lunedì 29 marzo 2010

DRAGONIA - Blood Will And Soul

Informazioni
Gruppo:Dragonia
Anno:2009
Etichetta:Private
Autore:Mourning

Tracklist:
1. My Blood
2. Gods Wish You to Die
3. Days of Sorrow
4. Rise Far Away
5. Crying Hero (Winds of Madness)
6. Hate
7. Dragonia (remixed version)
8. Forever Night
9. Ti Ucciderò
10. Rainbow of Feelings

DURATA: 52:58



La band toscana dei Dragonia, seppur arrivi solo nell'anno passato a un vero e proprio debutto, è attiva ufficialmente dal 1996.
Per quanto la musica composta ed eseguita dal combo sia relegabile all'ambito classicamente heavy si rilevano varie sfumature che l'arrichiscono facendo sì che venature prog e passaggi al limite con l'epic/death (definizione che qualsiasi fruitore del death detesta come minimo) risultino parte d'essa.

Ci troviamo dinanzi una formazione preparata e che ben si destreggia con partiture anche complesse ma mai prolisse o fini al solo compito di vanesia esibizione.
Fa la differenza la prova del cantante/chitarrista Massimo Menichetti, sfrutta l'ugola a dovere non forzandola inutilmente ma quando decide di spingere riesce a toccar picchi considerevoli, pregevole del resto è anche l'apporto chitarristico fornito ai brani esprimendosi al meglio nelle fasi solistiche tendendo invece a esser poco fluido nella ritmica.
L'altro componente che alza di livello la prestazione è il tastierista Lorenzo Coppola, un lavoro di synth presente che ha insiti al suo interno deja vù chiari ma che d'altro canto consolida e dona profondità alla musica ampliandone l'atmosfericità.
Brani come il trittico apripista sparato e melodicamente azzeccato o "Ti Ucciderò" sono di sicuro piglio e resa anche in sede live, quest'ultima con la scelta del cantato in lingua madre potrebbe anche esser sfruttata come hit, stesso discorso accennato per gli Ibridoma con la loro "Ibrido".
Ci sono ancora una "Rise Far Away" e "Rainbow Of Feelings" a regalare emozioni uscendo leggermente dal canonico schema che sembra impostato per la totalità del platter, dove trame prog intinte di passaggi heavy massicci s'intrecciano senza però esser costanti nel valore tanto da non dare alle altre tracce nulla che infonda voglia di rimetterle su.
L'unica cosa che mi fa storcere realmente il naso è la cover del lavoro brutta davvero sia per scelta di colore che forma.
Un lavoro quindi dalle due facce, se da una parte si nota l'esperienza e la perizia nell'esecuzione, dall'altra abbiamo una carenza di spontaneità e personalità causata dal legame troppo fitto con act di lungo corso.
E' pur sempre un debut, piacerà a chi segue il filone heavy/prog e un ascolto lo merita ma in futuro partendo da queste basi dovranno trovare una strada che non sia stata così tanto battuta per venir fuori da un calderone che troppo spesso inghiotte formazioni meritanti miglior sorte.

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TANTAL - The Beginning Of The End



Informazioni
Gruppo: Tantal
Anno: 2009
Etichetta: Mazzar Records
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Beginning Of The End
2. Controlled By Hate
3. Lifeless Existence
4. When Clarity Comes...
5. Suicide
6. In The End Pt.1 (Agony)
7. In The End Pt.2 (Epitaph)
8. Farewell

DURATA: 50:08

La Russia continua a sfornare formazioni che suscitano interesse, è la volta dei Tantal che nel 2009 danno via alla loro discografia con "The Beginning Of The End" vero primo lavoro dopo il demo "Emotional Distress" del 2007.
Il death/thrash proposto dai ragazzi è melodicamente coinvolgente, trova un giusto equilibrio fra parti devotamente melodiche ad altre più pompate e d'impatto, sfruttando la bravura dietro il microfono di una Sofia Raykova a cui unica pecca (se tale si può definire) imputabile è quella di un clean che allenta la tensione (forse sin troppo) rendendo sezioni dei brani molto catchy, cosa di cui non ci sarebbe un gran bisogno data la tipologia di composizione che presentano, già di per sè intrigante nella sua accessibile fruibilità.
I brani di medio lunga durata mettono in evidenza una preparazione tecnica più che discreta e un gusto per le scelte dolciastre e divaganti nel progressivo che li pone al di sopra della media.
Se "Beginning Of The End" come primo impatto non le manda certo a dire, è con le successive "Controlled By Hate" e "Lifeless Existence" che i Tantal si dilettano nell'utilizzare scelte più pressanti e massicce che trovano sfogo nel growling di Sofia.
I riff inanellati dai chitarristi Dmitry Ignat'ev/Alexandr Strelnikov sono ben costruiti, scorrono a dovere ma non privi di richiami (difficile oggi trovare musica che non rimandi ad altro), si esaltano nella solistica tecnicamente valida e dal tocco che sfiora più volte il neo-classico, trovando in "When Clarity Comes" lido strumentale e uno dei momenti più alti del disco.
A seguire con "Suicide" e le due parti di "In The End" si avrà di nuovo contatto con l'incedere multisfaccettato che ha dato vita alle prime canzoni, nelle ultime due soprattutto si noterà la presenza del basso (Mihail Krivulec) più evidente e intraprendente e che meglio s'incastra ai pattern di batteria.
Chiude il lotto "Farewell" con la chitarra che malinconicamente pone fine al platter scandendo le ultime e suadenti note.
I Tantal sono già maturi come preparazione, hanno bisogno di quel quid che li contraddistingua, seppur non inventando nulla "The Beginning Of The End" è un album che ha i suoi perchè e non da un semplice ascolto, ha bisogno d'esser metabolizzato.
Promossi in attesa di un'anima definitivamente propria.

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VIOLENT JOURNEY RECORDS



Con noi oggi il titolare della Violent Journey Vesa, produttore fra l'altro di band come Nowen (di cui troverete la recensione in questo update) e Oranssi Pazuzu.

Come stai Vesa? Iniziamo a parlare della label per chi ancora non la conosce.

Sto bene grazie e, ok! Iniziamo.


La Violent Journey Records è una delle label presenti nella scena estrema, quali sono i canoni per la scelta delle band e qual'è la logica che segui in termine di supporto e produzione?

Beh, abbiamo rilasciato molti tipi di musica, la cosa più importante è che il materiale mi deve piacere, non mi interessa che sia "trendy" o facilmente commerciabile, se la musica mi piace è abbastanza per me, e se piace anche agli altri è sicuramente un vantaggio in più.


Come lavora una label, e perché?

In nessun modo in particolare, come ho detto, io pubblico ciò che mi piace.


La crescita delle produzioni e distribuzioni fai-da-te non crea problemi di qualche tipo? Le band non si fidano più?

Non molto attualmente, noi lavoriamo a cavallo tra il mainstream e l'underground quindi non è un grosso problema, la produzione e la vendita fai-da-te "mano a mano" ci sono sempre state all'interno della scena.


Come è organizzata la Violent Journey? Qual'è il tuo ruolo al suo interno, e che avviso daresti a coloro che entrano nel tuo roster?

Io sono il capo che gestisce più o meno tutto: io scelgo le bands, faccio le aggiunte band (ndr), mando lettere e news, tengo interviste, etc. Non ho alcun avvertimento particolare da dare alle bands, semplicemente facciano (e suonino) quello che vogliono, e non ciò che vogliono le altre persone.


Quando e perché hai deciso di fondare una label? Quali sono stati i maggiori problemi che hai incontrato? e ora quali sono le principali difficoltà per la scena metal? E per il mercato della musica?

Era una cosa che avevo in testa da più di venti anni, ero solito fare compilation, nastri etc. negli anni '80 e sognavo soltanto una label reale; finalmente mi sono deciso a iniziare ufficialmente. Se parliamo di problemi, tutti sanno che ci sono centinaia e migliaia di band ed etichette, così tante release, etc. ma a me non importa di competere contro gli altri. Tuttavia è spiacevole quando le riviste qui in Finlandia non pubblicano recensioni delle nostre uscite solo perché siamo una "piccola etichetta" e non una major importante.


Qual'è il tuo rapporto con le zine e quanto è difficile contro i vari ripp offer che spesso sfruttano internet e fanno perdere credibilità a certe realtà?

Leggevo tonnellate di zine negli 80's ma al giorno d'oggi molte di esse sono morte e altre sono web-zine; io do massimo supporto alle zine ma non a quelle (rip-offers) che chiedono solo promo e non fanno mai recensioni o simili. Probabilmente tu ti sei espresso in modo differente, ma hai ragione: internet sta uccidendo le zine, ma rende più facile avere contatti etc. Internet ha buoni e cattivi risvolti.


Quali sono le band migliori che tu abbia mai prodotto?

Beh, mi piacciono tutte le nostre band, se così non fosse non le avrei pubblicate :)


Riguardo a quali band hai detto: "dannazione, se solo potessi lavorare con loro!" ?

Qualcuno che ancora non ho ascoltato.


Quali sono stati i tuoi migliori e peggiori momenti come produttore?

Sicuramente ci sono stati episodi di entrambi i tipi, ma niente di particolare di cui parlare.


Qual'è stato il primo album che hai comprato, e qual'è la tua band preferita?

Beh, faccio quarant'anni quest'anno e ho comprato così tanti album in vita mia che non posso ricordarmi quale fosse il primo! Penso sia stato qualcosa di Elvis!!


Se potessi scegliere tre bands con cui firmare un contratto, chi sceglieresti?

