lunedì 27 febbraio 2012

IT CAME FROM OUTER SPACE #7

ANTONIO VIVALDI - Opus 7, Concerto Numero 3 In Sol Minore, RV 326

Informazioni
Gruppo: Antonio Vivaldi
Titolo: Opus 7, Concerto Numero 3 In Sol Minore, RV 326
Anno: 1717
Etichetta: varie
Autore: 7.5-M

Terzo concerto di dodici, opera settima di Antonio Vivaldi. Tre movimenti: Allegro, Grave, Presto. Sol minore. Tutto si innalza, rallenta, il solista viene correndo verso di noi e a cascata ci giungono tutti gli altri strumenti addosso, in movimenti commoventi, tesi, nervosi e drammatici. Una composizione lucidissima, ricca di contrasti, di tonalità aperte, di fughe e di riprese. Un momento solo, è già tutto finito. Non siamo più nel Settecento. Non eravamo più nemmeno nel XXI secolo. Eravamo altrove.






PROPHILAX - Analive

Informazioni
Gruppo: Prophilax
Titolo: Analive
Anno: 2005
Etichetta: Ammonia Records
Autore: Mourning

Demenzialità, irriverenza, parolacce e ossessione per il sesso coniugate all'heavy metal? I Prophilax. La band capitolina ripercorre la sua breve carriera iniziata nel 2004 con un doppio live di oltre due ore di durata nel quale ripropone dei classiconi come "Dora Daccela Ancora", "Alice Nel Paese Dei Cazzi", "Mano" e la gigantesca "Pornografia Unica Via". È un disco per soli uomini? Certo che no, è per chiunque si voglia fare due risate. Ascoltando i brani sarà facile ritrovarsi in alcune cose; a meno che non siate degli erotomani ossessivo-compulsivi. Divertenti, sporcaccioni e metal.




ASTROSONIQ - Soundgrenade

Informazioni
Gruppo: Astrosoniq
Titolo: Soundgrenade
Anno: 2002
Etichetta: Freebird Records
Autore: ticino1

LSD? Granate? Bombe di erba? Ma dai, no! Stono? Io, mai, al massimo stonato. Muri di suono ti penetrano i canali auricolari? Ottimo. Granate ti sfaldano i timpani? Magnifico. È metal? No. Cosa è allora? E chi lo sa? Astrosoniq... Olanda... papaveri... Coffee Shops... Stoner ancora? Beh, forse... non è metal, ma chi se ne frega? Bel disco, non stonato, però forse stono sì. Da ascoltare? Sicuramente! Pensate di avere perso la testa per una donna? Dopo avere gustato questo disco ci crederete... oppure no.




CRUCIFIX - Dehumanization

Informazioni
Gruppo: Crucifix
Titolo: Dehumanization
Anno: 1983
Etichetta: Corpus Christi
Autore: Dope Fiend

Guerra, terrore, sangue e bombe. Spruzzate di Discharge e di Dead Kennedys. Istinto, dolore, rabbia e odio. Musica scarna, acida, veloce e tagliente. Miscelate tutto insieme e otterrete "Dehumanization", l'unico full dei Crucifix, datato 1983. Una delle pietre miliari per l'Hardcore Punk, così come uno dei punti di slancio del D-Beat. Rumore e tortura trasformati in musica, confusione e marciume passano attraverso la scellerata gola di Sothira Pheng e i riff divengono una potentissima scarica di sanguinolento disprezzo. Questo è "Dehumanization" e non necessita di parole, soltanto di ventitrè minuti di tempo per farvi capire definitivamente quanto faccia schifo la società in cui siete stati cagati.

...you're no longer human, something that's sickly...



LITFIBA - Desaparecido

Informazioni
Gruppo: Litfiba
Titolo: Desaparecido
Anno: 1985
Etichetta: I.R.A. Records
Autore: M1

I Litfiba e Piero Pelù mi sono sempre stati simpatici, questione di pelle, dato che non posso ritenermi né un conoscitore attento, né un fan della band. Questa simpatia è riuscita addirittura a farmi apprezzare un disco, "Desaparecido", basato su di una componente da me odiatissima: gli insulsi e irritanti suoni sintetici new wave! Avete letto bene, non li posso sopportare e tanto per farvi capire la gravità della cosa credo di essere l'unica persona al mondo, preparatevi allo shock (!), alla quale sia piaciuta di più la cover dei Lacuna Coil di "Enjoy The Silence" rispetto all'originale dei Depeche Mode. Tornando ai Litifiba, il disco in questione possiede pezzi davvero intensi come "Eroi Nel Vento" (non voglio pensare a cosa sarebbe potuto diventare in versione rock dura; in "Sogno Ribelle" la reinterpreteranno con la chitarra protagonista) o "Istanbul" e in generale una carica sognante e onirica accentuata, che si mantiene inalterata ancora oggi, a distanza di ventisette anni.


NENIA - La Casa Del Dolore

Informazioni
Gruppo: Nenia
Titolo: La Casa Del Dolore
Anno: 2000
Etichetta: Beyond Productions
Autore: Insanity

Un titolo un programma. L'angoscia è quasi tangibile nell'album di debutto dei nostri connazionali Nenia, un disco di Dark Ambient-Darkwave sperimentale in cui le urla e i pianti si appoggiano su basi a volte malinconiche, altre ossessive, ma sempre e comunque oscure. Un disco consigliato a chi vuole farsi del male musicalmente, a chi vuole ascoltare il dolore. Entrate nella casa del dolore, e soprattutto sperate di uscirne. Per rientrarci.

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ASSESSOR - Invaze & Live Tour 1990


Informazioni
Gruppo: Assesor
Titolo: Invaze & Live Tour 1990
Anno: 2008
Provenienza: Repubblica Ceca
Etichetta: Underground Records
Contatti: bandzone.cz/assessor - ugr.webnode.cz
Autore: ticino1

Tracklist
1. Setkani
2. Posledni Cesta
3. Narky Zapomenutych
4. Hrad
5. Apokalypsa
6. Invaze
7. Volani Bitvy
8. Svedomi
9. Svit Luny
10. Destrukce
11. Prijmy Svuj Osud
12. Zabijej!
13. Hrad
14. Invaze
15. Instrumental

DURATA: 111:28

Quanti di voi si ricordano della Cecoslovacchia? Questa era la patria di tanti geni e artisti come Havel, Antonin Dvorský e molti altri. "Co Čech, to muzikant". significa all’incirca "in ogni ceco c’è un musicista"; ma quanti gruppi strabilianti e particolari provengono da quelle lande? Pensiamo solo a Master’s Hammer, Maniac Butcher, Tudor... tanti nomi, molti di loro conosciuti. Quante formazioni si sono perse nei meandri della storia scossi dal Muro di Berlino e dalla situazione politica di quegli anni di guerra fredda?

Nel 1988 nacque a Praga un gruppo che, malgrado sia attivo ancora oggi, sfornerà solo una demo e un LP. Gli Assesor suonano un thrash legato al death di non facile accesso per molti ascoltatori. Le forme di base sono quelle della regione: riff astrusi, tocchi jazz e influenze a volte indefinibili. Il quartetto si diletta a sperimentare con cambiamenti di ritmo, sonorità strane ed effetti. Ogni singola traccia è un piccolo esperimento, un trattato su quello che si potrebbe suonare diversamente nel metal. Ascoltate lo strumentale "Destrukce". Non potrebbe essere comodamente il prodotto di un progetto black? Questi signori sanno maneggiare gli strumenti, non si fidano troppo di quello che già è stato seminato e preferiscono arare il proprio campo. Qui parliamo di musica, di composizioni, signori!

L’etichetta Underground Records si prese cura dell’antologia. Questa è suddivisa in due capitoli; il primo CD contiene tutte le incisioni da studio, mentre il secondo presenta i pezzi registrati in concerto. La qualità del tutto è ottima, le piste sono state rimasterizzate e la raccolta rende perfettamente l’idea di quello che era il metallo allora. Non dimenticate che la scena non era ben vista dal partito, dunque il lavoro di gruppi come Assesor, Tormentor e altri dovrebbe essere valutato col dovuto rispetto.

Non posso garantirvi che il disco sia ancora reperibile presso l’etichetta. Chiedete. La mia copia la acquistai lì e il servizio, anche se le poste si presero parecchio tempo, fu ottimo.

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DWELLERS OF THE TWILIGHT - Sycophant


Informazioni
Gruppo: Dwellers Of The Twilight
Titolo: Sycophant
Anno: 2009
Provenienza: Parigi (Francia)
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: Facebook - Myspace
Autore: Insanity

Tracklist
1. Skeptics
2. Dark Matter Lungs
3. Explorers
4. Endless Cycle
5. Fastwalkers
6. Sycophant
7. Self Conspiracy
8. Unearthing History
9. Terraformer
10. Serpents In The Sky

DURATA: 46:04

La Francia negli ultimi anni ha dato alla luce una lunga serie di band, molte delle quali rivolte verso la sperimentazione e l'avanguardia (penso ai Peste Noire ed all'amato/odiato Alcest); i Dwellers Of The Twilight si muovono su territori più standard, a detta dei due umani (così si fanno chiamare i membri) il progetto è nato infatti per proporre musica spontanea, grezza ed intuitiva. "Sycophant", secondo parto del combo, dimostra appunto come non sia per forza necessario fare salti mortali per creare musica interessante.
La realizzazione del concetto alla base dei Dwellers Of The Twilight è fatta principalmente di riff semplici e tipicamente Black Metal (così come lo scream) ed una drum machine che non fa assolutamente pesare il fatto di essere uno strumento programmato; a questi pochi ingredienti va aggiunta una dose di varietà che permette agli oltre quaranta minuti di non risultare noiosi, varietà concretizzata sotto forma di ritmiche che spaziano tra le accelerazioni furiose dell'opener "Skeptics" e i rallentamenti di "Fastwalkers" o della titletrack, con spunti relativamente particolari sparsi qua e là come ad esempio nella finale "Serpents In The Sky". Le parti di chitarra sono, come detto dalla band, intuitive: risultano facilmente assimilabili ma non per questo banali o già sentite, specialmente nelle sezioni più melodiche ("Dark Matter Lungs" ne è un perfetto esempio). Le linee vocali sono quasi un elemento di contorno, è uno scream che arricchisce il sound senza prendersi il ruolo di protagonista; discorso simile per il basso, che dona sostanza svolgendo il proprio lavoro senza strafare.
"Sycophant" dimostra che fare del buon Black Metal genuino e senza influenze (per alcuni) poco gradite sia ancora possibile, basta avere quel pizzico di personalità che spazza via ogni sensazione di "già sentito". Sicuramente un lavoro sopra la sufficienza, consigliato a chiunque apprezzi il genere.

