Visualizzazione post con etichetta T. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta T. Mostra tutti i post

lunedì 14 ottobre 2013

TRIGGER - Apocalypse Tomorrow


Informazioni
Gruppo: Trigger
Titolo: Apocalypse Tomorrow
Anno: 2012
Provenienza: Pavlovo, Russia
Etichetta: NitroAtmosfericum Records
Contatti: non disponibili
Autore: Bosj

Tracklist
1. Awakining
2. Friday The 13th
3. Creeping Grim
4. Bloody Mess
5. Apocalypse Tomorrow
6. Killer Machines
7. Eternal Memory
8. Little Evil

DURATA: 36:01

Ammetto di ignorare le peripezie per cui il debutto dei Trigger, targato fine 2012 e uscito sotto NitroAtmosfericum, mi sia arrivato poco meno di un anno dopo in un pacco proveniente dalla Wings Of Destruction Prods, ma tant'è che oggi mi ritrovo ad ascoltare "Apocalypse Tomorrow", disco death metal di stampo classico e, ahimè, poco ispirato.

Al di là dell'errore di battitura nel titolo del brano, "Awakining" apre le danze con un discreto riffing, un buon mid-tempo e delle atmosfere tutto sommato apprezzabili, seppur non brillanti per ispirazione e coinvolgimento. Il problema è che, da qui in poi, per tutti i quaranta minuti scarsi dell'album non ci sarà la benché minima variazione, tolto qualche stop and go... di nuovo in mid-tempo. Il lavoro dei Trigger parte da buone premesse: la band ha dei suoni chiari e distinguibili, ma non eccessivamente puliti, più che apprezzabili nel complesso. Le tre chitarre sono calde, ruvide e massicce; la batteria, per quanto un po' in ombra rispetto al resto, ha un suono pieno e corposo; il growl del cantante Alexey Myakishev è a mezza via tra l'estremo e la semi-intelligibilità. Insomma, il comparto strumentistico è a posto.

Ciò che manca a questo debutto per guadagnarsi l'attenzione del grande pubblico è l'ispirazione compositiva. Gli otto brani, al di là del perenne o quasi mid-tempo, non sono in grado di incidere, di lasciare il segno, o anche solo di farsi ricordare per più di cinque minuti. Non c'è nessun elemento di spicco che permetta ai pezzi di "uscire" e farsi riconoscere: il bridge thrash di "Creeping Grim" e lo sparuto assolo di "Little Evil" non sono decisamente sufficienti a dare carattere a un disco che fatica a trovare una propria identità. Mancano le punte di accelerazione, mancano i rallentamenti a spezzare il ritmo, manca il carisma.

Per un album che ha avuto una gestazione tanto lunga (la band si è formata nell'ormai lontano 2004), nonostante i vari avvicendamenti di formazione era lecito aspettarsi qualcosa di più, specialmente considerando che tutto il materiale qui raccolto è frutto della penna del "nucleo forte" della gruppo, ossia i due membri originali rimasti: il chitarrista Artem Mozhaev e il già citato Alexey. Magari l'ispirazione arriverà col tempo, per il momento i Trigger sono una buona confezione con un contenuto pressoché inesistente.

Continua a leggere...

TRUEP - 1986

Informazioni
Gruppo: TRUEP
Titolo: 1986
Anno: 2013
Provenienza: Russia
Etichetta: Wings Of Destruction Prods
Contatti: facebook.com/truepmetal
Autore: Bosj

Tracklist
1. 1986 (Intro)
2. Kill
3. Hate
4. Necrotoxic Death
5. New Heat
6. Die Motherf***er
7. Zumbi 666 (I3)

DURATA: 13:24

Se non avessi letto sulla pagina web della Wings Of Destruction che questo "1986" è un'uscita del 2013 di cinquecento esemplari, avrei pensato di trovarmi davanti ad un mini-cd... del 1986. I sette, brevissimi brani che compongono questo primo vagito della misconosciuta band TRUEP odorano di stantio e di marcio come poche altre cose. Tre pezzi da poco più di un minuto, tre pezzi da poco più di due minuti, un'intro. E basta.

La band, di cui dall'etichetta non riceviamo notizia, di cui non esistono informazioni nel libretto (questo, a onor del vero, è orribile in ogni sua parte, e oltre a essere del tutto inutile e illeggibile sembra stampato in cantina dal mio vicino di casa), in poco più di dieci minuti imbastisce una sciarada death-grind che ricorda i grandi nomi americani degli anni '80, a partire dagli immortali Terrorizer. In effetti, questi sei brani hanno proprio "World Downfall" scritto in fronte, e sulla schiena "Horrified". Ed è tutto bellissimo, perché le tracce suonano esattamente come dovrebbero: veloci, sporche, asciutte, incazzate e caciarone.

Dopo estenuanti ricerche sono riuscito a trovare una pagina Facebook che pare essere quella della band; non fosse stato per quella avrei pensato che, chissà, magari "1986" è davvero un demo dell'epoca, spuntato da qualche cantina o soffitta come per magia, ed è solo per caso che oggi nei libri di storia si studiano i Repulsion e non i TRUEP. Nostalgici: recuperatelo, sono tredici minuti di ricordi di un passato che forse non è così lontano.

Continua a leggere...

lunedì 7 ottobre 2013

THAW - Thaw


Informazioni
Gruppo: Thaw
Titolo: Thaw
Anno: 2013
Provenienza: Sosnowiec, Polonia
Etichetta: Avantgarde Music
Contatti: facebook.com/THAWnoise
Autore: Bosj

Tracklist
1. The Gate
2. Ancestors
3. Divine Light
4. Kiara
5. On The World's Grave
6. Hunted Prey
7. Under The Slag Heap

DURATA: 42:56

Dei Thaw già vi parlammo all'epoca del loro primo demo, "Decay", che ci impressionò più che favorevolmente. Oggi, tre anni e un altro demo ("Advance") dopo, ritroviamo i quattro Polacchi sotto l'ala protettrice della nostrana Avantgarde Music, forti del primo vero e proprio album completo.

"Thaw", dal titolo omonimo, quasi a voler ribadire l'identità della band, è un lavoro oscuro e industriale, pieno di rumori ed echi, dove la matrice black metal si perde in riverberi, sovraincisioni e aggiunte in post-produzione, nella migliore tradizione noise. Questo, tuttavia, non rende l'album particolarmente indigesto o di difficile assimilazione: i sette brani, per quanto organici nella loro diversità, sono ancorati alla struttura canzone; questo, insieme alla durata di poco superiore ai quaranta minuti, rende l'approccio al disco più facile di quanto si pensi.

La struttura è regolare, senza cambi di tempo repentini, ma basata sull'alternanza tra elementi rumoristici e riverberi e cavalcate black metal: "The Gate" funge da intro al tutto, "Ancestors" aumenta pian piano i battiti e con "Divine Light" l'album arriva al proprio massimo di furia e violenza, salvo poi rallentare e discendere nuovamente nella liquida e straniante "Kiara", che in modo del tutto naturale prepara nuovamente al mid-tempo della successiva "On The World's Grave", dai tratti marcatamente depressive. In "Hunted Prey", dopo un inizio con feedback e graffi sonori di varia natura sullo sfondo, la formazione torna a scatenare rabbia e malvagità con immutata competenza: blast beat, urla coperte da effetti ruvidi e grevi, chitarre fredde e dure come acciaio. A concludere il tutto il feedback interminabile di "Under The Slag Heap", in cui si sovrappongono gemiti litaniaci e canti lamentosi.

Dei quattro musicisti coinvolti continua a non sapersi nulla di certo, quantomeno per vie dirette, anche se qualcosa si può intuire risalendo ai vari progetti alternativi di ciascuno dei membri; lo stesso packaging dell'album è piuttosto ermetico ed esprime un notevole disagio: nessun libretto all'interno del digipak, solo qualche frase sparsa stampata per metà su un lato e per metà sull'altro della confezione, così da costringere ad aprire e chiudere continuamente per comprendere il messaggio. Frasi del calibro di "da qualche parte nei campi un'anziana donna piange, lo sguardo rivolto in basso, verso il cadavere del suo primogenito". Un immaginario esplicativo di ciò che il gruppo di Sosnowiec ha tradotto in musica.

