Informazioni
Gruppo: Cardinal Sin
Anno: 1996
Etichetta: W.A.R.
Autore: Akh.
Tracklist
1. Spiteful Intent
2. Probe With A Quest
3. The Cardinal Sin
4. Language Of Sorrow
DURATA: 16:33
Beh dopo la sua dipartita dai Dissection chi di voi non era curioso di vedere cosa John Zwetsloot avrebbe tirato fuori dal suo cilindro? Eccoci accontentati con questi Cardinal Sin.
Quattro pezzi di puro Black/Death svedese in classico stile Zwetsloot, in cui possiamo ammirare quanto questo genio sregolato abbia dato in termini di classe a quel capolavoro di "The Somberlain", arpeggi e riffing serrati si sposano con maestria incredibile, su cui Joakim "Af Gravf" Göthberg (ex Marduk) si ritaglia elogi con una dimostrazione incredibile per cattiveria e tagliente ferocia vocale, oltre a dimostrarsi un valente batterista, per come riesce senza cali a rendere accattivante la sua prestazione dietro le pelli.
L'iniziale "Spiteful Intent" si apre melodica ma ispiratissima sia per riffing, sia per arrangiamenti, sia nelle parti piu' veloci e nei break, sia nelle parti piu' midtime, in cui la testa incomincera' a scapocciare senza la vostra volonta', un pezzo che riesce a prendere dentro veramente di brutto.
La successiva "Probe With A Quest" è un brano che va ad elogiare un'altra vecchia conoscenza, tale Magnus "Devo" Andersson (anch'egli gia' nei connazionali Marduk), è sua questa composizione, che seppur piu' moderata nel ritmo, mantiene tutta la freschezza melodica del pezzo precedente dando una strizzatina d'occhio al Thrash (non so a voi, ma la prima pennata mi ha riportato a mente i Megadeth di "My Darkest Hour"), cosa che arricchisce ulteriormente il suono di questi ispirati svedesi.
La seguente "The Cardinal Sin" è il brano piu' incisivo del lavoro, la melodia del gruppo si schiettisce per divenire piu' abrasiva e diretta, la voce di "Af Gravf" diviene irrefrenabilmente aspra e pare davvero che sputi addosso tutto il suo carico d'odio e astio, il gruppo lavora duramente per coinvolgere emotivamente, riuscendoci alla grande.
La chiusura viene affidata alla sognante chitarra classica di Zwetsloot, che non si smentisce regalandoci quaranta secondi di poesia musicale.
Un mini che vale piu' di tanta inutile plastica, i Cardinal Sin hanno fatto centro, complice il talento e la prepotente freschezza d'idee del gruppo, non ci rimane che attenderli sulla lunga distanza; augurandoci che la scostanza di Zwetsloot non abbia la meglio sulla sua indubbia classe.
Un mini che ogni amante di certa Svezia deve possedere indubbiamente!
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lunedì 8 marzo 2010CARDINAL SIN - Spiteful Intentslunedì 1 marzo 2010MYSTICUM - In The Streams Of Inferno
domenica 20 dicembre 2009DARKTHRONE - Total DeathInformazioni Etichetta: Moonfog Anno: 1996 Gruppo: Darkthrone Autore: Svartulv Tracklist 1. Earth’s Last Picture 2. Blackwinged 3. Gather For Attack On The Pearly Gates 4. Black Victory Of Death 5. Majestic Desolate Eye 6. Blasphemer 7. Ravnajuv 8. The Serpents Harvest DURATA: 35:47 ![]() Inutile star qui a descrivere i fasti passati, ed altrettanto inutile ricordare l’influenza, l’importanza ed il valore che questa band si è creata col passare degli anni, tutto questo è una sorta di “legge” che ogni ascoltatore di Black Metal dovrebbe aver ormai impressa come un marchio a fuoco nella propria mente! “Total Death” è un lavoro purtroppo da sempre sottovalutato, ingiustamente perché mostrava una band in gran spolvero e capace di “reinventarsi” allontanandosi gradualmente dal proprio passato, capace di stupire e lasciare tutti a bocca aperta (ed alcuni con l’amaro in bocca), capace di cambiare dopo il momento di massimo splendore culminato con l’eccellente “Panzerfaust”. E’ per questo motivo che vedo questo album come una sorta di svolta atta ad accrescere gli orizzonti musicali e non come un passo falso come molti (tra cui lo stesso Fenriz) affermano. Ovviamente non siamo di fronte ad un capolavoro di rara perfezione, né posso dire che non vi siano elementi magari troppo azzardati o fuori posto, particolari che curati con