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lunedì 30 maggio 2011SHINING - VII: Född FörlorareInformazioni Gruppo: Shining Anno: 2011 Etichetta: Spinefarm Contatti: www.myspace.com/shininghalmstad Autore: Leonard Z Tracklist 1. Förtvivlan, Min Arvedel 2. Tiden Läker Inga Sår 3. Människa O'Avskyvärda Människa 4. Tillsammans Är Vi Allt 5. I Nattens Timma (Landberk cover) 6. FFF DURATA: 41:47 E dopo aver sparato a zero su quella schifezza atomica del capitolo VI (adesso anche Niklas ci viene a dire, nelle interviste, che, oibò, il precedente album fa schifo perché è un esperimento fatto in due giorni... se me lo dicevi prima di comprarlo magari mi risparmiavo i soldi, ma tranquillo, non commetto due volte lo stesso errore) eccoci a parlare del nuovo uscito: "VII, Nato Perdente" (nomen omen?). Posso dire con certezza che questo è l'album che porterà gli Shining al successo planetario. E' così bello, direte voi? No, assolutamente, fa pena. Ma fa ribrezzo in quella maniera ruffiana che è fatta apposta per l'ascoltatore metal moderno. Se non riuscite a immaginarvi questo cd vi dico una cosa: prendete i riff più brutti dei vecchi Shining (e ai bei tempi di riff orrendi ce n'erano davvero pochi), aggiungete gli assoli da Guitar Hero (non intendo Malmsteen, intendo proprio il videogioco!) e infine spruzzate tutto con una buona dose di Opeth e via! Servire caldo con un po' di finta autodistruzione. Ecco fatto! Le ragazzine ne andranno pazze. E pensare che un tempo, dal primo album fino al V, con picco sul III e IV, questa band sapeva davvero trasmettere una dose esagerata di angoscia e disperazione. Questo cd ci mostra un progetto musicale che non vive più per trasmettere un messaggio, ma che oramai si è incanalato sui binari "commerciali" della musica estrema. Sembra una frase fatta, ma è così: gli Shining si sono venduti, o meglio, forse Niklas ha perso interesse nel trasmettere dolore con la sua musica, o forse semplicemente gli psicofarmaci hanno fatto effetto e non ha più tutto questo dolore da trasmettere agli altri. Per lui è davvero un bene (e non scherzo), per noi ascoltatori no! Ah, potrei parlarvi dell'album brano per brano, ma vi assicuro che nessuno di voi vuole davvero che io vi nomini quelle chitarrine acustiche con i giri triti che aprono "Tiden Läker Inga Sår" e la voce pulita e anche leggermente stonaticcia (diomio) che fa capolino qua e là. Da evitare come la peste bubbonica. Comprate i vecchi album meritano, scordatevi questo e il precedente (che forse è anche peggiore! Tutto dire!). Continua a leggere... TRACKER - Now I Became An AlienInformazioni GRABAK - SinInformazioni Gruppo: Grabak Anno: 2011 Etichetta: Twilight Vertrieb Contatti: www.myspace.com/grabak Autore: M1 Tracklist 1. Prologue - The Covenant 2. Wrath - Into A Mental Inferno 3. Envy - Beyond The Grace of God 4. Gluttony - The King's Jester 5. Sloth - The Echoes Of Babel 6. Lust - Of Masters and Servants 7. Greed - The Sign Of The Rope 8. Pride - The Black Mirror 9. Epilogue - The Lord Of Sin DURATA: 42:28 Torna a farsi sentire uno dei gruppi su cui riponevo maggiori speranze all'interno del panorama black di matrice svedese: i tedeschi Grabak. In un periodo in cui Marduk e Dark Funeral non si esprimevano al meglio (purtroppo oggi solo Morgan e soci si sono ripresi alla grande con l'ottimo "Wormwood") questi fedeli adoratori della Nera Fiamma se ne uscirono con un "Agash Daeva" (2007) che mi impressionò parecchio e non solo per la presenza di due bassisti in formazione. Oggi "Sin" segna il rientro sulla scena, fatto di conferme e piccole novità. Il marchio di fabbrica resta sempre quello di velocità sostenute, ritmiche martellanti ed assalto continuo, questa volta però piccoli elementi vanno a caratterizzare le singole tracce senza comunque inficiare l'omogeneità del tutto. E' il caso ad esempio della voce femminile che appare nell'introduttiva "Prologue - The Covenant" e in "Pride - The Black Mirror", dove l'atmosfera diventa addirittura un incrocio fra i toni apocalittici degli ultimi Anaal Nathrakh e il più "classico" symphonic black. Per il resto si rimane nei canoni del genere, sfruttando continue accelerazioni, stacchi e ripartenze (decisamente vorticosa quella di "Greed - The Sign Of The Rope"), oltre a chitarre che tessono melodie più presenti che in passato senza però far perdere un grammo di violenza al complesso. Significativi anche i rari innesti di death metal, componente che va ad appesantire e dotare di graniticità le asce. Un discorso a parte va fatto invece per "Sloth - The Echoes Of Babel", pezzo non veloce e che ricerca maggiormente il pathos (sarà forse per il fatto di trattare del peccato della "pigrizia"?). "Sin" ci accompagna quindi in una narrazione dei sette vizi capitali sulle note di un black metal travolgente ma capace di variazioni e innesti che tengono viva l'attenzione e al tempo stesso confermano i Grabak "picchiatori" inesorabili. Nessuno stravolgimento o miracolo all'orizzonte per i ragazzi di Lipsia, bensì una conferma a livelli piuttosto alti di un combo che troverà estimatori fra gli incalliti dello swedish black come il sottoscritto: con loro si va sul sicuro. Continua a leggere... STENY LDA - Steny LdaInformazioni EXES FOR EYES - The Amsler GridInformazioni Gruppo: Exes For Eyes Anno: 2011 Etichetta: Year Of The Sun Contatti: www.myspace.com/exesforeyesmusic Autore: Mourning Tracklist 1. Feel Again 2. A Life So Unfulfilling 3. Exes For Eyes 4. Romanticize The Struggle 5. Stop Thinking, Start Feeling 6. Embrace The Fire 7. Chains 8. Dig For Higher Ground 9. A Horrible Mistake DURATA: 47:40 Gli Exes For Eyes sono un combo canadese di recente formazione con in line up l'ex Annihilator Dave Sheldon, la band è un misto di metal melodico, catchy che miscela tinte rock e metalliche attingendo da band come Slipknot, Baptized In Blood e lievi quanto sparuti passaggi in cui si nota un feeling di stampo thrash miscelati con altrettanti richiami al groovy sound. La proposta è di quelle moderne che giocano spesso su chitarre corpose, refrain alquanto semplici da memorizzare ("Embrace The Fire") non rinunciando all'ormai noto scambio di voci con la presenza di fraseggi sia in growl che in clean, soluzione ampiamente riscontrabile a esempio nella titletrack. Il disco scorre fra alti e bassi mostrando delle discrete potenzialità anche per chi si muove in una foresta ormai fitta e priva di spunti degni di nota, il numero di act che tentano di miscelare più stili ha raggiunto quote inverosimili ed è quindi sempre più semplice trovarsi di fronte a buoni dischi ma che sembrano prodotti ed eseguiti con lo stampino. Formalmente infatti è difficile negare la bontà della prova insita in "The Amsler Grid" che guadagna punti nei momenti più dilatati di una "Romanticize The Struggle" e nei frangenti in cui la solistica riesce a sgorgare con discreta padronanza della situazione, è comunque la parte conclusiva del platter che permette agli Exes For Eyes di metter la testa fuori dalla sabbia producendo i brani di maggior interesse per qualità delle composizioni e schemi che, pur non distaccandosi per più di un semplice momento dalla canonicità di una proposta conosciuta, possiedono le capacità adeguate per assestare dei buoni colpi ("Chains" e "Horrible Mistake"). Strumentalmente abbiamo fra le mani un "Amsler Grid" che urla, si dimena con forza ma non si schioda dal punto di partenza, manca sempre quel quid che porti i brani a un livello successivo, è gradevole, lo s'inserisce