Non posso rispondere a questo, mi spiace.


Grazie per la tua disponibilità, puoi concludere l'intervista a tuo piacimento.

Grazie per l'intervista! Per concludere voglio dirvi per favore di non smettere di comprare musica, se smetterete arriverà il giorno in cui la nuova musica non verrà più pubblicata perchè registrare e pubblicare non si può fare gratis, quindi perché un CD dovrebbe esserlo? Potete scaricare nuova musica da ascoltare, ma non smettete di comprare. Scaricare uccide le bands, i negozi di dischi, le etichette, i distributori e tutto il business della musica SE NON COMPRATE NIENTE. Nessuno può comprare tutto, ma comprate sempre qualcosa. Non scaricate tutto gratis. http://www.violentjourneyrecords.com/

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VASTATOR - Hell Only Knows

Informazioni
Gruppo: Vastator
Anno: 2008
Etichetta: Inferno Records
Autore: Mourning


Tracklist
1. Hellish Clown
2. Hell Only Knows
3. Inner Fury
4. Soul Of Heroes
5. Unbreakable
6. Bloodline
7. Pounding Hearts
8. Evilution (The New Step)
9. Mansión En Llamas
10. Máxima Entropia
11. Monseñor

DURATA: 41:51

I Vastator sono una di quelle realtà che pur essendo attiva dagli anni ottanta ha avuto occasione di metter fuori la testa solo sulla lunghissima distanza. Dopo aver prodotto svariati demo, il primo album "The Night Of San Juan" vede luce nel 2001, mentre il successore questo "Hell Only Knows" verrà rilasciato nel 2007 prima come autoproduzione per poi essere prodotto dalla neo-nata Inferno Records, label francese che si sta ritagliando un suo spazio nel mare attivo dell'underground.
I cileni suonano uno speed metal puro, rozzo, con chitarre veloci e taglienti che prende spunto da act quali Angel Kill, Iron Angel, l'epicità dei primi Manowar, scomodando in qualche occasione anche gli Exciter.
Il pezzo forte della band è il cantato di Nelson "Rob Díaz" D'Aldunce imponente quanto divertente nell'accostarsi alla lirica nell'intro "Hellish Clown" che chiama in causa l'opera "Pagliacci" del Leoncavallo.
Il riffing si fa più pressante e interessante nelle canzoni maggiormente spinte come "Pounding Hearts" e "Evilution", mentre la trilogia conclusiva si diversifica dal resto del platter per l'uso della lingua ispanica senza peraltro ch'essa incida negativamente sulla più che degna qualità degli episodi fra i quali spicca la conclusiva "Monseñor".
Per gli amanti del sound più classico una discreta prova, gradevole e di piglio, che apprezzeranno per la naturalezza e devozione al genere.

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BURZUM



Informazioni
Autore: Akh.
Traduzione: Leonard Z

Per me è un onore oggi essere in compagnia di Varg Vikernes, ti ringrazio a nome di Aristocrazia; non ti chiederò di presentarti, ma potresti dirci come, quando e perché ha preso vita Burzum sostituendo di fatto il progetto Uruk-Hai? Che differenze ci sono state fra i due gruppi?

Gli Uruk-Hai erano un progetto thrash metal che ho messo a riposo non appena ho iniziato a suonare con la band (death metal) Old Funeral nel 1989. Comunque, nel 1991 il death metal era divenuto trendy e scontato, e molte band non volevano far altro che suonare come i «big». Quindi ho abbandonato gli Old Funeral e sono tornato agli Uruk-Hai. In quel periodo il batterista degli Uruk-Hai era entrato nell’esercito, e non avevo contatti col bassista, quindi ho iniziato a fare tutto da solo e, dopo poco, ho cambiato il nome in Burzum. La principale differenza tra Uruk-Hai e Burzum è che questi ultimi non sono mai stati una vera band, ma una one-man-band composta solo da me. Inoltre, all’inizio eravamo un gruppo thrash metal tradizionale, ma quando ho dato inizio al progetto Burzum ho creato qualcosa di originale e al contempo anche una nuova tipologia di musica. Musicalmente era più thrash metal che death metal, e la maggiore differenza era nella struttura delle canzoni.


Cosa ti ha spinto a tornare registrando "Belus" (già recensito da Aristocrazia)? Cosa ritieni l'Arte del B.M. abbia dato in passato e possa offrire oggi? Varg Vikernes è da considerarsi un uomo soddisfatto di ciò che ha rilasciato?

Beh, sono un musicista, quindi registrare musica è stato del tutto naturale per me. Non c’è molto di più che possa fare... non so niente dell’arte nel B.M. o del B.M. oggi. Fino ad oggi non sono mai stato contento dei miei album; penso che in ogni album ci siano alcune grandi canzoni, ma presi come insieme sono tutt’altro che perfetti. "Belus" è migliore degli altri, ma ancora non è perfetto.


Mi pare che dai tempi di "Hvis Lyset Tar Oss" (se la luce ci prende) ci sia una componente diversa nel valutare la "Luce", quanto è vero ciò? Quanto sei maturato in tal senso, cioè nel non credere più in certi stereotipi? Credi che il termine "Unholy Black Metal" sia più un termine denigratorio verso l'eggregore giudeo, oppure che implichi un sottostare inconscio ai dettami che da sempre i giudei ci hanno insinuato nella cultura, creando una visione "luminosa" della loro divinità rafforzandone lo spessore?
Quanto ti sei liberato dal senso giudaico di percepire le cose? E la Norvegia?

No, non ho cambiato la mia visione di cosa sia «luce». Sull’album "Hvis Lyset Tar Oss" prendo in giro ciò che loro chiamano «luce», ma naturalmente non credo che quello che loro intendano per «luce» sia veramente «luce». La «luce» che loro – id est i Giudeo-Cristiani – rappresentano è vera tenebra, e l’unica luce che loro possono darci ci brucerà invece di scaldarci e ci accecherà invece di illuminarci. Non so cosa sia l’Unholy Black Metal ma se tu intendi «satanico» penso sia un modo di vedere Giudaico. Io percepisco le cose in un modo “Pagano”, sì, e ho spazzato via tutto ciò che è Giudaico.


Ti senti un uomo credente? Se sì in cosa credi?

No, non sono un credente. So troppo delle religioni per essere credente in qualsiasi modo. Penso si possa dire che credo nella ragione.


"Belus" è un omaggio alle tue radici culturali o un rituale metaforico di rinascita personale artistica e non?

"Belus" è ciò che tu vuoi che sia. Il significato è nell’occhio di chi guarda. Non voglio dirti ciò che per me dovrebbe essere, perché devi avere l’opportunità di farti una tua idea, o, se ti va, puoi anche apprezzarlo senza dover per forza averne una. Io non tenterò di farti vedere le cose in un certo modo.


Permettimi una curiosità, hai una vistosa cicatrice sul mento, come te la sei procurata?

Un incidente sciistico quando avevo undici anni.


Altra questione, ti sei dichiarato appassionato di GDR, lo hai dimostrato utilizzando un disegno ripreso da un vecchio manuale della TSR per le copertine di "Burzum" e "Det Som Engang Var", oltre che utilizzando un moniker legato al fantasy, quali erano i tuoi GDR preferiti? Che personaggi prediligevi, che caratteristiche possedevano? A tuo avviso il GDR può avere una funzione catartica o é meglio intenderlo come pura funzione ludica in cui sviluppare fortemente la fantasia? Che tipo di giocatore ti consideri?

Il mio GDR preferito? Dipende. Quando ero un ragazzino giocavo un sacco con i moduli di G.i.R.S.A. utilizzando le regole di Rolemaster, ma ho anche giocato a D&D e AD&D (seconda edizione), giocavamo a GURPS, Twilight 2000, Richiamo di Cthulhu e altri. Giocare ai GDR è interessante, non importa quale sistema tu usi, nel senso che alla fine conta poco, il mio gioco preferito nel periodo era G.i.R.S.A./Rolemaster. Non sono sicuro che lo sia ancora oggi. A G.i.R.S.A. preferivo lo scout e a D&D il bardo, penso che bardo sia il modo migliore per descrivere un musicista come me. Forse lo stregone… :-)


Non ti pare che la prima ondata di B.M. norvegese e non fosse molto più affascinata dal lato oscuro che la fantasy deteneva, alcuni esempi sono i molti moniker e nickname legati ad essai: Burzum, Gorgoroth, Isengard, Myrkskog, Keep of Kalessin, Summoning, Shagrath, Sanrabb, ecc… ciò quanto ha influenzato il genere? Quanto ha influenzato Burzum?

Scusa, ma io ho sentito solo parlare di Burzum, Gorgoroth e Isengard, e i Gorgoroth li conosco solo per reputazione. Non hanno iniziato a suonare fino al 1992 e fino ad allora non hanno fatto parte della nostra sottocultura. Gli altri che citi mi sono sconosciuti – tranne i Keep Of Kalessin, di cui ho sentito parlare perché hanno partecipato a qualche contest di musica commerciale.


A proposito del nome, credi che il temine Burzum (ovvero Burz - oscurità um - assoluto) possa collimare con il concept di "Belus"? Perché hai cambiato il leggendario logo?

Leggendario logo? Beh, guarda cosa ho da dire a proposito su burzum.org. Burzum come termine rientra perfettamente nel concetto di Belus. La luce nasce dal buio. Belus da Burzum.


Perché per "Belus" hai abbandonato il tuo classico scream? Per renderlo più idoneo al concetto o perché l'età ha di fatto inciso le tue corde vocali?
Quali pensi siano i punti salienti del tuo stile musicale e di "Belus" in particolar modo?

