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lunedì 21 gennaio 2013

YAYLA - Nihaihayat


Informazioni
Gruppo: Yayla
Titolo: Nihaihayat
Anno: 2013
Provenienza: Turchia
Etichetta: Merdumgiriz
Contatti: merdumgiriz.org/Yayla_Official.html - facebook.com/yaylaband
Autore: Insanity

Tracklist
1. Integumental Grasp
2. Through The Sigil Of Hate
3. Immortalizing The Nine
4. Disguises Of Evil
5. In Senility

DURATA: 51:41

Il Medio Oriente ha già da tempo dimostrato il proprio valore all'interno della scena Black Metal, a partire dai Melechesh passando per Ekove Efrits fino ai più recenti Al-Namrood ed Episode 13 i risultati sono stati spesso più che buoni. Nei meandri più underground di questa scena si muove Yayla, one man band turca giunta al quarto full intitolato "Nihaihayat" che non mi era capitato di incrociare nonostante apprezzi la musica prodotta in questa area.
Se come me non sapete cosa aspettarvi di preciso, vi consiglio di guardare bene la copertina poichè è uno di quei casi in cui rappresenta alla perfezione le sonorità proposte: è un Black arido ma profondo, l'impressione è di essere imprigionati nei tetri sotterranei di qualche misterioso santuario circondato solamente dalla sabbia di un deserto che lentamente penetra e intimorisce il malcapitato ascoltatore. Il sound è saturo, l'uso del riverbero sulla voce infonde oscurità sia nelle fasi in clean, dal retrogusto quasi cerimoniale, che in quelle in scream, decisamente più demoniache; anche la drum machine ne trae vantaggio, i suoni di base sono comunque buoni e non fanno pesare l'assenza del tocco umano ma è l'effettistica catacombale a renderla veramente efficace, oltre al fatto di essere stata programmata molto bene. Notevoli i riff, lo stile è puramente Black sia nella loro struttura che nel modo in cui vengono riproposti più e più volte ma alternano con naturalezza passaggi orecchiabili ad altri più furiosi; in entrambi i casi la qualità c'è, tanto che la ripetitività a tratti ossessiva non risulta per niente pesante, sembra anzi una tormenta di sabbia che mantiene costante la propria distruttività e non accenna a diminuire per un lasso di tempo non indifferente. Le tre tracce "principali" sono infatti tutte sopra i dieci minuti di durata e sono racchiuse da un'intro ed un'outro di sola tastiera dal sapore desertico, la quiete prima e dopo la tempesta.
Non ho ascoltato i precedenti lavori di Yayla, pertanto non conosco l'evoluzione che ha avuto il progetto; di certo con "Nihaihayat" mostra le proprie capacità e maturità, è un album che potrebbe risultare molto gradevole a chi ama il lato più atmosferico e profondo del Black Metal. Un'altra gradita conferma di come la scena orientale sappia rendersi interessante.

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domenica 30 dicembre 2012

YELLOWTOOTH - Disgust


Informazioni
Gruppo: Yellowtooth
Titolo: Disgust
Anno: 2012
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Orchestrated Misery Recordings
Contatti: facebook.com/yellowtooth.mc.9
Autore: Mourning

Tracklist
1. Wizard Dust
2. Soulstalker
3. John Wilkes Booth
4. 75 Black Pontiac
5. Burning Daylight
6. Prophetic Ramblings
7. On The Trail Of Lewis Medlock
8. Traitor
9. Decaying From Within
10. 11th Hour