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THE ERGOT - Disagio Suite


Informazioni
Gruppo: The Ergot
Titolo: Disagio Suite
Anno: 2011
Provenienza: Firenze, Toscana, Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/TheErgot - myspace.com/theergot
Autore: Bosj

Tracklist
1. November Fog
2. The Rain, The Dream, The Pain
3. Song For You
4. Dormiveglia
5. Orgiastic Vision Of A Hating Man
6. Et In Arcadia Ego
7. Crypt Keeper
8. Infinity's Shape
9. Silence
10. Hope
11. Self Destruction Symphony

DURATA: 54:12

"Disagio Suite" è il primo full lenght del combo fiorentino The Ergot, che vanta membri provenienti da diversi angoli d'Italia ritrovatisi in un'università a scoprire di avere una comune passione per un genere di nicchia di un genere di nicchia, il death-doom.
L'interessante approccio proposto da The Ergot nell'album vede molti nomi di riferimento: dalla scena finnica capitanata ora dagli Swallow The Sun, Ghost Brigade e via discorrendo, con alcuni rimandi agli ultimi Sentenced, a nomi nostrani affermati o in via di affermazione quali Novembre e Foreshadowing. Date le diverse influenze, si spiegano quindi i momenti più graffianti ("Orgiastic Vision Of A Hating Man") e i brani più malinconici e cadenzati (l'opener "November Fog").
Nonostante mi sia capitato di leggere l'esatto opposto in giro per la rete, il cantato del vocalist Eddie è uno dei punti di forza del platter: uno scream molto pronunciato, decisamente inusuale per la proposta (inevitabile il rimando alle prestazioni dietro il microfono di Carmelo Orlando), contribuisce a formare il carattere della band, fornendole personalità propria, allontanandola dai prefabbricati schemi di un genere specifico. Questo senza nulla togliere alle pur presenti variazioni sul tema, dato che passaggi in morbido clean e puntate di growl più profondo fanno ugualmente la loro comparsa.
La produzione è l'ennesimo caso di come, non mi stuferò mai di dirlo, non sia necessaria alcuna label più o meno grossa alle spalle per confezionare un prodotto di assoluta professionalità, con in aggiunta un booklet completo ed esaustivo. I suoni si distinguono perfettamente, ogni strumento trova il suo spazio e l'alchimia tra quanto suonato dai diversi membri funziona a meraviglia.
Se proprio dobbiamo evidenziare dei difetti nell'operato della band, questi sono ravvisabili nella leggera prolissità e nella non sempre ineccepibile padronanza della lingua d'Albione.
Sotto il primo aspetto stiamo parlando di quasi un'ora di disco, e se è vero che si tratta di una durata piuttosto tradizionale per il genere, a mio avviso "Disagio Suite" soffre di una diluizione eccessiva nel finale, essendo il trittico conclusivo di brani eccessivamente omogeneo: lunga introduzione, corpo centrale a tempi elevati ma non troppo, outro. Tutto formalmente ineccepibile, ma un pelo eccessivo.
Per quanto riguarda la lingua, invece, di nuovo mi ritrovo ad affrontare l'argomento parlando di una band nostrana: tra un difetto di pronuncia qua e un errore di spelling nelle lyrics là, si sarebbe potuto prestare maggiore attenzione al risultato complessivo.
Fortunatamente nessuno di questi due punti è problematico in modo tale da minare la piacevolezza del disco nel suo complesso, un ottimo lavoro di genere che (si spera) non mancherà di raccogliere consensi tra gli appassionati.

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HARMONY IN GROTESQUE - Painted By Pain


Informazioni
Gruppo: Harmony In Grotesque
Titolo: Painted By Pain
Anno: 2012
Provenienza: Russia
Etichetta: Arx Productions
Contatti: myspace.com/harmonyband -harmonykrs.narod.ru
Autore: Mourning

Tracklist
1. Aegrimonia Profunda
2. Last Moments Of A Dying Dream
3. Scars In My Memory
4. Siberia
5. Frozen Blood Of Trees
6. Something Good
7. Gift Bringing Pain
8. Demo(n)graphic Blast Of Gods
9. Slumber Stopped The Time
10. Dot

DURATA: 58:23

Il panorama metal è diventato sempre più vario ed esce talmente tanta di quella roba che si dichiara appartenente a un'area piuttosto che un'altra che alle volte ascoltando un disco ti chiedi "perché dovrei inserirlo qui e non là"?
Un po' ciò che è successo con gli Harmony Grotesque di "Painted By Pain", disco di debutto partorito sulla lunghissima distanza visto che di anni ne son passati ben quattordici dalla nascita del combo russo.
Le atmosfere, l'intensità e lo stile proposto sono lontani dal mietere vittime e dal farsi accompagnare da funeree sensazioni, risultano invece inclini alla malinconia, al grigiore agrodolce della solitudine e a un appeal acustico quasi seventies che appare per la prima volta nello strumentale in apertura intitolato "Aegrimonia Profunda".
Le radici del sound sembrano essere lontane dalla definizione più classica di doom/death, a tratti pare d'aver a che fare con una formazione vicina alle lande svedesi per interpretazione del riffing e per le cadenze ritmiche, se non fosse per l'apporto delle tastiere e certe aperture lievemente dilatate si potrebbe quasi asserire che la proposta non abbia nulla a che spartire con il doom. Un'aria gotica riesce a trapelare nel manto scuro che in più di una circostanza riconduce al nome My Dying Bride come in altre diverse il collegamento agli Opeth non manca, sarà perché gli Harmony In Grotesque provano a inserire una forma di progressione nelle loro movenze o più semplicemente perché l'ambiente pur atteggiandosi a oscuro mantiene una carezzevole languidità che diviene intrigante nella spettacolare sezione dall'umore bluesy di "Scars In Memory" nella quale è riscontrabile peraltro anche un'intrusione di stampo elettronico grazie a una serie di campionamenti.
È un lavoro intricato che fonde dark metal, symphonic e avantgarde, come non aggiungere a quei monicker tirati in ballo anche gli A Forest Of Stars a esempio, gli Harmony In Grotesque rimescolano spesso e volentieri le carte in tavola favorendo o meno una delle tre nature a discapito delle altre, facendo sì che i brani risultino un ascolto capace di acchiappare l'animo di chi vi si cimenta.
Il gelo viene evocato in "Siberia", pezzo dall'interpretazione e stile che chiamano in causa il signor Fernando Ribeiro e i suoi Moonspell.
È impossibile negare che le influenze siano talmente tante e disparate da non rimanerne piacevolmente impressionati, la modalità d'attacco improvvisa sferrata nella successiva "Frozen Blood Of Trees" ha di nuovo familiarità con il sound svedese, è però il black a fare capolino adornato da inserzioni di piano, piano presente e attivo nell'addolcire l'incedere di una robusta e malinconica "Gift Bringing Pain". L'incipt di "Demo(n)graphic Blast Of Gods" non è invece evidentemente di matrice Death?
Ce n'è davvero per tutti in questo "Painted By Pain", non è sempre perfetto, alcune volte le collisioni fra i vari stili impattano in maniera non efficace, la musicalità viene messa a dura prova dai continui cambi umorali in certi frangenti parzialmente forzati ma se teniamo conto della buonissima prestazione corale e di una produzione non male, quello che ci troviamo fra le mani è un debutto con delle credenziali a proprio favore.
Ora per il primo lavoro son passati quattordici anni, mi auguro vivamente che gli Harmony In Grotesque non ne facciano trascorrere altrettanti per dare alle stampe il secondo, diverrebbe difficile offrire un minimo di continuità e serietà concettuale a un progetto ambizioso come questo.
Chiunque si ritenga amante del metal che si diverte a divagare in più spazi sonori dovrebbe conceder loro una chance, vi piaccia o meno non scartateli dopo un ascolto iniziale, sarebbe un peccato.

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HERETIQUE - Ore Veritatis


Informazioni
Gruppo: Heretique
Titolo: Ore Veritatis
Anno: 2012
Provenienza: Polonia
Etichetta: Wydawnictwo Muzyczne Psycho
Contatti: Sito - Facebook
Autore: Mourning

Tracklist
1. Preludium
2. Rain Of Fire
3. Equilibrium
4. Putrescent Society
5. Tribe
6. Lashing And Contempt
7. Ore Veritatis
8. Postludium

DURATA: 28:38

L'underground polacco e la Psycho ormai sono un sodalizio rodato, la label di Robert stavolta porta a galla il monicker Heretique.
La band si cimenta in quello che è uno dei "cliché" del "made in Poland", la commistione fra vari generi con predilezione per death e thrash ai quali ovviamente, sarebbe quasi inutile anche dirlo, si coniuga un feeling di stampo blackish.
Un platter concentrato nella durata, è una sessione di neanche trenta minuti quella contenuta nel debutto "Ore Veritatis", otto tracce delle quali due, "Preludium" e "Postludium", schierate in linea per apportare atmosfera in fase d'entrata e uscita dal semplice ma piacevole mondo degli Heretique.
Del resto la formazione scalda gli animi con brani che sembrano seguire probabilmente uno schema un po' troppo ripetitivo, la maniera con la quale alternano fraseggi arrembanti e divagazioni allentate e tese ad apportare carne al fuoco del reparto ambientale non è sempre eccelsa. Si ha a che fare con episodi più riusciti come il trittico iniziale composto da "Rain Of Fire", "Equilibrium" e "Putrescent Society", con la prima e la terza che spiccano distintamente per impatto e per gli aspetti dark del suono e altri meno interessanti per i cali d'esplosività netti, cosa che avviene in "Tribe", e una circostanziale ripetizione di soluzioni che pur presentandosi in buona forma non incidono particolarmente sia in "Lashing And Contempt" che nella titletrack.
Inutile soffermarsi sul fattore derivazione, percepirete più di una semplice attinenza e rimando in direzione di act conosciuti della scena polacca e non, d'altronde acquisire personalità è un processo che richiede tempo e riscontrarla in un debutto è dote sempre più rara.
La proposta in sé e per sé è di quelle che possono piacere, la solistica ricama delle buone melodie e in fin dei conti non si può rimproverare agli Heretique di svolgere male il proprio lavoro, "Ore Veritatis" non sarà un capolavoro ma proprio la sua durata da "mordi e fuggi" ne aumenta la fruibilità. Devono però inquadrare l'obbiettivo da perseguire, scegliere una via e indirizzare il sound, i cambi di stile continui sono uno dei motivi che penalizzano la qualità dei brani.
Per ora può anche andar bene così, per far la voce grossa nella marea d'uscite similari ci vuole ben altro, toccherà quindi ai polacchi decidere se rimanere una fra le tanti voci nel coro o aprirsi una strada che li porti a risultati più importanti, il tempo non manca mai.