nelle stereo e lo si ascolta con la dovuta dose d'interesse solo che una volta finito non ti lascia quell'input che porti il dito a ripremere il tasto "play". E' pur sempre una prima prova, una base da cui elaborare e accrescere la gamma di varianti da sfruttare e affinare le armi già in dotazione, molto valide sono quelle che fanno riferimento all'assetto ritmico ben incassato e alle dinamiche del riffing, ripartendo da tali punti e dando una registrata alle partiture di voce offrendo una vivacità più netta nei cambi d'impostazione dal growl al clean i risultati potranno di sicuro migliorare, nell'attesa concedete un po' del vostro tempo a "The Amsler Grid" e fatevi l'orecchio. Continua a leggere... ARENNA - Beats Of OlarizuInformazioni YGGDRASIL - IrrblossInformazioni Gruppo: Yggdrasil Anno: 2011 Etichetta: Grand Master Music Contatti: www.myspace.com/yggdrasilofficial Autore: Mourning Tracklist 1. Höstmörkrets Natt 2. Bergtagen 3. Skaldefader 4. Irrbloss 5. Tokikvad 6. Norrland 7. Uppåkra 8. Kungabål DURATA: 42:54 La Svezia folk degli Yggdrasil è una realtà, una di quelle a cui si può affidare il proprio udito coscienti del fatto che sin dall'uscita del demo "Kvalling" la formazione scandinava non abbia mai prodotto lavori di poco conto. E' passata una decade da quel primordiale approccio, hanno una discografia in espansione che nel 2011 vede aumentare il numero dei capitoli in proprio possesso con "Irrbloss" che come terza prova è quella che il più delle volte segnala la piena maturazione o meno di una band. Cosa ci attende dopo l'immersione nello stupendo e silvestre "Vedergällning"? Ciò che mi ha colpito sin da subito è il modo in cui hanno snellito il sound, la semplicità delle linee di chitarra si pone del tutto a servizio di una musicalità dagli svariati volti. C'è l'ancestrale viaggio a ritroso del tempo segnalato dalla presenza di aperture in stile viking ("Bergtagen", "Tokikvad" e "Uppåkra"), è papabile un climax che puro e schietto come il gelo invernale si staglia imponente, le prestazioni vocali arcaiche in "Skafalder" e quel crescendo emotivo che costringe gradevolmente l'ascoltatore a calarsi nella dimensione artistica/naturale presente in "Norrland" ma ancor più nella conclusiva "Kungabål" in cui la voce femminile si esprime mostrando il lato più sofferto. Tutto ciò segna punti a favore di un album, "Irrbloss", che ha dalla sua parte una prestazione ritmica convincente sia per spessore che per dinamica. E' giusto tenere in considerazione il fatto che gli Yggrdrasil non si perdano in chiacchiere, i pezzi tranne un paio di occasioni non eccedono in durata, il platter ha ricevuto cure adeguate sia per quanto concerne gli arrangiamenti, sia dal punto di vista della produzione che pur essendo bella piena e tintinnanti, non denota caratteri da prodotto in serie, la qualità del songwriting e lo spirito dei musicisti vengono sfoggiati al pari di un diamante che per taglio incanta e valore seduce. I quarantatrè minuti che gli Yggdrasil hanno racchiuso in questo disco sono un gradito regalo, l'ennesimo che gli svedesi consegnano al genere. Chi ha già avuto il piacere di poter ascoltare l'operato di questi musicisti non ci pensi due volte e vada ad accaparrarsi "Irrbloss", per gli altri vi bastino tre nomi: Bathory, Ulver, Vintersorg, se tali band risiedono fra i vostri "on air" quotidiani, dare una chance all'album in questione diviene un obbligo morale verso voi stessi. Continua a leggere... ZOMBI - Escape VelocityInformazioni NIGHT MISTRESS - The Back Of BeyondInformazioni Gruppo: Night Mistress Anno: 2011 Etichetta: Hell Rider Records Contatti: www.myspace.com/nightmistressband Autore: Mourning Tracklist 1. The Memory 2. City Of Stone 3. Children Of Fire 4. Black And Night 5. Back For More 6. Alder King 7. Leaves Of September 8. 40 9. Escape DURATA: 41:06 I Night Mistress sono una formazione heavy/power proveniente dalla Polonia, dopo due demo ("Promo" del 2005 e "In The Land Of The Freezing Sun") e l'aver fatto trascorrere un altro lustro in attesa del momento giusto, ecco finalmente che il quintetto pubblica il primo full intitolato "The Back Of Beyond". E' un album di heavy metal puro, genuino, forse in qualche attimo pecca di una fase definiamola adolescenziale che ancora non gli permette di esprimere a pieno titolo le potenzialità di un combo che sembra più che preparato nella materia in cui si cimenta. Sì, perché le nove tracce tranne qualche piccolo appannamento della magia classica degli anni Ottanta e Novanta (seppur lievemente più pulita e meno tagliente) smuovono il cuore degli appassionati del genere. La band è rodata, gli ingranaggi girano ben oliati sia per quanto concerne il riffing ben costruito ed eseguito, sia per la sezione ritmica che come unico difetto che mi sento di segnalare presenta una monoliticità d'incedere che avrebbe potuto essere spezzata dall'uso di un'impostazione più spregiudicata o quantomeno di dinamiche più ficcanti che avrebbero fornito una spinta e propensione più accattivanti a brani quali "Back For More" e soprattutto "Alder King" che per quanto gradevole risulta essere l'anello debole della tracklist. Di tutt'altra pasta sono gli episodi che da tempo girano su Youtube, "City Of Stone" e "Children Of Fire" che elettrizzano l'aria come si deve, il gusto e la semplicità riscontrabili nelle release prodotte sul finire degli eighties vengono ripresi dalla corposità delle due tracce, a queste vanno aggiunte l'orientaleggiante e ancestrale "40" e la ballad "Leaves Of September" che si è guadagnata non so quante volte il tasto "repeat" premuto, uno di quei "lenti" che ti rimane dentro perché pur emettendo uno strato di melancolia classico proprio del periodo autunnale, possiede una prova del combo vibrante, il cantante Chris Sokolowski, che durante l'arco di tutto "The Back Of Beyond" mantiene uno standard qualitatito ben al di sopra della media, in quel pezzo fa fuoriuscire anche la parte più riservata e intimista e il gioco è fatto, è un win. Ciò che non comprendo è come questi ragazzi abbiano trovato un accordo per rilasciare il loro debutto negli States tramite la Hell Rider Records e non ci sia un pirla, dico un pirla che dia una possibilità a cinque musicisti a cui si può imputare quale grave mancanza? Non essere tedeschi? Non avere un parente che suonava nella NWOBHM? Non so quale possa essere la scusante per cui nessuno abbia messo sotto contratto i Night Mistress e poi mi trovo a costretto a trovare un "The Final Frontier" dei Maiden che neanche al mio peggior nemico consiglierei per farsi del male o quell'altro "capolavoro" (ma quando mai?) di "To The Metal" dei Gamma Ray e per fortuna che si dovrebbe dar spazio alle realtà più giovani... Augurando loro in bocca al lupo, torno a rimetter su "The Back Of Beyond" perché ad avercene di lavori così!!! Continua a leggere... CAMION - A Serenade For YokelsInformazioni KAUAN - Kuu..Informazioni Gruppo: Kauan Anno: 2011 Etichetta: Avantgarde Music Contatti: www.myspace.com/kauanmusic Autore: Bosj Tracklist 1. Tähtien Hiljainen Laulu 2. Kauniin Kuun Sävelen 3. Ikuinen Junan Kulku 4. Suora Liila Sydänkäyrä DURATA: 44:40 E' bello assistere alla maturazione di un artista, vederne, o meglio ascoltarne i progressi, i cambiamenti e le differenze rispetto agli esordi. In questo caso, solo quattro anni sono passati dal più che buon debutto "Lumikuuro", ma di acqua sotto i ponti di casa Kauan ne è passata parecchia. Creatura dell'ancora quasi imberbe Anton Belov, l'act