lunedì 12 dicembre 2011

THURISAZ - The Cimmerian Years


Informazioni
Gruppo: Thurisaz
Titolo: The Cimmerian Years
Anno: 2011
Provenienza: Belgio
Etichetta: Sleaszy Rider Records
Contatti: myspace.com/thurisazmusic
Autore: Fedaykin

Tracklist
1. Broken
2. My Precious Unknown
3. Second Mirror
4. No Regrets
5. Fare Thee Well
6. The Carnival Of Miscreation
7. Inner Voices
8. Unhealed
9. A Glance Of Misperception

DURATA: 54.15

È con colpevole ritardo che mi accingo a recensire, finalmente, l’ultima fatica dei Thurisaz, intitolata "The Cimmerian Years". La formazione belga aveva già attirato la mia attenzione con la sua precedente release, "Circadian Rhythm", targata 2007, che reputavo e reputo tutt’ora un buon lavoro, ma che era minata da alcuni difetti a mio avviso piuttosto palesi, fra tutti la poca originalità e la poca varietà, nonostante poi fosse stata accolta dalla critica in modo abbastanza positivo. Devo dire che, a distanza di quattro anni, quella che mi trovo davanti è una band decisamente maturata, in grado di mettere sul piatto un prodotto dalla qualità indiscutibile che corregge gran parte degli errori del precedente.
Per chi non li conoscesse, i Thurisaz propongono un genere a metà tra black e death, interpretato in modo pesantemente melodico e con una forte tendenza a tematiche dark, sia a livello strumentale che a livello testuale. È un gruppo dal sound estremamente moderno: la produzione è molto pulita, e anzi avevo trovato il disco precedente un tantino troppo "plasticoso" per i miei gusti, per quanto sembra che qui, anche in questo aspetto, i nostri abbiano saputo trovare un maggior equilibrio. Si può dire che questo sia un album tremendamente preciso e studiato, in cui gli elementi e le influenze vengono bilanciati in modo chirurgico, ma che soprattutto, a differenza del precedente, ha un filo conduttore molto più marcato; per quanto il registro sia più o meno sempre lo stesso per tutta la durata dell’ascolto, infatti, si può dire che ogni traccia possieda dei tratti che la contraddistinguono, e che ci sia un filo conduttore nel passaggio graduale da momenti più "d’assalto" nella prima parte a tinte e tematiche più cupe nella seconda.
Già la opener "My Precious Unknown" ci da un’idea di quello che ci aspetta: un muro chitarristico piuttosto aggressivo è sostenuto da un comparto ritmico dalle frequenti alterazioni, tanto a crescere verso velocità più black metal, quanto a scendere verso un tratteggio più soft, quasi doomeggiante; il tutto è accompagnato immancabilmente da paesaggi di tastiera che definirei quasi epici, di quell’epico un po’ nordico e un po’ malinconico, con qualche richiamo al classico. Dal punto di vista vocale il gruppo ha una peculiarità: non esiste un cantante vero e proprio, ma sono i due chitarristi e il tastierista che si occupano di interpretare i testi, e lo fanno indifferentemente in growl, in clean e in scream.
Le tracce successive, come dicevo, possiedono delle caratteristiche uniche, ma possono essere più o meno ricondotte tutte allo stesso schema; mi hanno colpito in particolare il tema di pianoforte vagamente noir che accompagna la prima sezione di "Second Mirror", come anche il richiamo estremamente chiaro ai Type 0 Negative in "Fare Thee Well"; da segnalare anche una ballad, "Inner Voices", emotivamente molto intensa ma, purtroppo, un po’ corta. Ma in ogni caso, ognuna è un po‘ un viaggio, ognuna subisce numerosi cambiamenti di registro nel suo svolgimento; non c’è staticità, anche se alcuni motivi vengono ribaditi più di una volta. In generale, poi, si può dire che ci siano molti richiami agli Opeth: ho sentito molto "Morningrise" in "The Carnival Of Miscreation", e molto spesso si sentono degli echi nelle stanze cantate in clean, peraltro quasi sempre pregevoli. A differenza di questi, però, qui l’elemento progressive è molto più sfumato, e anzi ho trovato un pelo troppo lunghe certe divagazioni strumentali che, in fin dei conti, servono solo ad allungare dei pezzi che sono già piuttosto sostanziosi dal punto di vista della durata, e non aggiungono molto al rifferama "standard" che accompagna il resto della canzone. Immagino che sia una scelta più che altro funzionale a sottolineare i passaggi atmosferici, davvero predominanti in quasi tutto il disco.
In conclusione, "The Cimmerian Years" lascia un ottimo sapore, e personalmente mi sono sentito molto soddisfatto per come è stato pensato e costruito. Si sente che i Thurisaz ci tengono molto a studiare ogni dettaglio della loro musica, e forse questo va un po’ a pesare sull’originalità del prodotto, perchè in certi frangenti si sente un po’ un "collage" di influenze non troppo rielaborate; però c’è da dire che il risultato è convincente, e anche molto coinvolgente dopo qualche ascolto. Sono abbastanza sicuro che chi apprezza il metal "estremo" accompagnato da un elemento melodico sempre presente troverà interessanti questi ragazzi.

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