Nonostante abbia apprezzato maggiormente le parti veloci rispetto a quelle più contenute, la classe dei Thaw è un dato di fatto, e la loro capacità di coniugare semplicità e correnti estreme con tanta naturalezza è encomiabile. Aspettiamo un seguito.

Continua a leggere...

TRANSPORT LEAGUE - Boogie From Hell


Informazioni
Gruppo: Transport League
Titolo: Boogie From Hell
Anno: 2013
Provenienza: Svezia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/transportleague
Autore: Mourning

Tracklist
1. Swing Satanic Swing
2. Blood Inn
3. Bitter Sand
4. Electric Wolf
5. Holy Motherfucker
6. Fight Back
7. Barabbas Venomous
8. Demon Apparatus
9. Hi-Octane Slave
10. Snake Infested Swamp
11. Doctor Demon

DURATA: 44:40

La formazione svedese dei Transport League ha ripreso le attività e odiernamente si presenta come un quintetto composto dai membri fondatori Tony Jelencovich (voce e chitarra) e Lars Häglund (batterista nella prima era, adesso bassista) ai quali si sono aggregati Peter Hunyadi (chitarra) e Mattias Starander (batteria). Il loro quinto album "Boogie From Hell" è stato partorito a una decade di distanza da "Multiple Organ Harvest" e una volta inserito nello stereo mette sul piatto groove e grinta da vendere, con una derivazione piacevolissima da realtà quali Entombed, Clutch, Cathedral, White Zombie e Danzig (qualche altro nome sono sicuro si potrebbe ancora citare), oltre a una serie di brani dal piglio sicuro e dalle strutture ben elaborate, efficaci quanto basta per garantirvi tre quarti d'ora di buona musica.

La scaletta è robusta, esente da momenti morti e poco importa se la tendenza dell'attimo in corso sia favorevole a un'espressione più diretta e veloce, a una più atmosferica o ancora si diletti a impaludarsi, pezzi come "Swing Satanic Swing", "Bitter Sand", "Electric Wolf", "Barabbas Venomous" e "Snake Infested Swamp" shakerano e coinvolgono. Inoltre per non farsi mancare proprio nulla incroceremo pure il ritornello da intonare a ripetizione nella semplicemente godereccia "Holy Motherfucker".

Qualcuno potrà pur dire che questa è l'ennesima prestazione "di mestiere" che prova a dire la sua all'interno di un filone che ci sta ormai rimpinzando di uscite quasi mai deludenti, e non sarebbe un'affermazione del tutto errata, il gruppo mostra però di essere realmente in uno stato di forma invidiabile e le prove offerte dai singoli, certamente al di sopra di una resa da "sei canonico", lo palesano, rendendo il disco appetibilissimo agli amanti del genere: prendo in considerazione il vario e diligente Tony dietro al microfono e la capacità certosina di rifinitura e solistica di Peter.

Con "Boogie From Hell" i Transport League si sono rimessi in carreggiata e data la qualità del lavoro non stento a credere che a breve un'etichetta fra le tante attivissime e pronte a supportare tale panorama musicale possa inserirli nel proprio roster. Le vostre orecchie hanno bisogno di ascoltare un album che sia orecchiabile ed energico? "Boogie From Hell" è la piacevole risposta che andavate cercando.

Continua a leggere...

lunedì 30 settembre 2013

TOXYDOLL - Live At The LoopHole

Informazioni
Gruppo: Toxydoll
Titolo: Live At The LoopHole
Anno: 2013
Provenienza: Europa
Etichetta: Aut Records
Contatti: autrecords.com
Autore: 7.5-M

Tracklist
1. Mantis Dance
2. Castellana
3. Loopaholic
4. Testone
5. Viruta
6. Toxydoll

DURATA: 53:35

L'improvvisazione è la vita. Sapere quali sono i propri strumenti è uno degli esercizi che ogni giorno facciamo: chi si ritiene ottimo nelle relazioni si eserciterà a crearne di nuove, sempre (e allora in una sera può stabilire legami con tre, quattro persone); chi si ritiene ottimo nell'organizzare il proprio tempo farà piani a lungo termine (che puntualmente rispetterà nonostante il caso caotico che sfugge alle sue previsioni); chi si ritiene ottimo nel conservare le proprie abitudini farà di tutto perché niente le faccia errare (e si opporrà agli eventi in modo da dirigerli dove vuole). Poi c'è chi non si rende conto di quali siano i propri strumenti e perciò non li esercita: così si incaglia o procede per inerzia, seguendo quello che accade intorno, che viene detto e che è considerato giusto.

Il free-jazz è improvvisazione. Come per la vita, nel free-jazz bisogna sapere quali sono i propri strumenti, quindi bisogna sapere dove si vuole andare per non farsi trascinare dall'inerzia o dall'influenza degli altri. I Toxydoll hanno scelto, fortunatamente, quali strumenti usare: non si sono lasciati trascinare dalle abitudini del genere. Poche cose: a ognuno il suo suono. Un tema su cui fare affidamento, sempre. Al quale si può ritornare, se è necessario perché ci si è persi. Poi, il resto, è vita. È vivo. È "live". Non potrebbe essere altrimenti. I Toxydoll non avrebbero potuto produrre un disco in altra maniera, come la vita non si può riprodurre in studio. C'è bisogno del caso, delle volontà e degli errori, delle rivelazioni e delle scoperte, delle improvvisazioni. Dell'ascolto.

Avete presente John Zorn. Ecco, dimenticatelo. Il free-jazz dei Toxydoll non risponde ai criteri di frammentazione a cui ci ha abituato il caro sassofonista americano. Il nostro sassofonista francese (Vincet Doménech), coadiuvato da una ottima batterista (Olga Nasova), da un chitarrista italiano (Alberto Cavenati) e da un tastierista e musicista elettronico (Bob Meanza, di origine ignota), si muove in maniera continua, senza soluzione di continuità: tutto è fluido ed estremamente compatto, non c'è il minimo segno di rottura. Ogni cosa è in ascolto di quella precedente e della successiva. Viva perché attenta a quello che sta attorno, dietro, davanti. Ogni strumento è capace di ascoltare e raccogliere i segnali che l'altro manda, di seguirlo o di opporvisi, di farsi trascinare da una ritmica o di contrastare la tonalità dominante. Insomma anarchia in ascolto. Non edonismo, non compiacimento di sé, ma soddisfazione nel collaborare con gli altri nel perseguire un modo. Conoscere i propri strumenti e metterli al servizio di una situazione comune.

I Toxydoll sono dei buoni esempi di free-jazz attento e deciso. Da sentire. Dal vivo. Sul vivo.

Continua a leggere...

THE LOTUS - Tomorrow


Informazioni
Gruppo: The Lotus
Titolo: Tomorrow
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/thelotusofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Tomorrow
2. Bullet-Proof Heart
3. Why Are Still We Living In The Yesterdays
4. No More Chains

DURATA: 19:05

I The Lotus sono tornati e l'hanno fatto in grande stile! Il quintetto nostrano era già partito in quarta con un debutto dalle potenzialità spiccatissime, "Forgotten Silence": un album che aveva messo sul piatto della bilancia una preparazione tecnica, una voglia di osare e soprattutto una cura per il dettaglio già ben al di sopra della media. Il gruppo composto da Rox (voce e tastiere), Luca De Falco (chitarra e voce), Giovanni B. Falaschi (basso), Kristal Cross (tastiere e programming) e Marco Lanciotti (batteria) è cresciuto, non ha arrestato il suo cammino e con "Tomorrow" ce ne offre una chiara dimostrazione.