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OUTCAST - Awaken The Reason


Informazioni
Gruppo: Outcast
Titolo: Awaken The Reason
Anno: 2012
Provenienza: Francia
Etichetta: Listenable Records
Contatti: facebook.com/outcastofficial - myspace.com/outcastband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Elements
2. Abysmal
3. A Solace From The Shade
4. Awaken The Reason - Part IV: When Dawn Brings Clarity
5. Spin Angular Momenta
6. Unspoken
7. Isolation
8. Fallen Years
9. What Would Be My Final Commitment ?
10. Man's Last Failure
11. Awaken the Reason - Part XI: Reprise

DURATA: 59:10

I transalpini Outcast ai più attenti fruitori di musica math o djent non saranno di sicuro sconosciuti, la formazione si è evoluta negli anni portandosi alla ribalta con il buon "Self-Injected Reality" nel 2008.
Lavorare in maniera positiva ha fatto sì che entrassero a far parte della famiglia Listenable e che la label in questo 2012 desse vita al nuovo "Awaken The Reason".
Questo è un mondo nel quale è difficile districarsi e soprattutto essere personali, è impossibile a esempio non udire chiaramente rimandi a realtà più note come i Meshuggah e i Textures nell'approccio cervellotico fatto di palm-muting a non finire, groove, batteria che alimenta le ritmiche con costanti e importanti cambi di tempo e uno spezzare le melodie pronto a creare una bella e intrigante "emicrania" all'ascoltatore.
Formalmente la prestazione racchiusa nel platter non ha nulla da farsi rimproverare, i canoni ormai consolidati del genere vengono rispettati, la mistura di thrash, death, hardcore e progressione raggiunge dei momenti significativi soprattutto quando gli Outcast riescono a modulare violenza e armonia, elementi che se gestiti oculatamente apportano una fruibilità notevole a brani quali "What Would Be My Final Commitment?" e "Awaken The Reason – Part IX: Reprise".
È comunque elegante la rappresentazione di caos che vien fuori da un pezzo come "Spin Angular Momenta" e se alle volte non la tirassero un po' per le lunghe vedasi "Isolation", ottima in quanto ad atmosfere ma un po' troppo diluita nella durata, probabilmente "Awaken The Reason" avrebbe guadagnato ancora punti, tenendo pure in conto che la prestazione di Wilfried Fagnon al microfono è ciò che ci si attende da un cantante dello stile, è duttilmente ruvido, sa spingere affondando in growl e alternare il più classico stampo hardcore con fasi scream.
Gli Outcast sono maturi così come lo è il loro sound, certo ci sono un po' d'accademia e un'anima che si potrebbe plasmare in maniera più netta e personale, c'è comunque tempo anche se al traguardo del terzo disco ci si attende una conferma definitiva.
"Awaken The Reason" è un buon disco, sarà opera gradita dagli ascoltatori del panorama sonoro prima descritto, chiunque si senta affine a quel mondo dovrebbe dargli una possibilità, ci sono tutte le premesse per far sì che scatti l'acquisto.

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ARTIFICIAL WISH - Subconsciuous

Informazioni
Gruppo: Artificial Wish
Titolo: Subconscious
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Buil2Kill Records
Contatti: facebook.com/pages/Artificial-Wish/220266493237
Autore: Mourning

Tracklist
1. Preface
2. Spin
3. Evidence
4. My Clay's World
5. One
6. Infected Thoughts
7. 'Till The End
8. The Line
9. Halo

DURATA: 28:52

Un po' me lo chiedo: abbiamo davvero bisogno di tutte queste formazioni che suonano in stile fotocopia?
La domanda è rivolta all'indirizzo di tutta la categoria metal e non, alle volte uno dovrebbe essere obbiettivo, spesso si è messi a dura prova non dall'inconsistenza della prestazione ma dal numero di volte in cui ti domandi dove tu abbia già sentito un certo passaggio, trovando poi la risposta.
Gli Artificial Wish in questo processo non hanno nessuna colpa, suonano ciò che vogliono, precisamente è di metalcore che stiamo parlando, il genere più inflazionato, modaiolo e sputtanatamente catchy del panorama metallico.
Ora "Subconscious" per quanto sia figlio delle influenze citate dai ragazzi veneti (Underoath, Killswitch Engage, 36 Crazyfist etc... etc...) ci prova a dire la sua sfruttando i "canoni" ordinari dello stile, quell'alternare di sciabola e fioretto che porta a galla la parte metal del sound nelle fasi più concitate e aggressive lasciando ai ritornelli orecchiabili e a una vocalità pulita presente per la maggior parte del tempo lo spazio di attirare a sé un bacino d'utenza più largo rispetto all'extreme.
Innegabile che provino anche a diversificare la proposta poggiandosi con delle sonorità post-rockeggianti che diluiscono il suono nei momenti più languidi ("Evidence") e per quanto le chitarre inanellino una buona serie di riff d'impatto e ci siano un paio di growl/scream interessanti, mostrando in "My Clay's World" e "The Line" di saper spingere, abbiamo comunque a che fare con una realtà incastrata all'interno di argini stretti e "stereotipati" dai quali è difficile erigersi o apportare dei cambiamenti significativi che possano permettere di farsi notare nella massa d'uscite similari.
Un approccio gradevole, ben confezionato e prodotto in maniera cristallina dalla Dysfunction Production da Dualized ed Eddy Dysfunction (Fear Factory, Logan Mader, Tue Madsen), "Subconscious" è quasi più adatto al mercato oltreoceanico
(U.S.A.) che a quello della vecchia Europa, potrebbe quindi essere un biglietto da visita interessante per sdoganare il monicker.
Gli Artificial Wish devono però maturare, questa prima prova è solo l'ancora alla quale rimanere incollati attendendo che il futuro porti con sè nuove idee, c'è la necessità di avere una visione più ampia e personale del mondo musicale del quale hanno deciso di far parte per non rimanerne vittime, divenendo solo uno dei troppi act metalcore nella media, in bocca al lupo ragazzi.

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LEPER DIVINE - Contagion (Promo 2011)

Informazioni
Gruppo: Leper Divine
Titolo: Contagion (Promo 2011)
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: Myspace - Facebook
Autore: Akh.

Tracklist
1. Kingdom Of Wandering Souls
2. Deception Of The King
3. Contagion
4. Angel’s Plague

DURATA: 21.30

I Leper Divine nascono dalla mente del polistrumentista Tregor Russo (i più attenti sapranno già attivo nei Sortilegium, Dionisyan, Eriaminell, Gates Of Eden, ecc.), per dar sfogo alle proprie volontà in chiave Tecno Brutal Death, quindi dopo alcuni mesi di prove riesce a veder la luce questo promo: "Contagion". I brani proposti traggono ispirazione dalla vecchia Palermo (1624) e quindi dalla sua storia, unendo spaccati musicali differenti fra loro come lo stile barocco, il grind, lo sludge e la fusion, il tutto ben amalgamato dalla produzione dei palermitani Roxy Studio.

La partenza di "Kingdom Of Wandering Souls" non so come mai mi richiami immediatamente in mente la grande accoppiata Morbid Angel/Immolation, sia per la gravità del suond, sia per il riffing che sa essere opprimentemente atmosferico ma al contempo dinamico; molto buono l'utilizzo dei vari strumenti (si percepisce chiaramente nell’uso della lead guitar l'influenza di certe scale che vengono utilizzate per arricchire le strutture dei brani) che sanno ritagliarsi camei interessanti; ottimi gli spunti più rallentati, che ben sviluppano quell’alone morboso che è la peculiarita vincente degli act sopra indicati, aggiungendoci un qualche vago tocco per certi cambi di tempo dei primi Deeds Of Flesh credo che sia sufficiente per intrigarci con la loro proposta. Sulla stessa scia riparte "Deception Of The King", con il suo riffato a tratti magniloquente, ottima la compressione delle chitarre che così vanno sapientemente a sfruttare tutto il potenziale delle sette corde adoperate dal nostro main man, nel costruire gli intrecci con accordi malati e dissonanti che l'aggiunta di tocchi di tremolo acuiscono ulteriormente l'aria di decandenza, corruzione e rovina; meglio ancora si può notare nell’omonima "Contagion" dove l’odore viziato della malattia diviene realtà. Chiude il promo "Angel's Plague" che stranamente mi ricorda in uno dei riff portanti una celebre hit dell’infanzia firmata Carrisi/Power (ascoltate bene gli accenti e capirete immediatamente), arricchita di parti deliranti e rallentamenti al limite del fangoso, dove assoli schizofrenici imperversano (retaggio forse delle precedenti esperienze con gli Eriaminell?) segnalandoci la sicura abilità tecnica del gruppo, in cui ritmiche possenti vanno a chiudere in bellezza questi venti minuti di mortifero Tecno Brutal Death Metal; nelle loro note la peste nera oramai dilaga furiosa.

Chi ben comincia è a metà dell'opera; così diceva un vecchio proverbio, non ci rimane quindi che attendere l'altra metà per considerare i Leper Divine un'opera compiuta, in quanto hanno già messo giù una mano assolutamente vincente.

Labels e ascoltatori del buon Death Metal di scuola americana prestate un orecchio a questo monicker, perche è già pronto per fare il salto di qualità sulla lunga distanza: ascoltare per credere.