DURATA: 47:22

Da Michigan City direttamente ai nostri stereo, ecco a voi gli Yellowtooth.
La formazione dell'Indiana, che vede in line-up il bassista cantante Peter Clemens (Skullview, Invasion, Nuclear Torment e Sea Of Tranquillity), dopo aver pubblicato due demo tira fuori oggi il debutto "Disgust" ma non c'è nulla di disgustoso in questo platter. Al contrario Peter e i compagni di viaggio Henry McGinnis (chitarra e voce) ed Ed Kribbs (batteria) ci forniscono dieci tracce di buonissimo stoner/sludge a tinte più groove/death o rockeggianti in alcuni casi ed è proprio vero che quando si fanno le cose non complicandosi la vita riescono bene.
La proposta del trio è basilarmente accattivante, abbiamo un sound ibrido che pesca dalle radici settantiane dei Black Sabbath, offre fughe in territori affini a Black Label Society, Down e Cathedral, con qualche reminiscenza del riffing di Dimebag sparsa qua e là. Ovviamente non sono assenti quelle striature bluesy che tanto ci aggradano, mntre la voce opta per lo più su di un'impronta death pesante e grattata.
Le componenti le conosciamo e riscontriamo ormai da anni in molti platter, qui però vengono sviscerate e riversate all'interno di brani che hanno il pregio di essere tutt'altro che noiosi. "Disgust" possiede infatti una serie di canzoni dal piglio sicuro e dall'animo da rocker come "Wizard Dust", "John Wilkes Booth" e "Rambles Prophetings", inoltre si spinge in territori più estremi e dediti a sonorità più oscure e maligne in "Burning Daylight" (traccia al limite con il gusto amaro della "morte") e "Traitor", offrendo degli ottimi diversivi nella più eclettica e armonicamente lucente "75 Black Pontiac", spogliata dal nero citato in precedenza, e "On The Trail Of Lewis Medlock" dalla fruibilità più alta nonché brano maggiormente accessibile al cospetto degli altri, senza però cedere alla tentazione di soluzioni che prendano direzioni troppo fuorvianti, il trademark rimane quello imposto e voluto dagli Yellowtooth.
Probabilmente in sede di produzione si sarebbe potuta dare una risonanza più netta all'operato di Ed, le pelli sono infatti retrocesse in seconda linea a favore delle chitarre, d'altro canto questa forma rende l'atmosfera del disco cruda ed essenziale; tutto sommato il basso non viene danneggiato e quindi ciò può anche starci bene.
"Disgust" è un disco vibrante, aggressivo, considerevolmente legato a una serie di cliché per i quali se ci fosse un "mi piace" in stile Facebook cliccheremmo in segno d'approvazione. Il primo lavoro degli Yellowtooth ha colto nel segno.
Strada, polvere, fango, adrenalina e alcol, vi dicono niente queste parole? Se per voi hanno più di un senso e in questa musica trovano la propria collocazione, sapete qual è il da farsi: ascoltare "Disgust".

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lunedì 10 settembre 2012

YSENGRIN - To Endotaton


Informazioni
Gruppo: Ysengrin
Titolo: To Endotaton
Anno: 2012
Provenienza: Francia
Etichetta: I, Voidhanger
Contatti: myspace.com/ysengrinofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. To Endotaton

DURATA: 40:06

Il monicker Ysengrin non rappresenta solo una formazione, gli Ysengrin sono l'incarnazione in tutto e per tutto di ciò che è l'artista Guido Saint Roch e il francese ce l'aveva già dimostrato nel 2011 tirando fuori un gioiellino intitolato "Tragedies - Liber Hermetis" che divenne uno fra i miei ascolti più frequenti sin da subito.
È passato un anno ed ecco che ho la fortuna di poter scrivere del successore di quel secondo capitolo, il transalpino ha mirato ancora più in alto, complicandosi la vita e riversando la sua fatica compositiva in un'unica traccia di quaranta minuti.
L'espediente non è di certo nuovo ma nel tempo sappiamo bene come abbia regalato sia capolavori, il classico dei classici rimane "Crimson" degli Edge Of Sanity, che aborti dei quali avremmo fatto volentieri a meno con grandissimo piacere, si vedano gli Impiety di quell'inutile mattone che è "Worshippers Of The Seventh Tyranny", cosa sarà capace di offrire "To Endotaton"? Scopriamolo. Muoversi nel mondo di Guido non è per nulla semplice, nel booklet noto la presenza di una prima triade di parole in latino: "theoria practica harmonia", a cosa si riferirà? Cerco e ricerco su Google provando a dare un senso e l'unico risultato che penso possa avere un'affinità con il lavoro è quello legato alla "Filosofia Della Musica Nel Medioevo", direte perché proprio questo? Perché scrutando i testi appare un appiglio seppur flebile, in due circostanze compaiono infatti citazioni dantesche a chiusura di di due strofe:

