sabato 31 dicembre 2011

OMITIR - Cotard


Informazioni
Gruppo: Omitir
Titolo: Cotard
Anno: 2011
Provenienza: Portogallo
Etichetta: The Path Less Traveled Records
Contatti: myspace.com/omittere
Autore: Mourning

Tracklist
1. Foco Abrupto
2. Dor Submersa
3. Poço
4. O Dramaturgo
5. Perda
6. Em Vidro
7. Belle Indiference

DURATA: 58:58

Gli Omitir sono un solo project portoghese con alle spalle in full "Old Temple Of Depression", uno split con tre band connazionali, Defunct, Nargash e Bruma Oscura intitolato "Salubres Caminhos...", e un trio di ep, "Meu Fado", "Res, Non Verba" e "Tese Em Erro".
Il 2011 è per la creatura di Joel Fausto l'anno nel quale rilasciare il secondo disco "Cotard", la natura "depressiva" della prova non è lontana dal rimembrare il percorso iniziale degli Shining, così come l'alone di Burzum e dei Silencer si cela dietro l'angolo seppur non sia né vistoso, né tantomeno ostentatamente ricercato dall'artista.
Dopo aver fatto girare più volte le tracce, ciò che risulta evidente è che con tutta probabilità qualche minuto in meno per canzone avrebbe reso più snello e agevole il percorso "nebbioso" ricreato da musiche che umoralmente e per situazione necessitano di un vissuto in unica soluzione.
È una strada poco battuta, lasciata in mezzo all'oblio quella che Omitir costruisce, alle volte diviene surreale grazie a una semplicità che potrebbe ingannare portando alla luce aspetti di positività dove non ve n'è ombra, vedasi le chitarre acustiche che fanno da incipit a "O Dramaturgo", è una "farsa" che conduce invece in luoghi dove l'inquietudine diviene palpabile e si tinge di noir tramite l'uso quasi sbilenco del sax ("Foco Abrupto" ed "Em Vidro").
Il sentiero diviene straniante e desolante nel momento in cui sono le grigie note di pianoforte a fare la loro comparsa ("Perda" ed "Em Vidro") e produce una gabbia claustrofobica nel "ronzante" trascorrere dello strumentale "Poço".
Non ci troviamo di fronte a "paradisi artificiali" sconosciuti, sono luoghi che gli amanti delle lande depressive troveranno alquanto familiari, Joel si rivela abile anche nella scelta dei campioni da inserire come avviene in "Dor Submersa" e soprattutto il richiamo "In Heaven", brano di David Lynch (dev'essere di moda quest'anno, l'abbiamo già incrociata nella release dei greci Aenaon).
La voce fa la sua "sporca" figura sia nella versione "urlata/graffiata" che nei desolanti clean sparsi in sottofondo e la buona produzione gioca a favore della distinguibilità degli strumenti.
"Cotard" è da più punti di vista apprezzabile pagando però il dazio di una derivazione alta, le atmosfere e l'ambito emotivo sono ciò che lo rendono oltremodo sufficiente ma consigliabile per lo più a coloro i quali si nutrono con costanza di release del filone, sapranno sicuramente apprezzarne le doti.

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VAULTING - Nucleus


Informazioni
Gruppo: Vaulting
Titolo: Nucleus
Anno: 2011
Provenienza: Germania
Etichetta. Unundex
Contatti: myspace.com/vaulting666
Autore: Mourning

Tracklist
1. Place Of Fear
2. 80 Gy
3. Bob's Song
4. Biorobot
5. Permafrost
6. Arktis Winter
7. Guernica
8. They Always Return
9. Touched By An Unknowing
10. John(ny) Doe
11. To Dig A (W)hole In The Void
12. Concrete & Nosebleed
13. Behind

DURATA: 35:11

L'underground metal è davvero troppo vasto, è difficile da seguire e i nomi che ti scappano da sotto le mani son davvero tanti, i Vaulting a esempio non li avevo mai sentiti neanche nominare, eppure questo quintetto tedesco è da ormai un lustro che si sbatte e ha da poco pubblicato il secondo lavoro "Nucleus".
La band è presentata su M.A. come un act di death/grind, forse lo è stata in passato, quello che mi è arrivato ascoltando quest'album è una miscela che sembra attingere sì dal grind ma con partiture math-oriented. Le composizioni sono caotiche, a tratti deliranti e dissonanti, pensate a gente come i Botch che s'incrociano con la violenza e irruenza del genere "tritatutto": una prestazione energica, dinamica che sfrutta un riffing in costante evoluzione, una vocalità tesa al "grugnire" impazzito, mettendo in alcuni casi delle situazioni "soft sound" ad anticipare le carneficine "only violence" che scaturiranno in seguito, l'esempio più adatto è l'accoppiata che vede susseguirsi la delicata calma di "Permafrost" e la scatenata aggressività di "Arktis Winter".
"Nucleus" soffre però di questo spezzare in più circostanze il mood creato, l'altalena di emozioni portante a galla malinconia e rabbia, solitudine e collera, non sempre è efficace, sarebbe stato congeniale per il disco avere o una traccia centrale d'intermezzo oppure scorrere con magari una maggiore linearità d'intento ma tenendo alta la tensione.
Fatto questo piccolo appunto, non si può negare all'album di risultare interessante in più circostanze, episodi quali "Bob's Song", "They Always Return", la più lunga e articolata del platter, "To Dig A (W)hole In The Void" e la parte jazzata in "Behind" rendono appetibile l'ascolto a più fasce di "followers" del metal estremo. Siate amanti del grindcore, del math o di musica che abbia indiscutibilmente al proprio interno una dovuta dose di tecnicismo, "Nucleus" potrebbe rientrare nelle vostre grazie.
Riassumendo, una discreta personalità e un minimo di varianti sul tema ormai divenuto conosciuto fanno dei Vaulting una formazione da seguire, non forzatamente una priorità, comunque sia un "on air" gradito; se le coordinate sonore descritte s'identificano con ciò che passa con regolarità nel vostro stereo fate un pensiero a questo "Nucleus", sarebbe un buon acquisto.

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HAERTEFALL - Sundenbock


Informazioni
Gruppo: Haertefall
Titolo: Sundenbock
Anno: 2011
Provenienza: Germania
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/haertefall
Autore: Mourning

Tracklist
1. Suendenbock
2. Ohne Dich
3. Zeig Mir Den Weg
4. Realitaet 2.0
5. Es war Einmal
6. Moment
7. Unter Die Haut
8. In Meinem Himmel
9. 21
10. Finsternis

DURATA: 42:48

Gli Haertefall sono un combo tedesco debuttante, "Sündenbock" è il primo album giunto a noi dopo l'ep "Daemmerung" del 2006 e un "Demo" del 2009.
La proposta è di quelle che dividono da sempre il mondo metal, abbiamo a che fare con musica dai tratti industriali rimembranti gli amati/odiati Rammstein, i controversi Dimmu Borgir, presenti soprattutto nella buona prova del tastierista Niklas Enns, membro anche della band folk Adorned Brood, e un paio di passaggi potrebbero ricordare il passato dei Die Apokalyptischen Reiter. È un connubio "strano" ma non del tutto stravagante quello che ne vien fuori, riuscendo in più occasioni a far convivere ampie atmosfere con fasi catchy dal piglio sicuro come avviene in episodi quali l'opener e titletrack "Zeig Mir Den Weg" e "Realitaet 2.0" nel quale compare anche il chorus in voce clean.
I brani sono orecchiabili, il cantato esclusivamente in lingua madre rafforza il legame con la prima delle formazioni chiamate a influenza, la percezione di già sentito ogni tanto si pone all'orecchio non divenendo mai "fastidiosa" o "lesiva" nei confronti di un platter che onestamente si porta avanti, il ritornello di "Es War Einmal" è forse un po' troppo sdolcinato ma sembra quasi che il pezzo, il più melancolico della tracklist, sia solo l'annunciazione della ballad che lo segue; "Moment" è agrodolce, leggera e "pulita", una visione più da goth/rock nella quale il lavoro di tastiere sul finire maggiormente "orchestrali" e l'inasprimento della prestazione dietro il microfono tramutano in una versione sinfonica dei Sentenced, paragone ovviamente da prendere con le molle.
È però nei momenti più industrialoidi e riconducibili a Lindemann e soci che gli Haertefall danno il meglio, è piacevole quanto divertente "Unter Die Haut", annerita ma con quei synth "circernsi" e samples tesi ad alleggerirne la "pesantezza" evidente scandita da un drumming robusto e pestato nelle sezioni accelerate, fa il suo buon gioco.
L'altalenante proposta di attimi irruenti e scanditi con severità e altri più romantici viene ripresa in "In Meinem Himmel", nulla di realmente nuovo, lo schema ha già impattato in precedenza l'orecchio, lo si assorbe senza esaltarsi, più intrigante è "21", marcetta iniziale, un riffato che in parte gode di un appeal rockeggiante e in questo caso è proprio il ritornello a smontarmi: la soluzione con apertura in clean è divenuta scontata, giungendo a "Fisternis" che proseguendo nel percorso "guidato" sinora esposto pone la parola fine su "Sündenbock" senza aggiungervi realmente nulla.
La band è ripartita da dove aveva lasciato, tenete conto che tre brani (l'ultima citata, "Zeig Mir Den Weg" e "Ohne Dich") seppur riarrangiati appartenevano al "Demo", è stato quindi un consolidarne la "bontà" e farli divenire quindi le basi per dar vita a questo gradevole "Sündenbock", un album che consiglio esclusivamente a coloro che sono abituali ascoltatori di musica similare o a chi vuole fuoriuscire dai propri ambiti provando qualcosa che non sia forzatamente esterno al mondo metallico.