Leper Divine: Palermo è invasa... dalla Peste Nera

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SPARTA - Use Your Weapons Well


Informazioni
Gruppo: Sparta
Titolo: Use Your Weapons Well
Anno: 2011
Provenienza: Gran Bretagna
Etichetta: High Roller Records
Contatti: non disponibili
Autore: ticino1

Tracklist
1. Fast Lane (single 1981)
2. Fighting To Be Free (single 1981)
3. Angel Of Death (single 1981)
4. Tonight (single 1981)
5. Lords Of Time (compilation-LP 1981)
6. Rock For You (radio Hallam 1982)
7. Gods Of War (radio Hallam 1982)
8. Street Walking (radio Hallam 1982)
9. Shady Lady (radio Hallam 1982)
10. Lady Evil (radio Hallam 1982)
+ altre 15

DURATA: 113:27

La Gran Bretagna non è solamente patria della birra e dell’hooliganismo. Il metallo è anche parte integrante di questa grande nazione piena di cultura, storia e contraddizioni. La NWOBHM non è mai stata ampia e conosciuta come onda musicale, vive però ancora sempre dell’amore portato in petto da alcuni fanatici come il sottoscritto.

Sparta era il nome di una formazione stazionata nella patria di Robin Hood, nel Nottinghamshire, che era attiva agli inizî degli Ottanta. La discografia è, con due singoli e uno split, molto succinta. L’etichetta tedesca HRR si è presa negli ultimi anni cura di ristampare alcune perle dimenticate. Non tutti i gruppi ebbero la fortuna di finire nel catalogo della NEAT Records in quegli anni ed era perciò facile perdersi nei meandri dei negozi specializzati.

Ora vi è possibile gustare pezzi come "Angel Of Death" o "Tonight" che sono molto rock; alcuni potranno anche sentire qui e là un velo di glam alla Sweet in bocca, ascoltando altre tracce più vecchie, pur essendo queste molto virili. Le composizioni sono grezze e non seguono vie di mezzo. Gli Sparta celebravano IL rock duro per eccellenza. Questa è musica da veri uomini per pezze d’uomini! Coloro che si aspettassero gingilli e frasi delicate, sono pregati cortesemente di voltare pagina.

Quest’antologia di quasi due ore vi offre tutte le registrazioni conosciute di questo quintetto. La casa tedesca ha eseguito un lavoro con i fiocchi, producendo la versione in vinile e un doppio CD accompagnato da un libretto di venti pagine pieno di foto inedite e stampato su carta lucida pesante. Lo stile piuttosto "vintage" della presentazione completa perfettamente il tutto.

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BLUT AUS NORD - 777 - The Desanctification


Informazioni
Gruppo: Blut Aus Nord
Titolo: 777 - The Desanctification
Anno: 2011
Provenienza: Francia
Etichetta: Debemur Morti Productions
Contatti: debemur-morti.com
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Epitome VII
2. Epitome VIII
3. Epitome IX
4. Epitome X
5. Epitome XI
6. Epitome XII
7. Epitome XIII

DURATA: 42:47

Il 2011 è stato un anno sicuramente prolifico per i francesi Blut Aus Nord che hanno fatto uscire ad aprile "777 - Sect(s)", primo capitolo di una trilogia esoterica la cui seconda parte, "777 - The Desanctification", ha visto la luce nel novembre della stessa annata.
Chi segue l'andamento della discografia di questi signori d'oltralpe avrà sicuramente ormai compreso che è follia pura tentare anche solo di immaginare che cosa possa contenere un loro disco.
Partiamo dal presupposto che il prosieguo di quest'opera divisa in tre distinti capitoli debba riprendere laddove era stata interrotta; la numerazione dei brani ci offre un'interpretazione univoca al riguardo.
Se però "777 - Sect(s)" aveva ancora un legame con le caratteristiche "tipiche" della band, in questo seguito lo sguardo è volto sempre più in avanti, nuovamente oltre ciò che avremmo potuto aspettarci.
È la batteria elettronica che, in "Epitome VII" e "Epitome XI", insieme ai suoni dilatati e quasi onirici, contribuisce a creare una coltre di apocalittico e funereo misticismo che avvolge la mente dell'ascoltatore tramite l'ossessiva regolarità di un incedere enigmatico e occulto, inaccessibile e ammaliante, una sorta di invito a gettarsi spontaneamente tra le braccia dell'Abisso.
Ancora una volta il pensiero ci viene negato dallo squilibrato e stratificato rigurgito di "Epitome VIII", dai geometrici e sacrali nichilismi intessuti nella plastica inumanità di "Epitome XII" o dalla parvenza di scomposta linearità delle voci pulite (sì, avete letto bene) di "Epitome X".
Nulla può essere comprensibile quando è la disgregazione totale a prevalere, quando le dissonanti e disarmoniche melodie intessono un quadro sempre disturbante ma inusuale, almeno per come siamo abituati ad approcciarci alla musica dei Blut Aus Nord.
Come potrà la vostra mente non capitolare di fronte ai riverberi della plumbea e allucinogena psichedelia di "Epitome IX"?
Avete mai visto un gatto che ha appena catturato un topolino? Se la risposta è positiva, sicuramente saprete che il felino non divora subito il roditore ma si prende gioco di lui, lo confonde e lo illude prima di farlo sparire nel proprio stomaco.
Questo è esattamente ciò che fanno i Blut Aus Nord con i nostri intelletti.
In realtà ho sbagliato: i Blut Aus Nord non esistono più. O meglio, si odono le loro tracce ma è come se gli strumenti non fossero pilotati da braccia e cervelli umani, bensì da una forma di entità superiore, forse il Caos, un'ermetica, arcana ed eterna volontà che ha deciso di "rivelarsi" smembrando (o appunto, desantificando) ciò che la nostra misera esistenza umana ci ha riservato finora.
Cosa troverete in "777 - The Desanctification"?
Troverete Industrial e i Godflesh, troverete Ambient e i Darkspace, troverete atmosfere malefiche, Black Metal e i Deathspell Omega ma non troverete nulla di veramente affine a ciò che vi rimbomberà nelle sinapsi.
I Blut Aus Nord hanno superato le catalogazioni, hanno superato il concetto stesso di musica per approdare ad uno stato di pura espressività artistica.
Tutto quanto viene eretto e immediatamente dopo distrutto, in un eterno ed inarrestabile processo involutivo/evolutivo che permette alla divinità di innalzarsi oltre la Luce e oltre ogni barriera, nel Cosmo, ma che, subito dopo, la ricaccia nel più profondo dei baratri.
Siamo spettatori impotenti e attori partecipanti di una lotta artificiale e spontanea, minacciosa e confortante, pulsante e immobile.
Cos'è "777 - The Desanctification"?
Potrei dire che è un capolavoro ma sarebbe una mera definizione, decisamente troppo riduttiva.
Questo disco è Arte allo stato purissimo e non riesco a nascondere la mia trepidazione per il capitolo che metterà fine a quest'opera monumentale.
Non vi illudiate di essere padroni del vostro destino se vi pongo un'ultima domanda: sarà il silenzio o sarà la Conoscenza il cammino che intraprenderete?

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FROM THE VASTLAND - Darkness Vs. Light, The Perpetual Battle


Informazioni
Gruppo: From The Vastland
Titolo: Darkness Vs. Light, The Perpetual Battle
Anno: 2011
Provenienza: Iran
Etichetta: Arx Productions
 Autore: Mourning

Tracklist
1. Dawn
2. Ancient Dream
3. Eternal Antagonist Of Vohu Manah
4. The Light Of Revelation
5. Glacier
6. Tishtrya The Rain Client
7. Nine-day Battle (Keresaspa The Brave)
8. Serpent Empire Of Angra Mainyu
9. Thousand Years Of Eternity
10. Vayu

DURATA: 46:22

Black Metal dall'oriente, è l'Iran il paese che da i natali al progetto solista denominato From The Vastland che vede Sina gestire comparto strumentale e testi.
Il musicista iraniano, del quale ho praticamente zero notizie, giunge direttamente al debutto, non ci sono a quanto pare release antecedenti a "Darkness Vs. Light, The Perpetual Battle", titolo che trova riscontro nelle tematiche incentrate sulla conflittuale convivenza delle due fazioni, analizzate evitando i cliché nordici ma sviluppando la parte cantata su storie e concetti riguardanti la cultura alla quale i From The Vastland appartengono.
Se da quel punto di vista va anche bene, l'album musicalmente è fortemente incline a vivere e alimentarsi del panorama "nero" più classico, ha affinità con le sezioni atmosferiche e melodiche di stampo europeo sia scandinavo che russo/ucraino data la velocità di alcune sezioni blastate e una certa predisposizione a favorire un'impronta epica pur non rinunciando alla schiettezza e brutalità di natura USBM.
Detta così o girata un po' come la si vuole, il disco è derivativo da far paura seppur rispetto alla moltitudine di cloni che girano in questo mondo Sina sia capace di offrire delle strutture e delle soluzioni abbastanza varie e ordinate, pezzi come "Eternal Antagonist Of Vohu Manah", "The Light Of Revelation", "Nine-day Battle (Keresaspa The Brave)" e "Serpent Empire Of Angra Mainyu" sono equilibrati, forniscono sia impatto che un più che discreto ornamento ambientale a far da cornice che le rende un ascolto gradito e quei tratti orientaleggianti disseminati, nel platter pur non essendo una costante, confluiscono nel sound dando il loro minimo ma sostanziale contributo.
La produzione è pulita, i suoni peccano soprattutto nel basso, la figura d'accompagnamento ritmico viene, non dico annullata, ma emarginata in più di una situazione mentre il drumming programmato è ben fatto anche se effettivamente lascia quel sentore di meccanico soprattutto quando picchia sui cimbali.
I From The Vastland non inventano nulla, "Darkness Vs. Light, The Perpetual Battle" è un buon disco black metal con pregi e difetti dell'esser stato partorito nel 2012 e non nel 1993, mostra però una certa professionalità, bello il lavoro grafico a supporto curato dalla label ucraina e una passione che in futuro potrebbero essere le carte migliori per la crescita e maturazione del progetto di Sina, è da tenere d'occhio.

