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lunedì 30 settembre 2013

KAUSALGIA - Farewell [english version]


Information
Band: Kausalgia
Title: Farewell
Year: 2012
From: Finland
Label: Pest Productions
Contacts: facebook.com/Kausalgia
Author: LordPist

Tracklist
1. Reincarnated
2. The Drug
3. Lupaus
4. Farewell
5. As The Curtain Falls

RUNNING TIME: 26:34

It is not easy for a new band to emerge in the crowded Finnish scene, it often happens that acts aiming at the top just end up being "the poor man's Children Of Bodom", or just another copy of Stratovarius, and so on. However, there are some bands that manage to find their comfortable niche, limited to a certain scope or market, such as Kausalgia (born from the ashes of Hypotermia). As it happened to other bands that signed up with Pest, this EP had already been released in digital format, before the label went on to produce a digipak edition adding the fifth track. The packaging is humble, featuring a quite generic artwork (a little girl wearing a bloodstained dress, coming out of a cabin in the woods) and a photo of the band on the inside.

The band — founded by Markus Heinonen — comes from a mainly melodic black background, also including some doom passages somewhat reminiscent of their fellow countrymen Swallow The Sun. After the opener "Reincarnated", we're hit by a frontal assault with "The Drug", which features really solid riffing and sticks to the head straight away. Heinonen’s scream is notable and works well with the rest of the band. The second two tracks, "Lupaus" and "Farewell", tread on a different path, closer to the projects' more "doomish" face, although we can still hear a few faster moments here and there. The final song — not casually entitled "As The Curtain Falls" — opens with a keyboard intro and then moves towards melodic territories, even though it struggles in finding its way after what we have just listened to.

The EP "Farewell" is basically a good product for those who like melodic black mixed with something else, there are some nice riffs and the band seems to know its trade well. The vocals are notable; I am curious about seeing Kausalgia deal with a longer work, to learn if they're able to keep the listener focused for more than twenty minutes or not.

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lunedì 5 agosto 2013

KOZA NOZTRA - Cronaca Nera Pt. 1


Informazioni
Gruppo: Koza Noztra
Titolo: Cronaca Nera Pt. 1
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: kozanoztra.net
Autore: M1

Tracklist
1. Prefazione: Propaganda
2. Cronaca Nera
3. Soluzione Finale
4. Minotaurus
5. Necessità Cannibale
6. Nuovo Ordine Mondiale

DURATA: 23:24

Fregandosene di tutto e di tutti, e sfidando qualunque logica di promozione in ambito underground, i Koza Noztra sputano fuori il loro terzo sferzante album, o meglio il primo capitolo di "Cronaca Nera", che si concluderà verso fine anno con la seconda parte. La narrazione possiede un ruolo centrale nell'economia del mini, quindi — in accordo con la volontà di creare un disco concettuale "sull'etica e l'inevitabilità del delitto" — la musica talvolta si sviluppa in conseguenza alle parti vocali dell'Onorevole, che viceversa in alcuni frangenti sono il vero e proprio elemento cardine.

L'incipit "Prefazione: Propaganda" è l'apertura ideale per entrare in un clima fatto di violenza, cinismo, sete di sangue e indifferenza, grazie a un collage di estratti televisivi che si dividono fra minuziose ricostruzioni di delitti efferati e litigate da salotto trash in stile Sgarbi; sul finale poi assume quasi le sembianze di una colonna sonora, grazie a un crescendo di tensione epico e al susseguirsi di campionamenti sempre più serrati, fino alla chiusura decretata dai colpi di pistola. La prima parte del disco stilisticamente richiama l'esordio "Koza Noztra" per l'energia diffusa e i ritmi serrati, tanto che "Cronaca Nera" è una scheggia di neanche due minuti (ricordate "Cosche Italiane"?), mentre "Soluzione Finale" è più massiccia nelle strofe e mette in luce uno dei punti di forza dei brani, vale a dire i ritornelli che si fissano subito in testa. Ci si ritrova così a cantare frasi sprezzanti che soltanto l'hard rock o l'heavy metal potrebbero far intonare a chiunque con una tale disinvoltura.

Con "Minotaurus" abbiamo un pezzo fortemente narrativo e cadenzato, nel quale è raccontata la creazione dell'Uomo del Futuro, un essere bionico, dotato di mandibole d'acciaio, visori a infrarossi, protesi al testosterone, rostri di carbonio e ventose tossiche (per compiere stupri "decisamente più letali"): una evoluzione che porterà la Razza Umana ad attuare il proprio "solo inviolabile diritto", nonché "inviolabile dovere", di mantenere il sangue incontaminato. Il contrasto del tono propagandistico e autoritario dell'Onorevole con i cori "leggeri" (opera delle Vestali) genera una sensazione di forte disagio in un ascoltatore non totalmente lobotomizzato dai mass media. Disagio che viene rincarato in "Necessità Cannibale", anche qui ne sentirete delle belle, precisamente soluzioni alternative per risolvere la crisi alimentare e quella economica...

Infine "Nuovo Ordine Mondiale" mette sotto accusa i poteri occulti, i burattinai che manovrano il mondo e ci mantengono docili grazie all'illusione della libertà generata dal libero mercato e dal sistema elettorale. Nuovamente il ritornello è trascinante e i giochi vengono chiusi senza lasciare particolari speranze per il nostro futuro di cittadini ed esseri umani...

Ascoltare un lavoro dei Koza Noztra lascia sempre un sapore molto piacevole in bocca, ma con un retrogusto decisamente amaro. Il gusto tipico e incisivo del quintetto deriva ancora una volta da un heavy metal / hard rock carico di adrenalina, fluido e diretto al punto, composto da musicisti che ad ogni uscita mostrano progressi sia nel maneggiare la materiale musicale tecnica che nella cura del suono (questa è l'ennesima autoproduzione). A questo proposito è davvero piacevole il basso di Calibro 9 che sovente spicca e si ritaglia spazi molto importanti, con il compagno di reparto, Il Trafficante, che alla batteria è sempre preciso e adeguato al contesto; l'Onorevole invece continua a giocare con tratti vocali ai limiti con la stonatura (artificio chiaramente voluto) e altri maniacali, mentre i due chitarristi Recupero Crediti e Il Diacono si muovono con disinvoltura fra assoli pregevoli, attimi più massicci e altri ricchi di adrenalina.

Il rovescio della medaglia targata Koza Noztra deriva dalla mancanza di ogni premura da parte del gruppo nello schiaffarci addosso una realtà che giorno dopo giorno fa sempre più schifo, perciò riflettendo sui temi proposti non si può che restare sconsolati... o attivarsi in prima persona per risolvere col sangue le questioni che ci toccano: "mali estremi, rimedi necessari"!

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lunedì 29 luglio 2013

KAUSE 4 KONFLIKT - No Better Friend - No Worse Enemy


Informazioni
Gruppo: Kause 4 Konflikt
Titolo: No Better Friend - No Worse Enemy
Anno: 2013
Provenienza: Francia
Etichetta: Built To Rock
Contatti: facebook.com/Kause4konfliktofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1 The Call (Intro)
2 Holes Of Emptiness (The Loss Of Innocence)
3 Overwatch (Murphys Law)
4 Semper Fi (The Rifleman's Creed)
5 Sw.M16 (Iron Deadly Thought)
6 Red Mist (Spektr Gemini)
7 Soldier’s Carrion (Bastardz Scoutts)
8 Geneva Memorandum (Jus And Bellum)
9 Line Of Hate (Shrapnel Of Gods)

DURATA: 33:18

I Kause 4 Konflikt sono una creatura nuova di pacca nella quale militano (termine adatto per l'occasione) membri di Otargos, Psoriasis e No Return. La band francese si presenta al pubblico con il suo "Warcore" che altro non è se non una miscela di death / thrash con uno spirito combattivo spiccatamente hardcore al proprio interno: quindi immaginate un campo di battaglia fatto di riff pesanti in stile mattone, creati dal duo di chitarristi formato da RKG e JDZ, tesi a fornire il groove per addensare e ingrigire l'aria come fosse ricolma di polvere da sparo e una prestazione sia vocale, a opera del già nominato RKG, che ritmica, confezionata dal duo ARX e BBK (rispettivamente al basso e alla batteria) che sostiene la situazione con solidità e andature minacciose.