Il mini contiene quattro tracce per neanche venti minuti di musica che provano senza alcun dubbio l'avvenuta maturazione di un gruppo oggi capace di far confluire all'interno del sound correnti alternative e distaccarsi dalle influenze di base, si vedano i Dream Theater, la cui presenza era maggiormente marcata in passato. Il brano in apertura, che dà il titolo al lavoro, può essere considerato come la traccia più "classica" per svolgimento progressivo: al suo interno spicca l'ottimo operato combinato della chitarra di De Falco e delle tastiere di Kristal Cross. Con "Bullet-Proof Heart" invece la svolta sonora diviene evidente, la canzone infatti immette venature elettroniche ed estremizzazioni che conducono alla partecipazione del cantato in growl, non eccessivo e ben impiantato nel contesto; la più fluida "Why Are Still We Living In The Yesterdays" dal canto suo fa risaltare la batteria di Lanciotti ed è in possesso di un ritornello che invita al canto. Il compito più arduo, quello di convincere definitivamente l'ascoltatore, spetta però all'ultimo brano, "No More Chains": il pezzo consiste in otto minuti nei quali i The Lotus fanno intendere inequivocabilmente di aver raggiunto un grado altissimo di preparazione e capacità d'entrare in connessione con la musica da loro prodotta, in un episodio che trabocca di tensione emotiva ed è strumentalmente impeccabile.

Il gruppo sembra proprio aver mutato pelle, l'evoluzione è stata globale e mi chiedo davvero come sia stato possibile che tre anni fa il loro debutto sia passato in sordina. Mi chiedo anche perché una band simile debba ancora autoprodursi (sarà mica colpa dell'italica provenienza?), tanto più che poi ritroviamo in roster realtà ben più ordinarie, se non addirittura scadenti. Un disdicevole fatto che ovviamente non punisce solo la bravura di questi ragazzi, i casi similari sono tanti e continueranno a esserlo, ma non mancherò di parlare dell'argomento ogni volta che sarà necessario.

Cosa dobbiamo attenderci da questi The Lotus? Se due più due fa sempre quattro, al prossimo giro si potrebbe sperare nella realizzazione di un vero e proprio discone, quello del quale si deve entrare senza dubbio in possesso e da custodire gelosamente. Riusciranno a mantenere fede a tale aspettativa? Rimanendo con le orecchie ben aperte, intanto continueremo a gustarci "Tomorrow" e quando sarà il momento di certo ne parleremo. Alla prossima ragazzi!

Continua a leggere...

lunedì 23 settembre 2013

THE KING'S BAND - Antichrist

Informazioni
Gruppo: The King's Band
Titolo: Antichrist
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto / Necrotorture Agency
Contatti: facebook.com/thekingsband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Radio Hell
2. Gypsy Night
3. Sex After Night
4. Trip In The Afterlife
5. You Are My Bitch
6. Death Or Glory

DURATA: 24:25

Karlage King e il suo progetto The King's Band rientrano in scena nel 2012 con l'ep "Antichrist": il mini contiene sei brani, tre dei quali sono stati ripescati direttamente dal primo lavoro, rilasciato nello stesso formato, intitolato "The King's Band". I musicisti che accompagnano Karlage in questa seconda uscita sono Matteo Pellegrini (chitarra, piano e cori), Antisocial (basso) e Luca Spinozzi (batteria). L'operazione "shock" portata alla ribalta dalla copertina raffigurante lo stesso King crocifisso in posizione inversa e che ricorda molto lo stile Ozzy è forse scontata, ma in fin dei conti non male, purtroppo lo stesso non si può dire del contenuto musicale racchiuso in questo disco.

Proprio così, i problemi presenti sono molteplici e non basta l'evidente passione riversata nei pezzi e la testardaggine con la quale il leader porta avanti la sua causa a eliminarli. Infatti tralasciando la derivazione da numerose band glam e street ben più note e l'incongruenza delle scelte effettuate in ambito compositivo alle volte decisamente tendenti a cozzare tra loro, ascoltando "Death Or Glory" capirete cosa intendo dire. Ciò che lascia perplessi è proprio la prestazione vocale che risulta poco incisiva in "Trip The Afterlife" e sconclusionata nell'episodio precedentemente tirato in ballo. "Antichrist", pur facendo notare una piccola e complessiva crescita nell'operato svolto dalla formazione, grazie anche a una produzione migliore rispetto a quella del primo ep, e facendo rilevare un paio di spunti che non dispiacciono in "Sex After Night" e "You Are My Bitch", rimane invischiato all'interno del mare di produzioni che lottano per arrivare alla sufficienza.

I The King's Band, ripartendo dai buoni propositi che da sempre spingono avanti il progetto e insistendo con tenacia, potrebbero eliminare un paio dei difetti sin qui mostrati, non sono comunque sicuro che il solo darci dentro basti, ma sì, da qualche parte bisogna pur cominciare no? Rimandati al prossimo giro.

Continua a leggere...

lunedì 16 settembre 2013

THANATOS - Not All Who Wander Are Lost

Informazioni
Gruppo: Thanatos
Titolo: Not All Who Wander Are Lost
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: No Remorse
Contatti: facebook.com/NoRemorseRecords
Autore: 7.5-M

Tracklist
1. Not All Who Wander Are Lost
2. An Old Tree... Guarding The Clearing
3. Withering
4. The Winter Embraces My Bones
5. The Earth Witching The Sky Weeping On My Ashes
6. Bora (Illumination After The Downpur)
7. The Echo Of What Once Was (Bora Pt. II)

DURATA: 40:34

La musica d'ambiente è una questione complessa da affrontare. Quale faccia fronteggiare quando ci si avvicina a essa? Da quale lato ci può dare il suo migliore profilo? Il dubbio è spinoso, in quanto a tratti siamo intenti a scegliere d'osservare il lato emotivo della musica, cioè come questa si lega alle situazioni che viviamo nel preciso momento in cui essa ci attraversa e a tratti scegliamo — questa forse è la visione del critico, non esente da critiche — di cercare di capire cosa la musica in sé è, qual è il suo valore in relazione ad altre opere, quali sono i padri, i parenti creativi più stretti, cosa può lasciare ai propri figli, cercando di ignorare noi stessi in relazione alla musica, valutando l'opera che sentiamo come autonoma (anche se autonoma rispetto a noi e al nostro momento non è, mai). Con la musica d'ambiente, con l'ambient, come si direbbe in buon inglese di convenzione di genere, la questione è ancora più spinosa, perché nonostante tutto essa è legata indissolubilmente al momento preciso in cui l'ascoltiamo: si chiama ambient perché crea un ambiente interiore che caratterizza anche il modo nel quale noi viviamo l'ambiente esterno. Non a caso questo genere è dato spesso per un ascolto in cuffia oppure in una situazione precisa, creata ad arte.

Thanatos e il suo "Not All Who Wander Are Lost" sono complessi da affrontare, partendo da questi presupposti. Tecnicamente, e oggettivamente, ci troviamo di fronte ad ambienti saturi, fatti di muri sonori che non cedono, incapaci di aprire delle brecce di silenzio. Lo spessore di questi muri e la loro dinamica sono sempre ricchi di armonici, sempre ricchi tonalmente, ma poveri di pause, di variazioni nei volumi. Un muro non può variare nel suo spessore, altrimenti perde di solidità, direbbe qualche esperto. Ma qui non stiamo costruendo un muro, stiamo creando un ambiente. Thanatos in questo ha scelto una via ben precisa: riempire gli spazi, non lasciare spazio ai silenzi, caratterizzare ogni momento con tutte le sfumature che gli parevano necessarie. Il risultato all'ascolto è una musica d'ambiente forte, prepotente, che scuote le mura di chi l'ascolta, le pareti interiori. E allora l'interno si fa esterno, pregno, saturo, pieno dal basso all'alto della scala delle frequenze. Non c'è spazio per le pause tra gli alberi d'un bosco artificiale lungo la strada che percorriamo o per l'aria tra un versante di monte e quello affianco, suo compagno d'ere. Tutto troppo pieno? Forse troppo ricco per me, quando invece desidero un momento di riposo, di respiro delle orecchie? Di vuoto della vista?

Alla fine ho ceduto, la musica dell'interno mi ha colorato anche l'esterno. Sono un cattivo critico per questo? Forse non mi risparmierete le vostre critiche. E ne sono felice.

Continua a leggere...

THE TRUE ENDLESS - In The Swamp


Informazioni
Gruppo: The True Endless
Titolo: In The Swamp
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Aphelion Productions
Contatti: facebook.com/pages/The-True-Endless-Official/128021357280585 - myspace.com/thetruendless
Autore: Akh.

