Informazioni
Gruppo: Folkearth
Anno: 2009
Etichetta: Stygian Crypt
Autore: Mourning
Tracklist:
1. The Voices Of The Dead
2. Rulers Of The Sea
3. The Doomed Crusade
4. Lord Of The Spear
5. The Prince Of Epirus
6. Cosmogenesis
7. Folkearth
8. I Am Fire
9. Apollonian Light
10. When The Gods Doth Return
11. Byzantine Princess
DURATA: 49:34
I Folkearth non sono classificabili come normale band, il monicker infatti è legato a un progetto che di album in album ha unito dietro questo nome molteplici personaggi della scena Folk/Pagan.
Prende vita nel 2004 con l'uscita di "A Nordic Poem" e altri cinque dischi precedono questo neo-nascituro "Rulers Of The Sea", con prestazioni altalenanti ma mai scadenti.
L'ultima opera vede al proprio interno la collaborazione di membri di: Dol Amroth, Frekkr, Folkodia, Hildr Valkyrie, Skiltron, Black Knight Symphonia, Excelsis, Sunuthar, Minhyriath e Seventh Sword.
Capirete che è già complicato spesso e volentieri mettere d'accordo quattro teste, pensate quando il numero è di molto più elevato.
Il platter è definibile una prova standard del genere, vengono usati fra gli altri strumenti quali cornamuse, flauti, mandolino, il sitar per rendere più ricco e corposo il sound, le tracce tendono a un continuo mix fra sfuriate, fraseggi in cui la melodia la fa da padrone e attimi dediti a far prendere aria al composto.
Raramente, fatta eccezione per brani come "Cosmogenesis", "I'Am Fire", "Apollion Night" e la trascinante "Rulers Of The Sea" in parte marcatamente heavy, le canzoni colpiscono nella loro integrità, ci sono spunti sparsi apprezzabili ma oltre le citate è difficile scatti un coinvolgimento automatico, vi è più la probabilità di un gradito ascolto di compagnia.
La voce pulita maschile/femminile fa la sua comparsa in "The Doomed Crusade", evocativa nell'incedere ma con un evidente squilibrio fra le parti folk e la base che ne minimizzano il valore, peccato.
I volumi risultano essere la croce di questo "Rulers Of The Sea", troppo alta la strumentantazione naturalistica nelle parti centrali delle canzoni, per il resto la prestazione strumentale esecutivamente ha poco da farsi perdonare incastonando dentro ogni singola nota gli stilemi conosciuti e amati da chi segue il filone.
Non è il capitolo più riuscito della saga Folkearth ma possiede comunque le qualità per farsi apprezzare da chi mastica e adora tali sonorità.
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