Informazioni
Gruppo: Sepultura
Titolo: Blood-Rooted
Anno: 1997
Provenienza: Brasile
Etichetta: Roadrunner Records
Contatti: sepultura.uol.com.br - facebook.com/Sepultura
Autore: M1
Tracklist
1. Procreation (Of The Wicked) [cover Celtic Frost]
2. Inhuman Nature [cover Final Conflict]
3. Polícia [cover Titãs]
4. War [cover Bob Marley]
5. Crucificados Pelo Sistema [cover Ratos De Porão]
6. Symptom Of The Universe [cover Black Sabbath]
7. Mine [feat. Mike Patton]
8. Lookaway [Master Vibe mix]
9. Dusted [versione demo]
10. Roots Bloody Roots [versione demo]
11. Drug Me [cover Dead Kennedys]
12. Refuse / Resist [live]
13. Slave New World [live]
14. Propaganda [live]
15. Beneath The Remains / Escape To The Void [live]
16. Kaiowas [live]
17. Clenched Fist [live]
18. Biotech Is Godzilla [live]
DURATA: 64:50
 Esistono diversi modi per spillare soldi ai fan o ad acquirenti sprovveduti, certamente nel 1997 era ancora più facile farlo, poiché i dischi si vendevano in quantità e Internet non era così diffuso né per ottenere file musicali né per informarsi sulle nuove uscite. Per i Sepultura si tratta del primo anno dopo l'abbandono di Max Cavalera, così la Roadrunner decide di cavalcare questo cavallo vincente e di razza con una "bella" compilation ricca (!) di cover, pezzi dal vivo e altre testimonianze di registrazioni passate. Insomma il classico polpettone buono per ogni neofita, ma succulento anche per gli sfegatati, come dovrebbe fare capire il "bollino" stampato in copertina che recita "over an hour of live and rare material". Andiamo ora a vedere perché questa frase non corrisponde alla verità.
Agli occhi di un metallaro del ventesimo secolo "Blood-Rooted" comunque lo si guardasse era un'uscita monca: considerandolo un "best of", mancava di troppi classici come "Dead Embryonic Cells", "Arise" ed "Escape To The Void" tanto per citarne alcuni, specie perché dei diciotto pezzi in scaletta ben sette non sono opera di Andreas Kisser e soci. La mezza dozzina di tracce dal vivo era poca cosa paragonata agli allora sei album incisi, mentre le versioni demo di "Dusted" e "Roots Bloody Roots" non costituivano in alcun modo una chicca, così come il diverso missaggio offerto da DJ Lethal (sigh!) a "Lookaway" o "Mine", pezzo appena discreto realizzato in collaborazione con Mile Patton, che vive di una rabbia insana che esplode dopo essere stata confinata dentro a barriere claustofobiche. Infine nemmeno le sei cover avrebbero potuto salvare la situazione, per quanto risultasse "esotico" leggere che "War" fu incisa nel lontano 1976 da Bob Marley (gli autori sono Colin Eric Allen e Carleton Barrett dei The Wailers). Personalmente nessuna di queste mi ha esaltato particolarmente, la mia preferita resta comunque la scheggia hardcore "Crucificados Pelo Sistema" opera dei Ratos De Porão, al contrario "Procreation (Of The Wicked)" è eccessivamente quadrata.
Ora torniamo al 2013 e concentriamoci sulle canzoni registrate nel marzo del 1994 a Minneapolis. Se nel periodo di uscita di "Blood-Rooted" non esistevano testimonianze live complete e professionali su cd o musicassetta — custodisco ancora gelosamente una tape ereditata dalla collezione di mio padre intitolata "Boys From Brazil" e registrata come bootleg nel 1991 a Lille, in Francia — dal 2002 chi volesse ascoltare i VERI Sepultura in questa veste può optare per il doppio album e le quasi due ore di "Under A Pale Grey Sky". Ergo, questi otto brani non sono di certo imprescindibili, anzi.