Non mi sono mai piaciute le vocals dei vecchi album di Burzum, infatti le ho abbandonate nel 1993 quando ho registrato "Filosofem". Non è rilevante quale parte di "Belus" mi piaccia di più.


In moltissimi ti considerano un poeta per i tuoi testi intensi e introversi, quanto e cosa ti manca per essere uno scaldo? Al giorno d'oggi avrebbe senso esserlo?

Bardo è il nome celtico per scaldo. Scaldo è il nome norreno per bardo. Quindi perché no?


Cosa rappresenta per te il Sole?

Cos’è il Sole per me? La stella del nostro sistema solare. La portatrice e distruttrice di vite.


In che maniera si possono legare tematiche solari al B.M.?

Non ne ho idea e non mi interessa. Non suono B.M., suono metal estremo, ma se Immortal, Emperor, Hades Almighty, Thorns, Enslaved e altri gruppi composti da ratti suonano B.M. a me non interessa.


Cosa è per te la Tradizione? Quali componenti e valori ti senti di incensare in tale corrente culturale? La Tradizione può integrarsi nel processo evolutivo del B.M. o sono due nature scisse e tali devono restare?

(nessuna risposta)


Nella tua "ortodossia" sei stato un pioniere, un innovatore, un caposcuola di questo genere estremo, dal modo di porre lo screaming, all’utilizzo di brani Dark Ambient, a porre le basi per due futuri sottogeneri musicali come il Depressive B.M. e il Black/Ambient, cosa ne pensi di tutto ciò?

Ne so poco, e, a causa di ciò, non ho molto da pensare a riguardo.


Quanto ti onora o ti lascia indifferente il fatto che l'Arte di Burzum abbia influenzato e in molti casi creato miriadi di cloni musicali?

Più onorato che indifferente, ma in generale non mi piacciono i cloni. Mi piacciono solo gli originali.


Dato che ti sei sempre detto un ascoltatore di musica elettronica estrema, come reputi le band di Industrial B.M. (vedi Mysticum, Diabolos Rising, Diabolicum, Aborym, DHG, Thorns del tuo conoscente Snorre), credi che abbiano saputo miscelare al meglio la violenza dei due filoni musicali? Cosa ti sentiresti di consigliare a chi si avvicina a tali sonorità?

Mi dispiace, ma non ho mai sentito nessuno di questi gruppi, tranne Thorns – e ho solo sentito un demo di Thorns. Il resto è una scopiazzatura degli Alphaville (la pop band tedesca).


In "Belus" trovo un'inedita vena epica, a cosa è dovuta? Trovo che istintivamente tu riesca a trascendere dal contemporaneo, donando alle tue creazioni una dimensione al di fuori del tempo, in cui si risvegliano ricordi ed impulsi antichi, dove energie sopite si riscoprono e ritrovano la loro libertà. Sei cosciente di smuovere tali fattori? A tua volta in fase compositiva lasci che lo spirito che incarni si traduca in musica o è tutto più meditato e ragionato?
Qual è il tuo stato emotivo quando componi? Come nasce un tuo brano?

(nessuna risposta)


Chi è Varg Vikernes e cosa è Burzum oggi?

V. V. è un musicista e Burzum un progetto musicale. Ora come prima.


Grazie per esser stato con noi e per l'enorme disponibilità dimostrata, chiudi l'intervista come preferisci.

Grazie per l’interesse. Andate su burzum.org per informazioni su Burzum. Questa è la sola fonte affidabile per notizie su Burzum, e se non è su burzum.org allora non è vero. Tutto qua.

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FIRESTORM - Web Of Deceit

Informazioni
Gruppo: Firestorm
Anno: 2008
Etichetta: Copro Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Cold Hand In A Warm Heart
2. Angeldevil
3. Falling Into Alienation
4. Tempus Fugit
5. Neverending Course Of Time (Part 1 - Impulses Of The Heart)
6. Pictured By The Moon
7. Salome
8. Beyond Every Rational Thought
9. Shadows In My Mind
10. Neverending Course Of Time (Part 2 - Walls Of The Past)

DURATA: 50:44

Arriva per tutti prima o dopo il momento di concretizzare gli sforzi fatti per creare qualcosa che ne sia la summa.
Così è stato pure per i Firestorm, band marchigiana dedita a un power metal progressivo che dopo aver prodotto tre demo ha rilasciato l'album di debutto "Web Of Deceit".
Negli anni la formazione si è più volte rivoluzionata tanto da annoverare adesso in line-up uno solo dei fondatori, il chitarrista Manuele Pesaresi.
Le dieci tracce influenzate "fortemente" da act quali Dream Theater, Angra ma riconducibili anche a nostrane realtà come Labyrinth e Dgm hanno di buono una composizione canonica ma che si presta piacevolmente all'ascolto, la scelte solistiche azzeccate da parte dello stesso Pesaresi coadiuvato dall'altra ascia Moreno Baldoni e la prova vocale di un Riccardo Curzi dietro il microfono che regge soprattutto quando mantiene range medio/alti, ma che sulle parti che tendono a salire più del dovuto perde leggermente botta divenendo a tratti fastidioso sul lungo andare.
I brani scorrono senza problemi, evocano continui dejà vu ma si ascoltano con piacere, "Angeldevil" con il suo refrain catchy, la lunga e progressiva "Tempus Fugit" con gli assoli posti in chiusura, "Salomè" e il cantato "epicheggiante" o il divertente concludersi di una "Pictured By The Moon" che riprende la mitica colonna sonora del "Benny Hill Show" fanno la loro parte ma purtroppo non possiedono quel quid in più che le faccia risaltare.
Il disco si muove su un valore sufficiente con lievi picchi che vengono smorzati da scelte scontate subito dopo.
C'è da lavorare in primis sulla personalizzazione del sound e sulle strutture delle canzoni ancorate troppo a schemi conosciuti, spicca il batterista che ci prova a mettere del proprio almeno per quanto riguarda la dinamicità fornita, ma in mezzo a un mare standardizzato è una goccia che si perde.
Consiglio l'ascolto di "Web Of Deceit" esclusivamente agli sfegatati fan del genere in attesa di incrociare nuovamente i Firestorm sulla nostra strada sperando in una prova più matura

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STROMMOUSSHELD - Connective Tissue


Informazioni
Gruppo: StrommoussHeld
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Akh.

Tracklist
1. Long Ago Gone
2. Connective Tissue
3. WAT (Laibach cover)

DURATA: 16:35

Tornano i polacchi StrommoussHeld (nome difficile ma assolutamente da ricordare) porgendoci un'anticipazione del prossimo full legth, che il gruppo mette a disposizione liberamente in free download a questo indirizzo: http://strommoussheld.bandcamp.com/
I piu' attenti si ricorderanno il loro debutto ad opera della nostrana Avantgarde Music, un buon lavoro che segnalava potenzialita' e margini di miglioramento, purtroppo invece sono scomparsi dopo il mini "Halfdecadance" del 2004e.v.

A cosa sono serviti questi anni di silenzio? Sicuramente a centrare l'obbiettivo; infatti i due pezzi che incontriamo sono l'entusiasmante risultato di varie contaminazioni, le prime che mi vengono a mente sono la miscela dei Samael piu' elettronici e gli In The Woods... di "Omnio" (ascoltatevi la magia sprigionata da "Long Ago Gone"), ma conditi da un altissimo tasso di personalita' e maggiore tecnica, creando un connubio a mio parere davvero avvincente di progressive Black Metal, contaminato ed intrigante.

Pur rimanendo su altri lidi, a volte percepisco la voglia di sperimentare di band del calibro dei Fleurety, anche se l'influenza di Vorph e soci si presenta nelle timbriche vocali e in certi riff di chitarra, che comunque mai tendono al plagio, ma vivono di dimensione propria senza disdegnare minimamente l'impatto come è il caso di "Connective Tissue"; anche l'ottima produzione risalta benissimo l'aggressivita' del combo polacco e rende percepibili gli intrecci creati dagli strumenti, con un basso monumentale in bella evidenza.

La cover dei Laibach viene personalizzata e se da una parte forse perde la carica pesante ed opprimente dell'originale, guadagna invece in dinamicita' e vastita' del suono delle tastiere, inserendo pure alcune divagazioni Pink Floydiane in fase di arrangiamento, divenendo una possibile hit da concerto in cui scapocciare senza inibizioni e vergogne.

Sicuramente un gruppo che sono felice di ritrovare e che valuto in ottima forma, ovviamente non posso che consigliarvi di ascoltare questo singolo, attendendo a gloria l'uscita del nuovo lavoro.

Gratulazje StrommoussHeld!