russo giunge oggi al traguardo del quarto disco in cinque anni; niente male per un ventiduenne. Definitivamente abbandonate le imperfezioni, e anche buona parte dei riferimenti musicali, degli inizi, in questo nuovo "Kuu.." ("Luna..") il giovane compositore è nuovamente affiancato dalla sola violinista Lubov Mushnikova. Insieme a questa, ha continuato a seguire il percorso evolutivo che aveva portato i Kauan ad allontanarsi del tutto dagli estremismi folk/black metal di derivazione Empyrium ed Agalloch già in precedenza, per concentrarsi ancora sulle rifiniture e sui sottili giochi acustici che legano insieme queste quattro lunghe tracce. Le canzoni continuano ad essere titolate in lingua finnica, per motivi espressivi a detta della stessa band, ma è sparita qualunque parte vocale ad esclusione delle voci pulite, così come le distorsioni strumentali, appena accennate sul finale. I nomi che oggi si possono affiancare alla produzione del duo russo sono molteplici, eppure nessuno di questi riesce a collimare perfettamente con le orchestrazioni, le aperture ambientali e le soffuse atmosfere di un disco come "Kuu..". I Tenhi continulano a rimanere il paragone più nobile e facile, a volte un po' troppo, tuttavia le sensazioni e gli umori che permeano le creazioni di Belov sono molto meno cupe, più ariose, più calde; diverse, insomma. Ancora, nelle soffuse ed eteree linee di "Suora Liila Sydänkäyrä", è innegabile un collegamento con certi Shape Of Despair di "Illusion's Play" (nei loro interludi più blandi), unitamente ad influenze dichiaratamente ambient ed elettroniche; evidentemente non è un caso che Magnus Birgersson e Keith Kenniff siano tra gli ascolti personali di Belov. Forse, anzi, proprio questa traccia lascia intravedere ancora più possibili sviluppi per futuri approcci musicali e nuove potenziali direzioni. Non c'è più nulla di metal propriamente detto nell'essere chiamato Kauan, le sue punte più aguzze sono state smussate ed erose dal tempo, senza che questo comportasse uno svilimento della sua carica emozionale, ma anzi la raffinasse, parallelamente ad una crescita personale del suo autore, peraltro decisamente migliorato e compositivamente e strumentalmente, in particolar modo dietro al microfono. Come da scuola Empyrium, e non è cosa da poco. Un lavoro che è dichiarazione di come la vena artistica di questo giovane russo non si sia ancora sopita, ma al contrario stia tuttora cercando una propria, forse definitiva, direzione. Continua a leggere... PROWLER - Demo 2011Informazioni Gruppo: Prowler Anno: 2011 Etichetta: Autoprodotto Contatti: www.myspace.com/prowlerswe - www.facebook.com/pages/Prowler/324705887723 Autore: Akh. Tracklist 1. Awaken 2. Global Nuclear War DURATA: 8:59 I Prowler provengono dalla Svezia e con questo terzo demo vorrebbero farsi conoscere un po' nel variegato mondo metallico; questo è il vero senso dei demo, permettere ad un gruppo di potersi manifestare a fruitori e label ed i nostri lo fanno mostrandoci due pezzi di Thrash/Death tipicamente fine anni '80 e tipicamente americano (Slayer docet). Il suono proposto dagli scandinavi quindi è di quelli che si esaltano nelle ritmiche sferzanti e nelle sue venature asciutte e coriacee, la produzione è valida, potente, aspra e decisamente ruvida in maniera che ben si accosti allo stile vocale, molto buono anche il suono della doppia cassa quando entra a martellare l'ascoltatore e a donare spessore all'impatto della band. Come detto sopra il Thrash/Death è indubbiamente ben eseguito e assolutamente fruibile anche se lo spettro del combo di Araya (di cui le metriche vocali sono assolutamente distinguibili in questo lavoro) è fortissimo e si percepisce immediatamente nella seconda parte di "Awaken", come nella successiva "Global Nuclear War", ogni tanto mi riaffiorano alcuni frangenti cari ai brasiliani Sepultura epoca "Beaneath The Remains", quindi parti rallentate (poche) che inseriscono pesantezza ed oscurita' alle composizioni e lo scuotimento della testa è quasi automatico se siete veri amanti del genere. Un demo che fara' sicuramente la felicita' di chi ha nelle vene la migliore scuola slayeriana, nel frattempo auguriamo ai Prowler di continuare a lavorare duro al nuovo materiale, chissa' che qualche label non si dimostri interessata. Continua a leggere... IPERYT - No State Of GraceInformazioni Gruppo: Iperyt Anno: 2011 Etichetta: Witchinghour Contatti: www.myspace.com/iperyt Autore: Mourning Tracklist 1. No State Of Grace 2. Scars Are Sexy 3. A Pocket Size Of Armageddon 4. Antihuman Hate Generator 5. Blades Of Malice & Scorn 6. The Antithesis 7. Keep Your Eyes Closed 8. Into The Mouth Of Madness 9. Nuclear Mornings 10. The Player 11. In Morbid Rapture DURATA: 43:26 Il primo incrocio con i polacchi Iperyt mi annoiò dopo un paio di ascolti, "Totalitarian Love Pulse" era un buon album basato su di un impatto arrembante e "no compromise" che si estendeva per tutta la sua durata, certo era ed è talmente quadrato in alcuni frangenti da poter causare cali d'attenzione in chi non ama questa generale sfrontatezza esibita "in your face", col tempo l'ho rivalutato. Sono passati cinque anni, è stato composto e rilasciato il secondo album "No State Of Grace", sarà cambiata l'aria? Ci saranno state rivoluzioni interne al sound? La risposta è no. Li avevamo lasciati come bastardi cani da guerra pronti a travolgere tutto e tutti, li ritroviamo ancora fedeli a tale credo nei quasi quarantacinque minuti sviscerati negli undici episodi di questo come-back. La prima parte della tracklist continua a far esplodere la vena slayeriana tanto cara alla band a cui si aggiungono la freddezza dei Dhg di "666 International" e una scia punk che compare in un paio d'occasioni intenta a donare un pizzico d'imprevedibilità alla monolitica e industrialoide rappresentazione della guerra made in Iperyt. Batteria glaciale, marziale quanto battente, basso che scarnifica le carni colpendo come una frusta a ripetizione e allora via con "No State Of Grace", "Scars Are Sexy", "A Pocket Size Of Armageddon" e "Antihuman Hate Generator" che in sé racchiudono l'armamentario in possesso dei polacchi. Leggermente diverse si presentano "Blades Of Malice & Scorn" e "Nuclear Mornings", granitiche, orecchiabili e in costante esplorazione si muovono su più fronti facendo sempre rapporto alla sezione industriale che perpetuamente macina crani senza pietà e anche quando si rimane fissi su coordinate conosciute come nei casi di "The Antithesis" e "Into The Mouth Of Madness" il risultato è di quelli che frantumano le ossa in più sezioni. Il finale del platter mi ha leggermente stancato, "The Player" è uno di quei brani che ti tranciano il cervello, veramente distruttivo ma che purtroppo si dilunga in maniera esagerata mentre "Keep Your Eyes Closed", dotata di toni più scuri, e "In Morbid Rapture" non aggiungono né tolgono nulla ai valori espressi in precedenza non mutando di una virgola né tantomeno fornendo alcuna scappatoia all'ascoltatore. L'allentare un attimo la presa della traccia conclusiva è solo una mera presa in giro per colpire in accelerazione devastando quel poco che era rimasto in piedi sino a quel momento. L'unico modo per ascoltare e convivere con gli Iperyt è prenderli per ciò che sono: un inferno metallico che non ha intenzione di abbassare la testa dinanzi a niente e nessuno, se non riuscite a scendere a patti con una presa di posizione così ferrea è inutile perdiate tempo provando a farveli piacere. Continua a leggere... LENTO - IconInformazioni Gruppo: Lento Anno: 2011 Etichetta: Denovali Contatti: www.myspace.com/lento Autore: Mourning Tracklist 1. Then 2. Hymn 3. Limb 4. Hymen 5. Still 6. Throne 7. Least 8. Dyad 9. Icon 10. Admission DURATA: 37:07 I Lento sono una gloria nostrana, una di quelle band capaci realmente di fare la differenza e con gli Ufomammut, con cui al tempo pubblicarono il primo e improvvisato "Supernaturals: Record One", si inseriscono di diritto in quel circolo di formazioni che per valore e qualità musicale sono riuscite a ritagliarsi una bella fetta d'interesse ben oltre i confini della penisola italica. A quattro anni dal gioiellino "Earthen" e con un deal siglato con la Denovali, è giunto il momento di ascoltare "Icon", nuovo capitolo che possiede fra i pregi fondamentali per la sua esplosione quello d'esser paragonabile a una galassia che si espande. Non si limita alla sola compressione/decompressione causata dai movimenti che alternano le fasi grevi e profonde con le scanalature ambient, è arricchito e adornato da pregevoli micro soluzioni che ne personalizzano l'incedere quel tanto che basta per far sì che la natura dei Lento non venga totalmente inglobata nella gabbia d'influenze citabili (Neurosis, Isis, Mare, Swans, Cult Of Luna etc... etc..). Se la pressione causata da "Hymen" e gli strati pesantemente dronici di "Throne" divengono una morsa che si accanisce sull'ascoltatore, con brani quali "Then" e "Admission", alpha et omega del platter, i toni risultano essere più leggeri e celestiali disegnando un percorso che con quest'ultima vi mostrerà l'ingresso di un circolo astrale seduttivo grazie ai suoi piccoli mutamenti sonori, le sue variazioni di umore vi faranno decidere di volta in volta se il rumore iniziale di "Limb" o il dispersivo vuoto che avvolge una "Icon" diverranno per voi componenti necessarie per entrare in contatto con il carattere del disco oppure le riterrete solamente un riciclo del passato venuto a presenziare. Non c'è dubbio che con "Icon" i Lento non abbiano inventato nulla, è difficile davvero non immaginare i riff, le impostazioni strumentali dei brani e lo stesso impianto atmosferico affidato nelle mani di realtà già conclamate, c'è però da riconoscere la bontà della proposta dei ragazzi capitolini che giro dopo giro nello stereo confermano quanto conoscano, amino e sappiano gestire la miscela sonora di cui si fanno portatori, così com'è vero che un minimo della loro personalità riesca ad aprirsi una breccia fra i tanti nomi altisonanti e quindi un altro passo verso la maturità è stato compiuto. Stanno procedendo nella direzione giusta e non resta che sperare che dopo un buonissimo "Earthen" e la riprova di validità di "Icon" in un futuro prossimo la terza prova sia quella della definitiva rivelazione. Disco assolutamente consigliato agli sfegatati del genere e ovviamente dato che si parla di una realtà autoctona di merito, il supportarla non può che far del bene alla nostra scena musicale. Continua a leggere... AKEM MANAH - Horror In The EyesInformazioni Gruppo: Akem Manah Anno: 2011 Etichetta: Freak Metal Contatti: www.myspace.com/officialakemmanah Autore: Mourning Tracklist 1. Black Magic (Punishment) 2. The Lurking Fear 3. Children Of Evil 4. Funeralopolis (Electric Wizard cover) 5. Creatures In The Walls DURATA: 30:14 E' passato poco meno di un anno dall'uscita di "The Devil Is In All Of You", album di debutto degli statunitensi Akem Manah, sul finire del mese di marzo è stato rilasciato a prosieguo di quella strada nera come la pece e rituale e malefica l'ep "Horror In The Eyes". Il bello della musica del trio proveniente da Portland risiede nella semplicità delle strutture, i ragazzi preferiscono spesso e volentieri usufruire di soluzioni anche elementari ma che forniscono continuità, efficacia e quell'imponente carattere oscuro alle composizioni. Il doom/death primordiale classico degli anni Novanta, rinforzato dalla spirito "luciferino" che lo attraversa, diviene ossessivo e dominante, se con "Black Magic (Punishment)" e "The Lurking Fear" andiamo incontro a due brani monolitici e attanaglianti, è con "Children Of Evil" che la morsa viene stretta, diviene soffocante e le tastiere in sottofondo infilano al momento adeguato le note solenni e maligne decise a condurre a sè l'anima dell'ascoltatore. L'ambiente in cui si muovono rifiuta la luce, il colore vivo che porta armonia, è il nero a regnare sovrano e quando questi decide di lasciare spazio al minore ma agonizzante compagno d'avventura grigio, ecco che prende il via la cover degli Electric Wizard, non una a caso, "Funeralopolis", seconda traccia di quel gioiello che ha per titolo "Dopethrone", pezzo non poteva esser più indovinato. Trenta minuti lenti, trascinati, grevi che non arrestano la propria funerea marcia sino a quando le battute conclusive di "Creatures In The Walls" cantilenante, marcescente spengono le residue speranze di fuga dal claustrofobico stanzino in cui gli Akem Manah mi hanno rinchiuso. Per chi ha avuto modo di sperimentare le sensazioni espresse dalla loro musica con il full, "Horror In The Eyes" sarà una conferma, la conferma che stanno crescendo nell'impostazione del songwriting mantenendo intatta la coerenza musicale che li ha caratterizzati sin dai demo, chi invece l'incrociasse con quest'ultimo per la prima volta potrebbe trarne spunto per ricercare e approfondire la conoscenza con "The Devil Is In All Of You", in entrambi i casi fatelo, sono puro e "genuino" male. I lavori degli Akem Manah sono reperibili sia tramite le piattaforme digitali (Itunes, Amazon etc... etc...) sia su siti come Cdbaby (www.cdbaby.com/cd/akemmanah4), un acquisto che vi consiglio di fare. Continua a leggere... CULT OF ERINYES - A Place To Call My UnknownInformazioni Gruppo: Cult Of Erinyes Anno: 2011 Etichetta: Les Acteurs De L'Ombre Productions Contatti: www.myspace.com/cultoferinyes Autore: Mourning Tracklist 1. Call No Truce 2. Insignificant 3. Ísland 4. A Thousand Torments 5. Permafrost 6. Velvet Oppression 7. Black Eyelids 8. Thou Art Not 9. Last Light Fading DURATA: 46:48 Venir sorpresi da ciò che non t'aspetti è sempre una bella sensazione, la presentazione cartacea riguardante il debutto dei belgi Cult Of Erinyes era di quelle esaltanti, "A Place To Call My Unkwnown" è raffigurato come un album capace di progressioni avanguardistiche e digressioni doomiche, impregnato d'oscurità battente e martellante interrotta da fasi ambient e con una gamma di melodie malsane a fare da malevolo contorno, cosa si può volere di più? Un proverbio di quelli veramente saggi dice "fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare", mai parole furono più centrate e propiziatorie, la curiosità rivolta all'ascolto me lo fece inserire di getto nel lettore, il bello sta nel fatto che la formazione solca quello sterminato oceano del fondere più anime stilistiche con una grazia, dirompenza e personalità ben al di sopra di ogni più rosea previsione, demolisce lo scoglio del dubbio sin dalla sensazione che pervade e inebria in apertura con "Call No Truce". E' una collisione di più pianeti, giganti e dall'importante peso musicale ciò di cui il nostro orecchio potrà godere, pensate di prendere act quali Alastis, Enslaved, Neurosis, Blood Of Kingu e un pizzico del flavour Emperor, shakerate il tutto e avrete le note, le atmosfere e l'emotività ritualistica che compongono "A Place To Call My Unknown" che, come accade in qualsiasi opera formata da più episodi, possiede dei picchi che