Aggiungete a quanto scritto che nelle varie ristampe del catalogo dei Sepultura sono presenti qua e là tutte le cover e le b-side, e che il booklet a otto pagine è scarno e abbozzato tanto da sembrare una presa in giro (la copertina lo è sicuramente!), la conclusione non potrà che essere scontata: boicottate "Blood-Rooted" e tutte quelle operazioni commerciali tese a speculare sui fan che (ancora) acquistano il materiale dei propri beniamini. Roadrunner qui ha davvero esagerato, a differenza invece di quanto fatto con "The Roots Of Sepultura" dove ripropose a distanza di pochi mesi dall'uscita di "Roots" quel celebre disco accompagnato da un intero cd bonus completo di booklet ricco e approfondito.
Nota finale: il sottoscritto ha commesso vari errori da giovane nell'acquisto di alcuni album, ma in questo caso sono innocente, infatti la compilation qui trattata la ricevetti in regalo intorno al 2003!
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Informazioni Gruppo: Entity Anno: 1997 Etichetta: Autoprodotto Autore: Leonard Z
Tracklist 1. Save & Demise 2. Born To Suffer 3. Martyrdoom Of God 4. Rotting
DURATA: non disponibile
Ma che bello questo promo degli Entity, band di Rimini attiva dal '94. Questo lavoro ci presenta una band dalle ottime doti tecniche, capace di sfornare quattro pezzi di Death Metal trascinante e groovy. Se dovessi dare delle coordinate potrei citarvi gli Obituary con una voce più profonda... ma devo dire che altri esempi non mi vengono in mente, dato che questo promo mostra una band che riesce a fare il suo sporco lavoro senza copiare nessuno (incredibile nell'inflazionatissimo Death Metal del periodo, che oltretutto si trovava in una fase particolarmente buia!).
Chitarra granitica, tempi di batteria mai troppo sostenuti, basso ben presente che si lancia in parti non scontate, voce gutturale. In definitiva siamo davanti a un Death Metal con influenze Thrash che si fanno sentire in alcuni passaggi. Il mio pezzo preferito è “Martyrdoom Of God”, sostenuta da un preciso tempo terzinato di doppio pedale: puro headbanging. Non credo che sia possibile trovare questo promo in giro, ma date un'occhiata agli Entity e alle loro uscite, non ve ne pentirete.
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Informazioni
Gruppo: Soul Grind
Titolo: Millenium
Anno: 1997
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/italiansoulgrind
Autore: Akh.
Tracklist
1. Prelude To The Brightest Dawn
2. In The Twilight
3. Moments Of Deep Sadness
4. Let Me Die Of The Hero's Death [esclusivamente nella seconda stampa del demo]
DURATA: 19:45 [prima stampa] / 22:45 [seconda stampa]
 I Soul Grind nascono dalle ceneri dei More Thing Insane, ma acquisendo alla batteria Cristiano Da Silva degli Hidden Hate (come era già successo con Giacomo Grassi al basso) e virando totalmente proposta. Il suono proposto dai fiorentini è un death metal di stampo sinfonico, che ha pochi precedenti, seppur in alcuni casi vi si possa ritrovare al suo interno una chiara influenza svedese ("Skydancer" dei Dark Tranquillity ha segnato molte persone), "Millenium" però sprigiona creatività e personalità in maniera impressionante: credo di non aver mai ascoltato un demo così maturo e degno di altro formato.
L'intro è appannaggio del piano e del violoncello tratti dalle tastiere di Marco, la visione del crepuscolo si rende tangibile musicalmente fino all'ingresso della chitarra di Mauro e della voce di Michele, quando l'energia si fa straripante in un break fulmineo. "In The Twilght" parte subito chiarendo che questi ragazzi ci sanno fare, le chitarre e il basso fraseggiano, intrecciandosi con maestria, alternando parti serrate a stacchi acustici o piccoli lead di basso, le parti vocali in growl attaccano con ferocia le melodie intessute e la batteria è pregevole per fantasia e precisione; non avrei mai creduto che un gruppo death potesse creare nove minuti di pura estasi musicale, in cui è impossibile annoiarsi. "Moments Of Deep Sadness" si apre in chiave acustica e tastieristica, possiamo annotare una certa vena progressiva al suo interno (ma possiamo trovarla comunque anche nella struttura dei brani), nella quale la tecnica è messa al servizio della musica per materializzare emozioni. I momenti esaltanti continuano perennemente nello scambio dei ruoli fra gli strumenti, che aprono scenari su cui la rabbia di Michele puo' sfogarsi continuamente, in un crescendo continuo.