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HELLHOUND - Metal Fire From Hell

Informazioni
Gruppo: Hellhound
Anno: 2009
Etichetta: Inferno Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Metal Fire From Hell
2. Headcrusher
3. Heavy Metal Highway
4. Heavy Metal Education
5. Metal Psycho
6. Change the World
7. Too Wild to Tame
8. Warriors Of Rising Sun

DURATA: 34:48

Che in Giappone il metal classico sia adorato non è cosa nuova, così come non è nuova la veste che gli Hellhound calzano.
La band nipponica è fedele alle basi del genere, affonda le sue radici nelle composizioni di quegli anni Ottanta sempre giustamente citati ma da pochi realmente rivalorizzati.
Non c'è spazio per innovazione e voli pindarici nella loro musica, il secondo capitolo della discografia intitolato "Metal Fire From Hell" è un tributo a formazioni quali Judas Priest, Accept, passando per contaminazioni hard rock e lo speed di casa Exciter (la band nacque come cover act degli stessi).
Otto brani per trentacinque minuti che ci regalano una buona prestazione complessiva, brani come "Headcrusher" di leggero richiamo Metal Church e "Heavy Metal Highway" che più canadian speed non si può, "Heavy Metal Education" mid tempo che spacca e qualche eco Helloween prima era sparso in altri episodi come "Change The World" o "Warriors Of Rising Sun" mettono in mostra anche la passione per il power della vecchia Europa, non possono che far gongolare di gioia chi adora l'eighties style.
La voce di Crossfire per molti versi riconducibile ad Halford non è impeccabile ma adrenalinica di sicuro, cosa che si percepisce nettamente nelle canzoni.
Con la sua chitarra accompagna Lucifer's Heritage nella costruzione del riffing non risparmiandosi in fase solistica dove il classico è più classico che mai.
Le basi sono lineari, pestate, il lavoro di batteria di Dragonblaster è rozzo ma efficace e perfettamente inquadrato alla tipologia di pezzi proposti, così come il basso di Swordmaster si limita a un semplice e puro accompagnamento eseguito a dovere.
Se il sound e i titoli delle tracce non vi bastano, guardate la cover: un jappo/vampiro con capello cotonato e occhialetto da sole trapassato da orecchio a orecchio da una Flying V, mette in mostra la goliardia da party degli Hellhound.
Niente di nuovo da segnalare sul fronte, sano e salutare heavy metal.
Siete nostalgici degli anni Ottanta o amanti del genere a priori? Un ascolto a "Metal Fire From Hell" ve lo consiglio, saprà rendervi il favore concessogli.

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RENEGADE - W:A:R

Informazioni
Gruppo: Renegade
Anno: 2010
Etichetta: Mygraveyard
Autore: Mourning

Tracklist
1. First Blood
2. Masquerade
3. Wired
4. Under My Skin
5. Where Time Stands Still
6. Wild Days
7. Burning Highway
8. No Reason in Love
9. W:A:R
10. Cant' Stop the Fire

DURATA: 42:08

Renegade, i ragazzi toscani li avevamo lasciati con uno "Straight To The Top" ricco di luci e ombre, non convinceva del tutto non per le qualità della formazione quanto per delle piccole pecche che ne minavano la costanza rendendolo altalenante.
Sono passati due anni ed eccoli di nuovo in pista e il titolo scelto per l'album sa di minaccia: "W:A:R", riusciranno a metterla in pratica?
Dopo svariati giri nel mio lettore, ho notato una sostanziale differenza in positivo rispetto al suo predecessore: tensione/ascolto mantenuta alta e cori azzeccati sono stati il primo pensiero che si è sono impresso nella mia testa già dopo il primo e completo esame.
La sensazione si è fatta largo e ha preso coscienza del valore del disco crescendo a ogni passaggio, non si sono risparmiati puntando sulla formula classica che è loro matrice e influenza: l'heavy metal ottantiano puro e oltranzista, riuscendo comunque a evitare monotonia dando slancio e vigore ai brani.
Si parli di veri e propri stiletti come l'opener "First Blood", "Masquerade", "Under My Skin", la titletrack "W:A:R" o la conclusiva "Can't Stop The Fire" dotate di riff metallicamente ispirati, dominanti e impulsive e che scaricano dosi di pura adrenalina o di brani come "Wired" melodicamente più accentuata nel suo incedere e per i due lenti "Where Time Stands Still" e "No Reason In Love", ballad che trovano espressione vera nei chorus suadenti grazie alla prestazione del Senesi in ottima forma.
Il risultato finale è che "W:A:R:" vale l'acquisto.
Nella seconda fa la sua apparizione il pianoforte suonato da Tommaso Vitali a rendere l'atmosfera soft e avvolgente, distorta solo quando le chitarre decidono di fornire piglio aggiuntivo al pezzo.
Passo decisamente in avanti per i Renegade, la formazione in toto è cresciuta, si nota come il riffing del duo Damiano Ammanati/Roberto Mannini sia più naturale e fluido rispetto al passato e come ne abbiano giovato anche le basi di Andrea Ammanati/Alessandro Tassini che nella loro semplicità infondono spessore alle canzoni mantenendo constantemente una discreta dinamicità.
Stefano Senesi si diletta dietro il microfono mettendoci tanto del suo, emozionando in una "Where Time Stands Still" e sfogandosi in "Under My Skin" che ritengo la due esecuzioni migliori e adatte a inquadrare la buona prestazione del cantante.
I Renegade si sono presentati al banco di prova con esperienza e voglia che li ha portati a non ripetere gli errori commessi nei loro precorsi, la maturità è ormai cosa certa.
"W:A:R:" è un disco che vale la pena avere, un album che sprizza genuinità e amore per l'heavy, se avete in comune con i ragazzi la passione per gli albori del genere questo disco dovrebbe entrare di diritto nella vostra collezione.

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MASTABAH - Quintessence Of Evil

Informazioni
Gruppo: Mastabah
Anno: 2010
Etichetta: Wyrm Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Shithole
2. Human Gut
3. Hunger
4. The Show
5. Revelation
6. Blind
7. Humanity Is A Lie
8. Fleshart
9. Rotting Reality

DURATA: 31:57

Nati musicalmente nel 2004, con un demo e l'ep "Purity" del 2007 alle spalle, nel mese di gennaio I Mastabah hanno pubblicato il primo album "Quintessence Of Evil".
Quando si parla di band polacche il deja vu è quasi una costante non per questione di mancanza di personalità ma per l'imponenza di un trademark che ha fatto scuola anno dopo anno conquistando sia il mercato che i musicisti.
Un naturale assorbire che in parte ha coinvolto questo lavoro dove echi di Vader e Azarath attraversano il sound ammorbati da passaggi rimembranti la blasfemia naturale condotta da alcune soluzioni di casa Morbid Angel.
Il disco vanta brani di una potenza ed efficacia considerevole come "Revelation", "Human Gut", "Humanity Is A Lie" o la conclusiva "Rotting Reality" che forti di un songwriting al di sopra della media per capacità di variare e trovare aperture inaspettate colpisce positivamente.
Il cantante tiene bene i pezzi diversificandosi fra growl profondamente gutturale/screammato e una via di mezzo fra i due, cosa che apporta una dose di malsano aggiuntiva.
Se a quanto avete già letto aggiungete il fatto che possiedono un batterista con le contropalle sia quando tiene ritmi lenti sia quando decide di percuotere il rullante con violenza e velocità, l'unica cosa che verrebbe da dire è: un centro perfetto.
C'è un però: la produzione affossa i brani.
E' troppo ovattata, non permette la loro piena "esplosione" ed è un reale peccato non poter apprezzare i citati e il resto del platter a pieno regime in quanto risulterebbero devastanti a dir poco.
I Mastabah e "Quintessence Of Evil" ci regalano una prima prova che avrebbe potuto veramente collocarsi già da ora fra i migliori dischi dell'anno, sperando che nel prossimo lavoro non ci sia tale pecca a limitarne il potenziale non mi resta che consigliarvi comunque l'ascolto del suddetto.
Hanno una marcia in più a prescindere e magari ascoltandoli avrete piacere nel continuare a seguirne le vicende.

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SOULGRIND



Informazioni
Autore: Leonard Z

Siamo qui in compagnia di Michele Nocentini, attualmente vocalist degli Arcadia, ma in passato cantante di un supergruppo fiorentino chiamato "Soulgrind". Grazie Michele per essere qui con noi.

Ma figurati, sono contento che nonostante siano passati alcuni anni, i SoulGrind abbiano comunque lasciato il segno.


Iniziamo tracciando un po' la storia della nascita dei Soulgrind.

Beh, come ogni adolescente che cresce ascoltando metal, il nostro "sogno" era formare un buon gruppo, incidere dischi e suonare dappertutto. Ognuno di noi aveva il suo gruppetto, ma eravamo un po' stufi di non concretizzare poi nulla, allora una volta trovate le persone che avevano i miei soliti obiettivi, non è stato difficile mettere su i SoulGrind.


La vostra prima uscita è stato il demo "Millennium" che ricordo ottenne recensioni strabilianti su molte riviste (ricordo un top demo su Metal Shock). Cosa ci puoi dire di quell'uscita?

Davvero non ci aspettavamo un simile trattamento, eravamo al settimo cielo! Anche se eravamo convinti e contenti del risultato ottenuto col demo, non speravamo in tali commenti. Investimmo i pochi soldi che avevamo per registrare il tanto aspettato demo tape, frutto di sudore e tante prove alla Neuromusic! Poi chiamammo Luciano Zella, gia' nei Death SS, che si disse felice di collaborare con noi per la registrazione... i risultati sono stati davvero buoni.


In seguito è tempo del vostro full "The Darkest Dawn", che orgogliosamente posseggo. Come è nata la collaborazione con l'etichetta che lo stampò e cosa ci puoi dire della gestazione di quell'album?

A quei tempi le cose andavano ancora come uno sperava, quindi dopo aver registrato il demo lo spedimmo via posta a tutte le etichette che conoscevamo. Ci rispose l'Elegy Records di Catania, proponendoci un classico, ovvero noi pagavamo lo studio e loro le stampe; ci riflettemmo un po' e poi decidemmo di accettare... avevamo troppa voglia di fare, forse, ma a venti anni di butti e basta.


Nelle canzoni non ti limiti all'inglese, ma spazi anche nell'uso del tedesco. Come mai?