"ed ecco il loco ove convien che di fortezza t'armi"

è tratta dall'ultimo capitolo dell'Inferno, il canto trentesimoquarto v.20/21, mentre

"Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch'esser non lascia a voi Dio manifesto"

dal secondo canto del Purgatorio v.122/123; che anche la frase "ex ipso et per ipsvm et in ipso" (da questo e per questo e in questo) sia collegata a quel periodo? I malandati ricordi di temi ecclesiastici porrebbero tale pensiero all'interno dell'uso liturgico per la "Santa Messa" ma su questo potrei essere in errore, è però certo che in quel periodo non esistevano altre forme se non il latino per recitarla.
E da quell'antica lingua a un panorama ancor più antico e storicamente importante, quello che fu la culla della civiltà, il testo scorre e scorre e incrocio il nome Hylas, che conosciamo come Iolao, lo storico compagno d'avventure di Ercole il semi-dio greco figlio di Zeus e Alcmene e allora il discendere, l'acqua, gli Inferi potrebbero essere legati alla seconda fatica nella quale l'eroe uccide l'Hydra di Lerna? Guido parla però anche di portare la sua croce, e la croce sia come simbolo che come costellazione, insieme alla stella Sole e a tanti altri elementi del panorama astrale, nel corso dei millenni è stata collegata a divinità assai più importanti e considerate in primis il figlio del Dio cristiano Gesù Cristo (non perché il più meritevole, solo perché il più noto) e allora qual è la verità che ci racconta? Leggete e provate a interpretare.
Ora immaginate di immettere questa miriade d'informazioni su una base musicale che cambia costantemente, interpretandole si modella sia per evocazione, sia per carattere raggiungendo una forma adatta ad assecondare la narrazione, abbiamo di tutto, da passaggi heavy e thrash ad aperture doom, da richiami che evidentemente attingono in zona black a fraseggi rimarcanti il death, varia lo è di sicuro.
"To Endotan" è ricco di misticismo, di motivazioni ancestrali e percorre ancora una volta un sentiero che si dirama in diverse direzioni, che sprofonda talmente tanto da arrivare al punto di riaffiorare in superficie mostrandosi alla luce, è uno scontro fra psichedelia ridondante, fraseggi ripetuti che l'inconscio potrebbe apprendere come un ritornello e un affrontare di petto temi quali l'esoterismo e il passato dell'uomo attraverso una simbologia sia da guardare che da ascoltare.
Avrete la pazienza e la costanza di (almeno) tentare di entrarvi in contatto? Ci vogliono tempo e perseveranza, l'ascolto deve perdurare nello stereo in modo da poter essere sviscerato. A quanto pare oltre alla presenza vocale del mastermind, di Aboth (Darkenhold) alla batteria e Aldebaran (Ahorlac) alla chitarra e strumentazione medievali, sono presenti anche M degli Opera IX, già partecipe nel precedente lavoro, Scars dei Christicide e Yainnis dei Serpent Noir, quest'ultimi sarebbero da seguire anche nelle rispettive e interessanti band, ad arricchire un "To Endotaton" che si candida a soggiornare per un bel po' nello stereo. Siete di quelli che si lamentano usando frasi del tipo "oggi il metal è pieno di musica per cazzoni e ciuffi emo", "non ci sono più le formazioni che possiedono l'attitudine giusta" e "perché non si da mai importanza ai testi"? Bene, gli Ysengrin sono ciò che cercate, hanno tutto ciò che desiderate, sta a voi adesso dare prova che un disco simile è realmente ciò che volete, in caso contrario avrete solo sprecato fiato per anni e si sa, a lamentarsi son buoni tutti, a vivere e crescere con ciò che si dice d'amare no.