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PARANORM - Pandemonium's Rise


Informazioni
Gruppo: Paranorm
Titolo: Pandemonium's Rise
Anno: 2011
Provenienza: Svezia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/paranormband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Aggressive Inhibitions
2. Predators Of Peace
3. Shattered Future Tense
4. Strike Hard, Strike Fast
5. The Indoctrinated
6. Atmospheres

DURATA: 29:03

Nuova realtà thrash proveniente dalla Scandinavia, è recente l'uscita della prima produzione del quartetto di Uppsala, l'ep intitolato "Pandemonium's Rise" ha preso forma nel mese di novembre anche se qualcuno magari avrà potuto saggiarne i brani nei player di piattaforme quali Myspace e Facebook.
La formazione suona in maniera decisamente diversa rispetto a quanto proposto odiernamente da molti loro colleghi, non sono né troppo arrembanti, preferendo un sound più vario arricchito con innesti di stampo progressivo e stacchi acustici, nè troppo melodici e sdolcinati col rischio di cadere nella trappola del catchy sound forzato. È una miscela che attinge sia dallo stile made in Usa di gente come Metallica, Megadeth e Dark Angel, sia da quello made in Europe di act come Kreator, Sodom, Artillery, Coroner (ma sono sicuro che di nomi ve ne verranno anche altri in mente) a cui si aggiungono soluzioni marcatamente heavy di stampo NWOBHM e una discreta propensione per le spinte di stampo speed che potrebbero fornire in futuro l'arma vincente al combo.
Nei ventinove minuti insiti in "Pandemonium's Rise" i pezzi da tenere d'occhio sono sicuramente le due tracce più lunghe, "Shattered Future Tense" e "Atmospheres", le più affinate e raffinate dal punto di vista compositivo e quella che potrebbe esserne considerata il contraltare, la rapida e risolutiva anche dal titolo "Strike Hard, Strike Fast".
Dotato di una produzione pulita e di una prova dal punto di vista tecnico-esecutivo più che soddisfacente, della quale si potrebbero "criticare" al limite un paio di soluzioni solistiche non tanto per come impostate a livello di note e suono ma per le entrate e le durate non proprio calzanti, è un biglietto da visita interessante quello che i Paranorm presentano, se siete quindi amanti di quelle band che vanno dritto per dritto, una release simile potrebbe regalarvi delle sicure emozioni in attesa del "fratello maggiore" che mi auguro ne confermi la bontà qualitativa. Da seguire con attenzione, una promessa che potrebbe divenire una grande realtà futura? Chissà...

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SINGLE BULLET THEORY - IV


Informazioni
Gruppo: Single Bullet Theory
Titolo: IV
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Goomba Music
Contatti: myspace.com/singlebullettheory
Autore: Mourning

Tracklist
1. Diabolical
2. What Have I
3. The Wake Of Betrayal
4. Hands Of The Wicked
5. Leviathan Smiles
6. Auctioneer Of Souls
7. Letting Go
8. Samsara
9. Echoes Of The Past
10. Spirit Crusher (Death cover, bonus track)
11. The Hurt That Never Ends (bonus track)

DURATA: 54:37

Single Bullet Theory, monicker che verosimilmente si rifà alla tragica vicenda dell'uccisione di JFK nel 1963, questa band di Philadelphia è stata più volte inserita nel filone metalcore e me ne sono sempre chiesto il perché.
Ascoltando l'ultimo album partorito intitolato semplicemente "IV" a segnalare il numero dei capitoli sinora pubblicati, oltre a notare come la formazione sia ormai solida, rodata e matura compositivamente, è possibile constatare come si abbia a che fare con un sound tutt'altro che legato a quel filone: il thrash è una presenza dirompente, le scanalature heavy sono ficcanti ed eseguite con maestria e il cantato di Matt DiFabio (ex Cipher e Pissing Razors) è gestito alla grande modulando la voce in maniera d'assecondare la potenza del riffing con fasi più "aggressive" alle quali s'inframezzano aperture in clean che si potrebbero definire in qualsiasi modo ma non stucchevoli o melense.
I brani magari non possiedono strutture particolarmente innovative, sono però dei bei pugni diretti alla bocca dello stomaco, "Diabolical", "The Wake Of Betrayal", "Leviathan Smiles", "Samsara", "Echoes Of The Past " si pianteranno sulla vostra strada portando con sè una dose massiccia d'impatto e groove. Differente è invece il discorso che riguarda il lungo strumentale "Auctioneer Of Souls", dieci minuti di riff, assoli e intarsi di tastiera atmosferici che si lasciano ascoltare senza intoppi ma che comunque potrebbero diventare "non necessari" nel momento in cui si decidesse di riprendere in mano il disco per darsi una sveglia, belli di primo acchito , dispersivi in fin dei conti.
Cos'è allora "IV"? Un misto di thrash, echi NWOBHM e groove, nulla che possa spostare i piatti della bilancia di uno stile ormai abusato, dal suo lato vi sono però come vantaggi l'essere in possesso di una personalità delineatasi nel corso degli anni e un songwriting ispirato, coadiuvati da una produzione più che discreta, basteranno queste doti per far mantenere ai Single Bullet Theory un posto nella vostro playlist? Per saperlo c'è bisogno di tentare, una delle due bonus track, "Spirit Crusher" dei Death di "The Sound Of Perseverance", è reinterpretata con carattere proprio, che sia l'ennesimo segnale a riprova delle capacità insite nella band? Ascoltate il disco e ne verrete di certo a capo, non c'è via alternativa possibile.

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KRANTHOR - Abandoned By The Gods


Informazioni
Gruppo: Kranthor
Titolo: Abandoned By The Gods
Anno: 2011
Provenienza: Turchia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/kranthor
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. Treason
3. When The Forsaken Spirits Is Awake
4. Heathen
5. The Longest Night Of The King
6. Farewell

DURATA: 25:55

I Kranthor sono una giovane realtà death metal proveniente dalla Turchia e "Abandoned By The Gods" è il primo lavoro da loro realizzato.
Un ep di sei tracce con "Intro" e outro, "Farewell", strumentali a supporto di quattro tracce che seguono lo stile più epico/melodico del genere, non attendetevi quindi brutalità storica alla Nile e progressivismi elettronici alla The Monolith Deathcult, il nome di riferimento più ovvio pare essere quello degli svedesi Amon Amarth.
La proposta è un death/thrash dalle sonorità squillanti, assoli pulitissimi che si stagliano e adornano i brani, sonorità melancoliche che tendono a evocare ricordi ancestrali, alle volte si ha quasi la sensazione di ascoltare i Metallica (sarà perché la band è defunta da oltre vent'anni?) nei pezzi strumentali degli anni Ottanta, prendete a esempio l'incipit di chitarra solista che precede l'assalto di "The Longest Night Of The King" e la fase finale di mezzo del solo incastonato in "Heathen".
In "Treason" quanto in "Heathen" l'influenza dei vichinghi è a dir poco palese così come quella della scuola swedish death melodica anni Novanta, le musiche possiedono un discreto piglio, la solistica nella prima delle due risulta essere corposa e prestante mentre la seconda invece vede al suo interno una fase "armonica" che anticipa il ritornello davvero poco convincente, da rivedere.
È una buona dose di groove a tenere a galla "The Longest Night Of The King" spezzata da una breve incursione in recitato nella quale il basso si ritaglia un "posto al sole", la canzone è però monotona e quando ci si aspetta un'esplosione improvvisa chiamata a gran voce dal riffato che arpeggia velocizzato ecco invece che si spegne.
Con "When The Forsaken Spirits Is Awake" che preme sull'acceleratore e dotata di variazioni sul riffing meno ricollegabili al sound scandinavo di Hegg e soci provano a estremizzare seppur solo in parte la proposta, il tentativo è però sterile, limitato dalla batteria dinamicamente poco interessante.
I difetti più grandi di questo "Abandoned By The Gods" sono riconducibili soprattutto al drumming, il suono è quasi fastidioso e i pattern in più occasioni non riescono a offrire quei cambi di passo che farebbero un gran bene ai brani, altro appunto lo si potrebbe fare sulla mancanza di personalità, la derivazione da altri act è costante e riconoscibile ma dato che si tratta solo della prima uscita la si può ancora perdonare.
Augurando ai Kranthor di trovare una propria dimensione e di migliorare la resa dei pezzi attraverso un lavoro in studio più accurato, consiglio agli amanti del versante melodico di fare una capatina sul Myspace dei ragazzi e dare un'ascoltata alle canzoni in attesa di "buone nuove" dal gruppo.

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STARCHITECT - No

Informazioni
Gruppo: Starchitect
Titolo: No
Anno: 2011
Provenienza: Ucraina
Etichetta: Slow Burn Records
Contatti: myspace.com/starchitect
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Sun, The Rain
2. Light
3. Yeah
4. Friends
5. Silence
6. Face To Face
7. Murder

DURATA: 39:52

Avevamo incrociato gli Starchitect nel 2010 grazie allo split con i Fading Waves, nel 2011 per il duo divenuto trio e adesso composto oltre che da Primus Man (batteria e voce) e Demoni (chitarre) dall'entrante Alexander (basso) è arrivato il momento di dare alle stampe il primo album "No" sempre sotto l'egida della Slow Burn Records.
Il sound degli ucraini è devoto alle atmosfere post, si è passati da una visione più hardcore e canonica del genere a una più "rock" oriented in alcune sezioni, le atmosfere sono più stralunate e meno rigide, il grigiore spigoloso che godeva di attimi riflessivi e intimi dei pezzi dello split si arricchisce di sfaccettature melancoliche e tonalità quasi positive. La doppietta scoppiettante che vede succedersi "Light" e "Yeah" si allontana infatti dal torpore minaccioso per dare una lieve pacca a mo' di sveglia.
Il resto del platter è però standard, minaccioso e acido, penso soprattutto alla disturbata "Friends" nella quale Primus si squarcia la gola urlando come un ossesso su un pezzo umoralmente schizofrenico ma che sa già di sentito, alle dissonanze che sembrano ostentatamente forzate in "Face To Face" e a "Murder", piacevole ciò nonostante dello spirito legato al titolo possiede ben poco.
La produzione per quanto pulita non da certo una mano agli Starchitect, il suono del rullante in alcuni frangenti è poco gradevole così come la chitarra sembra distante perdendo contatto con la base.
Non è sicuramente privo di difetti questo "No", la staticità e il forte legame con le radici del post se non sviluppato attraverso una ricerca che metta sul piatto personalità ed esplorazione rimangono solo doti di fortuna per ottenere, come avviene in questo caso, una sufficienza e nulla più.
Se è spiccare il volo il loro intento, le ali dovranno essere ben più che semplicemente aperte, si dovranno spalancare abbandonando le ancore a influenza che ne appesantiscono notevolmente l'evoluzione, mettendo sul piatto un discreto affiatamento strumentale e una tracklist dotata di un trio di pezzi centrali che la rendono ascoltabile. Per ora di più non si può proprio pretendere.