Mia mamma era austriaca, quindi gia' possedevo una certa padronanza della lingua che secondo me ben rappresentava l'amore per la letteratura romanticista alla quale mi ispiravo spesso per i testi.


Quali sono state le maggiori influenze del gruppo? Quali erano i gruppi che ascoltavate nel periodo?

Ehehe mi ricordo che andavamo molto a momenti, c'erano periodi che certe cassette erano nello stereo di tutti e cinque e ci rimanevano per mesi! Mi ricordo il periodo Opeth, il periodo Cradle Of Filth, il periodo Dimmu Borgir... ahahah


Ricordo un vostro concerto di spalla ai Cryogen al CSA. Fu una seratona e il pubblico vi acclamò. Cosa ci puoi dire dei Soulgrind live?

Sì, fu il nostro esordio live... eravamo emozionatissimi! Ando' piuttosto bene e si creo' un bel feeling col pubblico... spesso parlo di quel periodo dove si ascoltavano concertini un po' dappertutto con tutto sommato una buona affluenza di pubblico. Bei tempi. Purtroppo non abbiamo avuto un'intensa carriera live, poche sporadiche uscite, magari una decina di concerti l'anno... che pero' di solito riuscivano bene.


"Lacerans" è la vostra ultima uscita. Cosa andò storto nel gruppo?

Mah... avevamo tutti caratteri difficili, problematiche varie... la convivenza dentro alla band era difficile. Secondo me tutto si incrinò dopo una lite fra Giacomo e Marco, in sala prove. Li' qualcosa si ruppe, Marco se ne andò e qualcosa di "magico" andò perso. La qualita' musicale non ne soffrì, crescemmo e cambiammo com'era giusto che fosse, pero'... da quel momento... qualcosa di intangibile mancò.


Ci sono ancora persone che ti richiedono materiale dei Soulgrind? Se sì, tramite quali canali è possibile reperire le vostre uscite?

Sì, piu' che altro tramite myspace mi capita di essere salutato da persone che ci hanno seguito in quel periodo e mi fa molto piacere. Purtroppo io per primo non ho tutto cio' che abbiamo prodotto, ma so di qualche amico della band che ha ancora le registrazioni di qualche prova ahahah.


Hai mai pensato di riunire di nuovo la band e riprendere da dove avete lasciato?

Spesso quando parlo con Mauro, il chitarrista, buttiamo lì scherzosamente o meno, l'ipotesi di una reunion... spesso finiamo col dire "eravamo troppo piccoli... se ci fosse successo tre o quattro anni dopo avremmo gestito tutto in maniera migliore, e chissà..."
Però una reunion... non so... credo sia quasi impossibile, troppe cose dovrebbero combaciare.


Quali erano gli album metal che consideravate migliori in quel periodo?

Direi il primo dei Cradle Of Filth, "Gallery" dei Dark Tranquillity, qualcosa degli In Flames e "Something Wild" dei Children of Bodom... quelli li abbiamo ascoltati fino alla nausea ahahah.


Tu sei ancora nel campo della musica, ma gli altri membri che fine hanno fatto? (escludendo il compianto Giacomo Grassi, che, come anche citato da Matteo Bennici dei Cryogen nella sua intervista, non è più tra noi).

Purtroppo sono in contatto solo con Mauro, che fa musica solo per hobby ormai, e me ne dispiace molto visto che secondo me aveva un bel talento; mi sento ancora con Gabriele, che sostituì Mauro negli ultimi anni, anche se lo vedo una volta ogni tre anni per motivi geografici lo ritengo sempre un grande amico.


Scena fiorentina del periodo. Avevate amicizie con altri gruppi, c'erano band particolarmente valide (o particolarmente schiappe) che ricordi ancora? Hai qualche aneddoto da raccontarci riguardante quel periodo?

Davvero, quel periodo era davvero florido, mi ricordo benissimo di Cryogen (c'era un riff di un loro pezzo che ho dovuto farmi insegnare da Mauro per forza nonostante io sia una schiappa alla chitarra da quanto m'era rimasto in testa ahaha) e dei By The Grief; bei gruppi davvero, eravamo tutti "pischelli" eppure funzionavamo bene!


Una domanda rivolta a te: ora vivi di musica e la tua nuova band è il tuo interesse principale, cosa si prova ad aver raggiunto questo traguardo dopo tanto duro lavoro?

A un certo punto della vita devi fare una scelta e capire cosa davvero ti rende felice: io la mia scelta l'ho fatta senza troppe riflessioni, sapevo cosa mi rendeva felice.
Adesso esce il nuovo disco e ci facciamo sedici date con Six Feet Under e Illdisposed a giro per l'Europa... le soddisfazioni sono tante ma ti assicuro che arrivare alla fine del mese è davvero difficile ahahah.


L'intervista volge al termine, grazie mille, Michele, per le tue risposte e per la tua disponibilità. Le ultime parole per i nostri lettori le lascio a te.

Grazie a te... mi ha fatto molto piacere fare un tuffo nel passato... molte cose mi mancano di quel periodo. Ringrazio chi ci ha sempre supportato e apprezzato come band, davvero.

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NOWEN - Nothing But Hate

Informazioni
Gruppo: Nowen
Anno: 2010
Etichetta: Violent Journey Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. The Sick Weakness
3. Dead Meat
4. Fragile
5. Bleed, Suffer And Die
6. Sofia
7. Nothing But Hate
8. After The Suicide
9. From Time To Eternity

DURATA: 37:55

Nome nuovo nella scena death/thrash finnica ma non lasciatevi incantare poichè il monicker Nowen nasconde delle vecchie quanto gradite conoscenze.
I membri che ne formano la line up sono infatti Mikko "Lappis" Lappalainen e Markus "Kusmar Rotten" Taipale (Whiteria), Jarno "Terminator X" Nurmi (Slugathor e se ricordate nei mesi passati abbiamo già parlato di lui nella figura di mastermind dei Serpent Ascending) e Ville "Vominator" Vehviläinen (Waltari).
Formazione quindi che ha esperienza quanto conoscenza del metal nelle sue varie forme estreme, con questa creatura relativamente nuova dato che è ormai in vita dal 2002, anno in cui uscì il demo "Cursed Or Blessed", mettono fuori la testa con il primo lavoro full "Nothing But Hate" con il supporto della Violent Journey Records.
Un disco compatto e violento che sa esprimersi sia in velocità e spinta sia quando si appoggia a passaggi dediti alla melodia ma si parla di quella giusta, niente affievolimenti emo o baggianate dell'ultima ora, i ragazzi suonano e interpretano il genere spinti dalla corrente che negli anni Novanta fluiva rigogliosa in Svezia con basi death martellanti ben assestate.
Ci sono in effetti quattro/cinque brani che sono delle vere e proprie mazzate a capocollo ed esprimono al meglio l'elevato potenziale che i Nowen hanno in casa.
L'"Intro" mette in chiaro dalla nota iniziale che assalti e inframezzi dal sapore meloretrò saranno all'ordine del giorno ed è così che prende vita la reale opener "The Sick Weakness", pensate ai Dark Tranquillity più spinti e spogliate quel sound dell'atmosfera che gli dona Brandstorm, lasciate solo la componente impatto/catchy e coglierete l'essenza di questo brano.
"Dead Meat"/"Fragile" sono la coppia d'oro del platter, una che rimanda ai Pestilence e molto più incisivamente d'approccio death con una tirata spaccaossa incastonanata nella parte centrale, l'altra invece più andante su ritmiche thrash con l'ombra di act storici a farsi viva (Artillery) e ancora si potrebbe continuare citando "Bleed, Suffer And Die", "After The Suicide" o la titletrack "Nothing But Hate", canzoni più che apprezzabili per la genuina attitudine con cui si prestano all'ascolto.
Tirando le somme i Nowen con quest'album ci danno sotto, qualche lieve fase calante all'interno c'è ma è di poco conto in un complesso che macina e tira come pochi in quest'ultimo periodo.
Divertitevi e rifatevi le orecchie con "Nothing But Hate" e teneteli d'occhio, la Finlandia ci sta donando un'altra band che da, e spero per loro darà, soddisfazioni.

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RIGOR MORTIS - Rigor Mortis


Informazioni
Gruppo: Rigor Mortis
Anno: 1988 (2004 ristampa)
Etichetta: Capitol Records
Autore: ticino1

Tracklist
1. Welcome To Your Funeral
2. Demons
3. Bodily Dismemberment
4. Condemned To Hell
5. Wizard Of Gore
6. Shroud Of Gloom
7. Die In Pain
8. Vampire
9. Re-Animator
10. Slow Death

(Bonus CD)
11. Foaming At The Mouth
12. Grudge Fuck
13. Spivey

DURATA: 41:07

Rigor Mortis é il nome che definisce lo stato subentrante post mortem, provocando l’irrigidimento dei muscoli. Come avrete già visto in alcuni film, non è poi più possibile aprire una mano che stringe un indizio importante. Allora il medico legale, sorridente, spezza le ossa per estrarlo dicendo poi “È questo che cercate?”. Vedo già gli amici dello splatter alzare i cartelloni con scritte del tipo: “Più sangue!” o “Muoio di noia, poi diventerò un morto vivente”. Calma ragazzi.

