Informazioni
Autore: Dope Fiend
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio...
I lettori devono sapere che, tra le valli francoprovenzali del Piemonte, c'è un piccolo paesello che sorge all'interno di una depressione di origine alluvionale: è il tipico insediamento di provincia che, per chi, come il sottoscritto, è originario di queste zone, non possiede nessuna particolare attrattiva.
Ben protetta da sguardi indiscreti (sebbene poco distante dal nucleo abitativo centrale) sorge la Redhouse, una casetta rossa a due piani che è in verità di poco interesse per chiunque non sia a conoscenza di ciò che si cela al suo interno.
Per mia fortuna, complice anche il nostro caro Akh., una manciata di giorni fa le porte di questa magione mi sono state aperte, permettendomi di dare un'occhiata ai movimenti intestini di un mondo molto diverso da quello a cui, ahimè, sono abituato quotidianamente.
La Redhouse non è altro che la dimora di due delle menti che compongono le creature denominate Shabda e T/M/K (e chissà quali altre ancora sconosciute), nonché il nucleo in cui le pulsioni vitali di codesti universi musicali prendono forma e consistenza.
Uno sguardo rapido all'interno di questo "antro" può già essere sufficiente per capire che siamo di fronte a qualcosa di più di una casa, molto di più di un semplice luogo asciutto in cui ricoverare le membra stanche e assonnate: libri, statue, dipinti e un caloroso arredamento di evidente estrazione orientale sono lì a testimoniare, insieme ad un'atmosfera indicibilmente pregnante, che ci troviamo immersi in un immenso paradigma artistico/spirituale.
Il clima che ci accoglie è fraterno, caldo, profondo, potrei dire persino sensuale. Ogni apertura verso l'esterno, forse merito anche della luna piena che ci osserva, ci consegna una visuale emotivamente cullante, ogni angolo profuma di sapiente e consapevole misticismo, ogni scalino, ogni parete ha il sapore di una dimensione incorruttibile, ogni oggetto sussurra il Pneuma di una divinità interiore che qui trova il contesto ideale per emergere.
Il cibo presente sulla tavola è squisitamente imbevuto di sapienza e le parole che vengono pronunciate non vagano vuote nell'aria, ma sono dense, gonfie, sanno di essere pronunciate, sanno il motivo per il quale vengono pronunciate e vanno dritte alla meta senza disperdersi, al contrario di quanto fin troppo spesso succede nell'esistenza di tutti i giorni. Persino l'ilarità e lo scherzo sembrano prendere comunque sempre le sembianze di figli di un substrato di ricerca interiore che guarda all'Eterno.
Cuore, Ossa, Sangue, Mente e Spirito sono tutti riuniti qui, insieme, ad osservare in silenzio il muto scandirsi di attimi ricolmi di un'essenza impalpabilmente tangibile, profondamente consapevoli del proprio posto in un universo che ha ben poco da spartire con l'esistenza gretta, volgare e bestiale a cui una quotidiana realtà distorta ci mette sempre di fronte.
Si parla, si mangia, si beve, si ride... si ascolta.
Sì, si ascolta, perché la fortunata magia della serata non si esaurisce qui: abbiamo la possibilità di venire in contatto in anteprima con una nuova produzione targata Shabda, una produzione terminata giusto da poche ore, una produzione che ci dicono ancora da rifinire, certo, ma che può già liberare tutto il suo carico di spiritualità.
L'atmosfera diviene quasi sacrale, mistica, forse quasi onirica; le note e i suoni si espandono all'interno dell'ambiente in cui sono stati concepiti e riverberano, pesanti e gravidi, attraverso i nostri timpani, attraverso le nostre Menti, attraverso gli spazi in cui hanno conosciuto la propria gestazione.
Condivisione e libertà... una condivisione che consacra una libertà adimensionale, senza tempo e senza vincoli, una condivisione che genera immagini e sentimenti fortissimi, che stordisce e rinfranca con la Purezza di chi sa molto bene quale posto ha nel Cosmo.
La visita a questo grembo di incommensurabile e intima Immensità volge al termine con un paio di sigarette e qualche bicchiere di idromele e, uscendo dal portoncino di legno chiaro, ci sentiamo pieni di una forza trasfusaci in un susseguirsi di momenti che, nel loro insieme, hanno generato un intenso e profondo spaccato di Infinito.
Proprio qui risiede la speciale consapevolezza di una conclusione inevitabile: la Redhouse è i suoi abitanti, la Redhouse è il nucleo pulsante di un'ispirazione divina, la Redhouse è lo Zero dell'Arte!