Tracklist
1. Under The Horned Waning Moon
2. The Mission (The Tragedy)
3. In The Swamp (The Pole Star Grinn)
4. White Wolf [traccia bonus]
5. Night Of The Graveless Souls [cover Emperor - traccia bonus]

DURATA: 22:45

I The True Endless sono oramai molti anni che girano nel panorama sotterraneo, ma — per quanto abbiano già una discografia di un certo rilievo — questa è la prima volta che mi imbatto in una loro produzione, in questo caso nella ristampa presso Aphelion Productions di un mini del 2010 e.v. uscito tramite la God Is Myth. I ragazzi provengono dal Piemonte, dove è innegabile la presenza di una certa scuola Black Metal (Maldoror, Tronus Abyss, Mortuary Drape, giusto per citare alcuni nomi fondamentali), che fonde personalità e misticismo nero legato anche a forti reminiscenze retrò.

È da qui che il gruppo si muove per produrre "In The Swamp", infatti il mini in questione è un concept ispirato dal racconto "Polaris" (troverete il breve romanzo nel libretto caso mai non lo conosceste) di H.P. Lovecraft, genio dell'orrore che ha saputo creare col semplice inchiostro e la carta riciclata uno dei pantheon divini più terribili che l'Uomo abbia mai concepito, dove le profondità degli abissi prendono forme stravaganti ed orrifiche.

Il primo pezzo "Under The Horned Waning Moon" calza perfettamente per il tema trattato, una colata di Black Metal abrasivo e dalle forti venature cosmiche si figura nettamente, le vibrazioni osano miscelare mistero, tensione e violenza evocativa; cosa che mi esalta immediatamente, visto il mio manifesto interesse per il maestro di Providence. Il riffing è teso, surreale, tagliente, coperto da una coltre scura a tratti indefinita, la cui furia iniziale mi ricorda i Mayhem di "De Mysteriis Dom Satanas". Si tratta veramente di un grande pezzo che ci cala perfettamente nel contesto, grazie anche al bilanciamento scelto in sede di produzione che mantiene una robustissima fetta di frequenze basse, creando una validissima sezione ritmica su cui poter far lavorare i toni medi della chitarra e delle urla ancestrali di M - Ropes, in maniera da veicolare la minaccia che la Luna tesse, fissando la costellazione di Cassiopea attraverso fosche ombre che traspaiono dagli alberi di un cimitero.

Un filo di Norvegia darkthroniana riaffiora in "The Mission (The Tragedy)", in cui il monito della distruzione si adombra di sentimenti furiosi e impugna le armi del sogno per insinuarsi fra le maglie degli Uomini in un puro inno Black Metal. Le spire dei demoni si preparano e non concedono spazio alla sperduta difesa, beffarde e serafiche attendono l'evento propizio. Il ritmo serrato del brano rende bene lo stato di calamità, poi rallentando cupamente sfocia in "strane voci stridenti" che riecheggiano nella mente (ben sottolineate nell'introduzione del pezzo conclusivo del concetto) per irretire le menti deboli alle oscurità ignote.

"In The Swamp" è un attacco monolitico, il ritmo cadenzato è un macigno che frantuma inesorabile come il destino scritto nel racconto; per la brutalità e le metriche usate mi vengono in mente i Samael di "Blood Ritual" e "Ceremony Of The Opposity", così come la voce di Vorph. Esce fuori quindi un pezzo spesso e devastante, che unisce chiaramente il riflesso belluino al termine "incubo", dove la Stella Polare incontra la rossa Aldebaran sull'orizzonte. Il sinistro Fato si compie di fronte alle mura di un vecchio cimitero, gli spiriti che attendevano la caduta del cancello astrale, di cui i The True Endless sono gli artefici musicali, coronano la loro sete di arcane conoscenze e infere manifestazioni.

Le canzoni aggiuntive hanno un taglio diverso, essendo registrate in maniera più schietta e ruvida, come sottolinea immediatamente "White Wolf" dove il piglio è maggiormente selvaggio, aspro e prende il sopravvento rispetto ai brani precedenti. In questo caso affiora qualche eco di quella scuola piemontese che strizzata molto l'occhio a sonorità old school, per quanto reimpostate su un blast beat funzionale allo scopo; molto intrigante la parte arpeggiata poggiata su di una ritmica veloce che torna a essere asciutta e "raw" in chiusura di pezzo, disegnando lo spirito indomito e silvestre del fantasma dei boschi.

L'ultimo capitolo dei novaresi viene dedicato a un gruppo che non necessita presentazioni: gli Emperor. Il connubio potrebbe indubbiamente riallacciarsi alla capacità visionaria infernale e dannata di H.P.L., realtà sicuramente accomunate dall'indubbio talento artistico e dallo spessore non umano. Fortunatamente i Nostri riescono nell'impresa non da poco di non sciupare il fascino atavico di "Night Of The Graveless Souls", ripresa dal mini d'esordio dei norvegesi, ma ripercorrendone lo spirito mortifero cercano di ampliarne lo spettro, realizzandone una versione senza tastiere che francamente può benissimo starci e si fan apprezzare nonostante l'assenza di Arcturo e il Toro a infestare i nostri strati onirici.

Il ciclo è compiuto, il sogno infranto e la Verità senza fine presenzia.

La Via è aperta.

Continua a leggere...

lunedì 9 settembre 2013

THE ORANGE MAN THEORY - Giants, Demons And Flocks Of Sheep


Informazioni
Gruppo: The Orange Man Theory
Titolo: Giants, Demons And Flocks Of Sheep
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Subsound Records
Contatti: facebook.com/theorangemantheory
Autore: Mourning

Tracklist
1. Kill Me
2. Blood Will Out
3. Vital Drug
4. My Heritage
5. If It Could Speak
6. A Glass Of Wine
7. Point Of No Arrival
8. Contrary Effect
9. Knock At You Door
10. Help Me

DURATA: 39:43

I The Orange Man Theory non hanno bisogno di grandi presentazioni: la band capitolina — in cui Marco "Cinghio" Mastrobuono dei Buffalo Grillz si cimenta al basso, mentre dietro al microfono troviamo il nuovo entrato Giorgio "Giorgioni" Cifuni degli Tsubo — è giunta al traguardo del terzo disco con "Giants, Demons And Floocks Of Sheep". Quaranti minuti all'insegna della caciara adrenalinica in bilico continuo fra death e grind, alcolici sentori southern e profonde inversioni in direzione sludge: questo è ciò che viene inglobato, centrifugato e sviluppato nel nostro orecchio grazie alle dieci tracce che compongono la scaletta.

I musicisti "vanno a manetta" e si divertono parecchio nel farlo. Le fiondate scagliate in apertura con "Kill Me" e più avanti con "My Heritage" fanno chiaramente intendere che la prestazione è di quelle sanguigne e aggressive, ma non è a questo che ci si limita. Con l'entrata in scena di "If It Could Speak" sembra infatti di essere finiti in zona Homme: il pezzo muta ben presto la sua forma, divenendo alquanto tempestoso e trascinando con sé un lieve feeling di stampo desertico. "A Glass Of Wine" e "Point Of No Arrival" tirano in ballo i rinati Carcass e gli ormai deceduti Nasum traendone la grinta, mentre è la visione 'n' roll di "Knock At You Door" a garantire all'album il suo angolino di maggiore risalto melodico, inserito in una solida struttura intarsiata di violenti richiami thrash.

Il fatto che nel descrivere "Giants, Demons And Flocks Of Sheep" abbia tralasciato l'approfondimento di alcuni episodi non vi inganni: volevo esclusivamente evitare una tediosa narrazione traccia per traccia. Vi assicuro che nell'incalzante prova fornita dai The Orange Man Theory di buchi nell'acqua o di pause vere e proprie non ne riscontrerete. C'è da spaccarsi il collo andando dietro ai pezzi, i quali del resto godono dell'ottima prova di Giorgioni (il cantante non si risparmia di certo) e invitano a "scapocciare" con continuità. A ennesima riprova che in Italia abbiamo musica che vale, segnatevi il titolo, inserite in lista acquisti e appena possibile fate vostro questo lavoro. I The Orange Man Theory? Bravi, decisamente bravi.