ne elevano ancor più il livello di per sè già fantastico, in questo caso fra i titoli di riferimento c'è "Insignificant" favolosa nel suo intervallare intermezzi ambientalistici, cambi di tempo repentini e una ricerca che sfocerà nelle voci "sporcate" e negli effetti sonori particolarmente ricercati della successiva "Island". Altro binomio letteralmente micidiale è quello che vede in rapida sequenza l'esplodere progressive/ambient di "Permafrost", che sembra sprigionare un sentore nostalgico dell'era nineties vivido, carnale, e la devastante "Velvet Oppression", in cui brilla la figura del batterista Baal, una vera macchina da guerra quando preme sull'acceleratore e un perfetto diversificatore d'incedere nei suoi dinamici e insistiti incastri. Impossibile non nominare poi la conclusiva "Last Light Fading" dal mood cupo e avvolgente che sino alle battute finali mantiene fitto e comprimente l'alone nero che serpeggiando si è districato lussuregiante e diabolico di traccia in traccia. "A Place To Call My Unknown" è un sole nero pronto a irradiarvi con i suoi raggi color pece, possiede una buonissima produzione che permette alle chitarre dovutamente sature di ritagliarsi un posto in prima fila senza spadroneggiare sul resto e con Mastema dietro al microfono che stride, graffia, macera l'ascoltatore con la sua malignità abbondante. Per chi non avesse ancora compreso la sinfonia, i Cult Of Erinyes dopo un ep, "Golgotha", già più che apprezzabile, hanno deciso di fare davvero sul serio e con un pregevole, raffinato e annerito diamante come "A Place To Call My Unknown" si sono superati. L'acquisto per un'opera simile è obbligatorio. Continua a leggere... UNBURIED - Slut DecapitatorInformazioni Gruppo: Unburied Anno: 2008 Etichetta: Metalbolic Rec. Contatti: www.myspace.com/unburieddeathmetal Autore: The Inexorable Tracklist 1. The Putrid Stench Of Humanity 2. Slut Decapitator 3. Love For Dismemberment 4. End It With A Knife 5. Human Butchery 6. Tortured Remains 7. Domicile Of Flesh 8. Gore – Soaked Revenge 9. Evil Lurks Within 10. Stab Hate Mutilate DURATA: 24:57 Chi conosce abbastanza i miei gusti dovrebbe sapere che io di solito evito come la peste gruppi Brutal/Slam/Gore e affini, soprattutto se moderni, dato che tendenzialmente ci si trova davanti a dischi tutti uguali fra loro, impersonali e con lo stesso suono finto e preconfezionato. Bene, ma questi Unburied (un trio proveniente da Herndon, Virginia) fortunatamente sono riusciti a creare una proposta tutta loro, che seppur con alti e bassi è riuscita a convincermi abbastanza da decidere di parlarvene. Ok, prima di andare ad analizzare questo lavoro, partiamo però con un po' di storia: la band nasce nel lontano 1994, ma è una di quelle tante che per un motivo o per l'altro non è mai riuscita ad emergere dal quel brodo primordiale che è quell'underground fatto di gavetta, sudore e concerti suonati davanti a dieci persone in pessimi locali di periferia; infatti tolti un demo ed uno split sino a questo "Slut Decapitator" non avevano mai prodotto altro.
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Tornando all'album, dicevo che il trio si discosta un poco dai soliti canoni, e miscela alcuni passaggi tipici del New York Death Metal a momenti più veloci e brutali che, se vogliamo, possono ricordare band come gli Exhumed (con tutte le dovute proporzioni del caso), e quindi ritroviamo parti al fulmicotone, qualche riff rallentato, il cantato doppio, ed un sound granitico e massiccio che lascia spazio a tutti gli strumenti. E scendendo nel dettaglio, la batteria non perde un colpo, sia nelle parti più veloci che in quelle più cadenzate, dove il batterista riesce a suonare in modo più personale e interessante. Buonissimo il lavoro alla sei corde, il suono è graffiante ed affilato senza lasciar spazio a momenti morti, e mi piace molto il fatto che il pulsare del basso sia sempre presente, a differenza di quanto accade spesso in album del genere, dove viene penalizzato e coperto da batteria e chitarre. Per il resto, le canzoni sono corte e questo le rende ancora più incisive e d'impatto. Insomma, meglio un brano da due minuti che non uno da cinque dove magari si disperde l'atmosfera del pezzo, no? Però, come dicevo all'inizio non è tutto da incensare e infatti la band accosta ottime idee ad inspiegabili cali di stile, come ad esempio la title track dell'album che si "siede" su di un riff che viene ripetuto ad oltranza. Concludendo, se si lasciano da parte questi particolari, vi ricorderei che nonostante tutto ci troviamo di fronte ad un buonissimo debutto e che quindi il mio giudizio finale è sicuramente positivo. OMISSION - Merciless Jaws Of HellInformazioni Gruppo: Omission Anno: 2011 Etichetta: Xtreem Music Contatti: www.myspace.com/omissionthrashmetal Autore: Mourning Tracklist 1. Erotic Nightmares 2. A Field Sowed Of Coffins 3. Northmen Wrath 4. We Are The Dead 5. Architects Of Fear 6. Fuckin' Alone 7. The Light In My Dark 8. Here We Stand 9. Day Of Your Death Arrives... 10. You Can't Hide 11. Ianus Rex Infernorum DURATA: 41:00 Gli spagnoli Omission danno seguito al debutto "Thrash Metal Is Violence" partorito nel 2009, dopo una serie infinita di split, demo e best of è arrivato il momento che "Merciless Jaws Of Hell" giri nel vostro stereo. La formazione iberica ha da sempre sofferto di una costante instabilità in line-up tanto che il batterista adibito a fornire le ritmiche in quest'album è un session, si tratta di Riky, drummer dei connazionali Avulsed. La proposta è un thrash in versione "extreme", la percezione del sound di matrice teutonica è forte, gente come Sodom e Kreator confluiscono in un calderone d'influenze che oltre i classici Slayer potrebbe portare alla mente nomi quali Sadus, Inquisitor (olandesi), Cryptic Slaughter e S.O.D., queste ultime due per varianti quasi crust si fanno strada in maniera alquanto gradita. Thrash che non ha attimi di respiro, i tempi mantengono con costanza i giri motore alti, la cassa è spesso e volentieri pressante, dietro il microfono Miguel "Patillas" Hernanz emette uno scream corrosivo, il platter è marcio, pungente, decisamente più completo e intrigante se messo a paragone al primo sforzo rilasciato, le canzoni godono di composizioni meglio orchestrate, di assoli di stampo classicheggiante, cambi in corsa della velocità per lo più "da vado già di quarta" a "corriamo". Riescono quindi a dare quella marcia in più fornendo una massiccia prestanza, aggiungiamo un taglio scuro alle tracce ed ecco che canzoni quali "A Field Sowed Of Coffins", "We Are The Dead", "Fuckin' Alone","Here We Stand" e "Day Of Your Death Arrives..." vi sono servite su un piatto d 'argento, pronte a regalarvi quella iniezione di adrenalina che vi dia lo "start" adatto alla giornata. Gli Omission sono maturati anche sotto l'aspetto della produzione lontana sì dall'esser pulita ma offrente una maggior delineazione degli strumenti e del complesso in genere, "Merciless Jaws From Hell" è un passo deciso in avanti. Un secondo lavoro che dovrebbe attirare giustamente l'attenzione degli appassionati del thrash metal più estremo e ad essi consiglio vivamente di ascoltare questo nuovo Omission. La band intanto non è rimasta con le mani in mano, ha già pubblicato uno split, "Unholy Thrashing Savage", in compagnia di Storming Steels, Dunkell Reiter e Revenge (Grc) perché chi si ferma a quanto pare è davvero perduto, so thrash on! Continua a leggere... HAGGATHA - HaggathaInformazioni Gruppo: Haggatha Anno: 2010 