Molti ascoltatori sussultano sentendo il nome Rigor Mortis e
sorridono al pensiero degli Immolation. No! Questi Rigor Mortis suonavano thrash metal con tocchi death e sono texani. Il gruppo è legato a ricordi personali di gioventù, altrimenti non avrei mai pensato di scrivere una critica postuma sul loro disco di esordio. Questa registrazione la scoprii una domenica in cui andai a rendere visita ad un mio amico più anziano di me. Ascoltava principalmente musica degli anni settanta, con preferenze tendenti al blues rock, Scorpions, UFO e Black Sabbath. Posò un pezzo di vinile sul piatto e tutto di un tratto fui sorpreso e stravolto da una cascata di note primitive per il thrash d’allora, che mi presero subito. Erano i tocchi di “Welcome To Your Funeral”! Tentai parecchie volte di convincere il mio collega a scambiare o a vendermi il pezzo di vinile. Non ebbi mai successo…

Fatto sta, che m’innamorai del gruppo e acquistai alla prima occasione la maglietta. Non la dimenticherei mai: bianca con la copertina del disco come fronte e macchiata di sangue finto. Ho snervato parecchia gente con quel motivo e lo conservai per parecchi anni.

Nel 2004, finalmente, il disco fu ristampato su CD dalla Dirt Head Company. Non me ne resi neppure conto. Per caso visitai il sito del gruppo e lo vidi in offerta. Presi contatto immediatamente con Casey Orr, il bassista, e qualche giorno più tardi tenni nelle mani l’oggetto del desiderio. Sono le piccolezze che rendono la vita degna di essere vissuta.

Vi ho rotto tanto le palle con le mie storielle “d’infanzia”. Ora vorrete forse sapere di cosa sta parlando il vecchio. I Rigor Mortis sono lontani dall’essere un gruppo thrash tecnico. I pezzi sono strutturati in maniera semplice, i testi parlano di splatter e gore, quasi ironicamente, e il ritmo è solitamente elevato.

Più sopra usai il termine “primitivo”. Con questo non intendo porre l’accento su un modo sporco dell’esecuzione. A quel tempo era tipico inserire tecnica in ogni pezzo composto. I Rigor Mortis, invece, suonavano in modo preciso, malgrado utilizzassero solo poche scale. Queste dieci canzoni sono il parco giochi ideale per chi inizia a suonare uno strumento. Sono di facile esecuzione e mostrano che non occorre essere Marty Friedman o Jason Becker per comporre una strofa utilizzabile.

In questo disco non trovo nessun pezzo che non sia valido. I ragazzi suonavano per divertirsi e lo si nota immediatamente ascoltando “Rigor Mortis”. La produzione è ottima per l’epoca, anche sulla versione originale in vinile. Gli strumenti mitragliano le loro linee in maniera “secca” e la voce non esita a rispondere con lo stesso tono. Cori ben piazzati accentuano testi e note spietate. Quali sono i miei pezzi preferiti? Beh, essendo sinceri mi piacciono tutti. “Demons”, “Shroud Of Gloom”, che apriva il lato B del vinile, e “Die In Pain” m’impressionarono particolarmente.

Come detto in precedenza, il disco fu ristampato nel 2004. Il CD contiene tre pezzi bonus, di cui solo due sono da prendere sul serio. L’ultimo, “Spivey”, è chiaramente una farsa.

Uscirono sul mercato altre due registrazioni, “Freaks” e “Rigor Mortis vs. The Earth”. Il primo è un’EP passabile, che mi lasciò comunque già dell’amaro in bocca. Il full del 1991 lo comprai alla cieca e ne fui veramente deluso. I pezzi non sono veramente male, ma neppure degni di nota.

Ascoltate il debutto. Se adorate il thrash primitivo con testi splatter e ben suonato, non ne sarete delusi!

Who’s laughing now you whore?

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HOMINIVORAX - Hominivorax

Informazioni
Gruppo: Hominivorax
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Advent

1. Any Naming
2. Of The Tracks
3. Is Considered
4. As Useless
5. !!!

DURATA: 17:52

Il nome fa proprio schifo, così come la "Cochliomyia hominivorax", un verme che è troppo brutto a vedersi. Ma la proposta non è da buttare! Death metal suonato all'interno di una cattedrale di effetti sonori concordi a riff sincopati e mitragliosi, la monotonia non si presenta in modo lacunoso anche grazie alla voce industrial "soffocata" per tutta la durata del demo. Cantante "Black" proveniente dai Damned Gods capace di far assimilare ai propri ascoltatori una massiccia ma non esagerata quantità di pattern concomintanti alla durezza metallica vocale.
Il paragone viene spontaneamente con band del calibro di The Monolith Deathcult o l'esperienza grindeggiante The Berzerker; si passa da una lenta "Any Naming" ad una strutturalmente ancora più robusta "Of The Tracks", sotto la sua dentatura la ruota "Is Considered" distrugge tutto con la similare "As Useless". Ultima martellata "!!!" rende visibile una cosa, il collage ordinato dei titoli forma il seguente messaggio "Any Naming Of The Tracks Is Considered As Useless!!!", insomma una bassa considerazione delle varie "identità" delle tracce o una semplice dichiarazione di inutilità? Nel dubbio, ascoltate questo macigno di melodia ed evocativa rielaborazione industrial del genere meno classico di tutti! Il difetto che troverete? Un'esperienza seppur sperimentale a livelli ancora standard, che vi lascerà in uno stato catatonico per tutto il suo ascolto.

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VOICES FROM BEYOND - The Gates Of Madness

Informazioni
Gruppo: Voices From Beyond
Anno: 2010
Etichetta: Sg Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Terror Screen
2. The Chosen
3. Voices From Beyond
4. Time Dream
5. The Cult Of Madness
6. Don't Change Your Mind
7. Day Of Rebirth
8. The Key Of Doom
9. Welcome You
10.From Beyond

DURATA: 51:08

Formazione italiana che arriva al debutto quest'anno con "Gates Of Madness", solido heavy/power con venature thrash, questo è quello che ci viene proposto nelle dieci tracce che andremo ad ascoltare.
Il sound dei ragazzi è solido, basato su un lavoro di chitarre ben coordinato e assemblato, il riffing sa farsi tagliente e veloce quanto possente e armonicamente dotato, non lasciano nulla d'intentato variegando il più possibile il loro personale approccio che affonda le proprie radici negli anni novanta.
I nomi che vi verranno in mente sono molteplici, quel che conta davvero è che brani come "Terror Screen", "The Chosen" aperture veloci e arrembanti con la seconda per alcuni versi rimandante ad alcune soluzioni dei Control Denied, "Cult Of Madness" con un sontuoso solo ad aprire le danze e possedente una tempistica di batteria pestata e minacciosa o ancora una fra "Time Dream" o la serrata "Day Of Rebirth" vi prendano e trasportino in un mondo fatto unicamente di sensazioni metalliche.
La voce per alcuni versi dickensoniana trova il suo miglior assetto quando tende a un range medio alto, riuscendo nel toccare buoni picchi e colpendo a dovere quando spinge incattivita ma come successo in passato per altre realtà l'estremizzare la proposta con l'inserto di scream non è scelta felice, non trovando motivo per cui dare una sfumatura forzatamente oltranzista al metal di natura classica.
Tolta questa piccola sfumatura, i Voices From Beyond ci regalano una bella prova, "Gates Of Madness" è una dose d'adrenalina da spararsi in vena in soluzione unica, la produzione ha il suo ruolo importante, pulita ma non laccata lasciando che l'assalto degli strumenti non risulti preconfezionato.
Adoratori del metallo puro c'è pane per i vostri denti, il tricolore può vantarsi di un'altra formazione che sa quello che fa e ce lo dimostra non con le parole ma con la musica.

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WINTERBURST - Winterburst


Informazioni
Gruppo: Winterburst
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Autore: M1

Tracklist
1. Son Of Mars
2. The Sign Of The Black Ivy
3. Enthronement Ceremony
4. The 7th Circle
5. Circle Of Despair
6. The Blessing Of The Evil

DURATA: 35:04

Dalla Francia con furore ecco arrivare i Winterburst col loro primo demo autoprodotto ed autointitolato. Sei tracce di un piacevolissimo black di stampo sinfonico, dinamico, a tratti epico (in senso lato) e ricco di melodie di facile presa ma non stucchevoli. Ogni singolo episodio è caratterizzato da un qualche accorgimento che lo rende distinguibile, permettendo al gruppo di esprimere le diverse anime che lo compongono oltre a palesare alcune influenze o comunque richiami a band più famose.

Tanto per citare alcuni nomi non possono mancare in linea generale i Dimmu Borgir "dell'età di mezzo" pur se il lungo incipit introduttivo di "The Sign Of The Black Ivy" è accostabile a "The Serpentine Offering" (uno dei pochi episodi che si sono salvati nell'ultimo lavoro di Shagrath e soci), mentre "Son Of Mars" mi rimanda alle melodie degli Shade Empire in un contesto decisamente meno elettronico. Le tastiere di "Enthronement Ceremony" invece costruiscono atmosfere che fondono l'horror con un mood orientaleggiante, un po' come gli Stormlord di "At The Gates Of Utopia"; particolarità di questo pezzo però è anche il palese richiamo alla colonna sonora di Mortal Kombat posto in apertura, come mi ha fatto notare con molta attenzione il buon Mourning. Quando i ritmi rallentano c'è spazio anche per la "meditazione" in un brano dai toni piuttosto malinconici come "Circle Of Despair" dove fanno capolino anche delle clean vocals.

Pollice alto quindi per i ragazzi transalpini, "Winterburst" è un primo passo convincente per un gruppo che è attivo solamente dal 2009 e che ovviamente col tempo dovrà costruirsi una personalità accentuata per emergere. Gli inizi fanno ben sperare...