Voi direte: cosa c'è di nuovo in tutto ciò? Nulla in effetti. I temi e il modo di scagliarsi all'orecchio dell'ascoltatore porteranno alla ribalta influenze varie e riconoscibili che non sto nemmeno a elencarvi, è però palese che i francesi siano concentrati e decisi nel colpire il proprio obbiettivo e che vi riescano senza troppi problemi, infatti dopo l'entrata in scena annunciata da "The Call", che ci schiarisce sin da subito le idee, si susseguono una serie di brani che privi di freno infilano una martellata dietro l'altra. Queste bastonate sono orientate a utilizzare il fattore "core", ponendolo in rilievo in episodi come "Semper Fi" ("semper fidelis" è il motto usato in passato dalla milizia fascista e odiernamente in uso fra i granatieri svizzeri e nel corpo dei Marines statunitense) e "Soldier's Carrion", sezioni thrash pronunciate in "Overwatch" e "Red Mist", puntando sulla prestanza e pesantezza del batterista in "Holes Of Emptiness" e "Geneva Memorandum", e approfittandosi del coinvolgimento fornito dai cori riscontrabili in molte delle tracce già citate e "Sw. M16". Sul piatto vi viene servita una badilata a cui non vale la pena chiedere il perché suoni volutamente così, ma che conviene accette per com'è senza porsi domande inutili.

"No Better Friend - No Worse Enemy" legna, legna continuamente, ogni tanto troviamo pure delle discrete aperture solistiche che gli permettono di prendere respiro: accade a esempio nella conclusiva "Line Of Hate", ma non è l'unica e la produzione svoltasi ai Drudenhaus Studio fa in modo che il suo essere guerrigliero non venga intaccato; peccato però che il basso di ARX ne esca penalizzato, per non dire annullato, dispiace dato che quella "presenza fantasma" nel mix avrebbe potuto fornire ulteriore slancio all'arrembante lavoro messo in atto da lui e BBK.

I Kause 4 Konflikt, tralasciando qualche difetto e una forma derivativa inevitabile al giorno d'oggi, mostrano di saperci fare e di rivolgersi a coloro che vogliono e desiderano ascoltare un disco che si esprima violentemente e privo di rimorsi nel farlo. Se siete fra questi, un passaggio nello stereo dovreste quantomeno concederlo.

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lunedì 22 luglio 2013

KILL - Burning Blood


Informazioni
Gruppo: Kill
Titolo: Burning Blood
Anno: 2012
Provenienza: Svezia
Etichetta: BlackSeed Productions
Contatti: facebook.com/thetruekill - myspace.com/thetruekill
Autore: Akh.

Tracklist
1. Veni Satana
2. Burning Blood
3. Nails Of Cursed Steel
4. Beckoning Grave
5. Kill
6. Desecration Temple
7 Holocaust Fires
8. Poison Chalice

DURATA: 47:54

Riparte il mio girovagare nel sottosuolo metallico più nero e marcio, e cosa c'è di meglio se non imbattersi nell'ultimo lavoro dei Kill? Attivi da quindici anni e provenienti dalle nordiche lande svedesi, giungono al loro quarto album, ma possiedono già una discreta discografia in senso generale, tanto che per molti questo nome è ormai un culto e una garanzia (che condivido pienamente) in quanto l'attitudine della band è di quelle che non ammettono repliche e cedimenti di sorta.

La miscela letale che troviamo dentro al calice dei Kill è composta da una forte intransigenza Black Metal, una devozione assoluta e incontaminata al verbo del "capronico" signore, un riffing schietto e marcescente contornato perennemente da ombre, nubi gravide e pestilenti miasmi. Ascoltando "Burning Blood" mi vengono in mente molti riferimenti tipici della Svezia: dalla devastazione di In Aeternum e Nifelheim ai giri infernali dei Sorhin, passando per la plumbea visione dei primi Throne Of Ahaz o la ruvidità incontrollata di certi Sadistic Grimness, fino a toccare lidi di natura Darkthrone in "Kill".

Tutto il materiale è di altissima qualità e non potrà che rendere lieta la vostra macabra esistenza. Ogni brano di questo cd possiede le caratteristiche peculiari per non annoiare minimamente, anzi riesce a essere fresco e godibile per tutta la sua durata, anche grazie all'approccio genuino e mai forzato di reminiscenze ottantiane ben amalgamate alla furia belluina del gruppo; è cosi che nascono "Veni Satana" o "Burning Blood". Seguono poi "Nails Of Cursed Steel" e "Beckoning Grave" in cui i giri diminuiscono a favore di drappeggi neri e macilenti, dove il tessuto vellutato viene correlato all'odore di stantio e marcio. Riff a tratti minimali e omicidi si stagliano in maniera aspra e ruvida contro la cristianità e le sue false ideologie, la voce al vetriolo di Warslaughter richiama orde infernali e profonde odi a una oscurità senza repliche; sia che le parti siano veloci e taglienti sia che odorino di morte e putridume, i Kill vi guarderanno con occhi cinici e spietati, continuando la loro opera diabolicamente dissacrante, come si può notare con le conclusive "Holocaust Fires" e "Poison Chalice" nelle quali il sangue bruciante fuoriesce copioso e libero da compromessi.

"Burning Chalice" offre malignità e violenza come da copione, ignorarne la bontà sarebbe di una idiozia unica in quanto qui gli orpelli non esistono, esiste unicamente la volontà ferrea di dominare e piegare tutto al proprio essere. Detto fra noi: cosa possiamo chiedere di meglio a un album di puro, fiero, putrido e maledetto Black Metal?

Kill? 100% CULTO!

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lunedì 15 luglio 2013

KINE - Meditations In April Green

Informazioni
Gruppo: Kine
Titolo: Meditations In April Green
Anno: 2013
Provenienza: Internazionale
Etichetta: Alrealon Musique
Contatti: alrealon.co.uk
Autore: VACVVM

Tracklist
1. Meditation 1
2. Meditation 2
3. Meditation 3
4. Meditation 4
5. Meditation 5

DURATA: 47:36

La Alrealon Musique è un'etichetta dedita ormai da anni alla pubblicazione e al supporto di realtà musicali fra le più disparate, nel loro catalogo si può trovare di tutto: dal jazz all'ambient, passando per l'industrial; e i Kine non sono che l'ultima creatura promossa da questa label fuori dagli schemi. Guidati dallo spirito nonché dalla voce di Dao Anh Khahn, prolifico performer vietnamita, il gruppo consta di un chitarrista diplomato al Berklee, di Amber Brien al garrahand e di Robert L. Pepper (prezzemolino dell'Alrealon) all'elettronica.

La presenza di un artista vietnamita dietro al microfono e l'uso del termine "meditations" dovrebbero suggerirvi il sentiero tracciato dai Nostri: la musica dei Kine ha infatti un carattere religioso ma non per questo ritualistico, anzi, c'è una componente improvvisativa capace di dare a ogni "meditazione" un'impronta particolare. Ad aprire l'album ci pensa il brano più lungo, coi suoi corposi diciassette minuti e col suo incedere strisciante, umido, acquoso; la voce di Khahn ci ricorda che non siamo soli nella fitta giungla sonora dei Kine e che il cammino per l'illuminazione è costellato di pericoli. Al tappeto elettronico di Pepper (che nel terzo brano si cimenta anche al flauto), che strizza l'occhio tanto alla musica cosmica quanto al rumorismo, si intreccia l'ordito chitarristico di Zweiman, e a fare da collante c'è il suono fluido del garrahand (uno strumento a percussione in metallo) di Amber Brien. È quest'alchimia a rendere unici i cinque brani del disco: le peculiarità di ognuno, infatti, non inficiano l'omogeneità dell'intero lavoro. I momenti più dronici e ossessivi sono intervallati da sapienti stacchi elettronici, che a loro volta vanno a braccetto con gli alti e bassi dettati dalla voce di Khahn; è quest'ultima a caratterizzare definitivamente lo stile dei Kine, alternando linee melodiche dolci ed esotiche a gorgheggi maligni e dissonanti.