Etichetta: Autoprodotto Contatti: www.myspace.com/haggathaband Autore: Mourning Tracklist 1. Circle Of Salt 2. Hog Tied 3. These Grey Days 4. Eremozoic 5. Gulag 6. Acquiesce 7. An Old Way Begins Again DURATA: 39:08 Il termine "mattone" di solito può esplicare due tipologie di pensiero quando si parla di musica: A) un album talmente palloso da crearti uno schiacciamento di palle tremendo o B) un lavoro così pesante da venir paragonato a un bel forato che ti viene tirato con violenza contro. Nel caso dei canadesi Haggatha, ennesima realtà "zozza" (nel miglior significato di questo spregiativo termine), è un complimento non da poco. Il disco omonimo di questo quartetto, che vede dietro le pelli l'ex 3 Inches Of Blood Matt Wood, è uno di quelli che pur non inventando nulla decide di sopprimere l'ascoltatore usando dei severi, sonori e poderosi colpi di mazza per donare forma al proprio sludge metal che si esprime in modo profondo, greve e perpetuato sin dalla ridondante opener "Circle Of Salt" che rappresenta la summa del sound degli Haggatha. Non è un platter ultradinamico, le atmosfere si compattano, c'è la presenza netta di una omogeneità d'intento nelle sette tracce tanto da rendere i quaranta minuti un monolite spesso e fangoso da cui è difficile scostarsi se non grazie a brevi momenti nei quali decidono di offrire una scappatoia, fra questi si possono menzionare le chitarre pulite, quasi rilassanti che impreziosiscono lo strumentale "Eremozoic" e il riffato più classicamente doomy della conclusiva "An Old Way Begins Again". Sono davvero pochi gli attimi che "Haggatha" concede al malcapitato ascoltatore, lo strangola, lo tortura avvinghiandolo con un suono che s'infittisce di passaggio in passaggio toccando in "Gulag", particolarmente tormentata, uno degli apici oppressivi dell'album. Se da un lato si può imputare a questi ragazzi una dimostrazione quasi canonica delle potenzialità in possesso, dall'altro agli Haggatha non si può di certo negare di essere riusciti, attenendosi alle basi del genere, a creare un lavoro che qualsiasi appassionato fruitore dello sludge più acido e cattivo amerà dopo neanche mezzo giro nello stereo. Comporre buona musica, avere una produzione che le renda giustizia è spesso più importante e gratificante di sperimentazioni che conducono al nulla solo per la ricerca di una personalità intrapresa in maniera poco ortodossa. Volete affondare nel mare di fango che "Haggatha" nota dopo nota fa emergere? Non vi è altro da fare che metterlo su e perché no, acquistarlo. Continua a leggere... ASTREAS DOMAINS - Via AstralisInformazioni Gruppo: Astreas Domains Anno: 2008 Etichetta: Autoprodotto Contatti: www.myspace.com/astreasdomains Autore: Insanity Tracklist 1. Intro 2. Darkness Blood 3. Legion 4. Holocaust 5. Dark Entity 6. Blackest Storm (2008) 7. The Shadows Attack 8. Final Ceremony 9. Ad Astrum Per Oscura DURATA: 39:54 Se da un lato è vero che il Black sinfonico ultimamente ci ha regalato lavori di qualità non indifferente (Carach Angren e Unholy Ritual su tutti), dall'altro la scena è ancora satura di cloni e copie; alcuni di questi non sarebbero neanche così male, se non fosse che l'assenza di personalità li faccia risultare banali e già sentiti. È il caso dei colombiani Astreas Domains, band nata ben quattordici anni fa ma che per varie vicende ha pubblicato un solo full length nel 2008 intitolato "Via Astralis". Il nome Dimmu Borgir affiora molto, forse troppo spesso durante l'ascolto del disco, già la seconda "Darkness Blood" ad esempio mi ha fatto venire in mente "Progenies Of The Great Apocalypse" dei norvegesi; In generale le parti di chitarra, così come le sinfonie create dalla tastiera prendono a piene mani dalla band di riferimento, fortunatamente almeno lo scream è diverso da quello stucchevole di Shagrath. Qualche idea interessante qua e là si trova, l'assolo e i passaggi successivi ad esso in "Dark Entity" sono decisamente gradevoli, l'album è senza dubbio ben composto e strutturato, ma ciò non basta a farlo risaltare in mezzo a tutte le uscite del genere. È un vero peccato, brani quali "Blackest Storm" e "Ad Astrum Per Oscura" sono certamente buoni e indicano che le capacità non mancano, c'è da lavorare invece sull'originalità della proposta per non essere considerati solo uno dei tanti tributi. Un altro appunto va fatto alla produzione, in alcuni passaggi il suono è troppo moscio e ciò penalizza il risultato finale; va anche detto che recensire mp3 a 128kbps non è esattamente il massimo a livello di suoni, a questo proposito consiglierei alla band di offrire ai recensori un prodotto confezionato meglio, il rischio è di non essere considerati a causa del modo in cui ci si presenta a prescindere dalla qualità della musica in sè. Tirando le somme non mi sento di bocciare il disco, chi cerca un sound alla Dimmu Borgir troverà pane per i suoi denti; personalmente tra un "Abrahadabra" e un "Via Astralis" non avrei dubbi e sceglierei il secondo, questo però è solo il debutto e in futuro spero che ci regaleranno qualcosa di più sostanzioso. Continua a leggere... PLAKKAGGIO HC - Fronte Del SaccoInformazioni AKENTRA - AsleepInformazioni Gruppo: Akentra Anno: 2010 Etichetta: Autoprodotto Contatti: www.myspace.com/akentra Autore: Mourning Tracklist 1. Alive 2. Do My Best 3. Gimme Your Gun 4. Asleep 5. New Game 6. Alone 7. Daddy 8. Make Up 9. Just Close Your Eyes 10. Follow Me 11. My Left Foot 12. Twelve DURATA: 50:50 I francesi Akentra sono la risposta transalpina a band quali Lacuna Coil, Delain e certe soluzioni degli americani Evanescence, è un goth/metal a tinte rock quello che domina "Asleep", che attinge spesso e volentieri dalla corrente nu metal, particolarmente nel riffing delle chitarre che in più di un'occasione rimanda a formazioni quali Disturbed, Drowning Pool, Alter Bridge (ma ve ne potrebbero venire in testa infiniti di nomi con accordature e stile similare) senza puntare il piede sull'acceleratore o assaltare l'ascoltatore come avveniva nei debut album di tali act. Le chitarre a opera del duo Habib Mas/Thomas Boileux solcano territori conosciuti, già battuti sia per melodia che impostazioni ma sono comunque piacevoli d'ascoltare e si lasciano lo spazio per brevi divagazioni solistiche in episodi come la discreta ballad "Alone". Il platter non regala sorprese particolari, è composto da canzoni piuttosto buone con un paio di picchi quali l'opener "Alive", il doscretp esempio di modern metal conclusivo "Twelve" con l'unica che si discosta lievemente dall'incedere standardizzato del complesso, "New Game", capace con uno pizzico d'elettronica di ravvivare la situazione. Inoltre è supportato da una prestazione ritmica ben incassata, sia il bassista Stéphane Rayot che il batterista Steve Tilmant svolgono il compito assegnato loro senza sbavature, e con una Lucia Ferreira che non sfigura se paragonata alla nostrana Cristina Scabbia o a Charlotte Wessels (probabilmente verrò subissato d'insulti dai veri fanboy delle due ma chissene...). "Asleep" non è di quegli album che segnino la storia di un genere, è però una gradevole compagnia per chi cerca internamente al mondo metallico musica che riesca a star in bilico col "popular" senza esserne del tutto una vittima, se ciò vi sta bene, una possibilità ai ragazzi transalpini degli Akentra dovreste offrirla. Continua a leggere... ZIPPO - MaktubInformazioni MINCING FURY AND GUTTURAL CLAMOUR OF QUEER DECAY - DevolutionInformazioni Gruppo: Mincing Fury And Guttural Clamour Of Queer