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SUPERBUTT - Music For Animals

Informazioni
Gruppo: Superbutt
Titolo: Music For Animals
Anno: 2011
Provenienza: Ungheria
Etichetta: Sonic Attack
Contatti: myspace.com/superbutt
Autore: Mourning

Tracklist
1. Cleaver
2. Best Plays
3. The Devil You Run With
4. Natasha
5. Out Of Reach
6. Of This Gloom
7. Ugly Head
8. Evil Blues
9. Revolting Kids
10. The Murder Of Socrates

DURATA: 40:57

Se siete old schooler incalliti e non riuscite ad andare oltre la prima metà degli anni Novanta con gli ascolti o con la tipologia di sound da comprare lasciate immediatamente questo testo, non c'è trippa per gatti.
Gli ungheresi Superbutt sono moderni, veloci, compatti, rockeggianti e chi più ne ha, ne metta, un album come "Music For Animals" riuscirebbe a farsi metter su da "followers" di band quali Turbonegro e Hellacopters, da chi ama il groove/thrash panteriano odiernizzato dei Lamb Of God. C'è qualche linea di Nevermore che si muove all'interno delle basi e una spruzzata di alternative-nu metal (Clawfinger?) ad arricchire un platter che produce discrete atmosfere e una buona serie di brani gancio come "Cleaver", "Best Plays", "Natasha" (a quanto sembra ispirata da una storia d'amore e vampirismo).
Il disco è diretto, ben suonato e risulta meno sterile di tante uscite similari, soprattutto evitando di accasare le proprie velleità artistiche in uno specifico standard stilistico, questo favorisce lo sviluppo dei pezzi che anche nelle versioni più "intricate" come "Revolting Kids" ed elementarmente dominate dalla pressione del groove come "Evil Blues" diventano degli ottimi colpi dritti al centro del bersaglio.
Del resto la band in questione non è alla prima esperienza, ha avuto tempo per amalgamare e dare alla proposta uno "stampo" quantomeno riconoscibile, András Vörös, unico dei founder ancora in line-up, dietro il microfono è prestante e roco quanto basta, la produzione invece avrebbe potuto essere più "cristallina" favorendo, data la forma metallica ibrida che compone "Music For Animals", un afflusso di potenza di maggior entità, soprattutto in alcuni passaggi nei quale vi è lo spettro di una lontana radice "hardcore" che adora creare pressione sull'ascoltatore.
Dal punto di vista ambientale è un esperimento portato a termine con più che discreti risultati, prova n'è la conclusiva "The Murder Of Socrates", "croce e delizia" dell'album che nei suoi quasi sei minuti immette colorazioni scure nell'atmosfera non togliendo ma valorizzando quell'appeal da "rock" attitude cosparso a più riprese in antecedenza e conferendo nuove sfaccettature che starà a voi decidere se saranno di vostro gradimento o meno.
Vi piace il metal moderno e dalle più facce? Tenete a mente il monicker Superbutt, questi ungheresi vi faranno sfogare, divertire, accompagnandovi per quaranta minuti con "Music For Animals".
A quanto pare c'è in giro anche una versione "deluxe" del disco che comprenderebbe un secondo cd contenente quattro pezzi in lingua madre e tre cover, dovrebbe esser reperibile solo in "casa loro" ma non si sa mai, del resto oggi più di una volta "tutto il mondo è paese".

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FLAGELLUM DEI - Order Of The Obscure


Informazioni
Gruppo: Flagellum Dei
Titolo: Order Of The Obscure
Anno: 2011
Provenienza: Portogallo
Etichetta: Pestilence Records
Contatti: myspace.com/flagellumdei
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. Conjures Fire
3. Inferno Em Mim
4. Order of The Obscure
5. Necropolis
6. Ossadas
7. From The Dark Light...
8. Black Metal Blood
9. Sacrificial Whore

DURATA: 40:53

La scena portoghese ha di nuovo fra le sue fila i Flagellum Dei, con un nome simile, che implica volente o nolente che il pensiero richiami il personaggio battagliero di Attila, il combo lusitano sfodera a distanza di quattro anni dal secondo album un "Order Of The Obscure" che più minaccioso non si può.
La Pestilence Records, label a supporto della proposta, sembra trovarsi a più riprese nel fornire i propri servizi a questo tipo di black efferato e maligno.
Nove tracce di pura violenza che innescano ricordi, alternano riffing a tempesta ad attimi evocativi, esempio n'è "Conjures Fire" nel quale un rituale mormorato inizialmente diviene un lungo urlo finale che si spegne nel vuoto per poi riaffiorare sotto forma di satanica risata e far scatenare la violenza con un drumming arrembante che chiude il pezzo.
Non vi è uno schema preciso nella successiva "Inferno Em Mim" che prendere in considerazione come pure sfogo di un delirio sembra essere la via più corretta, è frenesia sparata a mille, brutalità senza compromesso e gli assoli "squinternati" e più casinisti che altro vi s'installano per aumentare l'inquietudine che la traccia riesce a creare. Ai Flagellum Dei questa "perversa" atmosfera piace e se ne compiacciono con il pezzo a seguire, "Order Of The Obscure", nel quale pur cambiando la componente portante, è adesso più teatrale vocalmente con quegli acuti in sottofondo, mentre un growl/scream abissale scava fosse tutt'intorno, è malsana l'aria che si respira, il puzzo di morte e l'aura volutamente e quasi beceramente satanista d'assalto si conquistano uno spazio considerevole.
Del resto è innegabile che, pur esasperando le soluzioni in velocità e tentando costantemente di avvalorare la tesi d'esser "brutti, sporchi e cattivi", un brano come "Necropolis" con il suo elegante manto nero ambientale sul quale i clean si estendono a più riprese mostri come i lusitani non sappiano esclusivamente "battere il ferro" anche se, proprio nello stesso pezzo, si scateneranno come a voler far sottintendere che sia quella la loro natura primordiale e non vogliano affatto rinunciarvi.
Si susseguono poi piastrellate in faccia quali "Ossadas", "Black Metal Blood" e Sacrificial Whore", l'unico comandamento è affondare il colpo.
La scelta di spezzare il mood da guerra in corso piazzando prima delle ultime due canzoni uno strumentale, "From The Dark Light", può considerarsi di buona riuscita dato che né questo pezzo, né "Intro" risultano essere un mero riempitivo ma collaborano nel mantenere vivida quella coltre nera a cui la musica dei Flagellum Dei ci espongono.
La produzione è ruvida, cruda, i suoni sono tutt'altro che perfetti e in alcuni casi i volumi non proprio accurati, il complesso comunque raggiunge ugualmente il proprio scopo: creare un marasma infernale.
"Order Of The Obscure" potrebbe interessare gli ascoltatori dei Gorgoroth pre Gaahl, i no-compromise Urgehal e forse qualche fan dell'esplosività di casa Marduk, i restanti probabilmente lo troveranno non troppo interessante e potrebbero far fatica ad arrivare alla fine. Un tentativo però perché non farlo?

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A.A.V.V. - Doom Art.Ru

Informazioni
Gruppo: Autori vari
Titolo: Doom Art.Ru
Anno: 2009
Etichetta: Arx Productions
Contatti: arxprod.net.ua
Autore: Mourning

Tracklist
1. Abyssphere - Тысячи лет
2. Evoke Thy Lords - Cause Follows Effect
3. Sacratus - Fallen Angel
4. Forbidden Funeral - Beyond The Truth!
5. Odradek Room - Картина (Впиваясь в холст маслом)
6. Septic Mind - Скорбь
7. Mental Disease - Autumn
8. Sideris Noctem - Binary
9. Everlasting - The Great Contradiction

DURATA: 1:15:50

Doom-Art.Ru è un forum nel quale le label est-europee, soprattutto quelle russe, presentano i loro artisti e nel quale si è cercato di portare avanti il movimento doom metal di quelle zone.
In passato sono uscite già compilation che estrapolavano brani di band sulle quali erano state aperte discussioni in proposito, mi è capitata fra le mani questa del 2009 prodotta dalla ucraina Arx Productions e che vede inseriti nella tracklist nomi già passati sul nostro sito: Abyssphere, Septic Mind e Sideris Noctem.
Il platter in questione è incentrato totalmente (e stranamente ad avviso di chi scrive) a pubblicizzare il panorama più estremo, doom/death, funeral, varianti gotiche, tralasciando colpevolmente le sezioni stoner e classico/epiche, probabilmente in quell'anno non ancora diffusissime ma che stavano comunque prendendo piede.
Interessante è la proposta orientata sul versante gotico degli Evoke Thy Lords di "Cause Follows Effect", piacevole quella folkloristica e dai tratti seventies dei Sacratus di "Fallen Angel" mentre "Beyond The Truth!" dei Forbidden Funeral è qualitativamente altalenante, premiando la riuscita del tradizionale doom/death farcito di tastiere soprattutto nella seconda parte del pezzo, maggiormente fluido.
Con gli Odradek Room si ha alle orecchie un episodio un po' "vorrei ma non posso", provano a fondere il ciclico incedere a soluzioni pseudo avanguardistiche, la riuscita di tale commistione non gioca a loro favore, il brano è poco stimolante; decisamente meglio fanno i Mental Disease con "Autumn", fascinosa e dotata di aperture "tranquille" che placano le frementi chitarre, smorzando il sound con tratti acustici. Chiudiamo il percorso con gli Everlasting di "The Great Condition", funeral doom canonico, ben fatto ma che non possiede quelle sfaccettature che gli permettano di rinchiudere l'ascoltatore attanagliandolo in quel grigio-nero atmosferico segno distinguibile del genere.
Una compilation che in fin dei conti vi capitasse fra le mani potrebbe essere un diversivo e nulla più, una forma di approfondimento o un semplice spunto per approcciare band di cui non conosceste l'operato o aveste solo sentito nominare durante qualche dialogo.
L'operazione in sé è buona cosa ma probabilmente fu congegnata non proprio al meglio, scelte frettolose?