A metà fra la spiritualità elettronica di Lichens e le atmosfere ovattate degli Zelienople, "Meditations In April Green" si smarca con una freschezza e un'ambizione non comuni, a dimostrazione che anche dalle realtà più piccole e fuori dai principali circuiti d'ascolto possono nascere autentici capolavori. Da tenere d'occhio.

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lunedì 8 luglio 2013

KOZELJNIK - Null: The Acheron Of Multiform Negation [english version]


Information
Band: Kozeljnik
Title: Null: The Acheron Of Multiform Negation
Year: 2013
From: Serbia
Label: Paragon Records
Contacts: facebook.com/Kozeljnik
Author: Mourning
Translation: LordPist

Tracklist
1. As If Through A Myriad Of Shades
2. Evoking The Furtive Depths (Reprisal)
3. Time, Neglected In The Wound Of A Martyr
4. Come, Thou Abhorred And Incessant
5. Scourged With Apathy
6. Wrecked In Ruins Of Solitude

RUNNING TIME: 35:47

Kozeljnik is the name of the project founded by the eponymous Serbian guitarist of The Stone and May Result, joined here by his band-mate L.G., drummer for both of the other bands and Dead Shell Of Universe. "Null: The Acheron Of Multiform Negation" is the fourth act coming out of this combo. This mini becomes part of a discography which includes the debut EP "Wrecked In Ruins Of Solitude" (2007) and the two albums "Sigil Rust" (2008) and "Deeper Than Fall" (2010).

This band is devoted to a strand of black metal definitely more diverse in terms of atmosphere than of rhythm. Here you will be facing both wicked, obsessive patterns and melancholic, almost tranquil scenarios portrayed through a quite uniformed sound and the frequent use of mid-tempos, thus rendering the pace somewhat painful and hypnotizing (as in the beginning of "As If Through A Myriad Of Shades").

In "Evoking The Furtive Depths (Reprisal)" and "Time, Neglected In The Wound Of A Martyr" the Serbian combo toughen up their assault through pure and simple black metal. "Time..." allows them to display their more melodic face, somewhat reminding us of Dissection. "Come, Thou Abhorred And Incessant" — featuring guest vocalist Niklas Kvarforth — totally changes the mood and paves the way for Kozeljnik's most chaotic and schizoid approach: once again, after a long time, I can say I am pleased to hear Niklas on something different from Shining's first four albums.

The last two tracks, "Scourged With Apathy" e "Wrecked In Ruins Of Solitude", were firstly included in their debut EP. There is a clear difference between this part and the rest of the disc in terms of approach and effect: here the material is definitely rawer and more reckless, signaling a complete shift from what we have just listened to. I am not quite sure about the decision of including them on this record, since the production doesn't meet their current standards, perhaps making them more of a vestige of what the band represented at that time and not anymore.

"Null: The Acheron Of Multiform Negation" is a trustworthy anticipation of what Kozeljnik should, or could, include on their next release. In case you haven't had chance to taste this band's music yet, you might give this mini a try, maybe it will stir your interest about the rest of their production.

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KOZELJNIK - Null: The Acheron Of Multiform Negation


Informazioni
Gruppo: Kozeljnik
Titolo: Null: The Acheron Of Multiform Negation
Anno: 2013
Provenienza: Serbia
Etichetta: Paragon Records
Contatti:facebook.com/Kozeljnik
Autore: Mourning

Tracklist
1. As If Through A Myriad Of Shades
2. Evoking The Furtive Depths (Reprisal)
3. Time, Neglected In The Wound Of A Martyr
4. Come, Thou Abhorred And Incessant
5. Scourged With Apathy
6. Wrecked In Ruins Of Solitude

DURATA: 35:47

Kozeljnik è il nome del progetto omonimo creato dal chitarrista dei serbi The Stone e May Result, al quale prende parte anche il batterista L.G., compagno d'avventura negli altri due gruppi nominati e membro pure dei Dead Shell Of Universe. "Null: The Acheron Of Multiform Negation" è il quarto atto da loro pubblicato. Questo mini entra a far parte di una discografia che sino a questo momento comprendeva l'ep di debutto "Wrecked In Ruins Of Solitude" (2007) e i due album "Sigil Rust" (2008) e "Deeper Than Fall" (2010).

La proposta della band è ancorata a un black metal decisamente vario più nelle atmosfere che nell'incedere ritmico, avrete a che fare con situazioni altamente maligne e ossessive quanto con ambientazioni malinconiche e quasi agrodolci nei toni, supportate perlopiù da una dinamica mai troppo difforme che sfrutta tempi medi per rendere a tratti ipnotico e sofferto l'incedere, come avviene in fase d'apertura con "As If Through A Myriad Of Shades". Con "Evoking The Furtive Depths (Reprisal)" e "Time, Neglected In The Wound Of A Martyr" i serbi rincarano la dose, piazzando due brani che esibiscono del puro e semplice black metal, con la seconda che permette al lato melodico della compagine di venir fuori, ricordando — seppur alla lontana — qualcosa dei Dissection, mentre "Come, Thou Abhorred And Incessant" (pezzo che vede l'ospite Niklas Kvarforth prestare la sua voce) cambia direzione, favorendo la fuoriuscita del lato più schizofrenico e caotico dei Kozeljnik; per una volta dopo tantissimo tempo sono soddisfatto di ascoltare Niklas in un lavoro che non sia uno dei primi quattro dischi degli Shining.

Gli ultimi episodi inseriti in scaletta, "Scourged With Apathy" e "Wrecked In Ruins Of Solitude", sono stati ripescati dal primo ep rilasciato, la differenza d'impostazione e d'impatto fra queste tracce e le precedenti è evidente, queste ultime infatti sono decisamente più grezze e arrembanti, discostandosi in maniera netta da quanto ascoltato sino a poco prima. Ignoro quindi il motivo che abbia condotto alla loro inclusione, poiché pur essendo discretamente gradevoli non tengono il passo della produzione odierna, divenendo al limite un buon termine di paragone per identificare ciò che era la band al tempo e che tuttavia non è più.

"Null: The Acheron Of Multiform Negation" è una papabile anticipazione di ciò che i Kozeljnik dovrebbero, o potrebbero, offrirci con il prossimo disco e, se non aveste ancora avuto modo di saggiare le doti dei signori in questione, magari dando loro la possibilità di arrivare al vostro orecchio potreste incrociare qualcosa di interessante. Almeno un tentativo andrebbe fatto.

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lunedì 24 giugno 2013

KINGS DESTROY - A Time Of Hunting


Informazioni
Gruppo: Kings Destroy
Titolo: A Time Of Hunting
Anno: 2013
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: War Crime Recordings
Contatti: facebook.com/KingsDestroy
Autore: Mourning

Tracklist
1. Stormbreak
2. The Toe
3. Casse-Tete
4. Decrepit
5. Shattered Pattern
6. A Time Of Hunting
7. Blood Of Recompense
8. Turul

DURATA: 45:31

Ci sono band che fin dal primo album ti fanno capire che potrai continuare a contare su di loro e quindi speranzoso ne attendi le successive uscite. In mezzo alla miriade di ottimi lavori doom prodotti nel 2010 vi era anche quello dei newyorchesi Kings Destroy, "And The Rest Will Surely Perish": il gruppo al tempo mi aveva ben impressionato tanto che ne consigliai, e ne consiglierei tuttora, l'acquisto. Oggi, a distanza di tre anni, ho l'occasione di poter scrivere di "A Time Of Hunting", il loro secondo lavoro in studio.