Decay Anno: 2010 Etichetta: United Guttural Contatti: www.myspace.com/mincingfury Autore: Mourning Tracklist 1. Requiem For A Fury 2. Rumiste DC 3. Devolution 4. Guys Who Are Falling In The End 5. Machinka 6. Doctor From Mountains 7. Languish 8. Sea Of Weakness 9. Blind (Korn cover) 10. Drunken Mara 11. Kacenka 12. Shit Song 13. Lamentation 14. Heterosexual Testosterone Compressor (Cock And Ball Torture cover) DURATA: 32:30 Dalla Repubblica Ceca una mattonata grind "no compromise", i Mincing Fury And Guttural Clamour Of Queer Decay è questo ciò che rappresentano, musicisti che non si curano per nulla del fronzolo, si dilettano nel tirare in velocità e nell'offrire una prestazione condita da "suinate" e bizzarie varie. "Devolution" è la loro quarta fatica, quattordici brani che mettono in chiaro un particolare, l'ironia e il sarcasmo spesso utilizzati nel genere senza pezzi validi non servono a nulla, infatti è innegabile che la creatura proveniente da Brno sappia "scherzare" rompendo più volte gli schemi compositivi classici del grind infilando dentro hardcore/rap ("Rumiste Dc"), offrendo passaggi stranamente liscio/jazz di durata ultra-breve ("Shit Song"), dilettandosi nel reinventare il nome di una famosa canzone di Clint Mansell, "Lux Aeterna", facendola diventare "Requiem For A Fury", proponendo samples scratchati da dj in "Doctor For Mountains" e perché no, cimentandosi in una piacevole quanto alternativa versione di "Blind" dei Korn. E' altrettanto vero però che quando serve il groove macinante più classico ecco che badilate quali "Languish", "Drunken Mara" e "Lamentation" calano gli assi adatti a intrigare i fan del genere (probabilmente più incline a quelli dell'ultima decade che agli iper-conservatori) e per non farsi mancare proprio nulla, a chiusura del platter viene posta una cover di "Heterosexual Testosterone Compressor" dei malvagi Cock And Ball Torture proposta con un'infiltrazione massiccia di personalità da parte dei Micing Fury. Fra materiale ripescato dagli album passati e una vena compositiva che in molti casi può spiazzare l'ascoltatore, questo "Devolution" è uno di quegli album che un ascolto (e più) se lo merita, il punto da cui la formazione è ripartita per consolidare le basi passate e guardare al futuro, ben fatto ma non ancora del tutto convincente. Continua a leggere... CULT OF ERINYESInformazioni Autore: Mourning Traduttore: Dope Fiend Formazione Mastema - Voce Corvus - Chitarra, Basso, Tastiere Baal - Batteria E' dal Belgio che arriva il disco che non t'aspetti, "A Place To Call My Unknown", la band è quella dei Cult Of Erinyes già messasi in mostra con il precedente ep "Golgotha", vediamo di avere più notizie su di loro. E' un piacere avervi qui su Aristocrazia Webzine, solitamente le battute iniziali vengono affidate alla presentazione della band, dei suoi componenti e a brevi accenni della propria storia musicale, com'è nata la realtà Cult Of Erinyes? Cult Of Erinyes è un'entità estrema e punitiva e disposta ad evolversi nel regno del Black Metal. Noi apparteniamo a un'esperienza proibita, dove la musica è solo un sintomo di una verità superiore. Cult Of Erinyes è stato creato alla fine del 2009 come un progetto Black Metal/Ambient che è diventato finalmente una trinità più organica con l'aggiunta di Baal. Il suo drumming ha aggiunto qualcosa di rituale nelle ritmiche che definiscono oggi l'identità del CoE. Abbiamo registrato il nostro primo ep nel settembre 2010 e, solo pochi mesi dopo, abbiamo iniziato la registrazione del nostro primo full lenght "A Place To Call My Unknown", uscito il 23 aprile tramite Les Acteurs De L'Ombre Productions. Come avete scelto il monicker che vi rappresenta? Qual è il feeling che accomuna la musica alla figura mitologica delle Erinni? La società moderna è basata sul denaro, sull'ipocrisia e sulla codardia. Le Erinni, come le divinità della vendetta, punivano direttamente il responsabile di un peccato. Le religioni in genere vedono il giudizio come un elemento che arriva dopo la morte ed è per questo che quei dogmi nascono per fallire e schiavizzare l'umanità. Cult Of Erinyes prega i fatti ed è per coloro che credono che assumere la propria essenza e fronteggiarne conseguenze sia l'unico modo per scoprire chi sei veramente. Al giorno d'oggi le società preferiscono occultare l'essenza di ogni individuo, in modo che il mondo possa "girare". Questa però è solo un'illusione per imbecilli. Cult Of Erinyes mira a coloro che innalzano il proibito, l'occulto e che hanno il coraggio di guardarsi allo specchio senza aver paura di quello che vedranno. Qual è stato il percorso che vi ha condotto all'evoluzione che da "Golgotha", veramente fantastico, ha fatto sì che il primo album avesse un'anima così devastante e ancor più varia? "Golgotha" è crudo e aggressivo e ne sono molto orgoglioso, anche se ci sono un paio di errori qua e là. Non credo che ci sia una grande evoluzione tra l'ep e il full: ho scritto i brani nello stesso periodo, quindi avrai sicuramente notato un sacco di similitudini. La più grande differenza tra "Golgotha" e "A Place To Call My Unkwown" è il suono: "Golgotha" è stato registrato in poche ore, mentre per il full è occorso più tempo, soprattutto per il processo di missaggio. Ma l'anima è la stessa: Ritualistic Black Metal. "A Place To Call My Unknown" è un'arma che tramite ritualità e prestanza è capace di travolgere e assoggettare l'ascoltatore, come nasce il sound? Ogni brano gode di sfaccettature diverse che lo caratterizzano, in che modo sviluppate il songwriting? Il sound proviene dalla sovrapposizione di chitarre e bassi e il modo in cui sono miscelati. Ci sono un sacco di tracce di chitarra-basso in ogni canzone. In un pezzo come "Black Eyelids" si trovano tre tracce di basso diverse, per esempio. In "Call No Truce" ci sono qualcosa come sei o sette tracce di chitarra mescolate tra loro. Da quel caos apparirà l'ordine durante il processo di missaggio. Phorgath dei Blackout Studio ha rapidamente capito il nostro modo di pensare e ha fatto un lavoro straordinario per l'album. Ogni suono ha infatti una propria identità e non è stato facile creare lo stesso suono per ogni canzone, ma Phorgath ci è riuscito! Inoltre batteria e la voce non sono sempre così evidenti nel mix finale: OGNI singola nota deve essere una parte di un tutto. Cult Of Erinyes non è un grande chitarrista (che non sono), un batterista fantastico o un bravo cantante. E' energia, quando tutti gli elementi sono mescolati insieme. La produzione da una bella frustata in più e la batteria di Baal tramortisce continuamente con i suoi cambi di tempo. Cos'è il black metal oggi? Molti guardano e ascoltano con diffidenza chi si pone al genere distaccandosi dai canoni primordi, com'è cambiato secondo voi lo stile, musicalmente e soprattutto ideologicamente? Quali sono i valichi che sono stati "giustamente oltrepassati"? Ai miei occhi il Black Metal è coltivare la propria essenza. Quando inizi a preoccuparti di "cosa pensa la gente", bene, è meglio smettere di fare musica! Ideologicamente non credo che il Black Metal sia cambiato molto. Ciò che si è evoluto è l'accettazione di opinioni radicali nella società europea, e le band Black Metal (ideologicamente) radicali sono solo il riflesso di questa "evoluzione", non sono il problema principale (fatta eccezione per la mancanza di talento di quei gruppi radicali, anche se vi sono alcune eccezioni). D'altra parte, adesso ci sono band Black Metal con valori più "positivi", soprattutto