Per chi ha la fortuna di possederla, la seconda versione della tape ci regala un'ottima canzone acustica, in cui chitarra e tastiera si sposano su un tessuto che potrebbe riportare alla mente i migliori Therion di "Theli", un brano struggente e suggestivo, su cui i nostri ci dimostrano per l'ennesima volta cosa significhi suonare con l'anima.
Se non fosse per alcune ingenuità nelle brevi parti vocali pulite, potrei dire che questo è il lavoro definitivo per il symphonic death metal: mi inchino davanti ai Soul Grind. Un lavoro da avere a tutti i costi!
In memoria di Giacomo Grassi.
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 Informazioni Gruppo: Cryogen Anno: 1997 Etichetta: Garden Of Grief Autore: Akh.
Tracklist 1. Multidimensional Embrace 2. Appearance And Diossolution 3. The Innermost Thought 4. The Dreams That Caress Our Slumber
DURATA: 24:46
Eccomi a pa rlare dei fiorentini Cryogen, gruppo che gia' si è saputo far notare con il demo "A Floating Materia" con ottimi responsi da parte di pubblico e critica. I ragazzi sfornano un mcd in cui si puo' notare il netto salto di qualita' del songwriting dei brani, pezzi in cui parti atmosferiche lasciano posto a rallentamenti o a fulminanti ripartenze, in cui molto spesso ci si puo' ritrovare abbracciati a cambi di tempo, che rendono sospesa la canzone. I nostri ci affrontano con un Death Metal di stampo sinfonico/progressivo, variegato e fresco (peccato che la produzione non sia il massimo e penalizzi forse la componente piu' aggressiva del gruppo, sottolineando le chitarre fautrici di melodie, ma deficitando invece nelle parti piu' d'assalto, anche se nel 95e.v., certo non si brillava per mezzi di registrazione soprattutto a livelli underground). Splendido affresco ed esempio lo si riscontra nell'iniziale "Multidimensional Embrace" vero cavallo di battaglia del combo gigliato, dove chitarre svedeseggianti (impossibile a tratti non sentire l'influenza dei primi Dark Tranquillity epoca "Skydancer") si intrecciano e rincorrono per tutta la durata del brano (da parte dei bravi Niccolo' e Filippo), su cui troneggia la profondissima voce di Matteo Bennici che svolge un'ottima prestazione pure al basso seppur questo strumento sia abbastanza penalizzato in questa sede. Le tastiere svolgono un lavoro di arrangiamento egregio in quanto presenti ma mai invadenti e la batteria gira dinamica come altrimenti non potrebbe essere dato il continuo agitarsi dei pezzi. Altro pezzo degno di menzione è "The Innermost Thought " con il suo flusso che va a pescare sempre da una Svezia ma in chiave assolutamente personale, rallentamenti che si aprono in fraseggi accostati ad arpeggi e a controtempi in cui si capisce che i Cryogen non siano degli sprovveduti, ma mettano la loro conoscenza strumentale a disposizione del sentimento e dell'armonia anche nei momenti piu' spinti (e non sono pochi). Tutto il lavoro si fa piu' che godere, anche perche' questo genere musicale non è assolutamente semplice da elaborare ed i nostri ci riescono con personalita' ed intelligenza senza soffocare la loro rabbia ed aggressivita'; l'unico neo sta in una produzione non sempre all'altezza dei pezzi e forse di alcune sbavature, che comunque non intaccano minimamente le visioni poetiche e musicali che questo ci ha saputo donare. Piccola pietra miliare di una florida scena (quella fiorentina) che in quegli anni ha saputo fare grandissime cose, il passato non si dimentica!