Sin da subito e senza pormi troppi problemi asserisco che siamo di fronte a un altro disco di buonissima fattura: è palese che il quintetto, in formazione quasi del tutto immutata rispetto alla prima uscita (fatta esclusione del bassista Ed Bocchino, sostituito con Aaron Bumpus), abbia mantenuto in maniera coerente il legame con le basi che lo hanno reso appetibile in passato. Ma con un nuovo piglio: l'ultimo lavoro in generale spinge un po' meno in "direzione metallica", rivolgendo con assiduità lo sguardo verso sonorità più rock.

In più di una circostanza le atmosfere di Steve Murphy rimandano a quelle grunge di band come gli Alice In Chains o, per essere più specifici, a quel suono più pesante e ossessivo dei lavori solisti di Cantrell; per brevi istanti inoltre sembra di poter udire, seppur distanti, echi "tooliani", che coniugandosi al blues / southern e alla rocciosa corporatura doom non fanno altro che arricchire il lavoro presentato in questo "A Time Of Hunting".

La scaletta è equilibrata e priva di anelli deboli: tuttavia, a differenza di quanto accadeva nel loro lavoro precedente, nessun brano si erge prepotentemente al di sopra dei valori offerti dagli altri. Questo può essere dovuto soprattutto alla scelta di mantenere la sezione ritmica a un regime motore dai giri moderati e alla volontà di rendere la proposta più intensa e ampia, a discapito della componente d'impatto diretto quasi del tutto estraniata dal contesto.

I Kings Destroy hanno dato alle stampe un album per soli seguaci sfegatati di questo panorama? Gli appassionati del genere sicuramente non dovrebbero mancare l'ascolto di questo secondo parto degli statunitensi: non credo però si possa relegare un così bel lavoro a una nicchia ristretta di ascoltatori. Non si può pretendere di più da una band che pare avere nel DNA la capacità di garantire musica di qualità e dare soddisfazione dopo aver inserito un loro lavoro in uno stereo.

"Turul" si fa nuovamente strada all'interno dei miei padiglioni auricolari, portando a conclusione il terzo round trascorso in compagnia di "A Time Of Hunting": sono quasi pronto a far a ripartire il lettore per il quarto giro consecutivo. E voi che intenzioni avete?

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lunedì 10 giugno 2013

KESS' KHTAK - Nurturing Conditions For Rupture


Informazioni
Gruppo: Kess'khtak
Titolo: Nurturing Conditions For Rupture
Anno: 2012
Provenienza: Ginevra, Svizzera
Etichetta: Sigma Records
Contatti: facebook.com/kesskhtak
Autore: Bosj

Tracklist
1. Algorithm Of Hate
2. Ripped
3. Diffusing Discord
4. Scapegoat
5. Compulsory Silence
6. Keep Going
7. S.I.C.K.
8. Manifest Sentence
9. Rollity

DURATA: 23:35

Stando a Metal-Archives: "Kess'khtak" in modern Arabic means "Your Sister's Pussy" ("Kess'khtak" in lingua araba corrente significa "La Fica Di Tua Sorella"). Questo "l'accattivante" significato del nome scelto dai cinque ginevrini membri della band, composta da batteria, basso, chitarra e due voci, che con questo secondo EP arricchisce di un ulteriore tassello la propria produzione, ma ancora evita il grande salto al full lenght.

Preciso subito che — nonostante il doppio microfono — è da scartare la facile classificazione deathcore del gruppo svizzero: sebbene i suoni siano moderni, puliti e asciutti, l'humus da cui il quintetto prende le mosse è di inequivocabile estrazione death metal, addirittura dalle spruzzate hardcore. Si spiegano così i brani che non superano mai i tre minuti e il riffing grossissimo su cui le strutture si sviluppano.

Dalle alette del digipak si scopre, addentrandosi nei testi, la vena dispregiativa nei confronti della società e dell'umanità più in generale, ben veicolata proprio dalla scelta del doppio cantato: Mat e Flow (nulla è dato conoscere più dei nomi propri) intersecano ottimamente le proprie grida, dando ai brani un ritmo serrato e claustrofobico, dove la voce riposa solo per lasciar subentrare una tonnellata di riff di chitarra, spesso e volentieri di ottima fattura. "Keep Going", in particolare, ha un che di familiare, ricorda da vicino certe "moderne" scorribande death nordeuropee (Defleshed, The Haunted), però — come per tutti gli altri brani — con una produzione piena e il già citato doppio growl o simil tale pressoché inarrestabile. Se una combinazione di questi elementi farà inorridire l'old-schooler più intransigente, troverà invece approvazioni tra coloro che hanno saputo apprezzare suoni sulla scia degli ultimi Decapitated.

La velocità è elevatissima e costante, e "Nurturing Conditions For Rupture" non conosce cali di tensione nella sua pur breve durata, anzi intrattiene piacevolmente. Si tratta tuttavia pur sempre di venti minuti o poco più, e gli argomenti da trattare terminano presto, vista soprattutto la formula pressoché invariata proposta dai francofoni per tutti i nove episodi di questo EP. Se poi i Kess'khtak saranno in grado di lanciarsi in un'impresa più corposa e variegata, o continueranno a esprimersi con piccoli, ponderati, passaggi, lo scopriremo col tempo. La Svizzera, nel suo piccolo, ha sempre dato un apporto vario e concreto, quando non addirittura seminale alla comunità metallara, e i Kess'khtak non sono che l'ennesima formazione da tenere d'occhio.

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lunedì 27 maggio 2013

KHEPHRA - L'Arcano Del Mondo


Informazioni
Gruppo: Khephra
Titolo: L'Arcano Del Mondo
Anno: 2013
Provenienza: Varese, Lombardia, Italia
Etichetta: Mal Eventum
Contatti: facebook.com/pages/Khephra/113616218693278
Autore: Bosj

Tracklist
1. La Danza Delle Streghe
2. Sotto Il Noce
3. Malleus Haereticorum
4. Eko Eko (Pt. I)
5. Eko Eko (Pt. II)
6. Teresa 1400
7. Michaela Angiolina Damasius
8. La Notte Delle Streghe
9. Triora
10. Outro

DURATA: 39:48

Dopo il ritorno alla vita con "Resurrection", datato 2010 e segnante la ripresa dei lavori fermi fin dagli anni '90, i Khephra, dall'hinterland varesotto, non danno la minima impressione di volersi fermare. "L'Arcano Del Mondo" continua lungo la linea dettata dal fermo, fermissimo credo dei quattro musicisti: black metal cattivo, veloce e marcio. In sostanza, la perfetta sintesi dell'underground, di cui la formazione lacustre è ferma sostenitrice, e niente più.

Il materiale di cui questo album si compone, infatti, suona quasi fuori dal tempo: è uscito da poche settimane, sì, ma potrebbe benissimo recare in calce la data 1994, tanto la formula è canonica e consolidata. E se per voi che leggete questo è un aspetto negativo, allora potete anche dirigere la vostra attenzione altrove, perché conoscendo l'atteggiamento (nel senso vero di "attitude", di "stato mentale") della band, è esattamente questo il risultato cui si voleva pervenire.