in Canada e Stati Uniti. E' divertente vedere i tossicodipendenti del Black Metal radicale così incazzati per l'introduzione di tali messaggi nella scena Black Metal. Musicalmente lo stile si è evoluto molto, band come i Blut Aus Nord e Axis Of Perdition hanno spostato il limite ulteriormente con l'aggiunta di alcuni elementi elettronici ben distillati. La scena Avantgarde Black Metal, con band come DHG, Ved Buens Ende o Arcturus, è veramente interessante. Il Black Metal è diventato un genere e non un sottogenere del Metal, questo è sicuro! Quanto può essere seducente affondare la propria mente in sentimenti come vendetta, odio, rivalsa verso le divinità cristiane? Cos'è che eleva un disco rendendolo un reale conduttore di feeling personale ma intriso di quell'oscurità che ha caratterizzato gli anni Novanta? E' anacronistico pensare che il black sia un modo di pensare e vivere ancora elitario? Siamo nel 2011 e coloro che pensano di poter basare la propria vita sui "valori cristiani" stanno andando indietro nel tempo a quando la maggior parte della gente non era in grado di leggere e pensare per conto proprio. Io non penso di essere migliore di chiunque altro perché suono Black Metal. Non ho bisogno di essere meglio degli altri, ho bisogno di essere me stesso e sviluppare la mia essenza. Quindi la parte elitaria del Black Metal non fa per me. Quando pensi di essere meglio degli altri fermi la tua evoluzione. L'elite autoproclamata è per chi non ha nulla da proporre sul lato artistico. Ma questi sono solo i miei due cents... La scena belga a cui appartenete vanta da sempre discrete band quali Enthroned, Huldrefolk, Berserk, Doodsdrek, Hellewacht, Trancelike Void, in che rapporti siete con altre realtà connazionali e come ritenete sia ora la situazione del movimento Black nella vostra nazione? Ho imparato ad apprezzare Phorgath e Nerath degli Enthroned durante la registrazione di "A Place To Call My Unknown". Nerath ha registrato anche una parte molto breve di un riff nella canzone "Last Light Fading". Sono ottimi artisti e sicuramente il nostro prossimo album sarà registrato nei Blackout Studio! Con Hans dei Trancelike Void sono regolarmente in contatto via mail. Lui sembra apprezzare i Cult OF Erinyes e io ho grande rispetto per i Trancelike Void; hanno cambiato molto il loro sound ma la loro essenza è sempre la stessa. Il Black Metal è più che blastbeat e distorsione e mi piace quando le band si assumono rischi. Per quanto riguarda il movimento Black Metal in Belgio, ci sono buoni show, buoni gruppi (provate Gorath, Winterblind ecc.) e persone appassionate. Ma c'è anche il lato nazionalista del Black Metal, in cui non trovo alcun elemento interessante, nè musicalmente nè ideologicamente. Nel complesso però, considerando che siamo un paese piccolo, non possiamo lamentarci della qualità. C'è una particolare scena con cui avete, musicalmente e mentalmente, un feeling e di cui apprezzate più band? Quali sono le formazioni che ritenete fra le più interessanti di quest'ultima ondata? La gente ha bisogno di categorizzare tutto, ma a me non interessa. Ascolto un sacco di cose, quindi non ho la sensazione di appartenere a una scena in particolare. Oltre al metal estremo, posso ascoltare blues, jazz o musica classica. Io cerco musica estrema, qualunque sia lo stile. Fare una jam di venti minuti con i The Allman Brothers Band sarebbe più estremo (almeno ai miei occhi) di alcune band Black Metal, per esempio. Parlando di gruppi interessanti, ho scoperto di recente la band francese Celeste, roba intensa di sicuro! E gruppi come Dissection, Craft o Celtic Frost mi hanno sicuramente influenzato molto. Se aveste la possibilità di produrre uno split album a breve, chi vorreste come compagni di viaggio in una simile avventura? E perché? Questa è una bella domanda e in realtà stiamo pensando di fare uno split album prima di rilasciare un nuovo full (nel 2012-2013 suppongo). Ma nulla è certo. Non voglio dare un nome qualsiasi, ma la prima condizione quando si fa uno split è un rispetto reciproco tra le band. Il tempo ci dirà... La Les Acteurs De L'Ombre è la stessa label che ha dato alle stampe i lavori dei Pensees Nocturnes, uno fra i più apprezzati avanguardisti degli ultimi due anni, com'è nato il contatto con questa piccola ma brillante etichetta? Cosa vi ha spinto ad affidarvi alle loro cure? Sono in contatto con la Les Acteurs De L'Ombre Productions fin dall'inizio della band. Gérald, il proprietario dell'etichetta, ha mostrato interesse dopo aver ascoltato una versione di pre-produzione del brano "The Glowing Embers" su Myspace. Ho grande rispetto per i Pensees Nocturnes e il modo in cui l'etichetta ha promosso le loro uscite, quindi ero certo che la label fosse stata la scelta migliore per lanciare i Cult Of Erinyes. E devo dire che sono più che soddisfatto della collaborazione. Les Acteurs De L'Ombre Productions è una etichetta ottima! C'è già stata occasione di portare in sede live i pezzi di "A Place To Call My Unknown"? Quali sono state le reazioni del pubblico? Dovevamo apparire all'Open Your Mind Fest con i Bethlehem, ma il feastival è stato annullato a causa dei Bethlehem e di Kvarforth (che ha lasciato la band). Suoneremo probabilmente durante il periodo settembre-dicembre, ma nulla è certo. Troverete al più presto informazioni su qualche live sul nostro Facebook (so che fa schifo...) e Myspace (che fa ancora più schifo) e probabilmente su un sito web ufficiale (ancora da creare tra l'altro). Riscontri da parte della critica e da chi ha ascoltato il disco e di getto si è lanciato in un commento? Girovagando su internet ho notato che avete provocato molte buone reazioni. Girovagando su internet ho notato che ci sono state un sacco di buone reazioni. Per ora le recensioni sono molto buone. Abbiamo anche ottenuto un 14/15 su Legacy Magazine. Devo dire che la LADLO Productions sta facendo un'ottima promozione e questo aiuta sicuramente ad avere un sacco di esposizione. D'altra parte, non corro dietro alla fama e al riconoscimento, ma solo alla qualità e alla soddisfazione. Naturalmente sono felice che l'album sembri essere apprezzato, ma questo ci incoraggia solo a lavorare di più per il futuro. Ho l'impressione che non siate una band di quelle che ama crogiolarsi sul lavoro già svolto, ci sono già progetti che girano in testa o tracce pronte per un possibile nuovo disco? Ho già qualcosa come quattro o cinque brani quasi finiti. Quei pezzi però certamente si evolveranno, noi non entreremo in studio per un full prima (almeno) di metà del 2012. Inoltre, io non voglio ripetermi. Ho già avuto modo di scartare un po' di materiale perché suonava troppo simile a quello che abbiamo fatto prima. Sono sicuro che il futuro della band sarà musicalmente sorprendente, ma ancora estremo e intenso. D'altra parte faccio parte anche di una nuova band (come bassista); la line up è abbastanza improbabile, quindi sono sicuro che il risultato finale sarà sorprendente. Avremo possibilità di vedere un vostro show nella nostra penisola? Non abbiamo in programma di suonare in Italia al momento, magari in futuro... Vi faccio ancora una volta i complimenti per "A Place To Call My Unknown", siamo giunti al termine della chiacchierata, non rimane che lasciare un ultimo messaggio indirizzato ai nostri lettori. Grazie per l'intervista! Saluti a tutti coloro che continuano a credere che il Black Metal sia molto di più che musica. Continua a leggere...
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