domenica 16 dicembre 2012

COLOUR HAZE - She Said



Informazioni
Gruppo: Colour Haze
Titolo: She Said
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: Elektrohasch
Contatti: facebook.com/pages/Colour-Haze/63239115015
Autore: Mourning

Tracklist CD 1
1. She Said
2. This
3. Transformation

Tracklist: CD 2
1. Breath
2. Slowdown
3. Stand In...
4. Rite
5. Grace

DURATA: 1:21:51

Nella vita c'è sempre chi insegna e chi raccoglie tali insegnamenti, nella musica ci sono band che diventano leader e tantissimi ottimi "follower", i Colour Haze fanno parte delle realtà a capo del proprio panorama musicale di riferimento e la figura di Stefan Koglek è divenuta col tempo pari a quella di un autentico guru del sound stoner/psych.
Il trio bavarese, dopo ben quattro anni dall'ultimo parto "All" del 2008, ha tirato fuori come ai tempi di "Los Sounds De Krauts" un doppio album da far paura. Si viene avvolti dalla magia che Koglek (chitarra e voce), Philipp Rasthofer (basso) e Manfred Merwald ancora una volta sono stati capaci d'inglobare in quasi un'ora e mezza di musica priva di confini.
Viene da chiedersi se realmente questo lavoro sia stato prodotto nel 2012, il sound si nutre di quell'hard rock / blues che ha reso celebre l'inimitabile Hendrix, attingendo dalle sonorità desertiche e inabissandosi letteralmente nel krautrock di immensi artitisti quali Klaus Schulze e i Popol Vuh ma fare nomi è davvero superfluo, suona Colour Haze e stop.
Ci dobbiamo quindi confrontare con un'atmosfera esplorativa non di facile assimilazione, confacente alle abilità compositive degli "stoner Gods" che più suonano dilatati, creando pezzi dal minutaggio esteso, e più sembrano in palla. Le canzoni più belle, ricche e ammalianti sono infatti la titletrack, "Transformation" e "Breath", anche se a dire il vero non vi è un solo istante nel quale, se si è assorbiti da "She Said", vi sia motivo per il quale pensare ad altro. Le distrazioni non sono né ammesse né concesse per provare ad entrare concretamente in sintonia con il mastodontico operato dei Colour Haze, è una regola che non può essere infranta, trattarli come un semplice sottofondo sarebbe un reato.
I tedeschi dipingono utilizzando le note, ogni brano potrebbe essere tramutato in una serie di tele e i paesaggi quanto le visioni procurate dal contatto uditivo con la loro proposta risulterebbero molteplici e non per forza definiti.
Come in una qualsiasi perlustrazione, i dettagli sono necessari per avere la chiara percezione di quanto ci circonda, ciò si realizza raccogliendo i pezzi del puzzle sino a giungere al suo completamento e lo stesso discorso vale per l'approccio con un disco simile. I pezzi sono infatti pieni di minuzie che vanno analizzate, processate e assorbite, le intrusioni eleganti della strumentazione a supporto, composta da una diversificata schiera di elementi (piano, sintetizzatori, mellotron, congas, corno, tromba, trombone e non omettiamo le sezioni corali), rendono coinvolgente il concedersi totalmente via libera all'ascolto, mentre il ritorno alle radici rappresentato dalle movenze tribali che si fanno strada in un paio di circostanze diventa il biglietto d'ingresso in un mondo distante anni luce dalla rumorosa quotidianità che ci attanaglia.
La riproposizione live di alcuni episodi sarà molto difficile, al contrario altri più diretti e "spogli" come "Slowdown" (bellissimi il ritornello e l'animarsi vibrante del guitarworking), "Stand In" e "Grace" sono sicuro che risulteranno alquanto efficaci anche senza il supporto dei vari ospiti; il più breve, "free" ed esaltante "This" (dotato di un organo in costante rilievo) troverebbe dal canto suo di certo spazio in qualsiasi scaletta come intermezzo o introduzione a un pezzo di portata e natura più complessa.
Oggi molte band suonano in stile Colour Haze ma nessuna di esse può lontanamente pensare di essere al livello dei Colour Haze, e se ancora vi stiate domandando perché i musicisti di questa formazione vengano incensati da mezzo mondo, non vi resta che inserire nello stereo (cd o vinile, decidete voi cos'è meglio) "She Said" e togliervi il dubbio. Le parole stanno a zero, i fatti contano, Koglek e soci non ne sbagliano uno, speriamo solo di non dover attendere altri quattro anni per apprezzarne il successore.
MUST HAVE IT!

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