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GROWN BELOW - The Long Now


Informazioni
Gruppo: Grown Below
Titolo: The Long Now
Anno: 2011
Provenienza: Belgio
Etichetta: Slow Burn Records
Contatti: myspace.com/grownbelow
Autore: Mourning

Tracklist
1. Trojan Horses
2. Devoid Of Age
3. The Abyss
4. Minaco II – Nebula
5. End Of All Time
6. The Long Now
7. Malklara

DURATA: 01:07:10

Il Belgio è sicuramente fra le culle europee più importanti per il panorama post-metal, pensate alla "cricca" composta da membri ed ex degli Amenra, dal 2010 questa nazione vanta una presenza in più all'interno della scena, quella dei Grown Below.
La formazione non ha perso tempo, un solo anno, niente demo ed ep, si va dritti all'album "The Long Now" che trovando il supporto della sempre pronta Slow Burn Records arriva nelle mie mani.
Con piacere vi posso preannunciare che se foste amanti di gente come Isis e Cult Of Luna potrete andare direttamente ad ordinare il disco, sì perché i belgi, pur risultando in varie circostanze alquanto derivativi, mostrano di possedere una padronanza compositiva e una maturità nelle scelte del sound e dei cambi d'umore tutt'altro che basilari.
La musica prende il via con la lunga "Trojan Horses" e già il fango e la distorsione vi risulteranno noti all'orecchio, la prestazione vocale in growl conferisce quella sensazione di "scavo" continuo interrotta dalla mutazione che espande l'atmosfera, allenta notevolmente ritmi già blandi e vira dietro il microfono sull'utilizzo di linee clean intime e malinconiche, è il primo centro.
La seconda "Devoid Of Age" grazie a una breve durata e una soluzione ciclico-ossessiva si rivela d'impatto e appesantita, una mattonata che ancora l'ascoltatore, lo inchioda in attesa che "The Abyss" lo accolga, è infatti profondo e sconfinato l'abisso lì apertosi e in attesa d'inghiottirvi, un vortice che prosegue forzando sulla componente sludge e che inaspettatamente fa pervenire all'orecchio una languida voce femminile, operazioni doomiche in corso?
I Grown Below adorano i maestri ma giustamente perché non provare a mettere un po' di farina propria nel sacco? Lo fanno, il carattere dei musicisti è chiaramente presente, lo svolgimento snello e privo d'intoppi dei brani e l'equilibrio che domina l'intero album sono sintomi di valori espressi correttamente.
Le atmosfere ambient di "Minaco II - Nebula" si annidano nell'animo, sino ad arrivare nei meandri più reconditi per lasciare poi spazio a "End Of All Time", una distesa dove il grigiore e la melma vengono sostituiti da un suggellato patto che tende all'agrodolce funereo, che opprime e caccia all'angolo, una punizione che si erge con acuita severità a cui la titletrack risponde con toni alquanto diversi, emotivamente più eterei e avviluppati intorno alla natura post-rock che acquisisce spessore e volontà ancora crescenti rispetto a ciò che sinora era stato presentato con scatti "briosamente" scuri a vivacizzarne l'incedere.
"The Long Now" con i due minuti di "Malklara" che lentamente si spengono congeda il pubblico, dopo averlo reso partecipe di un viaggio che non fa rimpiangere quelli creati dagli act a influenza citati nel testo.
È quindi ai fan di tali realtà che rivolgo il mio consiglio d'ascolto e acquisto, i Grown Below possono diventare qualcosa di realmente grande, non perdeteli di vista.

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ANTIPOPE - House Of Harlot


Informazioni
Gruppo: Antipope
Titolo: House Of Harlot
Anno: 2011
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Violent Journey Records
Contatti: myspace.com/76548764
Autore: Mourning

Tracklist
1. House Of Harlot
2. Communion
3. A Thing So Vile
4. The Carnal Ritual Of Self-Asphyxiation
5. The World Coming Down
6. To A Passer-By In Black
7. Morning Star
8. Waratah
9. Rapeman
10. The Man We Would Like To Hang
11. Happiness In Crime

DURATA: 56:42

Avevamo lasciato gli Antipope con "Desery", erano ancora senza una label, a ottobre del 2011 è stato rilasciato "House Of Harlot" e finalmente ne hanno trovata una pronta a supportare il loro progetto, la connazionale Violent Journey Records.
Il disco prosegue il percorso intrapreso con il precedente lavoro, è un album vario, le influenze sono disparate: si va dall'heavy al black, dal gotico all'industriale, dando spazio anche a tratti psichedelici e doomici; la tracklist non si fa davvero mancare nulla, prendete a esempio l'opener-titletrack e la seconda "Communion", per molti versi potrebbero esser uscite direttamente dal periodo eighties della goth/darwave.
Il connubio di varie emozioni e stili viene esaltato in brani cangianti quali sono "A Thing So Vile" e "Morning Star", più ipnotici e psichedelici nello sviluppo, si vedano "Waratah" e The Man We Would Like To Hang", ampiamente melodici nell'esposizione come "The World Coming Down" e in insolite ballate di "morte", come definire se non così una "Happiness In Crime" che potrebbe essere eseguita da un ensemble insolito costituito da Sopor Aeternus, Grave Digger e qualche altro monicker vi rimbalzerà di sicuro in testa.
Il disco contiene un sacco d'atmosfera, è intriso in più parti di personalità, gli sprazzi presenti in "Desert" sono diventati parte del tessuto compositivo tanto che la crescita sia nel songwriting che nella prestazione vocale di Mikko Myllykangas, mai completa e variegata come avviene in "House Of Harlot", portano a pensare a una dedizione che finalmente conduce a risultati sperati e solo sfiorati in antecedenza.
L'unica pecca che frena parzialmente la piena riuscita delle release è da considerarsi legata al fattore produzione, purtroppo qualche punto viene perso a causa di una mancanza di spessore e quel tocco di "lucido" aggiuntivo che avrebbe di sicuro giovato ai brani per farne risaltare le caratteristiche, soprattutto quelle ambientali.
Gli Antipope si stanno schiarendo le idee e la luce in fondo alla via adesso appare più luminosa e vicina, passo dopo passo si avvicinano a comporre il loro "masterpiece", che il prossimo tentativo sia quello giusto?
Nell'attesa consiglio ai più open-minded di prestare attenzione a "House Of Harlot", il tempo in seguito ci fornirà quella risposta.

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lunedì 26 dicembre 2011

THE SULLEN ROUTE - Apocalyclinic


Informazioni
Gruppo: The Sullen Route
Titolo: Apocalyclinic
Anno: 2011
Provenienza: Russia
Etichetta: Solitude Productions
Contatti: myspace.com/thesullenroute
Autore: Mourning

Tracklist
1. Hysteria
2. Selfish I
3. Burial Ground
4. Cynoptic
5. Dune
6. Tonight's Avenue
7. All In October

DURATA: 48:47

Avevamo lasciato i russi The Sullen Route solo un anno fa in occasione della recensione riguardante il debutto "Madness Of My Own Design".
In quella circostanza si aveva fra le mani un album buono, piacevole all'ascolto ma privo di personalità e percorrente strade battute e ribattute, in una parola: canonico.
Con il secondo "Apocalyclinic" la storia cambia decisamente e adesso vediamo pure come.
La band al pari di un serpente sembra aver fatto la muta, buttata di lato la vecchia pelle si presenta con un sound che pur non disconoscendo il lato doom/death del passato si tinge adesso di venature gotiche, è capace di sviluppare striature progressive alquanto pregevoli e mostra in alcuni frangenti venature southern totalmente impreviste, è quindi una sorpresa continua.
Sette tracce ognuna degna di menzione, è però solo su quattro che voglio focalizzare la mia attenzione: "Hysteria", l'opener mette da subito palesemente in vista i cambi attuati, rimangono la profondità e parte del sound scuro primorde, l'atmosfera però risente gradevolmente di influssi melancolici e la voce oltre alle più classiche linee in growl aggiunge delle soluzioni più agrodolci nei momenti riflessivi in cui è una sorta di "graffiato" che prende il controllo dietro il microfono.
Se il primo pezzo dell'album è già sintomo di una evoluzione interna evidente sia in fase di songwriting che di mentalità compositiva generale, con "Cynoptic" e il suo atteggiamento gelido, quasi distaccato emotivamente in cui è solo l'operato di Elijah ad aumentarne il "calore", si denota una proposta che verte su dei suoni moderni, non so se l'aggettivo post sia adeguato, di sicuro è una visione alternativa che ben si sposa però con le più "inquadrate" ma comunque non prevedibili versioni southern con additivo rockeggiante che prende possesso di "Dune" e quella gothic riscontrabile nella più amara e velata di grigio "Tonight's Avenue".
È un gran bel passo in avanti quello compiuto dai The Sullen Route con "Apocalyclinic", c'è però da precisare che il disco proprio per la sua natura così "diversa" dal solito, meno pressante, se non nella prestazione vocale, e incline a una "ripetitività" che assuefa con dolcezza, non è di quelle release da consigliare a chiunque, come superare tale "scoglio"? L'unica soluzione, come sempre del resto, è ascoltarlo più volte, riuscirete a entrare in contatto con ciò che sono adesso? Datevi una risposta.