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EVADNE - The Shortest Way


Informazioni
Gruppo: Evadne
Titolo: The Shortest Way
Anno: 2011
Provenienza: Spagna
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: evadne.es
Autore: Mourning

Tracklist
1. No Place For Hope
2. Dreams In Monochrome
3. This Complete Solitude
4. One Last Dress For One Last Journey
5. All I Will Leave Behind
6. The Wanderer
7. Further Away The Light
8. Gloomy Garden

DURATA: 1:05:04

Il materiale di fattura pregiata non solo si rivela resistente ma è capace di mostrare le proprie qualità nel passare degli anni aumentando di valore, tale paragone può calzare con la natura e l'evoluta involuzione alla quale si sono sottoposti gli spagnoli Evadne.
La formazione iberica era di quella da tenere d'occhio e il primo album "The 13th Condition" l'aveva chiaramente fatto capire, una buonissima rappresentazione di doom gotico vecchio stampo corredato di presenza femminile e violino grazie alla guest di Lady Nott (Narsilion).
Sono passati ben quattro anni da quel lavoro uscito sotto forma di autoproduzione e li ritroviamo ancora in tale stato, a quanto sembra le label sono davvero con i paraocchi alle volte, è però vero che il supporto mediatico della Lugga Music ha comunque dato una mano per spargere il nome degli Evadne e di questo secondo atto intitolato "The Shortest Way".
La band ha quasi del tutto abbandonato l'alone gotico ma non le melodie, è tornata indietro e di un bel po' spostando il tiro in direzione di un doom-death massiccio, greve e corposo nel quale s'incastona con carisma il dirompente cantato del singer Albert, abile nello sfruttare la vocalità growl tormentata quanto quella clean melancolica, suadente e non è un caso che l'interpretazione ricordi in primis il mastermind svedese di mille e più progetti Dan Swano, maestro nel giostrare la voce in maniera simile, poi ripreso dal suo allievo Akerfeldt che l'ha reso ancor più languido, a quanto sembra lo spagnolo gli è molto affine.
Non è un caso (e sono due) che la mano di Swano abbia agito in ambito di produzione e lo si percepisca nettamente, il precedente album aveva un orientamento incline a favorire lo sviluppo atmosferico tramite un notevole lavoro dei synth, in "The Shortest Way" invece questa peculiarità risulta snellita ma non evaporata del tutto, inserita nelle "retrovie" a sorreggere e irrobustire la prestanza di un riffing classicamente "down-tuned" e l'intarsio melodico che ha fatto grandi nomi come My Dying Bride e in tempi più recenti gli statunitensi November's Doom.
Mi è impossibile negare la derivazione dagli act citati e le varie influenze che abbracciano il sound degli Evadne, è altrettanto innegabile che il platter sprigioni un fascino che non percepivo da tempo tanto che in una scaletta di otto tracce così ben inanellate rende complicato scegliere ciò che si ritenga il meglio se non per carattere soggettivo. In tal caso non posso esimermi da nominare "This Complete Solitude", l'esempio lampante di quanto siano appassionatamente ispirati dalla natura old dello stile; "All I Will Leave Behind", incatenante e dilaniante allentarsi della presa, il mettere sul piatto lo strazio trasmesso attraverso l'uso del pugno (il growl diviene ancor più profondo) e la carezza (le dolciastre incursioni pianistiche e l'angelico cantato femminile) che si fa largo in petto e "Gloomy Garden" corpulenta esecuzione che possiede cambi di tempo oculati, un'alternanza fra morbida melancolia e grave austerità che conduce al capolinea uno "The Shortest Way" dalle molteplici note positive.
I più puntigliosi potranno "attaccarsi" alla ripetuta menata esclamando "sembra la solita roba", peccato però che di questa "roba" al giorno d'oggi e di questo livello se ne produca davvero poca, è quindi oro colato un disco simile soprattutto per gli appassionati del genere rimasti mezzi delusi dalle ultime prove dei Draconian, che confidano ancora nella maturazione dei loro connazionali Nox Aurea e via discorrendo...
Supportate gli Evadne acquistando "The Shortest Way" e auguriamoci che qualche etichetta "seria" dia loro la possibilità di avere una risonanza adeguata al valore di ciò che han sinora prodotto, se lo meritano perché guadagnato sul campo.

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VERGE - Sex & Violence


Informazioni
Gruppo: Verge
Titolo: Sex & Violence
Anno: 2011
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Descending Towards Damnation
Contatti: myspace.com/vergefinland
Autore: Mourning

Tracklist
1. Chains
2. Death Coitus
3. On The Verge
4. Persistence In Failure
5. Pride & Vanity
6. Sex & Violence I: Lust
7. Sex & Violence II: Hate
8. Sex & Violence III: Pride

DURATA: 52:54

I Verge sono una band particolare, in effetti sembra proprio che da loro non si sappia mai cosa ci si debba aspettare.
Avendoli conosciuti con lo split che li vedeva in compagnia dei Blood Red Fog e dopo aver ripescato il debutto "Hatemagic" (2008) che vi consiglio di ascoltare, mi trovo fra le mani il secondo capitolo "Sex & Violence" che mi ha lasciato dapprima un po' perplesso per poi coinvolgermi pienamente ascolto dopo ascolto.
La realtà finnica è riuscita a fare quello che gli Shining non hanno saputo fare cioè modellare il proprio sound senza gettare alle ortiche quell'oscurità e quel principio "depressive-suicidal" pur avendo adottato delle soluzioni melodiche e un approccio meno dissonante rispetto al recente passato.
La struttura delle composizioni vede una base forte nella quale il trio ritmico composto da batteria, basso e chitarra crea l'impasto sul quale può divincolarsi in libertà la solistica. Il grigiore rimane fitto, una coltre elegantemente rifinita da dissertazioni acustiche e dagl'innesti di voce, quest'ultimo elemento mai troppo presente ma efficace, un graffiato stridulo che in "Death Coitus" è supportato da campioni in sottofondo che acuiscono l'angoscia trasmessa, campioni che in più occasioni vengono in soccorso portando con sé un carico di sofferenza notevole, vedasi quella femminile situata internamente a "Pride & Vanity".
È un mondo tetro e tormentato quello dei Verge, un percorso fatto di "camere", ogni traccia ne rappresenta una diversa per carattere e affluenza emotiva, è questo che rende periglioso l'ascolto di "Sex & Violence". Siano poi le fasi ambientali di "Persistence In Failure", la ciclicità sensoria espressa in una disarmante "Pride & Vanity" o il concentrato mix che provoca un'escalation di sensualità, collera, odio e intrinseca soddisfazione nella trilogia denominata "Sex & Violence" a "costringervi" ad approfondire il discorso interiore e a condurvi a sfogliare il booklet contrastantemente colorato, leggerne i testi intrisi di una visione "personale" distruttiva, affossante e a confrontarvi con la simbologia in esso contenuta sarà un ulteriore momento di analisi, ogni singolo istante musicale dell'album se vissuto con il supporto visivo fra le mani acquisterà una valenza ben più rilevante.
I Verge si confermano come formazione da seguire e ascoltare con attenzione, "Sex & Violence" è uno di quei dischi col quale si entra in empatia assorbendone l'intero contenuto in sessione unica, sviscerandolo più e più volte per entrarvi dentro il più possibile, magari portando a galla quelle minuzie che con l'aumentare dei passaggi nello stereo vi risulteranno sempre più nitide all'orecchio.
Se avete la voglia adeguata per accostarvi a un lavoro simile, non posso far altro che consigliarvi di comprare una copia dell'album e approfittare della loro musica.

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MOTHER MARS - Fossil Fuel Blues


Informazioni
Gruppo: Mother Mars
Titolo: Fossil Fuel Blues
Anno: 2011
Provenienza: Australia
Etichetta: 666 Records
Contatti: Myspace - Facebook
Autore: Mourning

Tracklist
1. Ride Like The Wind
2. Fossil Fuel Blues
3. Prelude
4. Organic. Robotic
5. Close Encounters Of The Fourth Kind
6. All Hope Abandon / Dark Song
7. Hospital Bed / Flashback
8. The Path

DURATA: 58:42

Non ho molte notizie su questo trio australiano, quello che so per certo è che ascoltare un disco come "Fossil Fuel Blues" ti può raddrizzare una giornata storta.
Matthew Allen (chitarra, voce e piano), Paul Attard (basso, chitarra e percussioni) e Frank Attard (batteria e percussioni) hanno dato forma a una di quelle prove che sprizzano sincerità, il platter nel suo non essere levigato ma capace di esaltare una rappresentazione cruda e diretta del sound stoner miscelato al blues e alla psichedelia seventies fa realmente godere.
Le tracce hanno in sè un qualcosa di talmente genuino da ricordarmi la vitalità Kyuss e di alcune cose dei Fu Manchu coniugata con la sfacciataggine dei Monster Magnet, già questo è tanto, aggiungendo un tocco di Hendrix e dilatazioni spacey avrete in pratica la musica che si espanderà nella vostra stanza con le prime due canzoni "Ride Like The Wind" e "Fossil Fuel Blues".
Non manca davvero nulla ai Mother Mars per competere con realtà "blasonate", possiedono il groove, le qualità atmosferiche e compositive, hanno un cantante che sa quando e come entrare sul pezzo, stanno davvero messi bene. Se l'incipit dell'album non vi fosse bastato, la conferma è offerta lì, su di un piatto d'argento grazie a brani quali "Organic Robotic" adornato da splendide scanalature che alternano le varie inflessioni umorali spingendo sia sul fattore "acido" che su quello desertico, dalle pachidermiche cadenze di "Close Encounters Of The Fourth Kind", dal corridoio di "droni" spaziali di "All Hope Abandon / Dark Song", un misto di mite inquietudine e follia calcolata che si sprigiona nel semplice "chorus" che pronuncia le parole "you lie", dallo scatenarsi irrequieto e rapido di "Hospital Bed / Flashback", degno contraltare del pezzo precedente, e dal concludersi del percorso con una "The Path" stranamente sognante e che nella lunga durata porta con sé tutte le caratteristiche sviscerate dal sound dei Mother Mars.
La produzione "fatta in casa", nel vero senso della parola dato che è stato Frank a curarla nell'home-studio, calza a pennello, vi sembrerà magari che i volumi siano leggermente bassi rispetto alla "norma", può darsi ma tale soluzione ha lasciato campo libero ai musicisti che hanno potuto modellare e definire i suoni come meglio credevano e il risultato è molto più che semplicemente "soddisfacente".
Siamo dinanzi all'ennesimo act che meriterebbe più spazio, più visibilità ed è per questo che consiglio vivamente ai fan del genere stoner/psych di comprare una copia di questo gioiellino intitolato "Fossil Fuel Blues", non perdetevelo!