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BLACK ANGEL / ADOKHSINY - Black Ritual Of Satan












Informazioni
Gruppo: Black Angel / Adokhsiny
Anno: 2010
Etichetta: Infernal Kaos
Autore: M1

Tracklist
1. After Death
2. The Hell
3. Occult Past
4. Forbidden Secrets
5. Ritual Of Lust
6. Nuclear Warfare
7. Triumph Of Bestial Desecrator

DURATA: 25:52

Split album a base di black/death per due formazioni underground internazionali che rispondono ai nomi di Black Angel e Adokhsiny. I primi vengono dal Perù ed hanno alle spalle una militanza lunghissima (stando a quanto riporta il loro sito sono attivi dal 1988!) costellata da un'infinità di split e live album.
Il combo sudamericano occupa i primi quattro pezzi del disco con un black/death dalle ritmiche tirate ma senza esagerazioni, in cui la prima componente è dominante. Non manca però una sottile base melodica atta a caratterizzare i brani senza addolcirli di un grammo che può rimandare alla Scandinavia, mentre lo screaming mi riporta al lavoro vocale di Fabban nei suoi Malfeitor.

Per raggiungere gli Adokhsiny dobbiamo invece compiere un viaggio transoceanico in direzione Asia, precisamente Corea Del Sud; i ragazzi presentano l'altra faccia della medaglia del filone in cui si inserisce questo "Black Ritual Of Satan". Il metallo della morte infatti diventa protagonista nel growl di Nocturnal Rites Of Black Goat And Profanity (non è il nome di una canzone ma del cantante!), nelle ritmiche, mediamente più cadenzate, e nel riffing più corposo. Qua e là fanno capolino anche assoli semplici che non stonano col contesto generale.

Entrambi i gruppi coinvolti in questo split sono qualitativamente equiparabili: indubbiamente dimostrano attitudine e attaccamento invidiabili, sfortunatamente però le loro proposte musicali sono troppo canoniche, sufficienti e nulla più, difficilmente assestano qualche colpo vincente. Non è detto però che ciò che potrebbe rappresentare un limite nel mainstream al contrario nell'underground non diventi un punto di forza per i fedelissimi della tradizione...

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SEVER THE MASSES - Inked In Blood

Informazioni
Gruppo: Sever The Masses
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Product Of Society
2. Charred
3. Eternal Darkness
4. March Of The Dead
5. The Massacre

DURATA: 22:00

Band americana di death/thrash, i Server The Masses si approcciano allo stile sfruttando un buon impatto e la dose giusta d'energia da infondere a dei brani che per quanto validi risultano ancora immaturi.
La loro prima produzione, "Inked In Blood", è formata da cinque tracce che cercano di spezzare i canonici legami con i dettami dello stile rendendolo meno quadrato talvolta riuscendoci.
Le parti pestate e dominanti come l'incedere battagliero racchiuso in "Charred" sono una delle migliori armi della formazione, così come i rallentamenti improvvisi che danno profondità all'opener "Product Of Society".
E' una di quelle prove che va presa per com'è, molto schietta e genuina cosa che continua a evidenziarsi nei successivi episodi.
"Eternal Darkness" contiene un breve stacco solo chitarra voce/parlato prima di ripartire con un riffato graffiante e far sfogare un singer che per quanto alle volte lineare quando spinge lo fa a dovere, in "March Of The Dead" la sei corde
sa prendere respiro e rilanciarsi di getto in picchiata, alle volte emette note forse troppo sdolcinate e post ma la voglia di osare non manca ai ragazzi, la batteria risulta essere meglio elaborata provando qualche variante sui tom che alleggerisce il mood di una canzone che alle volte tendeva ad appiattirsi.
La conclusione arriva con una "The Massacre" che come il titolo è un programma scontato, decisamente monolitica, a tratti monocorde ma che si propone come un colpo ben assestato, adatto a far girare le ultime note per una sana scapocciata.
Sono ancora in fase larvale, c'è un'impostazione di base solida, sono le variazioni ancora non ben delineate e poco incisive a creare piccole battute d'arresto.
Centrare un po' il tiro, decidere dove andare a parare e colpire con forza, questi i presupposti per far un lavoro con i giusti requisiti non resta che vedere cosa ci proporranno in futuro.

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AMENRA - Afterlife


Informazioni
Gruppo: AmenRa
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Advent

Tracklist
1. The Dying Of Light
2. Wear My Crown 04:09
3. To Go On.: And Live With. Out.

DURATA: 13:32

Scovare band dell’ultima ondata post-metal che si rivelino valide come le già esistenti Isis, Cult Of Luna, Pelican e Rosetta non è facile. Le band spuntano come i funghi e riuscire ad ascoltare qualcosa di particolare ed emotivo richiede un’attenta ricerca; il genere è semplice ma non lo è altrettanto il trasmettere le sensazioni.
Pensare di fondere semplicemente hardcore, sludge e doom metal per ottenere il successo già riscontrato dai maggiori esponenti del genere è banale. La musica ha bisogno
dell’anima; se essa viene privata della parte fondamentale della propria esistenza risulterà piatta, inutile, fine a se stessa.
Gli AmenRa non hanno mai commesso l’errore di riprodurre fedelmente ciò che amavano, anzi lo hanno elaborato in chiave personale, donando luce ed ombra ad aspetti che ritengono più o meno validi della loro musica.
Provengono dal Belgio e stanno alla loro nazione come i Gantz alla Francia. Il paragone scatta in maniera del tutto automatica, infatti, se li si ascolta in ogni minuzia delle loro abbondanti composizioni. Attivi dal 2003 hanno pubblicato qualità pura in due forme simili, preghiera e messa.
Ogni produzione contiene il nome “Prayer” o “Mass”; non sono una band cristiana, né altro, eppure fanno uso massiccio di termini religiosi per affrontare tematiche di perdite, relazioni e sofferenze tutte amorose. Un cantante che urla fino allo spasmo il suo volere di soffrire, causato da un’imponente e non corrisposta passione. “Stigma il tuo nome sui miei polmoni perché ogni mio respiro è per te”, “sulla croce, scrivo una bibbia con lacrime di sangue in ogni pagina, e in copertina ho relegato il mio cuore” sono esempi di testi dove il sentimento provato dal cantante è raccontato in modo fin troppo patito. Concerti dove un uomo sta “appeso” a degli uncini per tutta la loro durata e musica opprimente che chiude l’ascoltatore in un buio pesto non sono il massimo dell’allegria.
In una significante carriera, in cui sono stati pubblicati tre album full-lenght fino ad arrivare alla “Messa IIII”, la band ha scelto di rilasciare un EP acustico.
La voce ricorda nei toni più alti quella dell’ormai leggendario cantante dei Tool Maynard James Keenan, le chitarre vengono suonate in modo cristallino e il batterista si astiene dal premere con forza le pelli dei tom e con tocco decisamente blues permea le tre canzoni di un’atmosfera meno oscura delle precedenti produzioni ma comunque notturna.
Anche i testi sono più benevoli, si passa da uno spirito una volta rassegnato ad un uomo che speranzoso si rivolge alla donna amata con voglia di vivere in “The Dying Of Light”, per arrivare ad una sicurezza nuova, il coronamento dell’amore e la fine “contenta” di “Wear My Crown”; stupende le frasi “Sono il silenzio che svanisce, il tuo silenzio assordante”.
L’ultima traccia, “To Go On.: And Live With. Out.”, è una preghiera per un nuovo nato, una gloriosa ma al tempo stesso modesta celebrazione di un affetto, stavolta priva di paura.
Una release particolare e profonda che ha la giusta dose di melodia, non stanca e culla l’ascoltatore.

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SIX GALLERY - Breakthroughs In Modern Art

Informazioni
Gruppo: Six Gallery
Anno: 2010
Etichetta: Superball Music
Autore: Mourning

Tracklist
1. Bermuda Triangles
2. A Live Nativity Scene
3. Built To Last
4. Say Matte
5. Edie & The Marble Faun
6. Glaciar De Las Lágrimas
7. Just Hey
8. Honestly, Really?
9. Fish Milk
10. Smile Like A Switch

DURATA: 39:56

I Six Gallery si muovono nel mare folto dell'alternativo che raccoglie influenze rock, progressive e psichedeliche, non è al metal che devono la loro essenza ma al rock più oltranzista che prendeva piede negli anni settanta, lo space rock di Hawkwind o l'armonia andante di Brian Auger e dei suoi Oblivion Express, traendo da quel movimento inondato da percorsi estranianti la parte più melancolica andante e una devozione per il creare basi frementi e strumentalmente notevoli.
Attivi dal duemilacinque e con due ep come bagaglio storico, è arrivato anche per loro il momento di debuttare e lo fanno con il full-lenght "Breakthroughs In Modern Art".
Il disco nei quaranta minuti che lo compongono si fa apprezzare per un'esecuzione perfettamente orchestrata e una visione musicale ad ampio raggio che fa filtrare al proprio interno varie influenze e mood intersecandoli.
Le chitarre ben congegniate sia in fase di riffing che nelle brevi incursioni in cui tendono a estraniarsi dalla base si pongono a letto sul quale la voce del singer si stende variegata e capace di trasmettere sensazioni dolciamare, frutto di note e armonici coniugati in maniera da creare atmosfere sempre diverse e pregne di personalità.
Ogni singolo brano è un viaggio a sè, passare dall'opener "Bermuda Triangles" a "Built To Last" più semplici da accomunare a una "Say Matte" o alla più disorganizzata quasi delirante "Just Hey" sarà un piacere che nei vari ascolti verrà assimilato e rielaborato sempre in maniera diversa e maggiormente approfondita.
Fantastico il lavoro di base, batteria e basso, pulsante, che sia nelle fasi combinate che non fornisce la spinta e la dinamicità ai pezzi senza mai scollarsi, trovando anche brevi attimi in cui ritagliarsi spazi per affondare il colpo.
La profonda e importante qualità strumentale del combo è supportata da una produzione pulita/cristallina che ne esalta la prestazione rendendo giustizia a un platter di valore.
"BreakThroughs In Modern Art" è un disco che non ha paura di osare e sporgersi oltre la folta siepe della mediocrità musicale che si abbatte sul mercato mondiale, è carattere che prepotente vien fuori allo scandire d'ogni singola nota.
Per chi ama il panorama alternativo e ha voglia d'uscire dallo schema classico del rock e del metal è un'oasi in cui poter trovare la pace che si ricerca.