Continua a leggere...

lunedì 2 settembre 2013

TEARDOWN - Inner Distortions


Informazioni
Gruppo: Teardown
Titolo: Inner Distortions
Anno: 2013
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Grave New Music
Contatti: facebook.com/Teardownband
Autore: Mourning

Tracklist
1. My Cave
2. Dead Cry For The Sun
3. Glass Idol
4. Fire In Her Eyes
5. Horns
6. Blank Faces
7. The Deserted
8. Cold Room
9. Everything Ends Here

DURATA: 49:54

I finlandesi Teardown sinora erano rimasti nell'ombra: la formazione, attiva da oltre una decade e con svariati demo già pubblicati, non aveva ancora compiuto il passo successivo riguardante la composizione dell'album di debutto. Si è infatti dovuto attendere il 2013 per ascoltare "Inner Distorsions". Il disco propone un heavy metal alquanto dolciastro, ma dalle tonalità grigiastre: non c'è spazio per stucchevoli ritornelli happy né per vocalizzi operistici oltremodo fastidiosi nella prestazione sì ordinaria, tuttavia non disdicevole, del sestetto finnico.

La scaletta, per quanto concerne le note positive, ci permette di segnalare la buonissima prova della cantante Katja Pieksämäki, il più che discreto supporto atmosferico fornito dalle tastiere curate dall'altra presenza femminile del gruppo Pipsa Niemi e la scelta delle melodie; belle le presenze del violino e del piano che infoltiscono "Fire In Her Eyes", che si coniugano in maniera efficiente alla fruibilità frequentemente elevata delle linee vocali.

Quelle negative invece sembrano riguardare le impostazioni ritmiche tese a mantenere tempi lenti, alle volte anche troppo: comprendo la scelta di voler diluire l'impatto, favorendo la creazione di ambienti adatti a raffigurare lo sviluppo emotivo del pezzo in corso, ma un minimo di brio in più sia nel riffing che nella batteria avrebbe garantito maggior evarietà a un album che di fatto ne sente la mancanza.

"Inner Distortions" comunque si rivela essere di piacevole compagnia, difatti episodi come "Dead Cry For The Sun", "Horns", "Blank Faces" e "Cold Room" insieme alla già citata "Fire In Her Eyes" potrebbero essere graditi all'orecchio di coloro i quali si siano nel corso degli anni appassionati alla corrente del genere più incline a un certo fascino "commerciale", pur evitando però di scendere lo scalino che conduce alle evoluzioni dannatamente "popular" (termine da considerarsi in questo caso nella peggior accezione) che hanno inondato ultimamente il panorama. È quindi a loro che mi rivolgo consigliandone l'ascolto; i restanti girino la testa dall'altro lato e guardino pure oltre.

Continua a leggere...

lunedì 19 agosto 2013

THE BLACK WIDOW'S PROJECT - Heavy Heart

Informazioni
Gruppo: The Black Widow's Project
Titolo: Heavy Heart
Anno: 2013
Provenienza: Svizzera
Etichetta: Shitstem Records
Contatti: facebook.com/pages/THE-BLACK-WIDOWS-PROJECT-THE-BWP/332176216737
Autore: Mourning

Tracklist
1. Ha Ha Ha Uh
2. Devil's Waiting For Us To Fail
3. Love's A Weapon
4. Cold Snakes
5. The 5TH
6. Aint' Gonna Tell You Lies
7. We Have To Be Free
8. These Little Pricks
9. Interlude
10. Got The Devil
11. Dead Man Walking
12. Spirits
13. Night's Damp
14. Innerwar

DURATA: 52:29

Quante soddisfazioni ci da quella piccola terra chiamata Svizzera? Se dovessi elencare il numero di band, fra vecchie e nuove, che mi hanno esaltato, in questo momento mi toccherebbe aggiungere alla già folta lista il nome dei The Black Widow's Project. Il trio proveniente da Ginevra è così composto: Al Castro alla voce e alla chitarra, Ralph Legenda al basso e Mathieu Sink nel ruolo di batterista. La formazione è nata di recente, infatti è il 2010 che li vede muovere i primi passi con la pubblicazione nello stesso anno dell'ep "Benefit Of The Doubt". Per ascoltare qualcosa di più concreto e completo si è dovuto però attendere questo 2013 con l'opera prima "Heavy Heart".

Quello che mi è piaciuto nel rock proposto dagli elvetici è che resta lontano dalle patinature e dalle mega produzioni che sembra stiano contagiando anche i rami più "genuini" del genere. Abbiamo a che fare con una creatura ruvida che in più di una circostanza ha mostrato di poter ricondurre a sé il feeling trasmesso da molti artisti, come ad esempio i primi Q.O.T.S.A. e Fu Manchu. Siamo davanti a una band con parecchia strada ancora da percorrere per regalarci l'album della vita, ma — grazie all'istinto — il lavoro risulta in più occasioni alquanto piacevole. Con l'accattivante "Ha Ha Ha Uh" posta in apertura, la semplice accoppiata di metà scaletta che vede succedersi "Aint' Gonna Tell You Lies" e le movenze bluesy di "We Have To Be Free", il groove insito in "Dead Man Walking" (nel quale filtrano sensazioni settantiane dirompenti) e il fascino senza tempo di una "Spirits" scura alla Alice In Chains, i The Black Widow's Project ci consegnano ciò che basta e avanza per cibarci.

Non posso però negare il fatto che alle volte si percepisca una sorta di ripetitività e omogeneità nell'uso di alcune soluzioni che a lungo andare potrebbe infastidire qualcuno: in fin dei conti c'è sempre da ricordarsi che "Heavy Heart" è solo l'inizio ufficiale della loro storia e quindi avranno tutto il tempo di limare o cancellare tali difetti.

I The Black Widow's Project con le quattordici tracce di "Heavy Heart" si sono presentati degnamente. Vedremo solo in futuro cosa ci attenderà ma, dalle premesse fornite da questo lavoro, c'è da essere ottimisti. Nell'attesa di novità all'orizzonte, l'ascolto dell'album è quantomeno consigliato a chiunque viva di pane e rock.

Continua a leggere...

THE MUGSHOTS - Love, Lust And Revenge


Informazioni
Gruppo: The Mugshots
Titolo: Love, Lust And Revenge
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Alka Records / Black Widow Records
Contatti: facebook.com/themugshots
Autore: Mourning

Tracklist
1. Nothing At All
2. Under My Skin
3. Curse The Moon
4. Free (As I Am)
5. Pass The Gun Around

DURATA: 27:59

I The Mugshots, nome traducibile come "foto segnaletiche", sono una band ormai avviata, essendo attiva da oltre una decade, e dal lontano 2001 a oggi hanno pubblicato due album ("House Of The Weirdos" e "Weird Theater") e due ep ("Doctor Is Out" e "In Disguise"). Arrivati nel 2013 hanno dato vita a un nuovo mini intitolato "Love, Lust And Revenge", supportati dalla figura di Dick Wagner (chitarrista che in passato ha collaborato con artisti del calibro di Alice Cooper, Lou Reed, Peter Gabriel, Kiss e ha scritto canzoni per Meat Loaf e Lita Ford) in qualità di chitarrista solista e pianista.

Le cinque tracce rappresentano un ottimo connubio di rock, pop e atmosfere noir, una proposta matura, ben elaborata e arrangiata che in apertura ci accoglie con la ballata "Nothing At All", spiritualmente legata al panorama musicale della seconda metà degli anni Settanta; non a caso sia "Under My Skin" che "Free (As I Am") pare abbiano raccolto in maniera esemplare gli insegnamenti raffinati elargiti dal miglior David Bowie. Il disco non è di semplice ascolto, l'alta fruibilità caratterizzante i brani potrebbe ingannarvi, così come potrebbero farlo le melodie e l'ambientazione che tende in alcuni momenti a rarefarsi. C'è un filo-logico preciso che alle gradazioni scure (in tal senso è bello come ci avvolge la cupa "Curse The Moon") assegna il gravoso compito di entrare nella mente, sfruttando una dolcezza ammaliante, ma nelle quale scivolano serpeggianti sensazioni morbose che nel loro evolversi omaggeranno Mr. Cooper con una particolarmente gradita cover di "Pass The Gun Around", pezzo originariamente contenuto nell'album "Dada" del 1983.