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venerdì 27 aprile 2012

YUCK - This One Is Good


Informazioni
Gruppo: Yuck
Titolo: This One Is Good
Anno: 2011
Provenienza: Francia
Etichetta: Postghost Recordings
Contatti: myspace.com/yuckvork
Autore: Mourning

Tracklist
1. Legacy
2. I Will Not Close My Eyes
3. Alone In Heaven
4. Bad Luck
5. We Search For Soul
6. Nocturne
7. Gimme More
8. To Redemption

DURATA: 39:01

Yuck capitolo due: "This One Is Good", la maturazione.
Vi avevo presentato un paio di settimane fa il primo atto di questa band francese intitolato "Do It Yourself" rilasciato nel 2009 e che ci dava in pasto un miscuglio sonoro stravagante ma dalle intenzioni tutt'altro che disordinate.
Con il secondo il combo di Rouen in Normandia, zona che ci ha peraltro regalato formazioni quali Fatum Elisum e i Mhönos (recensiti proprio dal sottoscritto in passato), non solo conferma quanto di buono vi era nel lavoro di debutto, dimostra pure d'aver acquisito una padronanza sia sotto il punto di vista compositivo che sotto quello dei cambi d'umore che apporta una qualità ancor più pregiata al platter.
Gli Yuck non hanno nessuna intenzione di rimanere fossilizzati internamente a una gabbietta denominata con una semplice targhetta a indicare uno stile preciso, si è quindi nuovamente assaltati da otto tracce nelle quali è palese il confluire di più influenze: black metal, thrash, grunge, un po' di aura Sabbath e un tocco di Motorhead a rendere ancor più genuina una prestazione, "This One Is Good", che in maniera camaleontica si diletta nel mutare la forma.
Si passa dalle sfuriate in velocità di "Legacy", interrotte dall'introdursi della scena di Seattle, all'appeal groove melodico che contraddistingue "I Will Not Close My Eyes", dal metal/rock decadente con alone nirvaniano intriso di melanconia di "Alone In Heaven", nel quale la vocalità stridente e urlata di Jérémie è simbolo dello stato d'animo combattuto, si arriva a una "Bad Luck" primordiale in cui devo essere sincero sin dall'incipit di stampo sabbathiano con un riff molto in stile alla Iommi ho avuto una sensazione di deja-vù nitida senza però riuscire a trovare il collegamento che cercavo, magari smettendo di pensare il nome che mi circola in testa verrà fuori da solo, capita.
Metà disco è trascorso e come col precedente le montagne russe sono ancora in fase di salita, è il turno di "We Search For Soul" e qui una bella dose di rock e l'idolo Lemmy vengono a farci visita, ascoltare per credere; la presenza diviene dirompente tant'è che la successiva "Nocturne" in parte prende da quel signore e dall'altra attinge dalla scena canadese.
Un monicker soprattutto rappresenta il modo con il quale si espongono: VOIVOD, avanguardismo, thrash e follia, si divertono e tanto non mollando mai la seggiola di quell'altalena che permette loro un sali e scendi costante, un voler a tutti costi far ciò che preferiscono prima di piacere ad altri, proseguendo per la propria strada anche con "Gimme More", nient'altro che la riprova delle passioni sonore confluenti nel sound degli Yuck.
La canzone che porta a termine l'album è quella "To Redemption" filo rosso d'unione fra le due release, unico esemplare presente in entrambe le uscite e tributo nuovamente votato alla figura di Carol Ann-Croft, stavolta però si tratta di una riproposizione più nera e pesante, degna conclusione della girandola epilettico-emotiva messa in atto sino a quel momento.
Sporchi e cattivi? Malinconici e riflessivi? Inclassificabili? Tutto ciò sono gli Yuck, una realtà che prova sempre e comunque a inserire del proprio in un tessuto fatto di tante, troppe vite per non farsi coinvolgere.
Per coloro che non amano le prove statiche e monotematiche "This Is One Is Good" sarebbe da tenere in considerazione in qualità di papabile acquisto, nel pensarci su potrebbe esservi d'aiuto controllare il Bandcamp della Postghost (http://postghost.bandcamp.com), label della band, nel quale troverete entrambe le release rilasciate, un paio d'ascolti e poi si vedrà.