più attenzione potevano dare maggiore fascino alla musica composta e valore al risultato finale. Così come l’ispirazione che non sempre è all’altezza della gelida fama che sino a quel momento li aveva contraddistinti. Per esempio, la produzione nitida ma troppo ovattata è sicuramente portatrice d’oscurità, a discapito però delle fredde ventate scandinave che erano diventate usuali per il gruppo, così come il riffing sempre più influenzato da venature Old-School, tendente a donare malsanità infernale scalzando per la maggior parte dal trono le care atmosfere nordiche ed agghiaccianti. Non tutto è andato perduto, ci sono ancora canzoni che contengono il loro marchio di fabbrica tendente alla glacialità più scivolosa e penetrante, come lo stupendo riff conclusivo di “Earth’s Last Picture”, supportato da un basso ispirato ed inaspettatamente “melodico”. Così come la tiratissima “Gather For Attack On The Pearly Gates” o “Ravnajuv”, toccante ed intensa, quella che più s’avvicina alla tradizione norvegese. Il resto è un vero miscuglio, dai tempi medi cari al loro stile minimale all’insana lentezza portatrice di dolore interiore, dalla tenebrosa morbosità della violenta “Blackwinged” alla malata e schizofrenica “Blasphemer”, una canzone fuori dagli schemi per loro, instabile, “caotica” e perché no, spensierata! Infatti ascoltando questo pezzo è come trovarsi di fronte ad un pezzo fondamentalmente Thrash ma venato da influenze Punk, soprattutto per com’è suonata la batteria. Un affronto? Un omaggio al passato? Un errore? Io dico che è un esperimento fottutamente riuscito, incalzante e trascinante, un segnale di personalità, di non sottostare a degli schemi pre-imposti… Stona forse col resto dell’opera? Sinceramente no, quindi non vedo il motivo di attaccarmi a questa “novità” per cercare inutilmente di abbattere questo disco sincero e portatore d’odio che aleggiava all’epoca sopra le menti di Nocturno Culto e Fenriz. Una traccia che non mi prende affatto in realtà c’è, si tratta di “Black Victory Of Death”, per me troppo spensierata, tanto da farmi pensare che sia stata composta priva di coinvolgimento da parte del duo. Sulle altre, niente da obiettare, qualche calo qua e là ma niente di eclatante, tutto il lavoro si mantiene su livelli qualitativi sopra la media. Non dimentichiamo un altro fattore “innovativo”, ovvero la partecipazione di più ospiti nella stesura dei testi, e che ospiti, trattasi infatti di nomi importanti della scena norvegese, tali Garm, Ihshan, Carl-Michael Eide e Satyr, non aggiungo altro… Siete sicuri che i Darktrhone siano morti dopo “Panzerfaust”? Io ci ripenserei e fossi in voi mi procurerei e consumerei questo “Total Death” fino a renderlo nauseabondo! Continua a leggere... venerdì 4 dicembre 2009ICED EARTH - The Dark SagaInformazioni Gruppo: Iced Earth Anno: 1996 Etichetta: Century Media Autore: Mourning Tracklist 1. Dark Saga 2. I Died for You 3. Violate 4. The Hunter 5. The Last Laugh 6. Depths of Hell 7. Vengeance Is Mine 8. Scarred 9. Slave to the Dark 10. A Question of Heaven DURATA : 43:49 ![]() Correva l’anno 1996 quando Schaffer diede i natali all’opera di mezzo del periodo d’oro della prima era Barlow. Un disco stilisticamente scarno, senza molti fronzoli, Dark Saga; sicuramente il più diretto della discografia degli Iced, dove le venature thrash abbondano ed il sapiente lavoro dietro le pelli di un genietto come Mark Prator con scelte semplici ed azzeccate gli fa guadagnare impatto e corposità. Pattern vario e ben gestito anche nella scelta della tracklist, che fa sussultare passando per una romantica e dolciastra “I Died For You” ad una violenta e rozza “Violate”, così come alla trascinante “Vengeance Is Mine” tocca l’arduo (e ben riuscito) compito di tenere unito il disco e condurci verso l’ascolto della trilogia finale composta da “Scarred” ,”Slave To The Dark” e “A Question From Heaven”, che racchiude in toto l’operato stilistico marchio di fabbrica Schafferiano. Un racconto unico di un’anima persa che, condannata all’oscurità, riesce alla fine a ritrovare la strada che lo condurrà ad