C'è tuttavia una nota dolente: il volume delle chitarre (addirittura due) è decisamente troppo basso rispetto a tutto il resto. Il risultato purtroppo smorza, almeno in parte, la carica di malvagità degli intrecci intessuti dai Khephra, lasciando in perenne primo piano la voce di Lord Of Pestilence e la batteria di Draughar, salvo forse nell'unico assolo del disco (ebbene sì, c'è un assolo, anche abbastanza lungo e di pregevole fattura), la conclusione di "Teresa 1400". Premesso questo, tutto il resto è ampiamente godibile e apprezzabile: dai testi per gran parte in lingua madre, ma con alcuni episodi in inglese ("Teresa 1400", "Eko Eko Pt. II", "Michaela..."), al momento di "sperimentazione" con doppie voci e chitarra acustica ("Eko Eko Pt. I").

Nonostante qualche ombra qua e là, come alcuni riff un po' troppo simili tra loro (in questo senso gli attacchi di "Eko Eko Pt. II" e "La Notte Delle Streghe" sono parenti stretti) e un'espressività testuale non sempre efficacissima (le liriche del brano d'apertura, per quanto volutamente litaniache e cantilenanti, sono un po' poco incisive), i Khephra confezionano dunque un disco più che buono, valido sotto più punti di vista, espressamente debitore del black metal più puro e "classico", ma non per questo carente di personalità, anzi pregevole testimonianza delle capacità di una band che si fa beffe del passare degli anni e conserva inalterato l'ardore degli inizi, fedele alla causa della Nera Fiamma.

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lunedì 20 maggio 2013

KRUGER - 333


Informazioni
Gruppo: Kruger
Titolo: 333
Anno: 2013
Provenienza: Svizzera
Etichetta: Pelagic Records
Contatti: facebook.com/pages/Kruger-official/124642822544
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Wild Brunch
2. Herbivores

DURATA: 11:22

Gli svizzeri Kruger pubblicano le loro uscite con una cadenza a dir poco costante, ogni due o tre anni viene fuori qualcosa di nuovo, per cui — dato che la band aveva rilasciato il quarto capitolo "For Death, Glory And The End Of The World" nel 2010 — era ora che ci fosse concesso in pasto del materiale inedito. Per non smentirsi, eccoli puntuali come un orologio a servirci "333".

Stavolta però si tratta non di un vero e proprio pasto, bensì di un antipasto ben fatto, ben suonato ed equamente fornito di pulsioni atmosferiche post / sludge, melodie dall'imprinting rockeggiante e pesantezza fangosa che da anni fa loro compagnia, è questo che scalda il nostro udito. "333" è un ep di due tracce, un lavoro che potrebbe far storcere il naso a coloro i quali fossero in attesa del quinto tassello discografico, tuttavia il gruppo giustifica così la scelta intrapresa: "Two songs only, kidding me? Nope. Swiss quality, not quantity". Aggiungerei inoltre che anche la quantità è limitata, poiché il titolo affibbiato al disco corrisponde anche al numero di copie prodotte del vinile formato 10".

In fin dei conti comunque al quartetto basta davvero poco per coinvolgere, le montagne russe sonore insite in "The Wild Brunch" vengono accompagnate da tonnellate di groove. L'unico elemento che potrebbe mettervi "sul chi va la" è quella voce pulita che si staglia all'interno del pezzo, contrastando il growl ruvido: non è male, però ripeto, potrebbe risultare non troppo gradita. In "Herbivores" invece fuoriesce la parte più dura e arrabbiata degli elvetici, le concessioni a quel tipo d'inflessione melodica s'interrompono, puntando su un sound minaccioso e maggiormente scuro.

Questo ep non è di sicuro il modo migliore per conoscere i reali valori in possesso della band, quindi è consigliabile sia in qualità di ascolto che acquisto a chiunque abbia già avuto modo di approfondire la discografia dei Kruger. D'altro canto è una di quelle uscite ascrivibili alla sezione "esclusivamente per i fan" e che questi potranno esaminare sulla pagina Bandcamp, mentre difficilmente potrebbe soddisfare la curiosità di un neofita, al quale al contrario suggerisco di cibarsi delle pubblicazioni passate decisamente più corpose e succulente.

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lunedì 6 maggio 2013

KEPSAH / GRAAD - Split

Informazioni
Gruppo: Kepsah / Graad
Titolo: Split 10"
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Annoying Records
Contatti: facebook.com/kepsah - facebook.com/pages/Graad/217546284965374
Autore: Istrice

Tracklist
1. Kepsah - Coelispex
2. Graad - Summoning

DURATA: 25:37

È un vinile 10" a tiratura rigorosamente limitata quello che contiene la collaborazione fra due realtà estremamente interessanti dell'underground nostrano. Due realtà non ancora emerse agli occhi del pubblico più numeroso, ma sicuramente meritevoli d'essere tenute sott'occhio, vista la qualità della proposta contenuta nel disco in questione.

Aprono le danze i trentini Kepsah, band che macina un post-hardcore intenso e dilatato. Il brano parte da lontano, un arpeggio appena percettibile che lentamente si ingrossa, e risveglia l'ascoltatore dal torpore provocato dall'incipit. È una progressione inesorabile quella che porta al cuore di "Coelispex", un agglomerato di distorsioni, un riffing ossessivo che strizza l'occhio allo sludge psichedelico d'oltreoceano, arricchito dall'inatteso inserimento di un sax caldo e coinvolgente, che crea un momento di distensione, ma è solo l'occhio del ciclone, pochi secondi e si viene rigettati nel disturbante turbinio post-whatever che cede il passo solo nei minuti finali del brano.

Le coordinate musicali di Graad invece sono differenti, drone e black ne sono gli ingredienti principali. In "Summoning" ci accoglie il canto stonato di un muezzin, l'atmosfera si fa immediatamente irrespirabile, mentre l'autore lascia cadenzati droni distorti dietro di sé. Un accenno di melodia si fa strada fra le macerie, mettendosi sempre più in evidenza, in un costante arricchimento e sovrapposizione di tracce sonore. Bisogna attendere la metà del pezzo per sentire lo scream di Bøulevard Pasteur (membro unico della band) insinuarsi nel tessuto musicale e condurre l'ascoltatore verso l'esplosione, verso la feroce cavalcata post-black che compone l'ultimo terzo di brano. La batteria è un martello, costantemente inseguita dalle chitarre, zanzare in cerca di sangue, sempre pronte a ripartire più feroci di prima ogni volta che il brano sembra giungere a una conclusione. Gran pezzo.

Ancora una volta il sottosuolo italico si dimostra ricco di idee e di talento.

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lunedì 29 aprile 2013

KING BONG - Space Shanties


Informazioni
Gruppo: King Bong
Titolo: Space Shanties
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Moonlight Records
Contatti: facebook.com/kingbongofficial
Autore: Leonard Z666

Tracklist
1. Even 50 Feet Hamsters Have Feelings
2. Of Bong and Man
3. Inhale on Main Street
4. Kilooloogung
5. A. B. Ong
6. Cthulhu

DURATA: 01:03:48

Terzo full, sotto etichetta Moonlight Records, per il trio milanese composto da Andrea, Alberto e Teo. Il prodotto dei King Bong si presenta come un bel digipak con una grafica totalmente in stile anni '70, e il dischetto ci propone sei pezzi per un totale di un'ora di psichedelia allo stato brado.

La formula è semplice: prendete Hendrix, mischiatelo con i Black Sabbath e avrete un'ora di space rock-doom-psichedelia che vi spappolerà totalmente il cervello. Sessantatré minuti di musica strumentale per viaggiare nel cosmo o nelle profondità degli abissi alla ricerca di Cthulhu (proprio come è intitolato l'ultimo brano dell'album). Questo "Space Shanties" è un disco da ascoltare tutto di seguito, facendosi trascinare dal groove della solida sezione ritmica e dagli assoli della chitarra. In molti punti, più che una serie di canzoni, sembra una gigantesca jam session e questo è il suo più grande pregio (per me) o il suo peggior difetto (per chi ama canzoni più "quadrate"). Inutile fermarsi a parlare della tecnica dei musicisti: sanno il fatto loro.