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lunedì 16 aprile 2012

YOG - Half The Sky

Informazioni
Gruppo: Yog
Titolo: Half The Sky
Anno: 2011
Provenienza: Svizzera
Etichetta: Division Records
Contatti: myspace.com/yogrind
Autore: Mourning

Tracklist
1. Needle In Black
2. 92%
3. Solar Nature
4. Calculate The Plan And Escape
5. Fist F**k On The Way Home
6. I Shall Scream A Beginning
7. Plastic Child
8. Ugly Liars Behind Baby Masks
9. Adam Wanted To Stay The Only One
10. Breaking The Spell
11. Stones
12. We Need Your Opinion (Just In Order To Ignore It)

DURATA: 28:20

Si rifanno vivi sulla scena anche gli Yog, il progetto svizzero nato nel 2000 che interpretava il grind rifacendosi a grandi del settore quali Napalm Death, Disrupt, Nasum e non disdegnava l'influenza hardcore di gente come i Sick Of It All ha rilasciato sul finire del 2011 il quarto capitolo intitolato "Half The Sky".
Il sound è entrato in piena collisione con quella che è stata l'evoluzione dell'ultimo quinquennio musicale, hanno infatti virato verso un math-grind disallineato, spasmodico e schizofrenico, non privo di melodie ma dalle caratteristiche similari a un impatto fra Dillinger Escape Plan, Converge, Pig Destroyer e Botch.
Una tracklist di dodici pezzi per neanche mezzora di musica folle, è un delirante assalto fatto di ritmiche sconnesse, violente bordate accompagnate da dissonanze e urla lancinanti, il riffato è tranciante, sembra si esaltino nello sfoderare colpi di lama in sequenza affondando con rapidità nei momenti inaspettati, non che tendano a nasconderlo, già in "Needle In Black", l'opener del platter, è tutto abbastanza chiaro.
Canzoni "mordi e fuggi" come "92%", "Fist F**k On The Way Home", "Plastic Child", "Adam Wanted To Stay The Only One" e "Breaking The Spell" (una vera mitragliata) sono supportate da un appeal melodico squinternato e interessante, mentre i brani rimanenti dotati di una durata lievemente più consistente (non si va mai oltre i quattro minuti e mezzo ed è già tanto) permettono agli Yog di sfogare la rabbia con forme cangianti e continui cambi d'umore e velocità.
Le vie di mezzo non sono ben accette o si allenta la presa, o si martella come dannati in "Solar Nature", offrono una chiusura acustica inattesa in "Calculate The Plan And Escape", impiantano una fase atmosferica malsana in "Ugly Liars Behind Baby Masks" chiudendo l'operato con un pezzo, "We Need Your Opinion (Just In Order To Ignore It)", che dopo un avvio in sordina, pur mantenendo i toni foschi e una dilatazione maggiore rispetto a ciò che antecedentemente aveva raggiunto l'orecchio, si dimostra tutt'altro che arrendevole grazie ad alcune sezioni fornite di una spinta e aggressività notevoli in aggiunta al mood soffocato e disperato che trasporta con sé.
Per gli amanti di musica tecnica guidata da una salutare fonte di follia e voglia di spingersi oltre probabilmente gli Yog, pur non risultando dei maestri del genere, saranno di sicuro gradimento, è quindi a loro che consiglio un ascolto ed eventuale acquisto di "Half The Sky", per i restanti? Un tentativo d'approccio fatelo, certo è che se le band citate a influenza del nuovo corso non vi stanno propriamente "simpatiche" sarà difficile che ne veniate a capo ma si sa, chi non prova non può dir la sua.