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RAVENTALE - Bringer Of Heartsore


Informazioni
Gruppo: Raventale
Titolo: Bringer Of Heartsore
Anno: 2011
Provenienza: Russia
Etichetta: Solitude Productions
Contatti: myspace.com/raventale
Autore: Mourning

Tracklist
1. Anything Is Void
2. Twilight... The Vernal Dusk
3. These Days Of Sorrow
4. Breathing The Scent Of Death
5. Prologue: Sailing To Further
6. The Last Afterglow Burned
7. Detachment And Solitude
8. Epilogue: Alone With Heartsore

DURATA: 40:03

Puntuale come un orologio svizzero torna a farsi vivo Astaroth con i suoi Raventale giunti con "Bringer Of Heartsore" al quinto capitolo.
Stavolta sembra che sia la poesia a dare ispirazione all'artista e nello specifico quella del russo Alexander Blok, uno dei poeti appartenenti alla cosiddetta "Era D'Argento", arte che a quanto sembra non si ferma esclusivamente alla parola trasportata in musica, le illustrazioni inserite nel booklet dell'edizione limitata in digipak che in parte ritraggono opere di Ivan Aivasovsky e Isaak Levitan ben si sposano con il mood melancolico decadente.
I Raventale sono ormai una creatura rodata, con uno stile ben definito e la prestazione insita in "Bringer Of Heartsore" non fa altro che portare a galla ulteriormente la predisposizione di Astaroth per il ricamare tramite i synth melodie d'accompagnamento dolciastre e suadenti su di una base fatta di riff austeri e rigorosi quasi a contrapporre due anime che si scontrano pur essendo costrette a convivere dallo stesso lato dalle barricata.
Gli innesti di chitarra solista, le aperture in acustico, la solita prova vocale graffiata e stavolta una produzione ancor più nitida e delineante rispetto al passato, che mette in risalto spesso e volentieri il lavoro svolto dalla batteria, favoriscono in linea di massima sia l'aspetto dinamico che quello espressivo di un album che, pur ruotando sull'esperienza del mastermind e sulle scelte che hanno fatto dei Raventale ciò che sono odiernamente, fa denotare una maturità ormai completamente raggiunta e l'ennesima miglioria apportata nel complesso atmosferico che risulta ancor più convincente anche quando spezzato dalla "follia irruente" del blastato inatteso din "These Days Of Sorrow.
Il bello di brani come "Anything Is Void", "Breathing The Scent Of Death" e "Detachment And Solitude" è il possedere un'alta fruibilità, si respira sì un'aria pesante, greve e che empia sembra inveire contro la speranza, vi è però quel consistente alone melodico/gotico che nell'oscurità abbraccia l'ascoltatore, una fredda carezza che per quanto gelida mostra il lato delicato di un artista che tematicamente rimane ancorato alla parte più silenziosa e amica della dimenticanza, sia della natura che dell'oscurità in genere.
Chi ha già avuto modo di ascoltare dischi come "Mortal Aspirations" e il precedente "After" non avrà di sicuro problemi ad entrare in contatto anche con questo "Bringer Of Hearsore", coloro che invece non avessero avuto modo di incrociare quest'artista ucraino potrebbero iniziare ad approfondire la sua conoscenza dal primo citato e poi arrivare a questo per avere una panoramica più ampia sui passi in avanti fatti ultimamente.
In entrambi i casi vi consiglio di non far passare inosservato un disco come "Bringer Of Heartsore", siamo alle porte di un nuovo inverno e la sua compagnia di certo non potrà ch'esservi gradita.

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ARCHGOAT - Heavenly Vulva (Christ’s Last Rites)


Informazioni
Artista: Archgoat
Titolo: Heavenly Vulva (Christ’s Last Rites)
Anno: 2011
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Debemur Mortis
Contatti: archgoat.com
Autore: ticino1

Tracklist
1. Intro
2. Blessed Vulva
3. Penetrator Of The Second Temple
4. Goddess Of The Abyss Of Graves
5. Day of Clouds
6. Passage To Millennial Darkness

DURATA: 16:04

Pare proprio che ultimamente io sia fissato su lavori di gruppi finlandesi. Poco male; chi cercasse materiale sonoro rozzo, cattivo e brutale sta benissimo in questo paese nordico molto prolifico. Due anni dopo l’uscita di "The Light Devouring Darkness" e di una raccolta apparsa nel 2010, i signori di Turku si ripresentano al pubblico con un EP blasfemo come d’abitudine per loro.

La Debemur Mortis, etichetta tedesca, si è presa cura di stampare questi sedici minuti di death-black malvagio dedicato al signore dell’Abisso. Lord Angelslayer e i suoi compagni non pare abbiano intenzione di fare un solo passo diretto all’evoluzione musicale. Le scale nerissime sono ancora piuttosto semplici e intrise di death metal marcissimo. La voce del Lord è profonda e gutturale come mai e dice la sua messa satanica ai discepoli devoti che appaiono regolarmente ai concerti del gruppo. Qualche riff sa un poco di déjà-vu ma ciò non disturba l’ascoltatore che venera questi finlandesi. Egli, infatti, non vuole finezza, no. Egli cerca brutalità e il Male diventato suono.

In copertina vediamo la Madonna che siede sul pene del Cristo morto… gli Archgoat sono dei veri maestri nell’inscenare tutte le blasfemie possibili.

Sedici minuti sono pochi ma questi sono comunque buoni e v’invitano all’acquisto. Siete fatti duri abbastanza per il Signore del Male?

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SANGUINARY MISANTHROPIA - Diabolic Gnosis / Et Lux Perpetua Luceat Eis


Informazioni
Gruppo: Sanguinary Misanthropia
Titolo: Diabolic Gnosis / Et Lux Perpetua Luceat Eis
Anno: 2011
Provenienza: Australia
Etichetta: Autoprodotto / Lost Wisdom Records
Contatti: myspace.com/sanguinarymisanthropia
Autore: Mourning

Tracklist
Diabolic Gnosis
1. A Glimpse Of The Image Of Lucifer Gleaming Beyond The Subterraneous Black Sun
2. Tetraskelion
3. Mythos Of Havayoth

DURATA: 20:36

Et Lux Perpetua Luceat Eis
1. Sanctification Via Sin
2. A Glimpse Of The Image Of Lucifer Gleaming Beyond The Subterraneous Black Sun
3. The Geist Of Satan Sears Through The Flesh Impure
4. Tetraskelion
5. The Decent Of Enlightenment
6. Devil Everlasting (live)
7. Blemished with The Rust Of Ancient Nails (live)
8. Human Sacrifice By Fire (live)
9. Mythos Of Havayoth (live)
10. Tetraskelion (live)

DURATA: 1:09:17

Il trio australiano dei Sanguinary Misanthropia mantiene dal 2007 una stabile marcia che li vede pubblicare una release l'anno, ciò ebbe inizio con il demo "Of Death And Genocide" seguito via via dagli ep "Existence Precedes Extinction", "Diabolic Gnosis" e "Et Lux Perpetua Luceat Eis", è su quest'ultimi due che intendo focalizzare l'attenzione.
La band è di quelle marce, il black metal satanico, rozzo, sgraziato e brutale di cui sono autori è incline all'assalto efferato, non si lascia influenzare da nessun tipo di modernismo o variante "catchy", è ortodosso e dai tratti catacombali acquisiti grazie all'utilizzo da parte del cantante Unbeliever di un growl profondo e putrido che si alterna con le partiture eseguite in scream.
"Diabolic Gnosis", primo dei capitoli sotto esame, contiene tre tracce, venti minuti di musica che nell'opener dal lungo titolo "A Glimpse Of The Image Of Lucifer Gleaming Beyond The Subterraneous Black Sun" esaltano le atmosfere sinistre, il mood nineties che prende corpo man mano che il pezzo si "evolve" rimanendo saldamente ancorato alla primordialità più maligna.
Con "Tetraskelion" il credo della band "Chaos, Sex & Death" esplode nel suo minaccioso riffing, l'ambientazione s'infittisce divenendo ancor più annerita, la batteria mutando sì di ritmo ma mantenendo nelle varie posizioni andature costanti la impone al pari di una distruttiva campagna di guerra.
Giunge il turno di "Mythos Of Havayoth" ed è ancora Inferno, diviene chiaro che per i Sanguinary Misanthropia la coerenza sia un fattore determinante, altro brano decisamente malsano aumentando tale sensazione già provata e comprovata nei precedenti sfruttando una fase "solco" nella quale il pestare si blocca e il riffato innalza un raccapricciante velo sonoro, parentesi che serve solo a celare l'imminente ripresa del lavoro nei surriscaldati "gironi", terra dei dannati.
Finito l'ep, metto subito il secondo nello stereo, non voglio perdere un attimo né rilassarmi, son preso bene, Unbeliever mi ha fatto il piacere di mandarmi una copia in cd dato che la versione tape, l'unica nella quale è stato prodotto "Et Lux Perpetua Luceat Eis", la si può direttamente comprare presso la Lost Wisdom Records (cosa che farò a breve).
Il platter è diviso in due parti, "A/Gnosis" e "Live Blood Rituals", salta subito all'occhio come due tracce del precedente sforzo compositivo siano state riportate al proprio interno nel primo comparto, ho infatti da poco descritto sia "A Glimpse Of The Image Of Lucifer Gleaming Beyond The Subterraneous Black Sun" che "Tetraskelion" alle quali si aggiunge un terzetto di canzoni nuove.
Colei che apre le danze è "Sanctification Via Sin" e dopo aver da poco concluso l'on air di "Diabolic Gnosis" è come se non si fossero mai interrotti quel feeling nero, il drumming pestato, la cattiveria espressa dalla voce, tutto viene confermato in blocco.
"The Geist Of Satan Sears Through The Flesh Impure" e "The Decent Of Enlightenment" non fanno che consolidare tale posizione, abbiamo a che fare con una macchina black metal oliata a dovere, pronta a fare brandelli di divinità plastificate o inventate puntando su loro stessi e ciò che li rende più forti.
È bestiale la carica a momenti elementare che i pezzi sprigionano con la seconda, incalzante e "schifosamente" annerita, se avessero scelto di svolgere il mestiere di fabbri, probabilmente il sogno di piantare i chiodi nelle mani e nei piedi di Cristo l'avrebbero agguantato senza troppi problemi.
È con "Devil Everlasting" contenuta nel promo dell'album di debutto a titolo "Loathe Over Will" (2011) che prende il via la sezione dedicata alle canzoni eseguite in versione live e i Sanguinary Misanthropia non perdono di certo l'occasione per smantellare le orecchie dell'ascoltatore.
Mi chiedo come ci si possa ancora affidare a gente come i Gorgoroth dopo quel mezzo piattello da lancio, "Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt", e non giocarsela con formazioni del genere che risultano decisamente più spontanee, aggressive e cattive, è il mordente in molti casi che manca alle grandi band del passato, questi australiani ne hanno da vendere.
Dapprima riportando in auge i brani estratti dal primo ep "Existence Precedes Extinction", "Blemished With The Rust Of Ancient Nails", il finale della traccia è a dir poco epico, e "Human Sacrifice By Fire" tornando poi a "cadere" con la costante delicatezza di un mattone sull'esecuzione di "Mythos Of Havayoth" e di quello che a questo punto potrei definire un cavallo di battaglia "Tetraskelion", giunti al congiungimento massimo fra adrenalina e fervore siamo condotti a conclusione di "Et Lux Perpetua Luceat Eis".
Non c'è da chiedersi quanto siano innovativi, quanto la produzione sia curata, per altro in entrambi i casi esaminati ben si sposa con la musica, i Sanguinary Misanthropia gettano sul piatto i "valori" più classici, chiamateli stilemi, cliché fate voi, che per anni e anni hanno dato e continueranno a dare linfa vitale a una "fazione" concentrata a "militareggiare" internamente a una scena che nella sua "evoluzione" ha dato spazio a troppe, ehm, porcherie, ci sta quindi che alcuni prendano ancora posizione netta.
Conservatori? Sicuramente. Validi? Altrettanto. Teneteli d'occhio e in attesa che esca il full, iniziate ad accaparrarvi questi succulenti ep.