In definitiva: un acquisto che sarà la gioia di tutti coloro che vogliono fare un tuffo negli anni '70 e perdersi in un album onirico che vi darà delle soddisfazioni.

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lunedì 22 aprile 2013

KAUSALGIA - Farewell


Informazioni
Gruppo: Kausalgia
Titolo: Farewell
Anno: 2012
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Pest Productions
Contatti: facebook.com/Kausalgia
Autore: M1

Tracklist
1. Reincarnated
2. The Drug
3. Lupaus
4. Farewell
5. As The Curtain Falls

DURATA: 26:33

Da oggi e per alcune settimane vi presenteremo una serie di uscite che reputiamo fra le più interessanti dell'etichetta cinese Pest Productions, specializzata nel pescare in giro per il mondo e diffondere produzioni black metal (ad ampio spettro) di valore, ma prive di un supporto adeguato. È questo il caso dei finnici Kausalgia, che vedono ripubblicato il proprio ep autoprodotto, con l'aggiunta di un quinto brano.

All'interno di "Farewell" troverete poco più di venticinque minuti di black metal atmosferico cangiante, un caleidoscopio di emozioni misteriose e malinconiche ("As The Curtain Falls"), di rabbia e placida rassegnazione ai limiti col doom ("Farewell"), stacchi acustici eterei e assalti lancinanti. L'introduttiva "Reincarnated" è già un'ottima summa della situazione, arricchita da lievissime tastiere, note di pianoforte e melodie, che per una qualche ragione in "Lupaus" mi hanno ricordato l'approccio folk di Myrkgrav. "The Drug" invece è chiaramente una eredità del precedente progetto raw black metal Hypotermia, nel quale erano coinvolti il batterista Tommi Häyrynen e il cantante/chitarrista Markus Heinonen; le tracce del demo "Winter Holocaust" sono ascoltabili sul sito mikseri.net.

Ogni singolo brano è vivo e pulsante a livello ritmico, Markus vi si approccia con uno scream aspro e graffiante che si fa più roco nei momenti più lenti. A livello formale, "Farewell" si presenta in una pregevole custodia in cartoncino (all'apparenza solida) con un lavoro grafico curato e intrigante, seppur priva di libretto; la bambina sospesa a mezz'aria presente in copertina non è per nulla rassicurante...

Questo ep degli esordienti Kausalgia si dimostra un'uscita davvero piacevole e promettente per il futuro, vista la semplicità con la quale scorre e la capacità del gruppo di comporre canzoni in grado di rapire l'ascoltatore senza doverlo "tartassare" con inutili lungaggini. Altro punto a favore è che, nonostante una certa semplicità di fondo, cresce con gli ascolti. Nel consigliarvi quindi i Kausalgia, vi rimando alle prossime settimane per nuove uscite targate Pest Productions.

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KONGH - Sole Creation


Informazioni
Gruppo: Kongh
Titolo: Sole Creation
Anno: 2013
Provenienza: Svezia
Etichetta: Agonia Records
Contatti: facebook.com/KonghDoom
Autore: Mourning

Tracklist
1. Sole Creation
2. Tamed Brute
3. The Portals
4. Skymning

DURATA: 45:24

I Kongh per il sottoscritto sono il simbolo della concretezza fatta doom, divenuti un duo dopo l'abbandono del bassista Johann Göransson, figura che agli attenti lettori di Aristocrazia non sarà sfuggita nelle fila dei connazionali Inferno (XII), i soli David Johansson (chitarra, voce e basso) e Tomas Salonen (batteria) hanno rilasciato il terzo album intitolato "Sole Creation" tramite l'etichetta polacca Agonia Records e ancora una volta il centro è stato colpito e frantumato.

I musicisti svedesi conoscono sin troppo bene il loro mestiere, difatti la propria forma canzone — pur non distaccandosi da una visione globale nota, nella quale convergono sfumature stoner/sludge, passaggi al limite con le cadenze death e anneriti, che rendono il sound ancor più maligno, e altri dissonanti per evocare vagamente tendenze "post-icce" — è un porto sicuro per chiunque ami il genere, vantando sia una qualità emotiva che espositiva ben al di sopra della media. In questo modo i quattro lunghi capitoli che compongono il disco danno vita a una prestazione in cui gli abissi profondi e oscuri creati dalla strumentazione incrociano la componente evocativa della sezione vocale, dove il disagio e la spiritualità convivono. La voce di David è splendida nel suo diversificarsi in "Tamed Brute", è ammaliante nel ritornello di "The Portals", capace di conficcarsi come un chiodo nel cervello, il cantante in un paio di occasioni sembra addirittura un incrocio fra Ozzy Osbourne e Layne Staley, il connubio fra l'ugola classica dei Black Sabbath e quella dell'artista della scena di Seattle è percettibile all'orecchio e si rivela particolarmente interessante, inoltre Johansson non rinnega la sua natura estrema con la quale aumenta lo spessore del nero che avvolge le tracce affondando in growl. Le chitarre formano una muraglia spessa e invalicabile, l'atmosfera è continuamente funesta e il dissestato e lamentoso umore della titletrack, con la corposa dinamicità incanalata nelle ritmiche fornite alla conclusiva "Skymning", si erge a riprova della consistenza e dell'equilibrio ormai acquisiti dai Kongh. Gli ingranaggi insomma ruotano alla perfezione e l'opera non ha bisogno di sotterfugi e sperimentazioni per conquistare, facendolo alla vecchia maniera e alla grande.

Quando la musica diventa incubo si può decidere di combatterlo oppure viverlo, di lasciarsi andare perdendovisi dentro o sperare in una via d'uscita, sono questi i bivi che incrocerete ascoltando "Sole Creation", volete quindi intraprendere questo impervio sentiero? Se la risposta fosse sì, dovreste comprare il disco e macinarlo per benino.

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lunedì 1 aprile 2013

KHAN - The Plague


Informazioni
Gruppo: Khan
Titolo: The Plague
Anno: 2012
Provenienza: Canada
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: khancrust.bandcamp.com
Autore: ticino1

Tracklist
1. Healing Comes Through Blood
2. The Plague
3. Tentacles Of Abomination
4. Not So Smart Now vs Predator
5. Giant
6. Jukai
7. Requiescant In pace
8. Seeking Light
9. A Rapist Circle

DURATA: 29:42

Mi avventuro nuovamente in terreni da me poco conosciuti alla scoperta di nuovi gruppi, questa volta desidero presentarvi il lavoro dei Khan, formazione canadese che si definisce Crust. Come potrete immaginare osservando la copertina, vedremo che questo termine non onora a fondo la varietà di sonorità proposte in questo vinile. Detto tra parentesi, il video ufficiale mi lascia alquanto perplesso... mostra, infatti, membri della scena Gothic, rinuncio a definire più finemente, che danzano allegramente.

Ho trovato poche informazioni riguardo al gruppo e dunque sono solo in grado di dirvi che, se credo a ciò che riferisce il rivenditore ufficiale, alla voce (al grido per essere precisi) abbiamo una signorina che è sostenuta a volte da un growl maschile. Dove ci troviamo musicalmente? Una definizione che sia definitivamente valida è ardua da trovare. Sì, il d-beat è presente, ma i pezzi complessi offrono molto di più; troviamo hardcore dello stile più inaccessibile come quello degli storici Rorschach, riff heavy metal e doom, punk alla Discharge, alcuni accenti post metal e tanto più. Se aveste pensato d'incontrare una ragazza facile, vi converrà schivare ampiamente questo lavoro molto interessante. Non sono sicuro se i pezzi possano essere trattati fuori del complesso chiamato "The Plague"; ogni singola traccia è un complemento delle altre e pure quella più melanconica, intitolata "Requiescant In Pace", che contiene del parlato, sarebbe nuda senza il resto.