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venerdì 6 aprile 2012

YUCK - Do It Yourself


Informazioni
Gruppo: Yuck
Titolo: Do It Yourself
Anno: 2009
Provenienza: Francia
Etichetta: Postghost
Contatti: myspace.com/yuckvork
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Smell Of Cold
2. Virus
3. Nunc Umbra, Mox Gloria
4. Hermit
5. Mine Is Bigger
6. Denying The 3
7. Ab Irato
8. Decline
9. Fury Rise
10. The Right To Live
11. To Redemption (feat. Carol-Ann Croft)

DURATA: 54:06

Era passato un po' di tempo dall'ultima volta nella quale passai sul Myspace degli Yuck, purtroppo per tanti quel mondo è morto e quando inviai un messaggio chiedendo ai ragazzi di poter ricevere il loro materiale per mesi non ebbi nessuna risposta.
Nel momento meno atteso è arrivata l'email che non t'aspetti, Julien il chitarrista della band mi fa sapere che sarà felice nel farmi pervenire i loro due album, "Do It Yourself" e "This One Is Good". Tocca adesso logicamente iniziare a parlarvi di questa realtà transalpina e lo faccio partendo proprio dal debutto targato 2009.
Il combo composto da Jerèmie (voce), Julien Payan (chitarre), Stéphane Gouby (basso) e Sébastien Fercoq (batteria) è di quelli da prendere con le molle, la proposta è di catalogazione complicata data la personalità dei musicisti e la voglia di fare qualcosa di personale. Il titolo del disco non è messo lì a caso e l'avvicinarsi al sound Yuck non è proprio una cosa semplice, è un crocevia fra metal e rock che potrebbe farsi amare o odiare da entrambe le schiere di ascoltatori, tutto sta a comprendere quanto ci si voglia addentrare nel loro modo di fare musica.
"Do It Yourself" suona black, death, thrash ma anche grunge, rock lievemente fangoso, stoner e bluesy, è un mash-up d'influenze nel quale nessuna d'esse è gregaria ma si pone al servizio dell'altra.
È un ascolto strano in quanto ogni brano potrebbe esser figlio di più act allo stesso tempo senza per questo però appartenervi del tutto, l'esposizione e l'impostazione portano a citare nomi altisonanti quali Sodom, Kreator, Celtic Frost, Satyricon, Dissection, Immortal, Nirvana, Led Zeppelin che sembrerebbero entrare in contrasto data in alcuni casi la profonda diversità stilistica e invece non è così. Come è evidente che gli Yuck si divertano nel calcare la mano su questo punto chiudendo il disco dopo brani pesanti come "Nunc Umbra, Mox Gloria" e "Fury Rise", altri scapoccianti come "Virus" e altri dalla forte carica evocativa tipo "Denying The 3", accennando all'intimità nell'incipit di "Decline" e puntando su "To Redemption" nella quale appare la figura di Carol-Ann Croft (co-compositrice del pezzo), musicista Rock/Blues inglese scomparsa prematuramente sul finire del 2009, una canzone acustica che mette in mostra l'ennesima facciata di una formazione che non si risparmia d'esplorare qualsiasi angolo del mondo musicale affondando nella malinconia quanto nell'odio e nella rabbia.
Genuino, non so quale altro aggettivo si possa usare per descrivere quest'album, è il suono degli Yuck, il suo ampliarsi continuamente, stravolgersi nel tentativo di reinventarsi passo dopo passo è croce e delizia per l'orecchio. Ovviamente sarete voi a scegliere quale delle due sia più consona al gusto che v'appartiene, sia l'una o l'altra di sicuro non avrete a che fare con musicisti modaioli o alle prese con chissà quale visione "core" di una scena metal che di un certo utilizzo se ne sta altamente rompendo le palle.
Vi lascio dunque all'ascolto degli Yuck mettendovi in stand-by, il prossimo capitolo, "This One Is Good", a breve ancora una volta qui su Aristocrazia Webzine, non perdetevelo.