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INVERTED - Point Of Crossing


Informazioni
Gruppo: Inverted
Titolo: Point Of Crossing
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/cyanidechristdm
Autore: Mourning

Tracklist
1. Disgrace
2. Apotheosis
3. Disbilief
4. Warcult
5. 5.56
6. Enuma Elish
7. Passing Away
8. Pripyat
9. Worm
10. 13.0.0.0.0

DURATA: 36:54

È sempre un piacere poter ascoltare del buon metal made in Italy, se poi ti capita fra le mani un disco di quelli che può lasciare il segno non c'è di meglio.
Il monicker Inverted a molti farà pensare alla band svedese nella quale fra gli altri militarono membri odierni di act quali Pyramido, Insision e Puteraeon, beh, è un'altra storia quella.
Niente freddo scandinavo, qui è il nord sì ma della nostra penisola a regalare emozioni old school, gli Inverted di cui scrivo sono di Treviso e non sono ragazzini alla prima uscita, i musicisti hanno esperienza da vendere dati i trascorsi o la presenza ancora in corso con Chelmno, Near, Beatrik, Imposer, Blasphemia, Wargore.
Cos'è "Point Of Crossing"? Un album che potrebbe aver avuto i natali nel periodo d'oro racchiuso nel lustro che va dal 1988 al 1993, si viene catapultati due decadi indietro con un'ondata malefica e nera che prende il dominio della situazione.
Nomi quali Immolation, Morbid Angel, Incantation ma anche Acheron e in alcuni frangenti la brutalità efferata di alcune soluzioni dei primordi Suffocation s'incastrano in un platter che nei suoi trentasette minuti scarsi regala un devastante affondo fatto di riff sprigionanti un odio continuo inframezzato da assoli decadenti alle volte tendenti al melodico altre a un'esecuzione frenetica, di un drumming che serra i ranghi con sfuriate in velocità sul rullante e allenta la presa per aumentare l'atmosfera già fitta e greve e una voce che vi farà venire in mente più di un signore appartenente alla storica scena a "stelle e strisce", sarà un male? Assolutamente no.
Difficile scegliere una traccia piuttosto che un'altra, si ha a che fare con un monolite talmente dirompente che il passaggio fra una canzone e l'altra può essere scandito esclusivamente da uno scapocciare agitato e dalla conseguente voglia di rimettere su "Point Of Crossing" un altro paio di volte per riprendere dal punto nel quale si è stati interrotti.
La produzione gioca decisamente a favore del combo trevigiano, è distante anni luce dalle fottutissime paccottiglie iperlaccate dell'ultima ora, aggiunge genuinità e valore "reale" alla prestazione strumentale di buonissimo livello dando anche una più che piacevole resa sonora complessiva.
In un mondo metal che sta vivendo un incessante revival nel quale le terre scandinave, con la Svezia sugli scudi, e il panorama americano, che torna a guardarsi indietro pur producendo ancora una valanga di "guano metalcore/emo", sono sugli scudi, l'Italia si difende e lo fa a denti stretti, gli Inverted si candidano seriamente a ritagliarsi un posto d'onore nella scena nostrana.
Consiglio agli appassionati di acquistare "Point Of Crossing", un gioiellino che mi auguro abbia il riscontro che si merita.

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PROGETTO: CHAOSGOAT 666 / PCG666 - Split


Informazioni
Artista: Progetto: Chaosgoat 666 / PCG666
Titolo: Split
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/progettochaosgoat666
Autore: ticino1

Tracklist
Progetto: Chaosgoat 666
1. I Morti Cammineranno Sulla Terra
2. Programma Zombie
3. Manifestation Of A New Human Kind
4. Outro To The Men (Titoli Di Coda)

PCG666
5. A Wierd Fluidity... My Cold Vitriol
6. The Anti Materia
7. Bomba Nagasaki (Industrial Version)
8. Un Minuto Di Ode Al Terrore
9. Untitled – A Gorefuck Ritual

DURATA: 20:27

L’oscurità attanaglia la Terra da anni, l’Inverno Nucleare non pare che voglia trovare fine e l’Umanità sente che non sarà più a lungo la specie dominatrice su questo pianeta. Animali e soprattutto vegetali periscono, il nutrimento è ormai scarso, il cannibalismo diffuso e il futuro si profila ben chiaro per la gran parte degli individui: morte certa!

L’Inferno è sovraffollato e Satana ci sta mandando i suoi morti... perché… questo disco gli conquista un metro dopo l’altro del suo dominio. Il Progetto si è evoluto e dà un piccolo taglio al caos puro, presentando sprazzi quasi rockeggianti e clementi. Non temete; siete amici del rumore più profano e orrendo? Non sarete per nulla delusi; la formazione non compone ora "melodic noise metal". L’elettronica trapela penetrante in diversi punti, quasi disturbando l’udito. Il Progetto non vuole dilettarci, non vuole piacerci, vuole solo rovinarci. Riff pesanti e brutali appaiono attraverso muri di samples e di programmi che rendono quasi robotico questo lavoro. Ascoltate "Manifestation Of A New Human Kind" per capire la mia frase. Tutto è regolato, non dovete più pensare, solo obbedire agli zeri e agli uno che occupano la vostra memoria sottomessa. Questo lato è composto di parti che spaziano dal rumore puro a tratti quasi ambient che, grazie alla riuscita combinazione fra loro, mantengono desto l’ascoltatore privilegiato.

Dedichiamoci alla facciata dei PCG666. È lo stesso gruppo? Forse. Che cosa rappresenta la musica prodotta? Domanda difficile cui tenterò di dare una risposta. Qui la tecnica robotica è estrema e mi catapulta nello spazio più freddo e profondo. Che il conflitto nucleare finale si sia spostato nelle regioni siderali? La Terra è oramai distrutta? Sperimentazioni sonore astruse mettono fuori uso il cervello. Sembra di terminare la passeggiata spaziale entrando nell’astronave madre, passando direttamente per la sua sala macchine. Il rumore ritmico dei condensatori di plutonio martella costantemente i timpani come se fosse un battito cardiaco. In alcuni punti mi si risvegliano ricordi dei primi lavori estatici prodotti dai Pink Floyd e dettati dal consumo sfrenato di LSD.

Questo split è perfettamente variegato, la musica contenuta non va d’accordo con nessuna convenzione e troverà sicuramente ascoltatori interessati a esperimenti che, penso io, qui sono proprio riusciti.

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JE - Un Royaume De Nuit


Informazioni
Gruppo: Je
Titolo: Un Royaume De Nuit
Anno: 2011
Provenienza: Francia
Etichetta: Arx Production
Contatti: myspace.com/jemusical
Autore: Mourning

Tracklist
1. Chûte De l'Etre
2. Les Mensonges De l'Aube
3. Materiel
4. Legendes Urbaines
5. Un Royaume De Nuit

DURATA: 27:59

Prima dovrò pur capire o qualcuno dovrà spiegarmi cos'è lo shoegaze/black, mi sembra un'etichetta molto ma molto appiccicata "ad hoc" dalle label per vendere fumo negli occhi e sinora ci sono anche riuscite alla grande.
Detto ciò, mi trovo fra le mani il primo parto dei francesi Je intitolato "Un Royame De Nuit" che musicalmente può essere considerato affine al filone che vede la presenza del personalmente contestabilissimo Alcest e altre creature che reputo più interessanti quali Lantlòs e i defunti Lifelover.
La forma metal con cui si presentano suona ormai nota ai più e l'opener strumentale "Chûte De l'Etre" offre una piacevole introduzione che fra attimi puliti sognanti e delicati e altri nei quale spinge sulla distorsione per accentuare il fattore "malinconia" ci conduce a "Les Mensonges De L'Aube", pezzo che onestamente tutto pare fuorché d'estrazione black, si può parlare al massimo di un riffing heavy metal "estremizzato" e tendente alle volte al versante melodic del genere "nero" dotato di ritmiche per lo più allentate, che si avvale di cambi di tempo punkeggianti e una sprezzante tirata in velocità che accompagna nel finale per vivacizzarsi, sin qui nulla di eclatante ma non dispiace.
L'atmosfera anche nelle concitate esplosioni emotive rimane comunque molto "soft", non c'è l'animo né la cattiveria del black, non c'è la ferocia nè la desolazione e anche "Materiel", più decisa rispetto agli episodi precedenti, sembra avvalorare una inflessione riflessiva lontana da quelle ambientazioni così come dalle lande "depressive" che in tanti hanno chiamato in causa per alcuni progetti di questo filone "post/black" (?), mai realmente inquadranti la visione di un sound talmente ibrido da non appartenere a nessuna corrente ma divenire "vittima" di tutte quelle conosciute, l'atteggiamento e il pensiero in più di un frangente sembrano pendere filosoficamente in direzione del "rock-dark wave".
La mano finalmente viene calcata in "Legendes Urbaines" dove il riffato già notevolmente svedese in più fraseggi viene ulteriormente imbastardito con inframezzi thrashati, continuano a produrre dissonanze e la voce di e.Z.k., che nel corso della prova ha alternato scream e sibilati, è adeguata, fornisce spessore aggiuntivo a un pezzo meno accattivante ma che guadagna sotto il punto di vista della "robustezza".
Con la titletrack, ennesimo pout pourri d'influenze che porta a conclusione il platter, si giunge al capolinea senza né aggiungere né togliere nulla a quanto antecedentemente messo in mostra.
I Je e il loro "Un Royaume De Nuit" sono quindi consigliabili prevalentemente, se non esclusivamente, a chi ama e segue le ultime ondate di band partorite dal mondo "black" come gli act citati nel testo, gli altri potranno tranquillamente evitarseli.