In "Love, Lust And Revenge" la passione della chitarra convive con la malinconia del piano, la quieta ossessività della voce di Mickey E.Vil rotola sulle onde create dall'accoppiata basso - batteria e se abbiamo la possibilità di poterne valutare in modo definito la prestazione è grazie all'ottimo lavoro svolto in sede di missaggio da parte di Otto D'Agnolo (Neil Diamond, Red Hot Chili Peppers e Kenny Rogers fra i tanti) presso gli Chaton Studios di Phoenix e al mastering realizzato da Dr. Gil Markle in Massachusetts.

In chiusura un paio di piccole curiosità che arricchiscono l'uscita: la donna che vedete distesa sul divano nella copertina dell'ep è Suzi Lorraine, attrice e modella coinvolta in progetti cinematografici di stampo horror ("Destiny To Be Ingested", "Bikin Girls On Ice" e "Wrath Of The Crows"), mentre le canzoni dei The Mugshots sono state inserite nella colonna sonora del thriller-noir "Reversed" del canadese Vince D'Amato, del quale lo stesso cantante della band è produttore.

Continua a leggere...

lunedì 12 agosto 2013

THE MOTH GATHERER - A Bright Celestial Light


Informazioni
Gruppo: The Moth Gatherer
Titolo: A Bright Celestial Light
Anno: 2013
Provenienza: Svezia
Etichetta: Agonia Records
Contatti: facebook.com/TheMothGatherer
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Water That We All Come To Need
2. Intervention
3. A Road Of Gravel And Skulls
4. The Womb, The Woe, The Woman
5. A Falling Deity

DURATA: 44:55

Ho letto in giro molte recensioni prima di dire la mia sui The Moth Gatherer, duo svedese composto da Alex Stjernfeldt e Victor Wegeborn più volte etichettato, a mio avviso malamente, come figlio dei Neurosis e limitato al ruolo di nuova realtà dalle buone capacità, ma pur sempre non paragonabile a quella di Scott Kelly. In tutta onestà ritengo che sia ingeneroso limitare, seppur all'interno di una gabbia d'oro, questi scandinavi, poiché ciò che hanno racchiuso nella loro prima prova discografica intitolata "A Bright Celestial Light" è più di una derivazione dei Neurosis, più di una semplice condivisione di scelte stilistiche con i grandi Cult Of Luna e Breach. Hanno infatti trovato il modo di creare un album non innovativo, ma quantomeno veramente vario e fresco, inserendosi in un mondo ormai totalmente invaso, saturo e devastato da tutti i tipi di atteggiamenti sonori possibili.

Il connubio di sensazioni disturbate e frenetiche che va scontrandosi con le dilatazioni ambient celestiali e melancoliche è una caratteristica che si presenta all'interno dei brani in maniera ciclica, venendo così a crearsi un contrasto emotivo forte e sensato, alle volte reso più intenso dall'impatto dell'entrata in scena della voce. Nell'apertura "The Water That We All Come To Need" e in "The Womb, The Woe, The Woman" in certi frangenti si evoca la solenne figura di Tom G. Warrior, mentre in "Intervention essa diviene inaspettatamente pulita, facendo filtrare una strana teatralità che non so per quale arcano motivo mi ricorda, anche se alla lontana, Lars Nedland (Lazare) nelle sue prove con gli Age Of Silence.

La natura del disco è mutevole, così come le sensazioni che si vanno rincorrendo di passo in passo: collera e dolcezza, ira e solitudine, frenesia e torpore, solo per citarne alcune. Non c'è attimo in cui l'umore instabile non emani sensazioni che diversificandosi esprimono rassegnazione o voglia di viaggiare, utilizzando soluzioni che si tingono di prog-rock o scendendo a patti con l'ambient pura e la psichedelia, offrendo in tal modo il fianco all'ingresso dell'elettronica, tanto che "A Road Of Gravel And Skulls" e "The Womb, The Woe, The Woman" vi porteranno all'orecchio quasi venti minuti di perdizione musicale; un po' come se l'Inferno e il Paradiso decidessero di prendersi una tregua, preferendo banchettare e darsi spazio a vicenda. Non manca proprio nulla, la fine riposta nelle stremanti e angosciose note di "A Falling Deity" pare voler lasciare la situazione in sospeso: la morsa stringe fino quasi a soffocare, ma nell'attimo in cui l'asfissia sembra prevalere ecco arrivare un'improvvisa boccata d'ossigeno sotto forma di melodia, che comunque non riuscirà a tirarci fuori del tutto; rimarremo succubi del pezzo sino alla conclusione.

La personalità è una qualita che — se cercata a tutti costi — rende complicata la vita all'ascoltatore, perché al giorno d'oggi è alquanto difficile stabilire quali siano i canoni per riscontrarla in una band. Se in caso contrario però non la si tenesse in considerazione, si commetterebbe comunque un errore, perché non è vero che chiunque possa suonare come le grandi formazioni e non pagare lo scotto della derivazione. Che cos'è allora che conta davvero? Penso che i The Moth Gatherer, rispetto a molti loro colleghi, diano chiara dimostrazione non solo di avere assorbito la lezione impartita dai grandi del genere, ma anche di conoscere approfonditamente il panorama musicale in cui si collocano, evidenziando di essere in grado di sfruttare tali conoscenze per conferire a "A Bright Celestial Light" una concretezza che difficilmente è riscontrabile in una creatura al debutto. Di certo non è poco e pertanto gli amanti di questo filone si vedranno la lista acquisti allungata ulteriormente: perché farseli mancare? Entrate in loro possesso.

Continua a leggere...

THRONE - Avoid The Light


Informazioni
Gruppo: Throne
Titolo: Avoid The Light
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Moonlight Records
Contatti: facebook.com/thronetheband
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Prefer To Die
2. Buried Alive
3. 3 Days Of Rain
4. Black Crow
5. Snake Eyes
6. Forsaken
7. Smoke-Screen
8. Blaspheme
9. God Sent Me To Kill You
10. Red Sun Of The South

DURATA: 41:14

La Moonlight Records ha sempre dimostrato di essere un'etichetta foriera di qualità e questa volta ce lo ricorda promuovendo il debutto dei nostrani Throne, quintetto parmigiano che ha realizzato l'anno passato l'opera prima "Avoid The Light". È bene premettere che la musica di cui si parla non è originale e percorre sentieri già conosciuti e battuti, ma sarebbe davvero un imperdonabile errore liquidare un simile disco con queste poche parole.

Un'atmosfera cupa, malsana e soffocante viene evocata da pezzi come "Prefer To Die", "3 Days Of Rain" e "Forsaken": il mezzo utilizzato per raggiungere lo scopo è un Doom incestuato di mefitici risvolti Sludge che può spesso e volentieri ricordare i Crowbar. L'apparato sonoro dei Throne strazia e strangola, scortica e infetta, come a voler mantenere fede al titolo dell'album, risucchia inesorabilmente ogni spiraglio di luce in una spirale di insalubre oscurità. I cinque musicisti non sono degli sprovveduti e hanno ben chiare le proprie aspirazioni: corrodere e ridurre all'impotenza assoluta qualsiasi forma di vita si pari loro di fronte. Episodi come "Buried Alive", "Smoke-Screen" e "God Sent Me To Kill You" sono pesanti, ruvidi, massicci e rievocano influenze Southern unendole con un groove potentissimo e un'aggressività congenita che richiama il lato più furioso dei Pantera.

Le prestazioni di cui i Nostri si rendono protagonisti sono granitiche e solide: non pretendono alcun risvolto intellettualoide, ma vogliono semplicemente spaccarvi le ossa a suon di badilate. Sarebbe davvero impossibile non citare la violenza nera e asfissiante con cui ci travolgono "Black Crow", "Snake Eyes", "Blaspheme" e "Red Sun Of The South": i Throne anneriscono, annichiliscono, distruggono e polverizzano tutto ciò che incontrano sul loro cammino ed è interessante notare come mettano in atto codesto piano di sterminio. Le soluzioni adottate non fanno unicamente leva sull'utilizzo della forza brutale derivante dal retaggio Hardcore, ma si adattano perfettamente alle comparse di subdole e venefiche melodie e di pestilenziali rallentamenti psichicamente devastanti.

