenta, il numero di giri continua ad alzarsi e solo un rallentamento nella fase centrale allevia la forza esplosiva, un riffato semplice ma efficace caratterizza "Mankind Unrest", vi sono poi "Angel Dust/White Nights" che per come poste sembrano formare un unico brano, atmosferico, denso e più drammatico nel proporre tematiche sociali legate al mondo dei giovani e alle problematiche che lo attanagliano, è un album che mostra di avere oltre le palle anche una corposa dose di cervello.
Il disco va in crescendo sfoderando sul finire con lo strumentale "Perfect Mask" e "Unexplored Land" ancora una volta e con una dichiarazione maggiormente marcata la derivazione dal sound di matrice schafferiana con "The Dark Saga" che pare essere il platter che ha fornito più spunti all'impianto base della prova, ascoltate le linee vocali del secondo pezzo citato e ve ne renderete conto, l'impostazione in stile Barlow in molti frangenti è più che palesata.
La chiusura affidata a "Forbidden" evidenzia invece la presenza dei Savatage del periodo Zak Stevens a reggerne le sorti, un'impennata emotiva consistente conduce al termine un "Behind The Perfect Mask" che ha veramente poco da farsi recriminare, le soluzioni adottate funizionano e pur riscontrando l'imbattersi più volte in qualcosa di già sentito, la risultante che arriva all'orecchio è alquanto gradevole, impreziosita dalle sparute linee di synth tese a dare profondità e dalla voce femminile di Nina Kassis che addolcisce l'ultima traccia del platter.
I Versus Heaven hanno dato il via alla propria carriera con un gran bel lavoro, "Behind The Perfect Mask" è appetibile per chiunque apprezzi le formazioni citate nel testo, continuando su tali coordinate e immettendo un minimo di personalità il nome di questi ragazzi potrebbe divenire meritatamente gettonato.
Le parole stanno comunque a zero, inserite il cd nel lettore e fate sì che sia la musica a parlare per loro.

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