Questi artisti canadesi offrono musica sì aggressiva e complessa, ma riescono anche a porre l'accento sull’intelligenza nella composizione. La produzione solida e pulita delle piste è un altro punto a favore della qualità. Le canzoni sono sapientemente intrecciate e le differenti idee non danno l'impressione di essere state connesse fra loro a casaccio come succede sovente in altri casi. I Khan trasmettono sensazioni senza perdere di vista il ritmo che motiva le masse e riescono così a raggiungere persone con i gusti più disparati.

Il mio LP, di fighissima qualità, l'ho ordinato dalla Toys Of Disharmony, piccola casa canadese lenta ma affidabile. Detto questo, non mi resta che invitarvi all’ascolto, chissà che tu o anche tu entriate a far parte dei sostenitori di Khan.

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KARMA RAGE - Society


Informazioni
Gruppo: Karma Rage
Titolo: Society
Anno: 2012
Provenienza: Ucraina
Etichetta: Metalscrap Records
Contatti: ru.myspace.com/karmarage
Autore: Mourning

Tracklist
1. Alcohol
2. Simple Truth
3. Dose Of Death
4. Adjustment
5. Not Goodbye
6. New Generation
7. Who Are You?
8. The Average Creep
9. Pills For The Brain
10. What's Next?

DURATA: 42:58

Nella musica come nella vita c'è chi preferisce andare dritto per dritto, chi ama complicarsi le cose e chi invece rimane a metà strada, risultando il più "incasinato" dei tre, ma non per questo il meno meritevole.
La band thrash ucraina Karma Rage è alla prima vera prova con il debutto "Society", in precedenza aveva rilasciato il solo demo "Zombification" nel 2007, e dimostra di avere delle discreti doti caratteriali e compositive, riversate all'interno di una prestazione che impatta notevolmente dura, offrendo apprezzabili varianti groove e facendo intravedere un'impostazione tecnica adatta ad apportare quel pizzico di dinamismo in più per tirarsi fuori della media scontatissima, fatta di repliche su repliche spesso frenate e inclini a seguire pedissequamente i cliché del genere.
Non voglio asserire che il quintetto proveniente da Sievierodonetsk sia formato da fuoriclasse e neanche che abbia rilasciato un disco epocale, è però interessante entrare in contatto con brani quali "Adjustment", "Not Goodbye" e "What's Next?", nei quali si percepisce come i musicisti siano totalmente a proprio agio e spontanei. Inoltre il basso è frequentemente vivo e percettibilissimo, e pur trovandoci dinanzi a un disco che fuori di qualsiasi dubbio nutre profonda "ammirazione" per una serie di realtà storiche fondamentali come Slayer, Exodus, Pantera, Death, Coroner (e ne riscontrerete sicuramente altre), si ha la possibilità di definire matura la proposta.
Certo, l'utilizzo della propria lingua nazionale preferita all'inglese è un'arma a doppio taglio, da un lato pare che in alcuni momenti aggiunga pesantezza ai brani, dall'altro si rivela un tantino "sgraziata" e non è d'aiuto il cantato di Vladislav Proshunin che nel tentativo di estremizzarsi, rendendo stridulo il suo "urlato", esagera un pizzico di troppo. E si sa che il troppo "stroppia".
I Karma Rage son partiti con il piede giusto, "Society" magari non farà impazzire gli incalliti della vecchia scuola e detrattori a priori di qualsiasi uscita che non si conformi a standard ricalcanti una precisa decade musicale, è però un album che non andrebbe preso sottogamba. C'è da divertirsi e scapocciare, quindi prima di scartarlo, dategli una chance e chissà che "qualcosa" non vi faccia cambiare, seppur in parte, idea.

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domenica 24 febbraio 2013

KOMAH - Beetween Vice And Virtue

Informazioni
Gruppo: Komah
Titolo: Beetween Vice And Virtue
Anno: 2012
Provenienza: Belgio
Etichetta: Spinal Records
Contatti: facebook.com/komahofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Birth
2. One After The Other
3. Breaking Horns
4. A Humbling Experience
5. The King of Raptors
6. Last Way To Cerberus
7. Beyond The Limits
8. Destiny Written In Blood
9. Hidden Sacrifice
10. The Hunt

DURATA: 40:53

Premessa: per quanto gli ultimi lavori dei Machine Head siano esaltati dalla massa in genere, il sottoscritto li trova altamente pallosi, ne odia i ritornelli orecchiabili e quelle "sviate" melodiche adolescenziali, li reputo morti da una vita e mi auguro che un giorno riescano a convincermi del contrario. Chiusa premessa: possiamo iniziare a discutere dei Komah.
La band belga fondata nel 2009 dal chitarrista Luigi Chiarelli è una delle tante che propone il cosiddetto sound post-thrash odierno, con la formazione di Flynn a esserne la chiara ispirazione principale e purtroppo con la figura dei Trivium che si affaccia di tanto in tanto. Abbiamo quindi a che fare con un album, "Beetween Vice And Virtue", che formalmente se la cava bene spingendo, "grooveggiando" e com'era alquanto prevedibile concedendosi quelle aperture moderne e che favoriscono intrusioni di stampo melodico internamente ai brani; fortunatamente devo riconoscere una sostanziale assenza di melassa e sin qui nessun tipo di problema o remora particolare, l'ascolto fila liscio e scandito da una buonissima prestazione per ciò che concerne impatto e intensità.
Con il passare degli ascolti però si incrociano schemi compositivi ormai triti e ritriti, ben assemblati, su questo c'è poco da dire, tuttavia sulla lunga distanza ciò che ne rimane è poco.
Andando per esclusione, esaltando i lati positivi di "Beetween Vice And Virtue" racchiusi nelle dinamiche percussive di brani come l'opener "The Birth" e "Beyond The Limits", nella collaborazione con due membri dei Pro-Pain (il fondatore Gary Meskil, cantante e bassista del gruppo statunitense e il chitarrista Adam Phillips, entrato a farne parte nel 2011) in "The King Of Raptors", che è davvero una bella padellata, e nell'ottima prova dietro al microfono del cantante Leny Andrieux, efficace sempre e comunque, il contorno è caratterizzato da un già sentito che si ripete e ripete.
Il lavoro chitarristico di Chiarelli è perfettamente dedito a creare riff nello stile, la solistica fa il suo senza strafare, in pratica il compito è svolto con pulizia; una nota lieta è la produzione decisamente adatta, ma il risultato come si usava dire durante il periodo da militare è un "tutto a posto e niente in ordine" che non ti cambia di una virgola la giornata.
Le doti in possesso dei Komah sono più che discrete, le armi devono però essere affinate per provare quantomeno a rivolgere lo sguardo al di fuori di un recinto compositivo divenuto oggigiorno sin troppo limitante.
Ovviamente coloro che seguono con passione e interesse questa frangia della scena thrash non potranno che trovare piacevole un disco come "Beetween Vice And Virtue", se siete tra questi la proposta dei musicisti belgi vi sarà di lieta compagnia.

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lunedì 28 gennaio 2013

KINGBATHMAT - Truth Button

Informazioni
Gruppo: KingBathmat
Titolo: Truth Button
Anno: 2013
Provenienza: Inghilterra
Etichetta: Stereohead Records
Contatti: facebook.com/kingbathmat
Autore: Mourning

Tracklist
1. Behind The Wall
2. Abintra
3. Book Of Faces
4. The End Of Evolution
5. Dives And Pauper
6. Coming To Terms With Mortality In The Face Of Insurmountable Odds

DURATA: 50:36

I KingBathmath a quanto pare sono in giro da un po' di tempo, la formazione britannica infatti ha sin qui prodotto ben cinque lavori: "Son Of A Nun" (2003), "Crowning Glory" (2004), "Fantastic Freak Show Carnival" (2005), "Blue Sea, Black Heart" (2008), "Gravity Field" (2009) e il sesto è questo "Truth Button" del quale sto per scrivere.
La formazione ad oggi è costituita dal membro fondatore John Bassett (basso, voce e composizione dei pezzi), Lee Sulsh (chitarra), David Georgiou (tastiere) e Bernie Smirnoff (batteria). Per abbracciare la loro proposta è fondamentale conoscere un concetto:

KingBathmat are not beholding to a multi-national corporation, a debt, or a self proposed obligation. They do what they want.

