lunedì 5 novembre 2012

MANOWAR - The Lord Of Steel


Informazioni
Gruppo: Manowar
Titolo: The Lord Of Steel
Anno: 2012
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Magic Circle Music
Contatti: facebook.com/manowar - manowar.com
Autore: Akh.

Tracklist
1. The Lord Of Steel
2. Manowarriors
3. Born In A Grave
4. Righteous Glory
5. Touch The Sky
6. Black List
7. Expendable
8. El Gringo
9. Annihilation
10. Hail, Kill And Die
11. The Kingdom Of Steel [traccia bonus per la versione CD]

DURATA: 55:00

I Manowar si amano o si odiano, in quanti forum musicali ci sono stati scontri con post infuocati a difenderli o denigrarli? Molti, a volte troppi. Di tutto ciò i quattro paladini del Metallo, i fratelli di sangue (e qualcuno direbbe "...di braghette...") hanno saputo fare buon viso a cattivo gioco, lavorando come fabbri sulla spada, battendo, battendo e battendo ancora sulla spada e dopo... battendo, battendo e ancora battendo il ferro caldo.

Ecco i Manowar sono questi, prendere o lasciare, ma a prescindere dalla vostra risposta andiamo a vedere a che punto è questa infernale spada a cui è stato aggiunto il titolo "originale" di "The Lord Of Steel". Undici brani ci vengono scaricati addosso con la gentilezza tipica dei puri e duri, forse dopo le critiche alle lungaggini del precedente "Gods Of War" qua si apre subito a suon di randello, privi di fronzoli e immediatamente proiettati nel mondo metallico di Conan il Cimmero, dove si ribadiscono concetti come: sangue, metallo, morte; se non altro da loro si sa cosa aspettarsi...

L'iniziale "The Lord Of Steel" dico immediatamente che è il pezzo che meno mi piace del disco (senza considerare la traccia bonus), una sorta di brano Hard Rock iper ispessito da placche virulente di metallo (ciò che definisco canzone da "motociclista", un po' alla "Louder Than Hell" giusto per intenderci) che mi fa istantaneamente pensare al peggio, riportandomi alla mente tutte le loro cavalcate classiche con un certo disappunto di mancato impegno.

Basta poco però per farmi rialzare la testa ciondolante; il trio seguente mi lascia senza parole: "Manowarriors", "Born In A Grave", "Righteous Glory" sono semplicemente all'altezza di quelle perle sacre tipiche dei loro primi quattro album, che seppero farmi urlare da ragazzino quando ancora la diatriba sui Brothers Of Metal era esclusivamente cartacea.

La produzione è ben equilibrata, potente, scarna, efficace; stranamente il basso suona come mai da basso, certo pastoso, grosso, in evidenza ma ricordandoci che è un quattro corde in maniera da sposarsi al meglio al suono della chitarra di Logan, anch'essa pastosa e vagamente cartonata nella fase ritmica pur girando perfettamente nel suo insieme, con un suono minimale acustico della batteria e i vocalizzi del perenne e mai domo Eric Adams, indubbiamente uno dei cantanti più apprezzati e inossidabili al mondo.

Sempre lui, che considero l'arma in più del combo americano, torna a interpretare ed emozionare magistralmente alcuni frangenti, come nel caso della seduttiva power ballad "Righteous Glory", che mi ha saputo ricordare la superba "Mountains" per certi accordi dell'epoca d'oro, in cui sfugge un lieve tocco zeppeliniano a metà brano, mantenendo comunque inalterato il valore di futuro evergreen. Sono presenti anche suoni lievi e arrangiamenti di flauti e piano a rendere ancor più suggestivo il tutto, cosa che avviene anche per la calzante "Born In A Grave" (sentite un po' gli accordi introduttivi e ditemi se non vi ricorda chi Abbath ha saccheggiato negli ultimi album) che mi "ingarzullisce" non poco nel suo refrain da cantare a squarciagola e tenendo il tempo in maniera esaltata e incontrollata grazie ad un rifferama robusto di indubbia efficacia.