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DISFIGURED DEAD - Visions Of Death

Informazioni
Gruppo: Disfigured Dead
Anno: 2010
Etichetta: Hells Headbangers
Autore: Mourning

Tracklist
1.Beyond The Darkness
2.The Gates Of Hell
3.Screamatorium
4.Mentally Mutilated
5.Welcome To The Morgue
6.The Act Of An Unsound Mind
7.Dead But Walking
8.Trapped Beetween Worlds
9.Vision Of Death
10.They Hear Your Heart Beating
11.Possessed Dead
12.Eternally Entombed

DURATA: 50:48

Un salto nel passato? Siamo ancora sul finire anni ottanta inizio novanta? Queste sono le prime domande che uno si pone inserendo il disco dei Disfigured Dead nel lettore.
"Visions Of Death" album di debutto del combo di New York è figlio del malsano che dominava la scena death metal, act come Autopsy, Repulsion, i Death dell'immortale "Scream Bloody Gore" e i Grave di "Into The Grave" echeggiano violenti nelle note dei vari brani.
Ripercorrono quella strada lastricata di groove marcescente "The Gates Of Hell", liriche da osannare "Screamatorium", attitudine e una musicalità devastantemente thrashy che marca ancor di più il legame, l'old style che si radica in tutte le canzoni prepotentemente.
Scegliete uno qualsiasi degli episodi e potrete sbizzarrirvi indovinando da chi e perchè abbiano preso, il lavoro è piacevole, le tracce si lasciano ascoltare, sia una "The Act Of Unsound Mind", "Trapped Beetweens The World" o "Possessed Dead" in quell'attimo on air, chi è innamorato di quel periodo non avrà problemi a farle proprie ed esaltarsi con una birra d'accompagnamento al fianco.
Il riffing alla lunga risulta ripetitivo come le scelte sui cambi o i vari rallentamenti.
Purtroppo il peso del già sentito, di una certa omogeneità delle canzoni e di un mercato totalmente inflazionato ormai da uscite continue e non sempre meritevoli d'attenzione potrebbe creare un fattore monotonia.
C'è da dire che ascoltando "Visions Of Death", la sua genuinità di fondo sembra far intravedere tre ragazzi che si divertono e compongono per il gusto di suonare ciò che piace loro, punto che ritengo fondamentale per le release di questo tipo soprattutto per chi si cimenta in un debut come formazione nascente e non può usare la cosidetta scappatoia del mestierato.
Tirando le somme ci troviamo fra le mani un album consigliabile esclusivamente agli affamati di old school, se avete pretese diverse o sperate in virate moderne, avete proprio sbagliato band.

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DEADLY CARNAGE - Decadenza



Informazioni
Gruppo: Deadly Carnage
Anno: 2010
Etichetta: War Kommand Productions
Autore: Akh.

Tracklist
1. Antica Europa
2. 1486
3. Sogno Evanescente
4. Facing The Path To Eternity

DURATA: 32:14

Tornano i Deadly Carnage (già recensiti su Aristocrazia) sponsorizzati dalla War Kommand Prodution che ne ristampa "Decadenza" del 2008e.v.
In questo lavoro il gruppo emiliano romagnolo riesce indubbiamente a centrare il bersaglio, inserendo innesti evolutivi al proprio suono che rendono i brani piu' intriganti e meno schematici rispetto al precedente demo; sicuramente aiutati da un'ottima produzione e da una miglior precisione ed esecuzione tecnica da parte di tutta la band.
"Antica Europa" parte mostrando la nuova arma, un'introduzione di chitarra acustica (che fara' capolino negli azzeccati break) fa' da preludio all'epicita' monolitica di tutto il pezzo, un brano forte e d'impatto, giocato su una componente melodica (anche se non eccessivamente marcata) che nei lavori precedenti mancava, rendendo le canzoni piu' emotive e trascinanti (l'esempio dei primi due brani e significativo in tal senso).
Il miglioramento è notevole sia nel drumming preciso che nel giusto equilibrio del suono proposto delle chitarre, su cui si staglia (e non posso esimermi dal complimentarmi) la voce feroce di Marcello, assolutamente un tiranno vocale, a cui frequentemente il timbro furioso e duro mi ha ricordato il migliore Nocturno Culto epoca "Transilvanian Hunger" (nonostante che musicalmente i due gruppi differiscano assolutamente fra loro); il riffing è trascinante e ben si accoda all'enfasi decadente del testo (redatto da Adres, autore di una buona prova al basso), che rimane fiero seppur adombrato dal declino espresso e "Antica Europa" sicuramente sara' un brano che sapra' farsi valere in sede live.
Anche la seguente "1486" è indubbiamente un pezzo che riesce a farsi apprezzare sia per soluzioni, arrangiamenti e ripartenze in cui i nostri danno l'impressione di aver capito e saputo sfruttare le loro caratteristiche; quali i granitici midtempos, sia gli stacchi acustici, ma anche alcune parti veloci non sono affatto mal distribuite, rendendo il lavoro in toto vario e fruibile.
Forse è proprio in "Sogno Evanescente" che si manifesta l'unica vera pecca (a mio avviso) del gruppo, ovvero il tirar per le lunghe certe soluzioni di un medesimo riff o utilizzarli per troppi giri, infatti l'inizio per quanto buono è troppo abusato divenendo noioso e scontato, il che non offre il giusto piglio ad un brano che invece una volta partito ben si fa ascoltare e riesce ad avere anche alcune dinamiche interessanti, creando un certo rammarico.
L'ultimo pezzo è la riproposizione di un brano gia' presente su "Sentiero I - Empi Inni Alla Consapevolezza Di Sè" il precedente demo, questa versione acquisisce una linfa differente e guadagna scioltezza e potenza, calzando alla perfezione in questo nuovo quadro che i Deadly Carnage danno di se stessi, candidandosi come uno dei loro cavalli di battaglia.

"Decadenza" mostra un miglioramento notevole rispetto al passato del gruppo e soprattutto fa trovare una band motivata e vogliosa di ritagliarsi spazi importanti, se riusciranno a limare le ultime imprecisioni e sapranno mantenere cio' che hanno saputo ottimamente costruire qui, sicuramente non potranno che far bene.
Non ci rimane che attendere il prossimo materiale, su cui i ragazzi sono gia' al lavoro.

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ARMOUR - Armour

Informazioni
Gruppo: Armour
Anno: 2009
Etichetta: Hells Headbangers
Autore: Mourning

Tracklist
1. Rock’n’Roll Tonite
2. The Time Is Right
3. Sex Demon
4. Roll Out (Or Get Rocked)
5. Satan’s Knights
6. Can’t Resist Your Spell
7. Magick Armour
8. Hellfire
9. Ready To Attack
10. Heavy Metal Drinkers

DURATA: 39:23

Gli anni ottanta, gli anni d'oro del metal, dalla Finlandia con l'heavy nel cuore ecco il debut omonimo degli Armour, si pone l'obbiettivo di catapultare indietro le nostre anime di oltre un ventennio.
Il combo finnico sfodera una prestazione per nulla personale, ricalcano a pieno i clichè più classici dello stile suonando musica fortemente influenzata dalla prima schiera generazionale, i nomi che vi verrano istintivamente a mente appena Vince "Werewolf" Venom (Satanic Warmaster/ ex Horna) intonerà le prime note saranno Ac/Dc, Accept e richiami W.A.S.P. e si può non godere già solo nel citarli nomi simili? Assolutamente zero fronzoli, solo riffoni, goliardia e titoli come "Sex Demon", "Roll Out (Or Get Rocked)" e "Heavy Metal Drinkers" ha rendere ancor più chiara l'idea di sana passione per il metallo puro, birraiolo e sesso dedito per vocazione.
Fra i brani spicca una "Can't Resist Your Spell" più morigerata nei ritmi che ricorda i K.I.S.S. e che con la successiva e veloce "Magick Armour" forma un'accoppiata irresistibile.
Eighties metal, i suoni sono crudi, la produzione rende veramente tanto dando una spinta in più al disco, nessun tipo di pulizia celofanata ma un sound "reale".
La prestazione degli Armour non ha nulla di cui potersi lamentare, suonano bene, i pezzi sono efficaci, la voce è il riffing decisamente sopra le media come qualità ma non aspettatevi innovazione da loro, ogni singola nota vi portare a un deja vù probabilmente voluto visto che l'album è definibile come un vero e proprio tributo a quella decade. "Armour", quaranta minuti di metal old style, vista l'orda estrema che domina la scena direi che il vero oltranzismo è suonare heavy e farlo in questa maniera.
Consiglio quindi agli amanti del genere di dare una possibilità a questo disco, una divertente compagnia.

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