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ELDERGAAD - Children Of Gaad


Informazioni
Gruppo: Eldergaad
Titolo: Children Of Gaad
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/eldergaad
Autore: Mourning

Tracklist
1. Cult Of The Void
2. Ruination
3. Malevolent Imprint
4. Darkest Obsidian
5. Aristocracy Of Lies
6. Nocturnity
7. Eternity At A Glance
8. Wormtongue

DURATA: 45:35

Gli Eldergaad sono un quartetto di Minneapolis la cui formazione è recente, è infatti nel 2010 che la band muove i primi passi e nel 2011 produce la prima opera, il full "Children Of Gaad".
Lo stile dei ragazzi non è facilmente inquadrabile, la matrice fondamentale del sound attinge dal panorama thrash con Slayer e Kreator come riferimenti principali, soprattutto i tedeschi vengono presi ad ispirazione dalla voce di Raa che più volte ricorda il buon vecchio Mille Petrozza quando diviene maggiormente aggressivo, a volte mixato allo stile Araya (bella botta).
Non disdegnano però fuoriuscite da tali schemi proponendo divagazioni progressive e spunti di stampo modern metal che danno al platter una spinta in più, tirandolo fuori dal pantano formato dalle uscite sin troppo similari per non dire fotocopiate che spopolano in ambito "thrash" o forse sarebbero da apostrofare come trash?
I giochi si aprono con "Cult Of The Void", downtempo tenebroso nel quale la chitarra solista ricama una melodia che rimane in testa, un connubio perfetto fra le parti lente in stile eighties di Hannemann & Co. e la vocalità acida di Raa che assume una consistenza cattiva di spessore, il break che spezza alzando i ritmi è pura adrenalina; ben diversa è la terza canzone in scaletta, "Malevolent Imprint", che imposta il proprio svolgersi su dinamiche ben più ampie, continui cambi di ritmo, particolari che avevano già preso piede nella precedente "Ruination" nella quale il cantante dimostra di saper usare l'ugola anche per salire di nota e sfruttare soluzioni leggermente più chiare pur rimanendo nel territorio del "graffiato".
Il technical death degli Atheist si rivela essere un'altra papabile fonte d'ispirazione, tale influenza si può notare perché ancor più rimarcata in "Aristocracy Of Lies".
È strano il modo di esporsi degli Eldergaad perché in una traccia come "Darkest Obsidian" oltre le band già citate si percepisce una vena sonora che sembra ricollegarsi a qualcosa dei vecchi Forbidden mentre "Nocturnity" colpisce sin dall'introduzione eseguita dalle chitarre che seguite da un assolo travolgente ci regaleranno un altro pezzo condito di varianti tecniche assestate in modo da rendere più fluide possibile le movenze che a tratti diverranno quasi jazzate, i musicisti ci sanno decisamente fare.
Gli statunitensi pur dimostrando di possedere delle innegabili doti strumentali non commettono l'errore di giocare "a chi se la tira di più", la ruota gira solo in un verso riuscendo nel far confluire espressività, varietà e prestanza ai brani tanto che anche una lunga "Eternity At A Glance", quasi nove minuti di canzone, fila via con piacere, dandoti quella spinta adeguata per ondulare la testa e senza che me ne sia accorto son già arrivato a "Wormtongue" che in maniera pesante e greve fra sezioni accelerate e altre tendenti al groove porta a conclusione "Children Of Gaad".
L'underground continua a offrire lavori d'ascoltare con la dovuta attenzione, è quindi ancora una volta cosa giusta andare a pesca nel mare delle autoproduzioni e supportare chi con la passione e i soldi propri ci mette la faccia per dar vita a musica che valga la pena di conoscere, gli Eldergaad fanno parte di questa categoria di act, quindi non pensateci troppo, fatevi un giro sul Bandcamp dei ragazzi: http://eldergaad.bandcamp.com/ e poi puntateli per l'acquisto.

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THE UNDERGRAVE EXPERIENCE - Macabre - Il Richiamo Delle Ombre


Informazioni
Gruppo: The Undergrave Experience
Titolo: Macabre - Il Richiamo Delle Ombre
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Solitude Productions
Contatti: Facebook
Autore: Mourning

Tracklist
1. Mater Mortalis Tenebrarum
2. Graveyard Zombie Horizon (Ballata Mortale)

DURATA: 43:30

One man band italica, una creatura doom che si affaccia desiderosamente in territorio funeral, un processo mortifero e obliante che prende forma in due soli brani, è questo ciò che sono i The Undergrave Experience ed è sotto la solita Solitude Productions che viene rilasciato il debutto "Macabre - Il Richiamo Delle Ombre".
Musica dilatata, ritmiche statiche, temi ossessivi, ripetuti in modo da incastonarsi in testa e non mollare la presa, tastiere e piano che imprimono al sound quel tocco horrorifico/drammatico che ne enfatizza il lato tendente esclusivamente al nero, puntando anche su una rigidità sonora quasi solenne, gli ingredienti per una buona produzione del genere ci sono tutti.
Se le note la loro parte la svolgono seguendo e regolandosi nel modo più corretto per creare un' ambientazione esplorativo dai tratti cimiteriali, pregno di "nebbie" la voce di Marcel, mastermind del progetto, è altrettanto incline a inserirsi in questo panorama di decadenza con l'alternare di harsh vocals aspirate e parti recitate anche fuori campo in lingua nostrana, introducendo atmosfericamente l'ennesimo tassello che spalancherà le porte dell'aldilà.
"Macabre - Il Richiamo Delle Ombre" ha la possibilità di esprimersi con cupo splendore usufruendo di una chiarezza e limpidezza dei suoni che ne acuiscono l'intensità e l'impatto all'orecchio, non si muove al di fuori dei canoni pressoché standard e sinceramente sembra non averne nessun bisogno dato che anche nelle scelte ciclicamente riproposte dimostra di possedere una struttura che non solo le regga evitando di cadere nella noia, trovando bensì pure con dei piccoli accorgimenti e una sezione ritmica mai invasiva la strategia adeguata per permettere a chi entra in contatto con le due tracce di sprofondarvi dentro, è un netto prendere o lasciare.
Negare che "Mater Mortalis Tenebrarum" e "Graveyard Zombie Horizon (Ballata Mortale)" siano ciò che desidero ricevere da un "on air" di tale tipo sarebbe una bugia, la semplicità "apparente" però non vi tragga in inganno, la bellezza raffinata ma pur sempre "mortale" di un album simile ha bisogno di più passaggi nello stereo per essere apprezzata nella sua interezza.
Una sola cosa non comprendo, è uno scherzo quel passaggio sin troppo similare a "Gocce Di Memoria" di Giorgia che fra le altre cose è praticamente impossibile da evitare e non riconoscere? L'artista sarà magari incappato in un deja vù, calzante a pennello che adesso crea un deja vù al sottoscritto? Non lo so e sinceramente neanche m'importa più di tanto, mi è scappata una risata e l'ho rimesso su per capire se l'alcol mi avesse giocato un brutto scherzo, non è così ma chissene...
The Undergrave Experience, un omaggio a tutti coloro che amano il funeral doom, chi segue con costanza il genere supporti l'uscita di questo musicista nostrano, è un gran bel disco e merita di entrare nelle vostre collezioni.

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KAMCHATKA! - Il Mio Nirvana

Informazioni
Gruppo: Kamchatka!
Titolo: Il Mio Nirvana
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Kiu Kiu
Contatti: myspace.com/kamchatkaita
Autore: Mourning

Tracklist
1. Il Mio Nirvana
2. L’Ultimo Incanto
3. Piup
4. Addio Miei Falsi Dei
5. Alla Continua Ricerca Di Un Equilibrio
6. Strega
7. Weiss
8. Lo Scontro Finale
9. Un’Altra Vittima

DURATA: 52:37

La scena musicale rock anni Novanta a molti è rimasta nel cuore, i romani Kamchatka! sono sicuramente fra questi, si sente nel loro debutto "Il Mio Nirvana" un rimando netto sia all'indie anni Ottanta che alla scena di Seattle e agli act post-grunge che ne hanno continuato con alterni risultati il "modus operandi", vedasi gli australiani Silverchair di Daniel Jones, gli inglesi Bush di Gavin Rossdale e gli italianissimi Verdena.
È una tempesta di emozioni quella che il trio capitolino mette sul piatto supportata da scelte di sound che divagano in molteplici direzioni attraversando lande "popular" (echi U2) e in più di un'occasione si alimentano della istintività della quale il noise (Sonic Youth) si fa fregio per assegnare a ogni singolo brano una propria identità e sensazione, aspetti che stavolta il cantato prettamente eseguito in italiano non penalizza ma esalta.
Sono passati vent'anni e più dalla generazione indie-grunge primorde eppure in Italia non è praticamente cambiato nulla, la "guerra" virtuale in stile Risiko fra arte, realtà umana e mero commercio continua a essere combattuta su due fronti allineati: "industria musicale di merda vs do it yourself", gli artisti che si autoproducono o vengono supportati da label cosiddette minori e "stranamente" più attente alle reali voglie legate all'arte e non alla moneta sono la linfa vitale per chi ascolta musica, un album come "Il Mio Nirvana" rispecchia in maniera palese ciò che è questa linea di pensiero.
Zero fronzoli, melodie e distorsioni che si divertono a scambiarsi in più di una circostanza il posto amalgamate da una tempesta emotiva fatta di ribellione, grinta, delusione, disillusione, sacrificio, onestà verso se stessi in primis senza però cadere nella trappola del rivangare ciò che negli anni hanno espresso i "maestri" vengono quindi shakerate, frullate e rilasciate all'interno di canzoni come "L'Ultimo Incanto", "Addio Miei Falsi Dei", "Strega", "Alla Continua Ricerca Di Un Equilibrio", "Weiss", "Un'Altra Vittima" con quest'ultima che racchiude in sè la ghost track "Lettera Dal Nirvana" nel quale testo ci si potrebbe riconoscere davvero in tanti, sono moltissimi i perché e le domande legate al periodo dell'adolescenza che risultano essere comuni, tanti dei quali rimarranno privi di risposta.
"Il Mio Nirvana" è una piccola gemma nascosta dell'underground, un buonissimo album che riuscirà ad attrarre le simpatie e l'interesse degli amanti del rock ma che col suo lato pop potrà essere guardato con un'occhio di riguardo anche da coloro che pur non ascoltando abitualmente sonorità più aggressive e "scuoti petto" vi si approcceranno con l'intento di uscire dai binari e dar sfogo alla propria anima.
Un consiglio, non fermatevi al solo ascolto delle tracce, leggete i testi, addentratevi nel loro modo di esporsi, per far questo però l'acquisto di una copia originale diventa obbligatoria e di sicuro non è un male.