Oramai il disco è lanciato e "Touch The Sky", "Black List" ed "Expendable" hanno oramai la strada spianata, il voltaggio rimane alto e la propensione a calarsi come un'orda bellica agli ordini del sacro verbo del Metal è ai massimi livelli; così i richiami al blood, al metal e a tutto il resto (Valhalla incluso) esalteranno le legioni di fanatici in giro per il mondo che non rimarranno indifferenti a questi nuovi inni dei signori dell'acciaio, la cui volontà di regalarci un album maggiormente sobrio e dannatamente classico è un'intezione mantenuta.

"El Gringo" spiazza per il titolo e per la sua funzione da tema principale del film omonimo, non sono uno che guarda film quindi non lanciatemi anatemi, ma è difficile davvero immaginarsi (e francamente fa anche un po' schifo...) i Manowar in mutandine di pelle, martelli e scarponcini di finta renna in mezzo alle lande assolate del Messico fra cactus, sparatorie e tequila, ma se togliamo questa immagine il tutto rimane all'interno del mondo sonoro dei newyorchesi e ben ci sta nel suo insieme nonostante la perplessità iniziale.

Con le seguenti "Annihilation" e "Hail, Kill And Die" (altro brano da cantare scuotendo la testa energicamente) si chiude in bellezza la versione scaricabile del lavoro, due canzoni che non si discostano minimamente dal contesto generale, Logan come in precedenza si esibisce in lead d'effetto e che ben si applicano al guitar air, tanto che anche mia figlia dopo aver sentito e risentito "The Lord Of Steel" ha detto: "Ma lo sai che i Manowar mi piacciono proprio! Non so perchè fai tutti quei versi...". È giovane e ancora non capisce... mi vien da sorridere al pensiero.

La nota stonata arriva a mio avviso dal brano bonus, sicuramente il più melenso e infarcito di tastiere (che a onor del vero erano presenti anche in precedenza ma con tutt'altro approccio), veramente fuori luogo dopo una cavalcata vigorosa come quella appena intrapresa. Chissà, forse si è voluta concedere la caramellina a chi predilige suoni maggiomente sinfonizzati o "rapsodiani", comunque per me avrebbero potuto tranquillamente lasciarla fuori e non mi sarei lamentato.

Se l'ordine ufficiale quindi era di mantenere le linee e conquistare nuove frontiere, direi che Di Maio & Co. ci sono riusciti alla grande, certo ribadiamo che l'originalità non è pervenuta, si riciclano perpetuamente. Mi chiedo il motivo per cui ci debba essere almeno un testo che compia un autoplagio dell'intera discografia della band, ma poi rivedo negli occhi le bandiere di stati improbabili con il logo dei nostri guerrieri di pelle e mi dico: sicuramente qualcuno crede davvero nell'essere fratelli del metallo sotto la loro etichetta e quindi perché cancellare la fede e l'incanto che si ricreano quando i Cavalieri Del Metal ci rimandano a vibrazioni pacchiane, tracotanti, inverosimili ma cosi enfatizzate, convinte, esaltanti da portarci in lidi aggreganti in cui si è dediti alla conquista di un mondo senza remore o timori di farsi male?

Chi li detesta continuerà a detestarli sempre di più, chi li odia visceralmente avrà di che continuare a lamentarsi su forum, blog, mail, cell, ipad, carta igienica, ecc... Chi invece li adora indubbiamente li adorerà, adorerà anche questi nuovi dieci inni alla grandezza del metallo, sicuramente dieci pezzi che andranno ad ampliare i loro classici e la loro storia.

Il fabbro nel frattempo continua a battere, battere e ancora battere il suo metallo... il suo acciaio...

Aristocrazia Webzine © 2008. Design by :Yanku Templates Sponsored by: Tutorial87 Commentcute