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 Informazioni Gruppo: Symphony X Anno: 1997 Etichetta: InsideOut Music Autore: Mourning
Tracklist 1. Of Sins And Shadows 2. Sea of Lies 3. Out Of The Ashes 4. The Accolade 5. Pharaoh 6. The Eyes of Medusa 7. The Witching Hour 8. The Divine Wings Of Tragedy 9. Candlelight Fantasia
DURATA: 65:26
1997, l'anno della terza uscita dei Symphony X "The Divine Wings Of Tragedy" e la definitiva consacrazione a band di valore assoluto e fra le stelle dello stile che miscela prog/power e neoclassico. La formazione del chitarrista Michael Romeo e del cantante Russell Allen (entrato in line up col precedente "The Damnation Game") si scrolla di dosso qualsiasi dubbio di sorta o anche piccola esitazione si possa avere sul loro operato creando uno dei must per chi segue un certo filone musicale. Loro stessi difficilmente riusciranno a ripetere l'impresa di produrre un disco fresco, tecnicamente esaltante e mai monotono come il suddetto, non ci sono attimi che vi permettano di distrarre l'attenzione dalla prestazione offerta da una combo completa in tutti i suoi reparti che vede oltre i già citati, Michael Pinnella (Tastiere), Jason Rullo (Batteria) e Thomas Miller (Basso). Una prova mascolina che oltre a mettere in mostra le evidenti qualità dal lato compositivo di Romeo fa intravedere ancor più chiaramente l'espressività e l'emozionalità che la musica degli X riesce a trasmettere. Uno dei punti di forza in seno alla band è proprio la capacità di infondere uno stampo proprio e riconoscibile ai brani, e se con "Of Sin And Shadows" si parte in velocità, una "Out Of The Ashes" ci rimanda al tocco neoclassico, c'è sempre stato un collegamento trasversale che in un certo senso ha unito due realtà come i Queen e questi ragazzi che volenti o nolenti sembrano averne la benedizione. E' realmente difficile per chi ama la musica a prescindere dallo stile o dalla tipologia d'ascolti che si segue non riconoscere la bravura e l'eleganza con cui il quintetto espone l'arte forgiata, "The Accolade" è l'incarnazione del metal nella sua versione più intima e sognante, la tastiere ricamano, le chitarre imbastiscono, è un abito d'alta classe che va tenuto (ascoltato) con cura. Di pasta ben diversa sono le successive "Pharaoh" e "The Eye Of Medusa" legate a tempi e storie che furono, è l'energia la marcia in più che muove il motore dei due brani, Russell oltre al suo classico pulito graffia mettendo in chiaro di saper essere tutt'altro che gentile su richiesta delle note, tornando ad esprimersi in esteso in una "Witching Hour" andante/allegra prima che il colosso "The Divine Wings Of Tragedy" inizi a prender lentamente forma. Dopo aver vissuto quasi mezz'ora di musica euforica, ricca di cambi di tempo e dinamismo, assoli pirotecnici cosa ci si doveva aspettare da quest'opera mastodontica? Semplicemente i Symphony X in bella mostra nello sfruttare il repertorio da loro conosciuto in tutte le possibili e inaspettate maniere. Picchi che vanno dalla musica classica al progressivo si nascondono per apparire improvvisi in un'opera nell'opera, perchè solo in tal modo è possibile definire queste "Divine Ali Della Tragedia". Romanticismo espresso in note, cavalcate sui tasti, quell'unione di un'anima quasi settantiana che si fonde nell'essenza metallica della band creando una risultante unica, sì perchè loro quel quid che manca a troppi act che calcano il genere l'hanno sempre avuto per loro fortuna. Tocca a "Candlelight Fantasia" dar conclusione al viaggio intrapreso, avvolgente, melancolica, come se il gioco d'ombre delle candele stesse tenti di portar via con sè quella tristezza che cinge un'anima sola. Parlare della prova dei singoli in quest'album sarebbe svalutante, è la coralità, la totale armonia delle orchestrazioni e il rispetto strumentale che guida "The Divine Wings Of Tragedy", non vi è un solo secondo che meriti d'esser lasciato passare senza ascolto, è un disco di quelli che segnano la Musica in maniera indelebile, mi chiedo come mai vengano messi di spalla ai Dream Theater che discograficamente parlando hanno degli alti e bassi spaventosi cosa non riscontrabile nell'intera produzione sinora messa a segno dai Symphony X, la vita è realmente strana e ingiusta. Piccola divagazione a parte, non lasciatevi scappare l'occasione d'avere questo disco nella vostra collezione, è un prezzo pregiato di quelli come ne esistono realmente pochi.