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DAEDALION - Grande Dame Misère


Informazioni
Gruppo: Daedalion
Titolo: Grande Dame Misère
Anno: 2011
Provenienza:
Etichetta: Axiis Music
Contatti: Sito - Facebook
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. Les Mutilations Internes
3. Destination Opposée
4. SAEX
5. Interlude
6. Lex Mortis
7. Grande Dame Misère
8. Suivant L’Antique Serpent
9. Mélancholie
10. Le Chant Des Gargouilles

DURATA: 43:28

Sarò sincero sin da subito, i Daedalion sono ciò che uno si attende da una band francese in ambito black: melodie, atmosfere, sferragliate e tematiche intrise di percorsi ancestrali. Voi direte: embè? Nulla di nuovo all'orizzonte, già, in effetti è proprio così, chi si aspettasse innovazioni o chissà quali sperimentazioni potrà abbandonare questa pagina.
"Grande Dame Misére" è il loro secondo album che dopo un "Intro" di per sé adrenalinico si scaglia contro l'ascoltatore causando un impatto frontale di quelli dirompenti con "Les Mutilation Internes".
Il pezzo è dotato di vere e proprie scariche di batteria, il riffato macina e la voce alterna lo screaming classico a soluzioni di richiamo "pagan" che amplificano l'evocare.
Le composizioni sono dinamiche, mantengono i ritmi costantemente veloci e sprigionano fierezza nel declamare la propria rabbia, è pregevole in tal senso la prestazione riversata in "Destination Opposée" quanto lo sono quelle che danno spazio alla musicalità nella forma più ampia e meno arrembante come "Lex Mortis" e "Mèlancholie".
Come dicevo in principio, pur non riscontrando particolari varianti e soluzioni che fuoriescano da un mondo "musicale" che gli assidui fruitori del black di matrice transalpina oramai hanno assorbito, "Grande Dame Misére" con le sue chitarre sature, la sua impertinente schiettezza rappresentata dall'aumentare e diminuire i giri motore con buon metodo in modo da creare un supporto oltre che ritmico propriamente atmosferico all'arrembante miscela emotiva posta in gioco (ascoltate la titletrack, è un vero macigno) e quella pausa scandita da poche note di piano ingannevole e rilassante innestata correttamente, si candida a divenire un acquisto di valore, uno di quei dischi che una volta inseriti in collezione fanno sempre e comunque la loro "sporca figura".
I Daedalion nel corso degli anni e dei live che li hanno visti calcare il palco insieme ad act quali Impaled Nazarene, Blacklodge e Crystalium hanno acquisito sicurezza e maturità, quest'album n'è la riprova, se avete fatto vostro al tempo "Sainte Folie - Erige Un Empire", un pensiero a "Grande Dame Misére" dovreste farlo.

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RYE WOLVES - Species Battle In The Branches


Informazioni
Gruppo: Rye Wolves
Titolo: Species Battle In The Branches
Anno: 2011
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: ryewolves.bandcamp.com - myspace.com/theryewolves
Autore: Mourning

Tracklist
1. Tearing At The Shapes
2. Hey David
3. Malnutrition Bends The Break

DURATA: 41:03

Il sound down-tuned dei Rye Wolves torna a farsi vivo, sono passati tre anni dal debutto "Oceans Of Delicate Rain", allora supportato dall'Aurora Borealis Records, ed ecco che finalmente possiamo ascoltarne il successore, "Species Battle In The Branches", stavolta però il combo ha deciso di intraprendere la strada dell'autoproduzione, non ne conosco i motivi ma il risultato è ciò che da loro mi attendevo.
Tre tracce, tre pesantissime tracce di doom/sludge influenzato dal core e dalla psichedelia che scavano solchi a non finire, che s'inabissano permettendo di fuoriuscire solo alla voce fottutamente posseduta.
Parliamoci chiaro: le influenze di act quali Melvins, Bongzilla e Zoroaster non passano inosservate, è però una bella botta quella che il trio proveniente da Eugene (Oregon) ci serve su di un piatto d'argento opacizzato dalla corrosiva azione delle note grevi e acide presenti nelle canzoni.
Se le prime due canzoni, "Tearing At The Shapes" e "Hey David", sono da ritenere vere e proprie frustate, seppur "abbordabili" anche da chi non propriamente abituato alla tensione rilasciata dal genere grazie a una durata lunga sì ma sopportabile in fin dei conti, il colosso, il vero colosso intitolato "Malnutrition Bends The Beak", lunga il doppio rispetto alla seconda citata, è oppressivo, claustrofobico e per quanto tenda ad alleggerire il peso con fraseggi lievemente più "lucidi" rimane comunque una batosta non da poco, è altresì vero però che è qui che vengono palesati i piccoli difetti di una produzione un po' troppo cruda.
Il songwriting è rimasto per lo più invariato, è facile notare come i brani siano ancora dotati di quella genuinità e quella semplicità che li privano di fronzoli per mantenere vivida la diretta connessione con l'ascoltatore, peccano invece per quanto riguarda la personalità, c'è da lavorare per potersi ritagliare uno spazio che in tal senso sia definibile "proprio".
I Rye Wolves risultano però una volta di più una certezza per chi ama e gode di release di questo stile, sono musicisti e appassionati fidati.

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WACHT


Informazioni
Autore: ticino1

Formazione
Steinsberg - Strumenti e voce

I Wacht sono già stati discussi qui. Ricordo che i loro testi sono di solito in reto romancio.

D’accordo, non dico nulla se dei "blacksters" moderni se la tirano, sentendosi particolarmente "true". Ma chi cazzo mi ha spinto a dire di sì a un’intervista in mezzo a gelide montagne? Non pensate però che il tutto sia successo in una bella cascina con qualche bevanda alcolica calda, no; proprio in mezzo alla neve. Diciannove gradi sotto zero vi sembrano pochi? Mi fa piacere, allora la prossima volta che io odorassi un fattaccio simile, cercherò dei volontari fra le fila dei lettori!

Merano, la conoscete? Ecco, mettete il ditino su questo punto della carta geografica e spostatevi dolcemente ed elegantemente con il polpastrello verso sinistra (controllate però che il nord sia sopra). Dopo qualche centimetro vi troverete in Svizzera, nel Canton Grigioni per essere precisi. Non posso però svelarvi esattamente in quale luogo mi toccò soffrire (eroicamente e solo per voi) i supplizî infernali.

Primo, spieghi per favore ai nostri lettori cosa è il romancio e cosa rappresenta questa lingua per Lei.

Steinsberg: Beh, come si sa, è la quarta lingua nazionale svizzera. Il reto romancio è ancora parlato solamente da un paio di decine di migliaia di persone e solo in certe regioni del Canton Grigioni, in parte anche in Italia. I dialetti sono però molto differenti fra loro. Quando abbiamo inciso lo split con Balest, facevo fatica a capire i loro testi ladini. Solo in Svizzera si parlano cinque idiomi diversi che in parte differiscono parecchio fra loro, anche sparsi su una superficie relativamente ridotta. Può succedere che nel paesino a cinque minuti di distanza si utilizzino parole totalmente diverse.
Il romancio mostra parecchi paralleli con molte lingue che mi facilita la comprensione di singoli termini italiani, spagnoli, francesi o latini. Ecco un esempio tratto dal pezzo "Imperi Desdrüt" (impero distrutto):

Ün di nö lönch davent / Un giorno non tanto lontano
Üna visiun plain idealissem / Una visione piena d’idealismo
Quai es nos böt / È il nosto obiettivo
Ün sömmi da satisfacziun / Un sogno pieno di soddisfazione

Üna flomma in nos corp / Una fiamma nel nostro corpo
Ans mossa la senda da vita / Ci mostra la via della vita
Existent daspö’l sdasdar / Esistente dal risveglio
Construi pel' eternità / Creato per l’eternità

Credo che i tuoi lettori riescano a capirci qualcosa di più che quelli germanofoni. Sono cresciuto in Engadina e perciò le mie lingue madri sono il romancio e il tedesco; perciò contano parecchio per me. Personalmente non fa alcuna differenza scrivere un testo in romancio, tedesco o inglese. Penso in tutte le tre lingue e decido spontaneamente quale lingua è più adatta a rendere le emozioni del testo e del pezzo. Alcuni temi sono più adatti a un idioma che non a un altro. Il tedesco per esempio è molto duro ed è perfetto per parlare di guerra, assassinio. Il romancio è naturalmente adatto per illustrare storie e saghe locali.


Già che siamo in tema presentazioni, illumini anche il popolo italofono sul significato di Steynsberg, o almeno sull’origine di questo nome oscuro e gelido.

Steinsberg è la rovina di un castello nella mia terra che permette una buona vista su parti dell’Engadina. Lì sono state riprese le fotografie per l‘EP split Freitod / Wacht.


Nelle Sue composizioni trovo sovente fortissime influenze norvegesi della prima ora. Per Lei conta di più la musica o il testo?

Io, come musicista, penso che i testi siano molto importanti. Chiaro, questi contano tanto quanto la musica o la fattura del disco fisico. Tento di creare un’unità attraverso questi elementi e di presentarli come un prodotto finito. I testi sono un ampiamento di quello che voglio esprimere con la mia musica. Le danno un viso che naturalmente può essere e viene anche interpretato differentemente da ognuno.
Come ascoltatore invece i testi non m’interessano molto. Chiaro, giocano un certo ruolo ma infine posso ascoltare musica anche senza conoscerli. Dipende anche di che formazione si tratti. Nella musica con forte espressione ideologica come lo è il black, i testi hanno molta più importanza per me che non in altri generi. Black metal è e sarà sempre più che solo musica!
È interessante che tu trovi influenze norvegesi. A parte il primo album di Burzum e l’EP "Aske" non si tratta di lavori rilevanti per me. Chiaro, li conosco e li ascolto anche regolarmente ma non li considero come il mio influsso principale, mentre il primo demo dei Freitod lo era probabilmente per le prime registrazioni di Wacht. Altrimenti non ti so veramente dire cosa mi abbia influenzato; può essere tutto o nulla allo stesso tempo. Le canzoni nascono mentre suono, tutto quello che creo porta la mia firma.


Lei è molto prolifico e produce non solo lavori per Wacht ma partecipa in maniera quasi maniacale a diversi progetti black svizzeri. Cosa le procura tanta energia per alimentare il tutto?

