lunedì 19 agosto 2013

ABORYM - Dirty


Informazioni
Gruppo: Aborym
Titolo: Dirty
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Agonia Records
Contatti: aborym.it
Autore: M1

Tracklist
1. Irreversible Crisis
2. Across The Universe
3. Dirty
4. Bleedthrough
5. Raped By Daddy
6. I Don't Know
7. The Factory Of Death
8. Helter Skelter Youth
9. Face The Reptile
10. The Day The Sun Stopped Shining

DURATA: 49:15

Tracklist Disco Bonus
1. Fire Walk With Us [nuova versione]
2. Roma Divina Urbs [nuova versione]
3. Hallowed Be Thy Name [cover Iron Maiden]
4. Comfortably Numb [cover Pink Floyd]
5. Hurt [cover Nine Inch Nails]
6. Need For Limited Loss

DURATA: 38:27

"Dirty" rappresenta il secondo disco della terza incarnazione degli Aborym, che vede Bård G. "Faust" Eithun e Paolo Pieri (noto anche come Hell:I0:Kabbalus) affiancare il leader Malfeitor Fabban, giunto invece al sesto album. Personalmente ho accolto con parecchia tensione queste nuove tracce, dopo che avevo fallito nel trovare la chiave di lettura per entrare in sintonia con "Psychogrotesque"; a mio avviso progetto ambizioso, dotato di soluzioni interessanti, ma troppo diluite in relazione agli elevatissimi standard del gruppo.

A uno sguardo, o meglio ascolto, distratto e superficiale i dieci brani in questione possono apparire "semplice" industrial black metal ricco di elettronica, però scavando in profondità emergono tutto lo spessore e la capacità compositiva e di arrangiamento che gli Aborym hanno sviluppato nel corso del tempo. La band ha optato per un approccio meno "estremo": rispetto al precedente album concettuale che si presentava come un unico flusso malato, comunque suddiviso in parti, ha preferito rifinire ogni singolo pezzo nella maniera più accurata possibile, rendendolo autosufficiente e in grado di reggersi anche al di fuori del contesto generale. Si percepisce infatti come ciascuna canzone possieda una forte personalità che la distingue dalle altre, pur costituendo un'opera coesa, e in ciò noto una certa affinità col superbo "Generator".

Lo screaming aspro e severo di Fabban, le bordate chitarristiche di Paolo Pieri (poderose in "Irreversible Crisis") e la batteria sempre precisa di Faust, in grado di risultare sia inumana e cinica che "terrena" all'occorrenza, formano la spina dorsale di "Dirty", sulla quale si innesta tutto il lavoro di campionamenti, effettistica e tastiere, opera dei due citati, che cesella e dona sensazioni multiformi. In "Across The Universe" ad esempio emerge un senso di sospensione "cosmica" ed eterea, come in un viaggio spaziale allucinato; mentre "Raped By Daddy", in linea col riferimento al film di David Lynch "Fuoco Cammina Con Me" ("Fire Walk With Me"), prequel della serie di culto "I Segreti Di Twin Peaks", è permeata da un'atmosfera orrifica morbosa e misteriosa, in un continuum di tensione smorzato soltanto dalla tragicità dei sintetizzatori. Se le ritmiche EBM che talvolta compaiono e la violenza cibernetica non sono di certo una novità, così come i pregevolissimi assoli, anche di tastiera, che si accodano a quelli chitarristici realizzati in passato (ricordate quello splendido di "The Triumph"?), lo stesso non può dirsi per l'uso sorprendente della voce pulita in "I Don't Know" e "Face The Reptile", modulata su tonalità che nella mia testa rimandano a Steve Sylvester e ai Death SS!

Un aspetto che ritengo rilevante per apprezzare appieno "Dirty" è la possibilità di goderne come opera completa, comprensiva della copertina e del libretto coi testi. Aspetto lirico e visuale sono profondamente legati, poiché l'immagine frontale dalle tonalità giallo acido rappresenta la tristemente famosa fabbrica dell'Ilva di Taranto, raccontata come "The Factory Of Death" che da anni fa respirare ai cittadini diossina e bugie per il profitto economico di pochi. Nel complesso affiora ancora una volta una visione del mondo cinica, amara (vedi la triste chiusura di "The Day The Sun Stopped Shining"), dove la speranza è assente e il decadimento del corpo e dello spirito in fase decisamente avanzata.

Per ritrovare gli Aborym che osano, irritano e sconvolgono le consuetudini, bisogna inserire nel lettore cd il secondo disco della versione digipak che contiene quasi altri quaranta minuti di musica. L'incipit è noto: si tratta proprio di "Fire Walk With Us!". Il celebre cavallo di battaglia è riproposto in una nuova veste dai suoni rifiniti e con alcuni passaggi vocali che non mi convincono quando si allontanano troppo dall'originale; da quanto ho potuto vedere dai video presenti su Youtube relativi al concerto tenuto al Brutal Assault, questa variante verrà proposta nelle future date dal vivo. Anche la trionfale "Roma Divina Urbs" ha subito un rimodernamento, che soffre degli stessi problemi citati, in quanto perde una parte dell'aura magica in favore di suoni più precisi e troppo sintetici. Personalmente aborro questo genere di operazioni, va da sé però che serve comunque una buona dose di coraggio per mettere mano a canzoni che per i fan di lungo corso come il sottoscritto sono dei veri e propri inni intoccabili. Specularmente a questa accoppiata, sul finire della scaletta, si trova un brano nuovo di zecca, una sorta di "Aborym & friends": "Need For Limited Loss" difatti è stata scritta da Alberto Penzin (ex) dei seminali Schizo, ma si avvale del contributo di ben tredici musicisti-fan per scatenare la furia di un industrial black metal ricco di elementi e dalla struttura cangiante. Per concludere la disamina mancano soltanto le tre cover: "Comfortably Numb" è offerta in una chiave eterea e sognante, in linea con l'originale dei Pink Floyd, con un ruolo centrale per i sintetizzatori e la voce; anche "Hurt" dei Nine Inch Nails non subisce stravolgimenti esagerati. Il vero e proprio carico da novanta arriva con "Hallowed Be Thy Name": gli Iron Maiden sono presi, rigirati, ammorbati, contaminati in un vortice elettronico scioccante che sfocia nella techno e che disgusterà la gran parte di voi lettori, specie ai primi ascolti! Io sinceramente dopo un attimo di spiazzamento ora la apprezzo molto...

Alla resa dei conti "Dirty" può essere considerato una sorta di disco di maniera (utilizzando un'accezione neutra del termine), gli Aborym hanno preferito osare poco, per puntare piuttosto sulla centralità della forma canzone; ciò non toglie tuttavia che la qualità dell'album sia oggettivamente più che buona e che il lavoro di cesellatura e congiunzione di tutti gli elementi (musicali e non, ospiti compresi) sia ancora una volta eccezionale. Il gusto individuale infine determinerà il grado di apprezzamento, nel mio caso è in risalita dopo l'enigmatico "Psychogrotesque".

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