un’ascesa celeste. La prova della formazione è impeccabile, con un Barlow a dir poco stratosferico che si esibisce in tutto il suo repertorio, dallo screaming graffiato ai sussuri, voce totalmente pulita e parti rabbiose sempre calzanti e mai scontate che invitano con piacere l’ascoltare ad accostare la propria voce alla sua. John viveva il suo periodo più ispirato (appena due anni dopo avrebbe creato quel “Something Wicked” da molti ritenuto suo apice compositivo) e in questa creatura dà sfogo alla parte del suo animo legata all’istintività, senza mai tralasciare dei piccoli spazi riflessivi che da sempre lo contraddistinguono. L’album in effetti è un concept ben preciso che un passo dopo l’altro ci conduce fra le fiamme infernali tramite il dolore per un’amore perso, il tradimento subito, la voglia di vendetta e le varie emozioni che tendono a portare l’uomo verso il punto più basso della sua personalità, rendendolo privo di quella stessa umanità che dovrebbe contraddistinguerlo dalla bestia. La produzione è perfetta e dà quella spinta in più (come se ne avesse bisogno), definendo al meglio gli strumenti con un suono di rullante perfetto ed arrangiamenti, seppur minimali, curati e minuziosi che non creano falle all’interno del disco. Chi non avesse mai ascoltato un disco degli Iced Earth iniziando con questo avrebbe una visione completa e variegata di tutto quello che Schaffer è riuscito ad inserire nelle sue composizioni negli ormai molti anni di carriera. Piccolo gioiello di estremo valore. Continua a leggere... mercoledì 2 dicembre 2009BETHLEHEM - Dictus Te Necare
Informazioni
Gruppo: Bethlehem Anno: 1996 Etichetta: Red Stream Autore: Leonard Z Tracklist 1.Schatten Aus Der Alexander Welt 2.Die Anarchische Befreiung Der Augenzeugenreligion 3.Aphel - Die Schwarze Schlange 4.Verheißung - Du Krone Des Todeskultes 5.Verschleierte Irreligiosität 6.Tagebuch Einer Totgeburt 7.Dorn Meiner Allmacht DURATA : 43:56 ![]() Ecco il punto culminante della carriera musicale dei Bethlehem, gruppo tedesco capitanato da Jurgen Bartsch, ideatore del filone del suicidal black metal o come vi piace di più chiamarlo (i Bethlehem lo definiscono “Dark Metal”). Se volessimo dare delle coordinate sonore, potremmo dire che i Bethlehem suonano un misto tra doom e black metal. Ma quello che scaturisce dall’unione di questi due sottogeneri è qualcosa di completamente nuovo, nel 1996 assolutamente rivoluzionario. Preparatevi a un viaggio nella disperazione e nel dolore, perché se i Bethlehem avevano già dimostrato di saperci fare col precedente “Dark Metal”, qui hanno veramente aperto le porte dell’inferno! Le vocals di Landfermann sono quanto di più allucinante si possa immaginare. Lontane anni luce dalla classica impostazione del black metal, questi veri e propri urli di dolore spiazzano l’ascoltatore, facendo capire da subito che non ci troviamo dinnanzi a un lavoro facilmente catalogabile. Il punto forte dell’album è senz’altro costituito dalle chitarre di Matton, che tesse la parte melodica abbandonando ogni velleità di impatto sonoro. L’album si alterna su continui cambi di tempo e ogni pezzo si incastra perfettamente col precedente, creando un’unica esperienza sonora che fa sprofondare in un turbine di dolore e disperazione. Se ciò non bastasse i testi (rigorosamente in tedesco) sono così criptici e grotteschi (come anche molte delle interviste rilasciate dallo stesso Bartsch) da acutizzare ancora di più il senso di spaesamento dell’ascoltare. In definitiva senza quest’album non avremmo molte delle band che oggi spopolano nel panorama metal. Una su tutte gli Shining, che più di altre deve ai Bethlehem tutta l’impostazione del loro sound. Per chi non ha questo album: se riuscite a procurarvelo accaparratevelo immediatamente, perché è uno dei lavori che ha aperto una strada invece di seguire i trend, come fanno la maggior parte delle band metal. Se i Bethlehem hanno cercato di farci capire cosa significa “suicidio”, con quest’album sono riusciti nel loro intento. Continua a leggere...
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