domenica 17 febbraio 2013

THE SLOW DEATH - II


Informazioni
Gruppo: The Slow Death
Titolo: II
Anno: 2012
Provenienza: Australia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/theslowdeath
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Long March
2. Empty Places
3. To Your Fate
4. Reflections In Shattered Glass
5. Reclaimed By Dust

DURATA: 01:07:00

The Slow Death è il nome di una fantastica realtà doom australiana, precisamente del versante orientato al death e al funeral, il nome ai più attenti dirà tanto, a molti altri poco o nulla, si erano comunque fatti notare con l'omonimo disco di debutto nel 2008. Si trattava di un lavoro autoprodotto di gran qualità per una formazione che come unico "reale" difetto riscontrabile aveva l'utilizzo di una drum-machine non particolarmente brillante nella resa.
Da quell'uscita son trascorsi quattro anni e i Nostri sono ancora senza contratto, ma intanto hanno rilasciato il secondo capitolo intitolato semplicemente "II", ci sono novità? Direi di sì, oltre al trio di base composto da Stuart Prickett (musicista coinvolto negli Stone Wings e nei Mournful Congregation, autore di tutto ciò che riguarda la parte strumentale) e ai due cantanti confermati Gregg Williamson (compagno d'avventura di Prickett nei Corpsickle e Bludgeoner, band delle quali sono entrambi ex), al growl e di Mandy Andresen (Murkrat ed ex Lycanthia) alla voce pulita e alle tastiere, stavolta vi è la presenza di un batterista in carne e ossa, è stato assoldato Yonn Mclaughlin (altra conoscenza di Stuart nei Backyard Mortuary) che ha completato una formazione capace di fornire ancora una volta una prestazione ben al di sopra delle più rosee aspettative.
Cinque lunghi capitoli, e per lunghi intendo davvero lunghi, nessuno di essi scende al di sotto dei dieci minuti di durata — con il brano d'apertura "The Long March" che da solo ne copre ben ventiquattro — che riportano indietro le lancette, mantenendosi in bilico fra il sound melodico decadente di metà anni Novanta di capolavori quali "Tragedies" dei Funeral, le movenze dei creatori del genere gotico (Paradise Lost e My Dying Bride, ai quali si uniscono i primi Katatonia), la compatezza di Evoken e Morgion e il grigiore dal retrogusto dolciastro degli Shape Of Despair.
Potreste così avere un'idea di ciò che andrete ad ascoltare, dico "potreste" poiché più si va avanti e si entra nei particolari più per un motivo o per l'altro si percepiscono altri grandi gruppi a supporto della validità di "II". Fra i tanti che potrei nominare arrivati al mio orecchio solo in seconda battuta ci sono i connazionali Mournful Congregation e i Doom:Vs, non perché non fossero evidenti già da prima, quanto per il bisogno di individuare le pennellate più rappresentative soltanto
dopo aver dato vita a un quadro composto a grandi linee. Non è facile, ma alquanto piacevole quando pezzi come "Empty Places", "To Your Fate" e "Reflection In Shattered By Glass" ti pongono il dilemma su quali siano le papabili influenze, alla fine della fiera tutti derivano da qualcuno, tuttavia non considerate tale termine come un fattore incatenante, la prestazione infatti è ottima sotto tutti i punti di vista (strumentale e vocale) e qui un plauso va fatto senza ombra di dubbio alla spettacolare e angelica Mandy. Inoltre il concept testuale sviluppato, la produzione e l'artwork sono talmente connessi fra loro da divenire uno schema dal risultato unico, motivo per cui per entrarvi dentro è necessario un approfondimento complessivo.
Esaminando questi aspetti uno a uno, per quanto riguarda la prova strumentale, qualcuno potrebbe lamentare un "già sentito" evidente e io non lo nego, tanto che in precedenza ho rilevato una derivazione multipla, al tempo stesso però è palese come le tracce scorrano fluide e avvolgenti, più di sessanta minuti di musica eppure persiste la voglia di riaffrontarli subito dopo la battuta conclusiva. Se non è una vittoria questa, non so quale si possa definire tale...
Il concept riparte dalle basi fornite dal primo album, nel quale si descriveva la "morte nera" nel suo processo di sterminio che ridusse a un terzo la popolazione europea, in questo nuovo episodio discografico (testi e copertina sono stati entrambi curati dalla Andresen) la narrazione è incentrata sulla sopravvivenza stentata dell'uomo in aree desertiche, la lotta per la vita, con le note e il cantato abili nel comunicare una disperazione crescente e una resa che pare essere sempre lì dietro l'angolo; la forma ultima e definitiva di tutto ciò la si ritrova nella struggente "Reclaimed By Dust".
Basta dilungarsi, il tempo è danaro e il danaro va speso bene, vi consiglio di versarne un po' per questi australiani, sono certo che se siete amanti di molte della band citate nel testo, i The Slow Death saranno un acquisto che vi soddisferà, quindi quale modo migliore di avventurarsi in un ascolto simile se non l'originale? Fate questo passo.

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