Alla resa dei conti, quindi, "Avoid The Light" è un debutto con gli attributi ottagonali. È un disco che con la propria schiettezza, pur non presentando innovazioni o sperimentazioni di sorta, colpisce esattamente dove deve, esplicando alla perfezione la funzione per il quale è stato concepito: demolire tutto. Avete perciò voglia di un album che vi frantumi l'apparato scheletrico, che vi investa e vi faccia a brandelli con la stessa cortese signorilità di un bulldozer cingolato? Perfetto: "Avoid The Light" e i Throne fanno precisamente al caso vostro!

Continua a leggere...

lunedì 29 luglio 2013

THE COFFEEN - You Must Be Certain Of The Coffeen

Informazioni
Gruppo: The Coffeen
Titolo: You Must Be Certain Of The Coffeen
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Moonlight Records
Contatti: facebook.com/thecoffeen
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Zombies For Breakfast
2. Fistfuck Rising
3. Satan Is Pop
4. Zombie's Bar
5. The Coffeen
6. When The Telephone Doesn't Ring

DURATA: 31:18

Dall'etichetta parmigiana Moonlight Records escono allo scoperto i The Coffeen, trio formato da Andrea Giuliani (voce e basso, nonché proprietario della Moonlight Records stessa), Giampaolo Rossi (batteria) e Matteo Folegatti (chitarra) la cui opera prima è intitolata "You Must Be Certain Of The Coffeen". In poco più di trenta minuti di musica, i nostri svelano gran parte delle loro influenze e ci offrono sei pezzi che, pur non avendo nulla di originale o particolare, diventano una compagnia decisamente gradita.

"Zombies For Breakfast" e "Satan Is Pop" si articolano come riusciti impasti di Doom classico, rad(issim)e spruzzate di certo Rock a tinte gotiche e una prepotente venatura Punk. Quest'ultimo elemento, per quanto non così preponderante, svolge certamente un ruolo fondamentale nell'apparato sonoro dei The Coffeen; se poi abbiniamo il tutto alle atmosfere orrorifiche da B-movie che velano i pezzi, non sarà difficile ricondurre la memoria ai Misfits, senza mai dimenticare quella spolverata di attitudine alla Melvins che ogni tanto riecheggia tra le note. Episodi come "Fistfuck Rising" e "When The Telephone Doesn't Ring" affondano invece le proprie radici nello Stoner Rock più puro, lineare, energico e grezzo. Poco da dire: suoni del genere non necessitano di certo di presentazioni di alcun tipo, dal momento che i riff snocciolati sono pane quotidiano per chiunque abbia tra le proprie preferenze musicali Kyuss e compagnia desertica. Il meglio del lavoro è però rappresentato dalle inequivocabili dinamiche settantiane che danno vita a "Zombie's Bar", pezzo languido e sporco che si basa su certe movenze molto vicine ai mai troppo osannati lavori di Danzig, "Lucifuge" su tutti. Di nuovo, lo spettro artistico del summenzionato Danzig (sempre sia lodato) viene evocato, seppure in un contesto più muscolare, da "The Coffeen": una traccia semplice, ma accattivante e pesante, che potrebbe sicuramente essere un buon cavallo di battaglia in sede di concerto.

La conclusione è semplicissima: "You Must Be Certain Of The Coffeen" è un disco composto e suonato da gente indubbiamente competente; un disco passionale e genuino che, sebbene di durata ridotta, può già essere oggetto di interesse da parte di tutti coloro che amano questo tipo di proposte. Per me, i The Coffeen sono promossi senza riserve!

Continua a leggere...

THE BEYOND - Frostbitepanzerfuck


Informazioni
Gruppo: The Beyond
Titolo: Frostbitepanzerfuck
Anno: 2013
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Horror Pain Gore Death Productions
Contatti: facebook.com/thebeyond999
Autore: Mourning

Tracklist
1. Roto-Cunt
2. Goat Sodomizer
3. Cunt Sucking Cannibal [cover G.G. Allin]
4. Frostbitepanzerfuck
5. Attack Of The Zombie Brigade
6. The Splatterhouse Maniacs
7. Necro Overload
8. Exterminate Humanity

DURATA: 28:26

"Zozzo è divertente": questo sembra essere il motto che guida i The Beyond, formazione statunitense che debutta con una proposta godereccia miscelante punk, hardcore, speed e thrash in salsa black con l'album "Frostbitepanzerfuck".

Che i Darkthrone in questi ultimi anni siano stati gli apripista di un revival "old school" che guarda indietro sino alle radici del metal, credo sia fuori di dubbio: si amino o meno, i norvegesi sono stati e sono d'esempio per tanti. Tra questi certamente figurano anche i musicisti provenienti da Harrysburg, Pennsylvania, che si ispirano anche a D.R.I. ed Hellhammer, e a cui credo non importi nulla di apparire derivativi dato che un disco simile, rudimentale e dall'attitudine gore, non ha alcuna intenzione di perseguire chissà quale ricerca stilistica. La composizione difatti è scarna, le tracce se la giocano tirando in ballo per lo più una salutare voglia di "scapocciamento", che in alcune occasioni convince in maniera evidente ("Goat Sodomizer", "Frostbitepanzerfuck" e "Attack Of The Zombie Brigade"). Le strutture si mantengono lineari: il riffing "tremolante" e le scorribande sul rullante del batterista Luke Sweger (Horde Of The Eclipse) servono solo a diversificare, nemmeno molto, una scaletta che si trascina dietro quella semplicità voluta da coloro che suonano godendosi il momento. La cover di "Cunt Sucking Cannibal" di G.G. Allin e il pezzo "Necro Overload" lo testimoniano in maniera cristallina.

La produzione è una mezza sorpresa. In dischi del genere solitamente ti attendi un suono sporco e ruvido, invece è abbastanza pulita e sia la strumentazione che la prestazione del cantante-chitarrista Danny Starkiller possiedono una chiarezza inattesa, ma comunque piacevole.

Non c'è da riflettere quando si infila nello stereo "Frostbitepanzerfuck", già sai a cosa andrai incontro. Nessuna mezza misura né concessioni a contatti con l'era odierna: è l'ennesimo tributo al passato che potrà essere stimato da coloro i quali vivono per album così e odiato dai restanti. Scegliete da che parte schierarvi e di conseguenza saprete quanto e come i The Beyond entreranno a far parte dei vostri ascolti.

Continua a leggere...

lunedì 22 luglio 2013

THELL BARRIO - X Vida

Informazioni
Gruppo: Thell Barrio
Titolo: X Vida
Anno: 2013
Provenienza: Zapopan, Jalisco, Messico
Etichetta: Sliptrick Records
Contatti: facebook.com/thellbarrio.oficial
Autore: Bosj

Tracklist
1. Intro
2. Dispara Tu Arma
3. Somos Gallos
4. X Vida
5. Traidores
6. Nativo Americano
7. El Infierno
8. La Tragedia De Sabinas

DURATA: 27:03

Se un gruppo di pazzoidi messicani di metà Anni '90 che canta in lingua madre e sbandiera il proprio nazionalismo, suonando a volto coperto come i peggiori terroristi, non vi dice nulla, allora probabilmente non vi meritate i Thell Barrio. Perché, anche se musicalmente siamo piuttosto distanti, questo "X Vida" puzza di "Raza Odiada" lontano chilometri.

Andando con ordine: i Thell Barrio sono sei, vengono dai sobborghi di Guadalajara, suonano un metalcore incazzatissimo e dalle molte influenze death, e sono l'eredità intellettuale (non musicale, tengo a precisare) degli attualmente quiescenti Brujeria. "X Vida" è il loro secondo lavoro, seguito di un precedente "Locos Hijos Del Sol" (2009) di cui non riesco a reperire ulteriori informazioni, ed è un album death / metalcore breve e sparato alla velocità della luce che in meno di mezzora fa a pezzi tutto ciò che si trova davanti. E a me il metalcore, solitamente, non piace proprio.