Ho bisogno di differenti possibilità per esprimermi musicalmente e di conseguenza progetti diversi. Canzoni come quelle degli Hatesworn non hanno assolutamente nulla a che vedere con Wacht e non potrei pubblicarle sotto quel nome. Ritengo che sia inutile volere per forza presentare tutto sotto un solo nome ma, malgrado parecchie discussioni a proposito, la maggior parte dei non-musicisti probabilmente non capirà.
Considero il black come la mia vita e il tutto viene da sé. Passo tutto il tempo possibile con queste cose. Sono una persona che preferisce realizzare tutto quello che si è fissato come idea in testa, invece di parlarne in continuazione al posto di produrre qualcosa.
Desidero precisare che non vedo Wacht come una vera band black. Ci sono certamente paralleli ma i temi trattati nei miei testi sono lontani da quelli del black classico. Credo però che sia superfluo inventare un termine specifico (per definire il genere, nda).


Lei si occupa anche di produzione e distribuzione di dischi con un’etichetta?

Sì, mi sono occupato finora di tutti i dettagli di quasi tutte le registrazioni. Preferisco fare tutto da solo per essere sicuro che riesca perfettamente. La distribuzione di produzioni più grandi preferisco delegarla all’etichetta che è finora la Bergstolz.
In futuro lascerò che dei professionisti si occupino del missaggio e del mastering, per ottenere il massimo del risultato.
Malgrado le quantità stampate aumentino e che il suono migliori, Wacht resterà un gruppo del sottosuolo. Queste sono le miei radici e Wacht le vuole rappresentare!


Che senso vede ancora nel termine "black metal" legato al contesto della seconda decade dell’attuale millennio?

Non molto a essere sincero. Il black oggi non è null’altro che un circo di bambini affamati d’attenzione invece di essere musica, attitudine e pensiero seri, fanatici e irrazionali che vi vedo e che io vivo.
Ci sono altri gruppi e musicisti che vivono anche loro conseguentemente in quel modo. Dall’altra parte però ci sono migliaia di gruppi ridicoli e un pubblico metal rincoglionito.


Quali sono le tappe principali nell’esistenza della sua band Wacht?

Un momento molto importante per me era l’entrata alla batteria di B.v.H. all’inizio del 2008 e lui da allora mi accompagna costantemente. Senza il suo aiuto molto si sarebbe sviluppato diversamente.
Le preparazioni per i concerti erano anche molto rilevanti. Ho bisogno di musicisti session per suonare live e dunque ho dovuto trovare persone adatte per realizzare tutto nel modo che m’immaginavo. Sono molto contento della formazione che suonò con me i tre concerti nel 2011.
Credo che la pietra miliare più importante però, appaia proprio ora: i lavori alla nuova uscita di Wacht e la pubblicazione dello split con Dunkelheit che rappresenta totalmente nuove dimensioni per il mio songwriting e per il processo di registrazione. Stiamo anche missando il primo album degli Hatesworn. Il primo lavoro dei Cunfin è uscito qualche giorno fa e un secondo è in fase di produzione.
Infine posso fare un passo in avanti con ogni incisione e con ogni concerto. Anche questi possono diventare pietre miliari.


Cosa si cela dietro alle idee e al credo di Wacht e del suo creatore?

La mia vita! Wacht è uno specchio della mia anima più profonda e del mio mondo di pensieri. Wacht è al 100% quello che rappresento come persona, sia in senso positivo sia negativo.
Nei testi di Wacht elaboro cose che mi occupano mentalmente o che sento mentre attraverso questo mondo. Non si possono raccogliere tutti i testi in un solo concetto perché personalmente ho interessi differenti. Le parole sono evolute continuamente col passare degli anni ma i punti rilevanti sono comunque odio, misantropia, morte, distruzione, disgusto per questo mondo e l’Engadina. Quest’ultimo può sembrare a prima vista controverso rispetto agli altri punti.
Ricapitolando si può dire che il primo lavoro si occupava di guerra, morte, distruzione, odio e misantropia. Dal demo "Engiadina Sur Tuot!" (che apparve prima dell’album ma fu inciso dopo) mi sono piuttosto concentrato sulla mia terra e perciò l’origine del mio pensiero così come della mia vita. Questo tema raggiunge l’apice nel prossimo album, le cui linee di voce sono interamente in romancio. Come detto, questa definizione è piuttosto superficiale, poiché non tocca tutti i testi. È piuttosto un miscuglio dei soggetti citati e ancora di più.
Chi vuole apprendere di più, legga i testi o provi a tradurli.


Ci parli dei suoi altri progetti.

Come hai già detto all’inizio, mi occupo di parecchi gruppi.
Oltre a Wacht ho anche il progetto Hatesworn. Suono anche live con Freitod e Menegroth, canto e scrivo testi per Cunfin. Tutto questo si può anche leggere in Internet, se a qualcuno interessasse. Alcuni fatti non sono documentati per un motivo preciso e così sarà anche in futuro.
Tutti i gruppi e progetti sono tematicamente separati e hanno poco in comune musicalmente, a parte qualche piccola eccezione. La musica si ritrova comunque nel black metal.
I temi trattati da Hatesworn, come i titoli delle prime tre demo dicono, sono odio, morte e melanconia. Originariamente si voleva incidere una sola canzone con questo gruppo ma per me andava tutto così bene che ho continuato spontaneamente. Ho rinunciato volontariamente a fissarmi dei limiti o delle regole su cosa faccio o no. Le prime tracce sono nate molto spontaneamente durante una serata e anche incise senza grandi preparativi. Sperimento di proposito con nuovi strumenti e voci. Sul secondo e terzo demo ho impiegato tastiere e voce femminile; credo che il risultato sia molto soddisfacente. Naturalmente non è un effetto kitsch come quello dei Dimmu o Cradle. Chi avesse interesse, rischi pure un ascolto. Anche su YouTube c’è una canzone. In generale le tracce sono lente ma, secondo me, piene di atmosfera. Come già accennato, presto apparirà il primo disco che contiene tutti i pezzi dei demo nuovamente missati e rimasterizzati. Grazie ai nuovi pezzi la durata totale è di quasi settantaquattro minuti.
I testi di Cunfin sono esclusivamente in romancio. Il tema della patria è trattato in maniera più glorificante che non da Wacht. Società, democrazia o sovrappopolamento sono anche punti toccati. Cunfin si occupa della realtà con cui siamo confrontati ogni giorno, è un vaffanculo per il mondo che conosciamo e odiamo.


Wacht si presenta live anche a livello internazionale?

Sì, in agosto 2011 abbiamo suonato in Ungheria all’Inner Awakening Fest. Alcuni camerati del luogo hanno organizzato un festival e ci hanno invitati spontaneamente. Non ho nulla in contrario a suonare in futuro all’estero o anche in Svizzera. Per ora mi concentro sul lavoro in studio. Vedremo se mi si ripresenterà una possibilità. Fino alla prossima presenza live dovrete accontentarvi dei video live su YouTube. Questi sono anche linkati sul sito dei Wacht.


Se Lei avesse una sola possibilità per ritornare indietro nel tempo, che periodo desidererebbe visitare e che persone incontrerebbe?

Una sola possibilità non mi soddisferebbe. Ci sono migliaia di luoghi e avvenimenti che vorrei vedere dal vero e non in maniera sfuocata dalla storia.


Quali sono i suoi prossimi progetti?

Come già accennato prima, per ora lavoro agli album dei Wacht e degli Hatesworn. Credo anche che il secondo disco dei Cunfin uscirà quest’anno. L’incisione dello split Wacht / Dunkelheit (HUN) è terminata e anche questo lavoro dovrebbe apparire nel 2012. Ci sarà un CD digi con tre pezzi di Wacht e quattro dei Dunkelheit che dura circa cinquantacinque minuti. Proprio oggi ho ricevuto l’EP split Freitod / Wacht.
Ieri abbiamo terminato un pezzo degli Hatesworn per una cassetta split con Woodspirit, gruppo ungherese. Ho inciso tre canzoni in totale. Stavolta lavoro, e probabilmente lavorerò anche in futuro, con un cantante pieno di talento. Per Cunfin sto elaborando una traccia per un EP split e altre piccolezze che usciranno un giorno.


Cinque canzoni chiave, così, spontaneamente!

Cinque sono poche; per ora:
Acherontas – "Blood Current Illumination"
Ignivomous – "Alchemy Of Suffering"
Нежеголь – "Хель"
Daughter Darling – "Broken Bridge"
Flagellant – "Monuments"


Cosa pensa di quella scena che si autodefinisce "NSBM"?

Potremmo discuterne davanti a una o più birre, se tu ti facessi nuovamente vivo...


Cosa la snerva di più della "scena" metal?

Ah, tutto. I metallari sono idioti puzzolenti e stupidi che si comportano malissimo ai festival e che credono di essere così particolarmente fighi. Penso che quest’attitudine "siamo tutti fratelli" faccia vomitare. Se indosso una maglietta che anche solo sembra metal, non significa che io voglia parlare con chiunque abbia qualcosa di simile, al contrario!
La maggior parte di loro soffre solo di mancanza di attenzione e sono solo dei "groupies" che non hanno nessuna idea di cosa sia uno strumento o cosa significhi creare un disco e inciderlo. Per molti di loro è solo un passatempo per essere duri o "cool", oppure una fase della vita da dimenticare quando si è cresciuti.
Andate a fare in culo!


Dal canto mio è tutto. Non mi resta che augurarLe buona sorte per il futuro. Come al solito lascio carta bianca all’ospite per l’ultima parola.

Ti ringrazio amico mio per l’interesse mostrato, per l’intervista e per il tempo impiegato. Come detto, dovremmo nuovamente andare a berne un paio.
VIVA LA GRISCHA!

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RYE WOLVES


Informazioni
Autore: Mourning
Traduzioni: Dope Fiend, Fedaykin

Formazione
Abe Nobody - Basso, Voce
Robin McDougall - Chitarra, Voce
Kellen Holte - Batteria, Percussioni


A tre anni di distanza dall'uscita di "Oceans Of Delicate Rain" sono tornati i Rye Wolves, vediamo di approfondire il discorso su "Species Battle In The Branches" nuovo lavoro del combo doom/sludge.