Autore: Dope Fiend
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio...
I lettori devono sapere che, tra le valli francoprovenzali del Piemonte, c'è un piccolo paesello che sorge all'interno di una depressione di origine alluvionale: è il tipico insediamento di provincia che, per chi, come il sottoscritto, è originario di queste zone, non possiede nessuna particolare attrattiva.
Ben protetta da sguardi indiscreti (sebbene poco distante dal nucleo abitativo centrale) sorge la Redhouse, una casetta rossa a due piani che è in verità di poco interesse per chiunque non sia a conoscenza di ciò che si cela al suo interno.
Per mia fortuna, complice anche il nostro caro Akh., una manciata di giorni fa le porte di questa magione mi sono state aperte, permettendomi di dare un'occhiata ai movimenti intestini di un mondo molto diverso da quello a cui, ahimè, sono abituato quotidianamente.
La Redhouse non è altro che la dimora di due delle menti che compongono le creature denominate Shabda e T/M/K (e chissà quali altre ancora sconosciute), nonché il nucleo in cui le pulsioni vitali di codesti universi musicali prendono forma e consistenza.
Uno sguardo rapido all'interno di questo "antro" può già essere sufficiente per capire che siamo di fronte a qualcosa di più di una casa, molto di più di un semplice luogo asciutto in cui ricoverare le membra stanche e assonnate: libri, statue, dipinti e un caloroso arredamento di evidente estrazione orientale sono lì a testimoniare, insieme ad un'atmosfera indicibilmente pregnante, che ci troviamo immersi in un immenso paradigma artistico/spirituale.
Il clima che ci accoglie è fraterno, caldo, profondo, potrei dire persino sensuale. Ogni apertura verso l'esterno, forse merito anche della luna piena che ci osserva, ci consegna una visuale emotivamente cullante, ogni angolo profuma di sapiente e consapevole misticismo, ogni scalino, ogni parete ha il sapore di una dimensione incorruttibile, ogni oggetto sussurra il Pneuma di una divinità interiore che qui trova il contesto ideale per emergere.
Il cibo presente sulla tavola è squisitamente imbevuto di sapienza e le parole che vengono pronunciate non vagano vuote nell'aria, ma sono dense, gonfie, sanno di essere pronunciate, sanno il motivo per il quale vengono pronunciate e vanno dritte alla meta senza disperdersi, al contrario di quanto fin troppo spesso succede nell'esistenza di tutti i giorni. Persino l'ilarità e lo scherzo sembrano prendere comunque sempre le sembianze di figli di un substrato di ricerca interiore che guarda all'Eterno.
Cuore, Ossa, Sangue, Mente e Spirito sono tutti riuniti qui, insieme, ad osservare in silenzio il muto scandirsi di attimi ricolmi di un'essenza impalpabilmente tangibile, profondamente consapevoli del proprio posto in un universo che ha ben poco da spartire con l'esistenza gretta, volgare e bestiale a cui una quotidiana realtà distorta ci mette sempre di fronte.
Si parla, si mangia, si beve, si ride... si ascolta.
Sì, si ascolta, perché la fortunata magia della serata non si esaurisce qui: abbiamo la possibilità di venire in contatto in anteprima con una nuova produzione targata Shabda, una produzione terminata giusto da poche ore, una produzione che ci dicono ancora da rifinire, certo, ma che può già liberare tutto il suo carico di spiritualità.
L'atmosfera diviene quasi sacrale, mistica, forse quasi onirica; le note e i suoni si espandono all'interno dell'ambiente in cui sono stati concepiti e riverberano, pesanti e gravidi, attraverso i nostri timpani, attraverso le nostre Menti, attraverso gli spazi in cui hanno conosciuto la propria gestazione.
Condivisione e libertà... una condivisione che consacra una libertà adimensionale, senza tempo e senza vincoli, una condivisione che genera immagini e sentimenti fortissimi, che stordisce e rinfranca con la Purezza di chi sa molto bene quale posto ha nel Cosmo.
La visita a questo grembo di incommensurabile e intima Immensità volge al termine con un paio di sigarette e qualche bicchiere di idromele e, uscendo dal portoncino di legno chiaro, ci sentiamo pieni di una forza trasfusaci in un susseguirsi di momenti che, nel loro insieme, hanno generato un intenso e profondo spaccato di Infinito.
Proprio qui risiede la speciale consapevolezza di una conclusione inevitabile: la Redhouse è i suoi abitanti, la Redhouse è il nucleo pulsante di un'ispirazione divina, la Redhouse è lo Zero dell'Arte!