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IT CAME FROM OUTER SPACE #6

EXPLOITED - Live And Loud

Informazioni
Gruppo: Exploited
Titolo: Live And Loud
Anno: 1993
Etichetta: Anagram Record
Autore: ticino1

Pettinatura alla irochese, una bocca grande come il massiccio dell'Himalaya, nessuna voglia di lavorare e ora dipendente dalla cassa sociale dello Stato Britannico... ecco la fedina di Wattie, cantante e mente degli Exploited.

Su di lui si può dire qualunque cosa. Bisogna però accettare che la sua visione del punk portò un poco di vento nel movimento, quasi come vi riuscirono i Discharge anni prima.

Gli inizî erano molto standard e noiosi; la violenza si scatenò più tardi. L'essenza di Wattie, delle sue idee e degli Exploited sono contenute in questa raccolta di pezzi live da paura e gravidi di energia!

EXPLOITED BARMY ARMY!



OFFSPRING - Smash

Informazioni
Gruppo: Offspring
Titolo: Smash
Anno: 1994
Etichetta: Epitaph Records
Autore: Mourning


"Smash" è un album liberatorio, energico e tematicamente "impegnato" e da ai californiani Offspring lo slancio per entrare nella vita di moltissimi teenager dell'epoca (compreso il sottoscritto). La matrice punk, per quanto contestata dagl'integralisti del genere, è viva e si miscela col rock sanguigno. Dexter Holland è un leader perfetto dietro al microfono, carismatico, convincente e non vi è presenza di riempitivi in un disco che vede divenire canzoni come "Gotta Get Away", "Genocide", "Come Out And Play" e "Self Esteem" inni di una gioventù turbolenta ancora influenzata dall'ondata grunge. Il lavoro contiene anche la cover di "Killboy Powerhead" dei Didjits, un piccolo omaggio al movimento anni Ottanta. Per coloro che si sono avvicinati tardi a questa band perdendone gli inizi o sono convinti che lo "schifo" da loro prodotto successivamente a "Ixnay On The Ombre" li identifichi, incrociare "Smash" potrebbe aprirsi un mondo del tutto sconosciuto e decisamente avvincente.


ANNOYING RINGTONE - Hypertone

Informazioni
Gruppo: Annoying Ringtone
Titolo: Hypertone
Anno: 2011
Etichetta: Ultratone Records (netlabel)
Autore: Insanity

Incazzati neri? Voglia di sfogarvi con un po' di sana violenza sonora? I quindici minuti di "Hypertone" potrebbero fare per voi: oltre venti tracce di Speedcore-Extratone che spesso e volentieri si lascia influenzare dal (Cyber)Grind; già titoli quali "Napalm Breath" e "Last Gays Of Humanity" dovrebbero dirvi qualcosa. Si tratta in sostanza di brevi, ma intense sfuriate di batteria elettronica, un costante martellamento ai timpani dell'ascoltatore che ha comunque una certa varietà, in modo da non annoiarlo prima che lo sfogo sia completato. In certi casi a chi è abituato al Metal estremo può servire un tipo di violenza diverso.




ELIO E LE STORIE TESE - Eat The Phikis

Informazioni
Gruppo: Elio E Le Storie Tese
Titolo: Eat The Phikis
Anno: 1996
Etichetta: Aspirine Music
Autore: Akh.

Elio E Le Storie Tese, lo sappiamo bene, sono una istituzione oramai. Gli ultimi music show con Elio in veste di giudice e le recenti apparizioni in conduzione post Sanremo li hanno portati alla ribalta popolare. L'origine del gruppo però è assai precedente e io citerei "Eat The Phikis" giusto per segnalare come un manipolo di artisti, considerati perlopiù "demenziali", abbia tirato fuori undici brani che vanno a esplorare il vasto mondo della musica ognuno a modo proprio, con una perizia tecnica e un'arte dell'arrangiamento molto al di sopra degli standard del music business, divenendo così una leggenda fra i musicisti e non d'Italia.

Si passa dalla vera hit che li ha lanciati nel mondo del pop, la sanremese "La Terra Dei Cachi", con la quale si piazzarono secondi con molte polemiche, a "Burattino Senza Fichi", passando per la leggendaria "El Pube" (puro godimento!) o la "sdrenante" "Mio Cuggino", senza contare le enormi collaborazioni. "Eat The Phikis" è divenuto un must in casa nostra, come in casa di chissà quanti altri scapestrati italiani, che avranno cantato "Forza Panino!" a squarcia gola...

Il virus Elio E Le Storie Tese era deciso a influenzare, deviare e manipolare le menti dei giovani a forza di pulsioni musicali! Elio? Un genio, un folle... una garanzia, un trionfo!



HAVE A NICE LIFE - Deathconsciousness

Informazioni
Gruppo: Have A Nice Life
Titolo: Deathconsciousness
Anno: 2008
Etichetta: Enemies List Home Recordings
Autore: 7.5-M

Non è più tempo di essere fedeli. Non è nemmeno più tempo di amare. Ma siamo ancora in tempo per ascoltare gli avvertimenti delle voci lontane, di quelle che sembrano venire da chissà quale Connecticut. Siamo in tempo per accorgerci della loro presunta distanza ed effettiva vicinanza. Siamo in tempo per rimanere soli. Rimanere soli col nostro bagaglio culturale occidentale, fatto di rock, di elettronica, di pop, di no-fi, di home recordings. "Deathconsciousness" è tutto questo e molto di più. Da amare, anche se non ne siamo più capaci.


LYNYRD SKYNYRD - Second Helping

Informazioni
Gruppo: Lynyrd Skynyrd
Titolo: Second Helping
Anno: 1974
Etichetta: MCA Records
Autore: Dope Fiend

1974. Questo fu l'anno che vide l'uscita di "Second Helping", il secondo disco dei Lynyrd Skynyrd, lo stesso che permise al gruppo di iniziare a farsi conoscere in tutto il mondo. Poco conta che le voci di presunte ostilità tra Van Zant e Neil Young fossero fondate o meno, oppure che l'uso da parte del gruppo della famosa bandiera Confederata fosse sintomo di razzismo; inni immortali come "Sweet Home Alabama" e "Call Me The Breeze", uniti a toccanti pezzi fortemente blues del calibro di "I Need You" e "The Needle And The Spoon" e a polverosi episodi intrisi di Rock e atmosfere sudiste come "Don't Ask Me No Questions" e "The Ballad Of Curtis Loew", fanno di "Second Helpiing" un capolavoro immortale. Un'influenza imprescindibile per ogni disco successivo, un'identità fortissima all'interno di una scena musicale mai placida, un monumento da portare in trionfo senza sosta. La storia del Southern Rock passa inequivocabilmente da qui.

...I like drinkin' the best of whiskey and playing in a honkytonk bar...



STAIND - Break The Cycle

Informazioni
Gruppo: Staind
Titolo: Break The Cycle
Anno: 2001
Etichetta: Flip - Elektra
Autore: Fedaykin

In bilico tra l'alternative rock e il nu metal dei lavori precedenti, "Break The Cycle" è storicamente l'album di maggior successo per gli Staind, avendo portato il loro sound in cima alle classifiche di tutto il mondo. La pregevole voce di Aaron Lewis ci conduce attraverso l'esplorazione di tematiche spesso giovanili, ma sempre valide come spunto di riflessione, e pezzi come "Epiphany" e "Outside" sono impossibili da dimenticare per il loro carattere diretto ed emotivo. Ben cinque i singoli estratti dal disco: oltre alle due già citate, le altre tre hit sono "It's Been A While" (al cui ascolto il 90% delle persone reagisce con un "ah, già, loro!"), "Fade" e "For You". Album imprescindibile per i fan del metal alternativo e prodotto godibilissimo per tutti gli altri, il suo pregio maggiore è forse di saper unire una musicalità più pesante a un tipo di testo e carisma che strizzano l'occhio al mondo pop. Unica grande pecca: la scarsa varietà compositiva.


PRODIGY - Invaders Must Die

Informazioni
Gruppo: Prodigy
Titolo: Invaders Must Die
Anno: 2009
Etichetta: Take Me To The Hospital
Autore: Bosj

Cinque anni dopo quella mezza ciofeca di "Always Outnumbered..." non sapevamo bene che aspettarci dal trio di tamarri per antonomasia, padri dello sdoganamento elettronico a tutti e per tutti. Bene, "Invaders Must Die" è decisamente la conferma che il beat giusto questi Inglesi ce l'hanno nel sangue e nessuno glielo toglierà mai. La prima parte dell'album è infatti una spiegazione dettagliata di come le hit da classifica vadano composte, suonate e registrate, senza preoccuparsi troppo di chi o perché le ascolterà. "Thunder", "Omen", "Warrior's Dance" incalzano, incatenano e non ti lasciano più, tra bassi spessi come un muro e motivetti da macchina (finestrino rigorosamente abbassato). La seconda parte del lavoro invece scema verso soluzioni più anonime, non brutte, ma lontane dai vertici dei primi cinque pezzi. Poco importa però, una manciata di brani bastano a ricordare al mondo chi è che comanda. Questi sono i territori dei Prodigy, tutti gli invasori devono morire.

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