Il pensiero è semplice, saprà anche un po' di cliché ma è coerente con ciò che troverete all'interno del disco, infatti la natura dei sei pezzi di questo concept album è alquanto diversificata e valica con costanza il muro delle influenze dal quale traggono ispirazione, muro che si rivela essere adornato dalle raffigurazioni di artisti famosi come Pink Floyd, Black Sabbath, Genesis, Beach Boys, Marillion, Yes, Spock's Beard, Foo Fighters e chissà quanti altri ve ne potranno venire in mente.
Tutti quanti vengono omaggiati eppure non copiati, il sound e l'esposizione conferiti ai singoli episodi evidenziano una capacità di strutturare e alternare fasi atmosferiche limpide, cicli psichedelici e l'animosità del rock più sanguigno senza che vi sia quel retrogusto amaro da dejà-vu forzato che spesso e volentieri ci tocca, quasi costretti molte volte, a dover assaporare durante un ascolto così sfaccettato.
"Truth Button" affronta un tema ormai non più appannaggio della sola fantasia: la tecnofobia e la relativa disconnessione sociale.
È una realtà di fatto che la vita dietro uno schermo sia più "facile" da affrontare rispetto alla quotidianità e questo "pulsante della verità" userebbe l'evoluzione tecnologica per far sì che la stessa verità, ciò che in fin dei conti dovrebbe essere presa come una rivelazione ideale a rendere la comunicazione più agevole, si tramuti in un mezzo conduttore di confusione e sbandamento, entrambi ottimi agenti al servizio di un ulteriore e più profondo asservimento emotivo, una liberazione che induce alla costrizione, è un bel paradosso.
Un altro paradosso, se così lo possiamo considerare, è l'analisi di un argomento simile sfruttando però una musicalità distante anni luce da qualsiasi forma di strumentalizzazione robotica e industriale, quello che pulsa nelle vene dei KingBathmath è un amore viscerale per il rock, che si espande tanto da coprire una gamma di suoni e sensazioni che vi permetteranno di compiere un viaggio in più circostanze rivolto al passato.
Sembra quasi che vi sia una strana interpretazione dickensiana, tanto per rimanere in terra d'Albione, nel mettere al corrente l'ascoltatore di tale possibile scenario.
Un po' come avviene per la coscienza del personaggio Ebenezer Scrooge, costretto ad affrontare gli spiriti del Natale passato, presente e futuro in "A Christmas Carol", canzoni come "Behind The Wall", "The End Of Evolution" e "Coming To Terms With Mortality In The Face Of Insurmountable Odds" fanno riflettere su quanto e come ci si possa opporre a una simile deumanizzazione, partendo proprio dai passi precedenti a ciò che avverrà.
Incubo o sogno? Cos'è allora questo "Truth Button"? In parte entrambi, starà a voi comprendere quale delle due visioni si addica al vostro stato d'animo o alle previsioni per un futuro sempre più incerto e dissestato dallo smodato contatto fra uomo e macchina.
Quello che i KingBathmath fanno non è altro che darvi l'accesso a tale "twilight zone" tramite la loro musica, siete pronti ad accettarne l'invito?

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lunedì 21 gennaio 2013

KARHU - Survival Of The Richest

Informazioni
Gruppo: Karhu
Titolo: Survival Of The Richest
Anno: 2012
Provenienza: International
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/TheKarhuGroove
Autore: Mourning

Tracklist
1. Lambent
2. Reality 2.0
3. B-Vera
4. KERpaser
5. Survival Of The Richest
6. Ignorance
7. The Dream
8. D-44
9. Isa
10. Darker Days
11. Feeder
12. Open
13. Vinette

DURATA: 51:48

Nelle mie recensioni mi sono lamentato più volte del fatto che lavori di pregevole fattura non avessero ricevuto nessun supporto dalle label di settore, torno a farlo anche stavolta con il progetto britannico/finnico dei Karhu (la traduzione italiana del monicker finnico è "orso", c'è anche una popolare birra di quella nazione che si chiama così) scrivendo del loro "Survival Of The Richest".
In un panorama metal nel quale le uscite di stampo metal-core sembrano non finire mai, con il loro fare spiccatamente catchy e se continuasse di sto passo ritroveremmo probabilmente anche Rihanna fra le influenze principali di certi new act, vi sono anche musicisti che riescono a far brillare ciò che contestualmente viene inserito nel filone del "non lo sopportiamo più".
È infatti innegabile che il metallaro e l'ascoltatore di estremo in genere siano totalmente annoiati per non dire infastiditi dalle uscite di gente come As I Lay Dying quanto Whitechapel, Trivium e amenità similari. Quanto proposto dal quartetto composto da Osku Kinnunen (chitarra e growl), Joseph Parry (chitarra e clean), Oliver Davis-Gower (batteria) e Matthew Morris (basso) è un tipo di composizione che vira continuamente e repentinamente in più direzioni, possiede il groove di creature come i Lamb Of God, l'appeal di certe soluzioni di stampo Opeth, la visione moderna di una realtà interessante quali sono gli Allegaeon, le movenze progressive e alternative del rock di gente come gli At The Drive In e credetemi se vi dico che di nomi ve ne gireranno parecchi in testa.
La dote del platter sta nel riuscire non solo a farli convivere, ma a tramutarli in canzoni che non annoiano, si lasciano ascoltare, riascoltare mantenendo con assiduità viva l'attenzione, a cos'è dovuto questo risultato? I Karhu non hanno la bacchetta magica, non mettono la mano nel cilindro tirandone fuori un coniglio bianco, sono dei ragazzi che hanno però ben chiaro come si assembla un pezzo evitando di rinchiudersi nel circolo vizioso degli standard prefabbricati limiti invalicabili per coloro che suonano metalcore da settemila breakdown a brano e cori degni dell'Antoniano (i bambini eccellono mentre loro no) infatti fra le tante motivazioni plausibili a favore di questi ragazzi vi sono i cambi di tempo, le dinamiche ritmiche coinvolgenti, Oliver dimostra di sapersela cavare anche in situazioni dagli sviluppi più celeri come avviene per esempio in "Ignorance" (una fra le tante), e il perfetto connubio vocale tra il growl di Osku e il cantato pulito di Joseph, che palesemente in più di una circostanza porta alle mente il signor Chris Cornell, distante anni luce dalla solita accoppiata "urlatore da fiera - adolescente in amore" che osa devastarci i timpani.
Potrei consigliarvi un brano piuttosto che un altro ma non lo farò, il disco gira bene ed è integralmente godibile, ovviamente a patto che abbiate un minimo di voglia d'andare oltre la visione a compartimento stagno dell'integralismo metal, è sì musica moderna e ibrida, tuttavia non essendoci cadute di stile rovinose né tantomeno chissà quale deriva pop a potervi causare dolori intestinali, dovreste almeno provare a dare una chance a "Survival Of The Richest".
I punti deboli? Devono essercene per forza? Sì, la derivazione da più identità è chiaramente riscontrabile, però non è affatto di peso; la tecnica a disposizione dei musicisti è ben più che discreta; la produzione curata quanto basta in maniera da estraniarsi dalla moda da confezione asettica dell'ultima ora.
Possiamo far "girotondo" quanto volete, se è di una risposta che necessitate, se avete interesse sia nello sbatacchiare la testa che nell'avere all'orecchio un album capace d'intrattenervi con canzoni di qualità, i Karhu fanno sicuramente per voi.

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