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Gruppo: Enthroned
Titolo: Towards The Skullthrone Of Satan
Anno: 1997
Provenienza: Belgio
Etichetta: Blackend Records
Contatti: https://www.facebook.com/pages/ENTHRONED/126142654307
Autore: M1
Tracklist:
1. Satan's Realm
2. The Ultimate Horde Fights
3. Ha Shaitan
4. Evil Church
5. The Antichrist Summons The Black Flame
6. The Forest Of Nathrath
7. Dusk Of Forgotten Darkness
8. Throne To Purgatory
9. When Horny Flames Begin To Rise
10. Hertogenwald
11. Final Armageddon
DURATA : 45:08
"Towards The Skullthrone Of Satan", secondo album degli Enthroned esce all'indomani della morte per suicidio di Cernunnos, batterista il cui lavoro aveva impreziosito il debutto, nonchè leader del gruppo belga. A differenza del predecessore diminuiscono leggermente le atmosfere più cupe e misteriose che erano state un punto di forza, in favore di un black metal ancora più diretto e violento anche se mai totalmente tirato dal principio al termine di un pezzo.
Stilisticamente è iniziata la marcia verso quello che diventerà un black imbastardito dal thrash (e a dir la verità parecchio monotematico) di dischi successivi quali "The Apocalypse Manifesto" e "Armoured Bestial Hell" ma qui abbiamo a che fare con un risultato totalmente diverso e di qualità.
Questo piccolo cambio di direzione, chissà se dovuto alla rabbia per la perdita del compagno, si evince anche dai testi meno legati a ideali riti di matrice satanica (ma sempre e comunque di facile lettura, niente a che vedere con la filosofia del religious ad esempio) e che non fanno di certo giri di parole, leggersi ad esempio quello di "The Ultimate Horde Fights" a riguardo: "Walking the path to deliver the ultimate hordes fight!!! / Jag the parish, rape the nuns, hang the pope cutting his throat... / Mutilation of the vatican's bastard".
Ad innalzare gli inni a Lucifero è ancora una volta Lord Sabathan, il suo è uno screaming malvagio ed affilato che si adatta perfettamente alle note portatrici di olocausto degli Enthroned, uno dei miei singer preferiti. Tuttavia la vena quasi mistica rimane presente ed anzi si rivela nell'arpeggio oscuro di "Evil Church" uno dei brani simbolo del gruppo, nella melodia presente in "Hertogenwald" e nell'incipit di "When Horny Flames Begin To Rise".
Nonostante la grave perdita (le parti di Cernunnos sono state suonate dal session man Da Cardoen) "Towards The Skullthrone Of Satan" rimane un disco ispirato e pregno di convinzione in cui si respira ancora il sapore di un black metal che oggi si fatica a trovare, nonostante si tratti di un album del 1997 e non di certo della prima ondata quindi.
Anche questo, così come il primo capitolo della storia degli Enthroned, merita di essere conosciuto ed apprezzato da chi ama queste sonorità, soprattutto per la genuinità e la sincerità della proposta.
