Informazioni
Gruppo: Summoning
Titolo: Old Mornings Dawn
Anno: 2013
Provenienza: Austria
Etichetta: Napalm Records
Contatti: facebook.com/SummoningBand
Autore: Akh.
Tracklist
1. Evernight
2. Flamminer
3. Old Mornings Dawn
4. The White Tower
5. Caradhras
6. Of Pale White Morns And Darkened Eves
7. The Wandering Fire
8. Earthshine
DURATA: 1:06:38
I Summoning già da due decenni sono il più fulgido riferimento per tutti gli amanti del mondo tolkieniano o fantasy in ambito Black Metal. Fin dal loro esordio primitivo e ruvido "Lugburz", titolo che mi intrigò già dalla sua uscita, il concept dello storico duo si è mosso unicamente fra le lande oscure della Terra di Mezzo, creandosi con il passare del tempo legioni intere di orchetti seguaci, fedeli alle orchestrazioni sinfoniche che vagavano fra tempi agitati, luoghi misteriosi o battaglie senza mercé. C'è da evidenziare inoltre come i nostri siano stati sempre una pedina atipica nello scacchiere di quella promettentissima scena austriaca della metà degli anni '90 che poi forse ha un po' deluso le attese. Per questi motivi la notizia di un nuovo album ha immediatamente scaldato migliaia di cuori neri e noi in redazione ci siamo preparati a trattare "Old Mornings Dawn".
Venendo ai nostri giorni, il passaggio di un lustro dal precedente capitolo non ha minimamente modificato i tratti somatici del gruppo, restituendoci Protector e Silenius in forma smagliante sin dall'eterea introduzione "Evernight", in cui il bisbiglio sommesso nella notte di un'elfa che mormora minacce e moniti che giungono dall'Est ci dimostra quanto ancora ci sia da scandagliare fra le leggende di J.R.R. Tolkien. Una volta entrati nel loro universo e calati fra le lande del Gorgoroth, non vi è modo di uscire dall'incantamento dei Summoning: "Flammifer" possiede le massime caratteristiche del progetto, tastiere oscure e sognanti, percussioni tribali e ossessive, mentre le urla distinguibili del duo svolgono quell'effetto di contrasto tipico di una sfida al mondo luminoso dei Valar, di cui il ricordo echeggia nei richiami delle grandi aquile e nel nome della Fiamma dell'Ovest.
Gli arrangiamenti sono molto in linea con una certa ricerca musicale medievale, nella quale vengono sovrapposti giri melodici e ritmici sui temi principali in maniera da creare una ragnatela di colori ammaliatrice e unica, come accade anche in "Old Mornings Dawn". Qualcuno potrebbe affermare che i Summoning giochino sempre con le medesime soluzioni e scale, ma è solamente l'orecchio di un profano e miscredente a cadere in questo errore, poiché la loro Arte è da considerarsi assolutamente in altra maniera e ad essere precisi ci sono veramente mille arrangiamenti in queste note senza tempo che suonano inediti e che riescono a dare nuovo respiro alle trame delle due anime incatenate al destino dell'Unico Anello. Succede nella sopracitata intro o nei cori imponenti di "Old Mornings Dawn" e nel suo stacco recitato, tuttavia potrei nominare pure il nuovo spirito vocale trasmessoci nella conclusiva "Earthshine", in cui traspare una vena maggiormente "pulita". Il tutto suona epico ai massimi livelli: i fiati, le chiarine e i tappeti di tastiera per paradosso portano a picchi ascendenti straordinari e ci indicano quanto questo progetto sia oramai un polo indiscutibile e unico per questa sezione del metallo nero, mentre le moltitudini di seguaci che vorrebbero ripercorrerne le orme finiscono con le ossa schiantate sui basamenti della loro Torre.
Anche la produzione percorre un sentiero inedito: da una parte mantiene fede a tutti gli stilemi degli austriaci, dall'altra riesce a sviscerare una forza quasi tridimensionale dei suoni, come se l'uscita della trilogia di P. Jackson avesse illustrato le possibilità per la tecnologia di ampliare i dettagli, pur mantenendo inalterato il mistero e la forza della proposta. Ci troviamo quindi di fronte a suoni che rispecchiano i sintetizzatori anni Novanta, sfruttandone il massimo potenziale, con un grandissimo risultato fonico in cui non si perde neanche una briciolo del pathos magico che da sempre fuoriesce in questa sede. Anche le chitarre hanno modificato il proprio impasto, mantenendo altissima la qualità, si veda "The White Tower".
Proseguendo nell'ascolto, come non farsi rapire dagli accenni orientaleggianti di "Caradhras", nella quale si percepisce come l'anima della montagna si sia fatta irretire dalla lunga esposizione a levante; le cornamuse e le percussioni invece giocano assieme, intrecciandosi con la linea di chitarra e con l'alternarsi di pianoforte e suggestivi cori in un incedere mastodontico dotato di una prova vocale isterica e scevra da fronzoli, tanto da riportarmi alla mente quei demo sepolti negli scantinati più di quattro lustri fa. Sovente vengono miscelate soluzioni differenti di batteria e situazioni tribali, creando un insieme vincente fra ambientazioni e durezza di suono, cosa che viene ribadita da "A Pale White...", dove viene inserita una linea di batteria senza altri arricchimenti per fare sfogare tutta la violenza degli scream infernali degli Spettri dell'Anello, in quello che si potrà definire l'ennesimo "classico" della band. Anche gli intrecci e le orchestrazioni dei Summoning sono e rimangono di un livello altissimo in ogni istante di questo ascolto.
La cosa che maggiormente continua a farmi riflettere è come questo album, al pari della loro grandissima discografia, sembri essere realizzato per illustrarci un viaggio, utilizzando quindi sia soluzioni di sottofondo che indicandoci dettagli di bellezza infinitesimale. Questo succede pure nella meravigliosa "The Wandering Fire", dove è veramente facilissimo farsi trasportare dall'odio dell'Unico Occhio e dal suo progetto incatenante e librarsi in maniera trascendente; andatevi ad ascoltare il pezzo dedicato all'Anello e percepirete come non abbia eguali in tutta la produzione targata Summoning, risultando appunto "Unico". Infine la melanconica "Earthshine" chiude questa ora abbondante di scorribande, scontri leggendari, corse nei passi del Cirith Ungol e nei sogni ambiziosi di stregoni e sovrintendenti, su cui il padrone del Witch King domina sprezzante, sognando il momento in cui le sue nubi copriranno lo scintillio di Arda.
"Old Mornings Dawn" dimostra così di essere l'ennesimo colpo vincente di Silenius e Protector all'interno di una discografia impressionante per qualità e bellezza, dirvi che andrà di diritto nella mia personale Top 5 di fine anno è certo, come sicure sono le vestigia di Tolkien in mano a questi austriaci, che risaltano in un mondo musicale apatico e talvolta noioso, inserendosi in uno spazio al di fuori dal tempo. Tutto ciò che i Summoning ci hanno sempre dimostrato e regalato è una imponenza sonora senza eguali, intrecciando in maniera personale un pantheon non semplice e ricchissimo di sfaccettature, in cui il duello fra la Luce e le Ombre non è questione di anni, ma di Ere, dove sogni e incubi si alternano senza riposo nel ricordo di Vecchie Albe.