Questo detto, avete tutte le informazioni necessarie per cominciare a scapocciare sulle note di "X Vida". Il riffing di brani come la titletrack o "El Infierno" è quanto di più "groovy" possiate chiedere, con un incedere monolitico e assolutamente tamarro; il cantato di El Gallero è invece un urlo continuo in puro stile metalcore, vagamente intelligibile, ma sputato in faccia all'ascoltatore con sdegno. I ventisette minuti del secondo lavoro dei Thell Barrio, per citare un'altra loro sicura influenza, sono pregni di "attitude", ma molto carenti di "respect" nei confronti del mondo, della società, persino del loro stesso Paese ("Es el infierno, es mi pais, es el infierno, vas a morir"). A corredo del tutto, una grafica notevole e molto elaborata, oltre che decisamente poco sobria, vista la quantità di teschi, serpenti e "roba tamarra" di varia.

Insomma, un disco da prendere in un certo modo, e proprio per questo da apprezzare appieno. Composizione solida, un'ottima produzione e nessuna velleità "intellettualoide" per i Thell Barrio sono la mano vincente. Astenersi puristi e metallari acculturati.

Continua a leggere...

TERVINGI - Gotensaga


Informazioni
Gruppo: Tervingi
Titolo: Gotensaga
Anno: 2013
Provenienza: Germania
Etichetta: Source Of Deluge Records
Contatti: facebook.com/Tervingi
Autore: Mourning

Tracklist
1. Aufbruch Zur Grossen Wanderung
2. Der Goten Eid
3. Die Seherin
4. Töchter Schnellen Wassers
5. Der Hörner Ruf
6. Reka
7. Der Abschied
8. Alewars Schmiede
9. Wiltrichs Recken
10. Stadt Aus Asche
11. Epilog

DURATA: 40:14

I Tervingi (nome che verosimilmente dovrebbe essere traducibile con "popolo della foresta") appartengono al gruppo di popolazioni gotiche che si stabilirono nel territorio delle pianure danubiane situate sulla sponda occidentale del fiume Dnestr e come altri loro più noti "parenti" (Visigoti e Ostrogoti) tentarono anche la discesa in terra italica, venendo però respinti al confine con la Slovenia. Dalla storia di quel tempo e da una migrazione costante che condusse tali genti a vagare di area in area sino all'insediamento voluto e conquistato a discapito di un decadente Impero Romano D'Occidente (la pesante sconfitta subita dalle legioni romane ad Adrianopoli nel 378 fu uno dei segnali più netti dell'imminente crollo) prende spunto la nuova formazione alla quale hanno dato vita membri ed ex di realtà quali Lyfthrasyr, Coronatus e Belphegor.

Il genere suonato è un pagan metal i cui riferimenti stilistici affondano in ambito melodic death e power, con una vena sinfonica accennata, inserita in modo da conferire alle tracce una carica epica aggiuntiva. Per quanto le premesse possano mettere in guardia tantissimi, qui siamo ben lontani dal doverci confrontare con canzoni da osteria per "umpa lampa" e insulse "plasticate", al contrario la severità e la prestanza della proposta sono affidate alle cure di Johann Frey, la cui voce pulita mantiene una tonalità scura, austera, e alle ritmiche impetuose di batteria scandite da un martellante quanto dinamico Tomasz "Nefastus" Janiszewski.

La scaletta offre parecchi spunti interessanti, soprattutto quando non è la furia a dominare, bensì l'atmosfera a tingersi di epico: canzoni come "Die Seherin" (dove vengono a contatto in maniera fruttuosa le ugole di Johann e Ada Flechtner) e "Töchter Schnellen Wassers" (pezzo intarsiato da melodie pregevoli) fanno scorrere al proprio interno una sensazione di antico e malinconico che asseconda la fierezza del racconto, mentre tracce quali l'intro strumentale tipicamente riconducibile al modello da colonna sonora "Aufbruch Zur Grossen Wanderung" e la doppietta composta da "Der Abschied" e "Alewars Schmiede" (che al loro interno vedono incastonati temi wagneriani) puntano sulla profondità d'animo e su una spiritualità che si eleva. Il compito di scuotere vivacemente la situazione è lasciato infine a episodi come "Der Goten Eid", "Der Hörner Ruf", "Stadt Aus Auche" e alla battagliera "Wiltrichs Recken" .

"Gotensaga" è un album completo sotto tutti i punti di vista, gode di una produzione pulita ed energica grazie all'uomo prescelto per il missaggio: Markus Stock (The Vision Bleak); mentre il master è stato affidato a Mika Jussila (Nightwish e Sentenced fra i tanti). Si presenta inoltre racchiuso in un box metallico comprensivo del cd e ben due libretti: nel primo sono stati inseriti i dati tecnici, le foto della band e l'immagine della copertina, il secondo di ben trentadue pagine invece contiene la storia narrata; entrambi sono veramente ben fatti.

Musicalmente come avrete capito, pur non inventando nulla, il disco ha in sé quelle caratteristiche che potrebbero venire apprezzate sia da un ascoltatore degli Amon Amarth che da uno dei Menhir, anche se potrei citare molte altre band. Infine chi conosce il tedesco potrà calarsi meglio all'interno del racconto ed esaminarlo in maniera approfondita, seguendolo passo per passo, ciò aiuterà a creare un contatto più intimo con la musica. Consiglio comunque agli amanti di questo mondo in genere di considerare i tedeschi fra le nuove reclute da tenere d'occhio, col tempo potremo poi verificare se entreranno a far parte del circolo dei grandi nomi, vedremo...

Continua a leggere...

TOMBSTONE - Where The Dead Belong


Informazioni
Gruppo: Tombstone
Titolo: Where The Dead Belong
Anno: 2013
Provenienza: Francia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/DoomTombstone
Autore: Mourning

Tracklist
1. Dance Of The Dead
2. Schizonaut Pt. I
3. Shrines
4. No Sanctuary
5. No Tomorrow
6. Born Of A Jackal
7. Werewolf

DURATA: 40:18

Ah, quanto bel materiale stoner / doom che sta girando, più si naviga in rete, più se ne parla e più si viene a contatto con realtà che sembrano spuntare fuori come funghi, ma che portano all'orecchio tanta buona musica. La conoscenza dei Tombstone è stata tutt'altro che casuale: ancora una volta mi tocca ringraziare quel grandissimo innamorato di questo mondo che è Stéphane Le Saux per l'imbeccata. Il trio parigino, dopo aver prodotto l'ep "Devil's Ride" nel 2012, ha dato vita al proprio debutto intitolato "Where The Dead Belong" in questo 2013.

La formazione che vede Jo al basso, Clément alla chitarra e alla voce e Alex alla batteria neanche dirlo si rifà a grandi nomi del passato da subito riconoscibilissimi. Il sound e le atmosfere evocano infatti le sensazioni trasportate in musica da Black Sabbath, Pentagram, Trouble e Saint Vitus, con bordature grooveggianti che ricordano la scena desertica di Kyuss e Goatsnake. Abbiamo quindi una proposta che al dimenarsi nel tentativo, riuscito, di creare delle scanalature profonde e ben distinte abbina una qualità melodica e dall'appeal heavy notevole, aggiungendo quando necessario quel tocco "fuzzy" che assolutamente non guasta mai.

Formalmente non c'è nulla di discutibile nella prova dei transalpini, ogni singolo pezzo contiene e ci permette d'ascoltare ciò che vorremo; il genere viene riproposto osservandone i dettami in maniera ossequiosa e ritengo che nessuno dei brani possa essere considerato inferiore all'altro, il livello compositivo è ben più che sufficiente, elevandosi ulteriormente in un paio di circostanze: in episodi quali "Dance Of The Dead" (quel "uh" alla Tom. G. Warrior è universale, dove lo metti sta alla grande), "Shrines" e "Born Of Jackal". "Werewolf", il pezzo più lungo, è a mio avviso la hit del disco: pur non distaccandosi eccessivamente da quanto elargitoci sino a quel momento, ha una marcia in più, sembra voler dire "ci siamo", ha carattere da vendere e perciò risalta.

"Where The Dead Belong" è un segnale di presenza che si fa ricevere forte e chiaro, i Tombstone del resto sono evidentemente capaci e coscienti di avere in sé le doti per far meglio. Con un inizio di questo tipo si è davvero a metà dell'opera. Amanti dello stoner / doom fatevi sotto.

Continua a leggere...
Aristocrazia Webzine © 2008. Design by :Yanku Templates Sponsored by: Tutorial87 Commentcute