Benvenuti su Aristocrazia Webzine, iniziamo col presentare la band ai nostri lettori? Chi sono i Rye Wolves e come sono nati?

La nascita dei Rye Wolves ha significato riunire il nostro desiderio di arte, posizionarlo sopra un vecchio pezzo di legno e lasciarlo crescere completamente, un processo interamente racchiuso da un invisibile ritorno alla natura.


Come sono passati questi tre anni che hanno distanziato l'uscita dei vostri due lavori?

Abbiamo lavorato lentamente al nostro nuovo album a causa delle vite impegnate che conduciamo, e a causa del caos che, semplicemente, esiste.


"Species Battle In The Branches" ha mantenuto fede alle aspettative, privo di fronzoli, pesante e soprattutto "vero" grazie a una produzione "cruda". Quali sono le basi compositive che gli hanno dato vita? Come nasce un vostro brano?

La prima canzone del nostro nuovo album, "Tearing At The Shapes", è stata registrata originariamente per la nostra prima uscita, e aveva una forma molto primitiva, inaccettabile per noi. Ci abbiamo lavorato di più, con anche il nostro nuovo batterista, per inserirla in questo nuovo lavoro, e finalmente è nato il pezzo così come lo sentite ora. Per noi è importante assicurarci che le cose suonino bene quando le scriviamo e le registriamo. I nostri pezzi in fin dei conti nascono ascoltando gli echi dentro di noi, e cercando di trasmettere in qualche modo questo segnale in una forma tangibile. Questo è un processo in cui stiamo migliorando crescendo.


Qual è il mood di cui si ha bisogno per modellare un pezzo claustrofobico e disteso come "Malnutrition Bends The Beak"?

"Malnutrition..." è la nostra ode ad H.P Lovecraft, strutturata in una trilogia basata su tre differenti storie. Le storie a cui facciamo riferimento sono "The Crawling Chaos", "The Hound" e "The Outsider". Il mood prende vita dal gelo ossessionante che risuona nei suoi lavori, dal nostro impegno a creare un pezzo che davvero possa sfidare la realtà. Questo può essere difficile per tutti coloro che si chiudono nei confini di un singolo genere. Per noi l'elemento chiave è creare un'opera d'arte che sia unica e un'estenzione della mancanza di confini del caos. Questo universo è davvero dannatamente illusorio. Detto questo, è probabile che ogni individuo dipartirà da questo con un'esperienza soggettiva differente.


La voce di Abe sembra talvolta essere letteralmente posseduta, la musica è un modo per scagliare i propri demoni contro il mondo circostante?

Questo mondo è andato a puttane. Non è sempre stato così. Solo quelli che non hanno coscienza o quasi possono davvero non vedere questa realtà. Questa possessione che senti sboccia da una voce interiore che non è saziata dall'esistenza trasparente e completamente disconnessa tipica della nostra cultura. L'Uomo sta combattendo contro tutta la sua realtà, dovremmo provare un senso di collettività per questo.


Non vorrei errare, se non ricordo male fra le vostre influenze vi è H.P. Lovecraft, cosa vi attira della dimensione narrata nei racconti del maestro di Providence?

Lovecraft ha subito una sorta di illuminazione, se vuoi, verso qualcosa di completamente differente. Chi può dire quali panorami galattici uno abbia potuto scorgere, o di chi abbia invocato la presenza? La visione che è stata propria di questo autore non solo funge da ispirazione, ma fa porre a noi stessi delle domande su cose che non ci sono mai state apertamente rivelate.


Nel primo album invece citate Frank Miller che da il titolo all'opener, avete una passione anche per i fumetti? Quali sono le uscite che avete letto con maggior passione e quali seguite ancora?

Frank Miller è stato un grande autore di racconti. Riusciva a disegnare dei buoni fumetti E a integrarci storie fantastiche. Ho letto gran parte della serie "Daredevil", e il suo "Dark Knight" è un'interpretazione in chiave moderna particolarmente interessante del mito che circonda la figura del vigilante. A quanto pare Hollywood l'ha trasformato in una specie di svitato ultimamente, e trovo le sue invettive su internet razzialmente disturbanti; quanto al suo film (se così si può chiamarlo) "300", sembra che non sia altro che una pubblicità terribilmente estesa di propaganda indirizzata agli americani più influenzabili, nel tentativo di convincerli a entrare nei Marines per combattere le malvagie moltitudini di colore, che guardacaso sono di discendenza mediorientale. È diventato un becero crypto-fascista di questi tempi. Sigh... Anche le vecchie copie di "Swamp Wing" ci piacciono molto, comunque.


Come mai avete scelto di autoprodurre "Species Battle In The Branches"? Non sono arrivate offerte interessanti o quantomeno il tentativo di confermare il rapporto con l'Australis?

I Rye Wolves volevano assicurarsi di non dover rendere conto a nessuno se non a se stessi. AB non ci ha nemmeno risposto quando l'abbiamo contattato. Nel nordovest ha tagliato più ponti di quelli che pensa. Non abbiamo ricevuto offerte da parte di nessuno con cui volessimo lavorare. Piuttosto che aspettare, abbiamo preferito rilasciare "Species..." in un numero limitato di copie che sono state assemblate a mano, e inserire il nostro lavoro su BandCamp e Last FM. Appena possibile pubblicheremo anche una copia in vinile del disco, e probabilmente faremo anche questo per conto nostro con la nostra etichetta, a cui stiamo dando vita proprio in questi giorni. Belief Mower Records.


Qual è il vostro pensiero sulla scena musicale odierna? E nello specifico sul panorama stilistico al quale appartenete?

Chiunque dica che ultimamente non ci sono movimenti musicali interessanti non sta prestando abbastanza attenzione. Ci sono talmente tanti buoni gruppi in giro che è difficile star dietro alla scena. Noi ci consideriamo ispirati e onorati di poter suonare insieme ai nostri gruppi preferiti nel mondo. Adoriamo questi panorami, e li adoreremo sempre.


Le band odiernamente si promuovono tramite siti come Bandcamp, Souncloud, Jamendo trovando forse più feedback di quanti ne ricevano attraverso le vie ritenute sino a oggi convenzionali (label & promotion). Questo condurrà secondo voi il mercato verso una diffusione ancora più estrema dell'mp3 a discapito
dei supporti fisici?

È importante per un artista possedere i diritti del proprio lavoro. Se vale la pena fare qualcosa, vale la pena lavorarci duro. La gente comprerà sempre meno cd con l'avvento di questa nuova era elettronica. Questi siti sono quantomeno delle opportunità percorribili, in questo senso. Il vinile resta il nostro supporto preferito, ma gli mp3 ecc.. sono un modo con cui le persone possono avere accesso istantaneo alla tua arte. Se poi sono convinti, cercheranno il tuo lavoro nella sua forma fisica. E questa è una buona cosa.


Quali sono gli ultimi dischi che avete comprato? E quelli che vi hanno aperto la strada a questo tipo di sound?

Comprate tutto dei THOU perchè sono il perfetto esempio di un gruppo che non si chiude solo in un genere con ogni uscita. Lo split S.V.E.S.T. / Deathspell Omega è stellare, come anche i nuovi di Blut Aus Nord, Krallice, Eagle Twin, HELL, Fell Voices, Ash Borer e la cassetta split Mania / Huldrekall.


Cosa si prova a portare canzoni simili in sede live? Qual è il modo migliore per godersi una vostra esibizione?

Di recente, è stato più bello del solito, grazie all'aggiunta del nostro nuovo batterista Kellen Holte. Ci sta davvero dando una grossa mano, in un momento in cui stiamo accelerando moltissimo la creazione di nuovo materiale. Il mood è eccitante e ci lasciamo coinvolgere parecchio quando siamo on-stage, siamo in grado di fare sempre di più, di lasciarci andare, e immergerci completamente nel momento che sta trascinando noi e il nostro pubblico.


C'è stata una serata o festival che ritenete indimenticabile? E una che è nata storta e finita peggio?

Verso la fine dello scorso ottobre, abbiamo avuto il piacere di fare alcune date con i Velnias, che sono una delle migliori band black metal psichedelico in circolazione. Ogni show è stato magico, ma c'è stato un momento di apice, a Portland, in occasione del Samhain, quando abbiamo condiviso il palco con L'Acephale, Velnias, Ash Borer, Hell e Black Queen. Una line-up incredibile, e una serata che non dimenticheremo mai. L'ultima data del nostro tour a maggio, invece, abbiamo suonato in contemporanea con un gruppo leggendario, i Doom, dal Regno Unito. Non mi andava proprio di suonare a un isolato di distanza da quello show, perchè sapevamo benissimo dove tutti sarebbero andati, a vedersi i Doom. Non ce la potevamo prendere con nessuno. Erano i Doom. Non suonano mai. A volte capita anche questo.


Il 2011 si è praticamente chiuso, doveste fare una vostra personale classifica di gradimento quali sarebbero i cinque dischi metal e cinque non metal che consigliereste di comprare?

La nostra scela di dischi Metal:
1) Fell Voices - "Untitled II"
2) Blut Aus Nord - "777 Sects"
3) Krallice - "Diotima"
4) Deathspell Omega / S.V.E.S.T. - "Veritas Diaboli Manet In Aeternum"
5) Mania / Huldrekall split cassetta
Continuiamo a sentire a ripetizione anche "Summit" dei Thou e "The Unkindness Of Crows" degli Eagle Twin.

La nostra scelta di dischi non Metal:
1) Grails - "Deep Politics"
2) Boris - "Attention Please"
3) Panda Bear - "Tomboy"
4) Diminished Men - "Capnomancy"
5) Aelter - "III"


Progetti futuri? C'è già qualcosa che si muove nel cantiere dei Rye Wolves?

Stiamo scrivendo nuovo materiale in questo periodo, e registreremo un nuovo album quando arriverà il momento, spero nel prossimo inverno. L'universo in continua espansione ci spinge ancor più in avanti nelle pieghe del subconscio, per evocare ciò che non può essere nominato.


Siamo agli sgoccioli, cosa possiamo dire ai nostri lettori per chiudere al meglio quest'intervista?

Ci interessa venire in Europa il prima possibile! Adoriamo il modo pulito e deciso con cui così tanti sembrano integrare l'arte nella propria vita. Il nostro sforzo in questo senso è molto focoso. Restate sintonizzati!
Hails+++

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