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lunedì 20 giugno 2011

YSENGRIN - Tragedies - Liber Hermetis


Informazioni
Gruppo: Ysengrin
Anno: 2011
Etichetta: De Profundis Edition
Contatti: www.myspace.com/ysengrinofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. E.T.P.
2. Concvpiscentia
3. Satvrnia Regna
4. Crvcifiement
5. Poeterie Gibeline (G. Gvinizelli Extraits)
6. Temphomet
7. Non Povrtant Je Vy Choses Horribles Et Merveillevses Sans Fin
8. La Grandissolvtion
9. Hors Dv Siècle
10. Chvte Totale

DURATA 55:24

Il monicker francese Ysengrin ai più attenti fruitori dell'underground extreme non sarà sicuramente passato inosservato, la formazione guidata da Guido Saint Roch (strumentazione e voce) è un'interessantissima e alquanto "intelligente" espressione di come il termine "esoterico" guadagni valore se supportato da una qualità musicale e una ricerca nei testi che permettano una connessione diretta con la dottrina da cui prende riferimento.
Autore già nel recente passato di lavori pregevoli quali il debutto "T.R.I.A.D.E." e "Archivum MMV-MMX" (non ho avuto ancora il piacere d'ascoltare lo split con i Borgia "Ars Magna Moriendi" e "Alchimete"), l'artista transalpino in questo 2011 rilascia la seconda creatura "Tragedies - Liber Hermetis".
L'opera in questione si muove su un ampio spettro sonoro, le influenze assorbono la naturale bontà e primordialità del black, del doom e del death elaborandole, smontandole e ricomponendole facendo fluire in maniera istintiva soluzioni elementari e dal piglio avvolgente e fraseggi di buonissima levatura tecnica, le tracce infatti possiedono uno svolgimento che fa del mutare e coniugare le diverse correnti in corsa un'arma fondamentale.
Per il sottoscritto diviene complicato scegliere quale sia la componente che meglio esalta il disco, escludendo dal gioco il campo atmosferico, quello è sinceramente impossibile da non inserire come prima argomentazione a favore di un platter del calibro di "Tragedies - Liber Hermetis", dopo c'è solo da godere delle dissonanze sparse che rimbombano nel cervello facendosi strada in "Concvpiscentia", della vena quasi rockeggiante di certi passaggi interni a "Satvrnia Regna", approfondirne il lato poetico e ricercato con "Poeterie Gibeline", un estratto dall'italianissima opera di Guido Guinizelli, autore emiliano e ghibellino del 1200, fantastica la guest dietro al microfono di M. (Skoll e Opera IX fra gli altri) capace di creare un equilibrio perfetto fra una prova aggressiva, tagliente e una più riflessiva e sospirata.
Già queste peculiarità, peraltro legate alla parte in apertura del disco, basterebbero a conquistare l'attenzione, per nostra fortuna c'è ancora tanto iniziando dal fatto che il secondo musicista che si ritaglia spazi internamente a questo mosaico arcano è quel Kalevi Uibo che conosciamo per l'esperienza ormai conclusa con i devastanti Bloody Sign intento a intarsiare "Non Povrtant Je Vy Choses Horribles Et Merveillevses Sans Fin" con l'utilizzo di strumenti medievali e proporsi nel ruolo di solista in "Hors Dv Siècle".
Se ciò non bastasse c'è ancora un brano dell'intensità di "Temphomet", cangiante e ideale a sferrare un assalto quanto a sorprendere con la pacatezza con cui l'acustica irrompe spezzandone il corso, attimo essenziale che la conduce a un'evoluzione che possiede un feeling heavy oscuro sino alla conclusione.
Potrei dilungarmi asserendo piacevolmente che gl'intermezzi "Crvcifiement" e "La Grandissolvtion" con la loro sommessa quiete aumentano la carica ritualistica che esploderà nelle canzoni di spessore e durata più influente, che il drumming di Aboth è di quelli che sanno sia far male che mantenere costantemente alta la tensione, che la produzione curata dallo stesso Guido e Fureiss (ex Celestia) evita la pulizia forzata a cui troppo si fa ricorso odiernamente bilanciando una buonissima resa sonora con un pizzico di ruvidità che mantiene vivida e pulsante l'essenza di un "Tragedis - Liber Hermetis" che si candida seriamente a finire in lista acquisti con cartellino "urgente" affibbiato su. Vedete l'ho fatto, non avrei dovuto ma è andata così.
Basta, adesso mi rimane solo da ripremere il tasto "play" e riascoltare, voi perché non cominciate a guardare in giro e vedete di accaparrarvene una copia prima che sia troppo tardi, sarebbe realmente un peccato lasciarselo scappare.