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Gruppo: Anubi
Anno: 1997
Etichetta: Etichetta: Danza Ipnotica Records
Autore: Atem
Tracklist
1. Savo Kelyje
2. Kai Pilnaties Akis Užmerks Mirtis
3. Mirtis
4. Kai Pilnaties Akis Užmerks Mirtis II
5. Gyvenimo Kritima Dovanosim Krankliui
6. I Nauja Galybe
7. Ir Saule Neteko Savo Puses Veido
8. Ozirio Adventas
9. Folklorine Daina Apie Mirti
10. Iš Tuštumos I Akmens Tyla
11. Tarp Akmens Ir Veidrodžio
DURATA: 54:06
 “Quando la Morte Chiuderà gli Occhi alla Luna Piena”, un titolo emblematico presentato ed accompagnato da un bellissimo dipinto eseguito dal carismatico cantante nonché talentuoso pittore tragicamente scomparso nel marzo del 2002, Lord Ominous (chiaramente ispirato dall’altrettanto penetrante e meraviglioso “Wintermondnacht” dell’artista espressionista tedesco Ernst Ludwig Kirchner), raffigurante l’Oscura Signora immersa in una natura selvaggia, dall’aura tetra e dinamica, nell’istante successivo in cui ha rubato furtivamente gli occhi alla luna piena, splendente e solitaria nel suo vanitoso manto madreperlaceo in un ardente crepuscolo vivo, pulsante di rosso sangue.
Il livello di sperimentazione, padronanza dei mezzi e creatività degli Anubi ha dell’incredibile: il loro sofisticato e regale Avant-garde Black Metal ci proietta in una bizzarra dimensione intrisa di psichedelia, arcana, distante e quasi senza tempo, se non sperduta nel tempo stesso, uno stravolgersi continuo di sensazioni, eventi, colori, in un’ininterrotta spirale di simultaneità tipicamente espressionista.
Gli streganti canti del Poeta Imbalsamatore Lord Ominous, a tratti affogati in veri e propri deliri “teatrali” (“Savo Kelyje”), a volte più cauti e ed ipnotizzanti come in “Folklorine Daina Apie Mirti” (ma senza mai perdere la loro tipica vena di follia improvvisa di fondo), vengono alternati da graffianti screams che celano anatemi.
Le chitarre “spezzettate” e guizzanti di Thoth e Mr. Harm mantengono intatti i legami con la tradizionale crudezza e affilatezza del Black Metal, le quali in certe occasioni si cimentano in sporadici duelli con ukulele sbronzo in “Gyvenimo Kritima Dovanosim Krankliui”, cedendo poi il posto a ben più sobrie, liquide e raggelanti chitarre acustiche dal sapore squisitamente Folk della bellissima e melanconica “Kai Pilnaties Akis Užmerks Mirtis II”, probabilmente ambientata in una qualche sperduta vallata fra venti laceranti, impetuose nevicate bianco latte notturne e i solitari fuochi dell’inverno, accompagnati da un caldo violino gitano.
I folli inserti di pianoforte “cabaret” di “Kai Pilnaties Akis Užmerks Mirtis” ed archi sognanti, malinconici e ammalianti in “I Nauja Galybe” concedono volentieri delicati duetti assieme ad un effimero sax, solito inoltre nel fare timidi capolini sgangherati.
Con l’oscuro ed atmosferico Ambient rituale di “Tarp Akmens ir Veidrodžio” la solenne cerimonia si conclude, lasciando l’ascoltatore in uno stato di trance ancora scandito lontanamente dai trilli di sinistre campanelle e dalla voce dello sciamano Lord Ominous che riecheggia in lontananza dal sinistro tramonto.
“Kai Pilnaties Akis Uzmerks Mirtis” è un (capo) lavoro maturo ed intelligente come giù espresso in precedenza, ancora ingiustamente misconosciuto e/o volutamente lasciato cadere nell’oblio del dimenticatoio ed ovviamente non destinato a tutti i palati, fra cui i vari puristi del Black Metal o gli allergici alle sperimentazioni più disparate.
Un’autentica perla di rara bellezza e dalla corazza non facilmente accessibile ma che una volta scoperta, rivela tutto il suo immenso splendore.
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