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lunedì 30 maggio 2011

YGGDRASIL - Irrbloss


Informazioni
Gruppo: Yggdrasil
Anno: 2011
Etichetta: Grand Master Music
Contatti: www.myspace.com/yggdrasilofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Höstmörkrets Natt
2. Bergtagen
3. Skaldefader
4. Irrbloss
5. Tokikvad
6. Norrland
7. Uppåkra
8. Kungabål

DURATA: 42:54

La Svezia folk degli Yggdrasil è una realtà, una di quelle a cui si può affidare il proprio udito coscienti del fatto che sin dall'uscita del demo "Kvalling" la formazione scandinava non abbia mai prodotto lavori di poco conto.
E' passata una decade da quel primordiale approccio, hanno una discografia in espansione che nel 2011 vede aumentare il numero dei capitoli in proprio possesso con "Irrbloss" che come terza prova è quella che il più delle volte segnala la piena maturazione o meno di una band.
Cosa ci attende dopo l'immersione nello stupendo e silvestre "Vedergällning"? Ciò che mi ha colpito sin da subito è il modo in cui hanno snellito il sound, la semplicità delle linee di chitarra si pone del tutto a servizio di una musicalità dagli svariati volti.
C'è l'ancestrale viaggio a ritroso del tempo segnalato dalla presenza di aperture in stile viking ("Bergtagen", "Tokikvad" e "Uppåkra"), è papabile un climax che puro e schietto come il gelo invernale si staglia imponente, le prestazioni vocali arcaiche in "Skafalder" e quel crescendo emotivo che costringe gradevolmente l'ascoltatore a calarsi nella dimensione artistica/naturale presente in "Norrland" ma ancor più nella conclusiva "Kungabål" in cui la voce femminile si esprime mostrando il lato più sofferto.
Tutto ciò segna punti a favore di un album, "Irrbloss", che ha dalla sua parte una prestazione ritmica convincente sia per spessore che per dinamica.
E' giusto tenere in considerazione il fatto che gli Yggrdrasil non si perdano in chiacchiere, i pezzi tranne un paio di occasioni non eccedono in durata, il platter ha ricevuto cure adeguate sia per quanto concerne gli arrangiamenti, sia dal punto di vista della produzione che pur essendo bella piena e tintinnanti, non denota caratteri da prodotto in serie, la qualità del songwriting e lo spirito dei musicisti vengono sfoggiati al pari di un diamante che per taglio incanta e valore seduce.
I quarantatrè minuti che gli Yggdrasil hanno racchiuso in questo disco sono un gradito regalo, l'ennesimo che gli svedesi consegnano al genere.
Chi ha già avuto il piacere di poter ascoltare l'operato di questi musicisti non ci pensi due volte e vada ad accaparrarsi "Irrbloss", per gli altri vi bastino tre nomi: Bathory, Ulver, Vintersorg, se tali band risiedono fra i vostri "on air" quotidiani, dare una chance all'album in questione diviene un obbligo morale verso voi stessi.

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