Informazioni
Data: 19-20/07/2013
Luogo: Pößneck, Germania
Autore: Istrice, Dope Fiend e Bosj
Scaletta
VENERDÌ 19/07
Bölzer
Irkallian Oracle [in sostituzione dei defezionari The Gates Of Slumber]
Dead Lord
Verminous
Vomitor
In Solitude
Hobbs' Angel Of Death
Acid King
Repulsion
Portal
SABATO 20/07
Amulet
Vorum
Svartidauði
Attic
Antaeus [show annullato]
Cruciamentum
Necros Christos
Satan
Electric Wizard
VENERDÌ 19/07
Bölzer
Irkallian Oracle [in sostituzione dei defezionari The Gates Of Slumber]
Dead Lord
Verminous
Vomitor
In Solitude
Hobbs' Angel Of Death
Acid King
Repulsion
Portal
SABATO 20/07
Amulet
Vorum
Svartidauði
Attic
Antaeus [show annullato]
Cruciamentum
Necros Christos
Satan
Electric Wizard
Capitel I – Weisshorn Vs Trenitalia
Istrice: Il cielo è coperto, la temperatura piuttosto rigida, Castello di Fiemme dorme placida ai piedi delle Dolomiti. È il giorno della partenza e nel pomeriggio, espletati un paio di impegni personali in quel di Trento, recupererò i commilitoni in una qualche stazione della provincia. Giusto il tempo per una rapida escursione in mattinata, in buona compagnia, al Weisshorn, ridicola cima alle spalle di passo Oclini. L'aria frizzante e la minaccia di pioggia non fermano la voglia di farsi una rapida scalata prima di salutare le montagne verso le basse pianure tedesche. Arriva sera, e con essa l'atteso momento del ritrovo, Bosj, Dope Fiend e Carlotta si presentano con espressioni diametralmente opposte alla mia, rilassata dall'escursione, le facce devastate dalla solita Odissea che si vive quando si affronta un viaggio con Trenitalia. Per fortuna ci pensa il ristorante di fiducia a ristorare gli animi con una cena a base di Groestel ed altre amenità montane, poi doccia e tutti a nanna, che l'indomani l'alzata è di quelle dure. Alle sei e mezza l'asfalto scorre già veloce sotto le ruote, destinazione Pößneck.
Capitel II – No Vabbè, Ma QUI?
Istrice: Con Dope Fiend e consorte sconvolti da un viaggio in compagnia mia e di Bosj, che implica elettronica intelligente sparata a volumi da perforare i timpani, arriviamo in quel buco di culo di Pößneck, paesello della Germania rurale dimenticato da Dio, distante un migliaio di chilometri dalla nostra madre patria. Girovagando alla ricerca del luogo del festival, troviamo a caso l'area della pista da motocross: "Ah guarda te, qui pure fanno qualcosa, deve essere una sagra di paese, il palco è la metà di quello montato a Casalmaggiore per la festa del patrono". La distesa di maglie nere e capelli non curati ci suggeriscono che in realtà siamo proprio alle porte dell'Hell's Pleasure, e, increduli, attendiamo il nostro turno per entrare. Una breve esplorazione e ci rendiamo conto che l'area concerti è davvero minuscola, che i banchi di cibo scarseggiano (per usare un eufemismo), e che l'area campeggio, sebbene ampia e ombreggiata, è affiancata a un silo di compostaggio dei rifiuti ed è contaminata costantemente dall'olezzo di immondizia in decomposizione. Bei momenti.
Capitel III - Landscapes
Dope Fiend: Dopo essere finalmente riusciti a piazzare le tende nel punto geograficamente più lontano dall'area dei concerti (ma anche nel punto in quel momento più dotato di ombra e meno dotato di gente accampata), ci avviamo alla volta del piccolo palco dell'Hell's Pleasure. I musicisti impegnati sono gli svedesi Dead Lord, i quali propongono un rock classicissimo che al sottoscritto onestamente non dispiace, ma la nostra stanchezza, unita al caldo infernale, è un ostacolo troppo grande per permetterci di gettarci subito nella mischia. Decidiamo quindi di avventurarci nei pressi delle bancarelle dei dischi per dare un'occhiata, ma, ahimè, notiamo rapidamente che i prezzi non sono così competitivi. Non particolarmente esorbitanti, ma nemmeno invoglianti all'acquisto, eccezion fatta, forse, per alcuni pezzi di vinile. Desidero segnalare a margine, tra le altre cose, la presenza dell'esposizione della nostrana Terror From Hell, unica e piacevole rappresentante italica sul luogo. Tra l'acquisto di qualche album (nonostante i prezzi, alla fine ci porteremo comunque tutti a casa qualcosa, prevalentemente di stampo doom, ma senza farci mancare altri putridi e aberranti abomini musicali) e una sosta all'ombra, il pomeriggio scorre in fretta, e il giorno dopo ci assalirà anche un po' di dispiacere per aver saltato l'esibizione dei Vomitor: sarebbe potuta essere un'occasione per vedere in volto (e riconoscere) Horror Illogium, l'oscuro demone chitarrista che di lì a poche ore sarebbe risalito sul palco con i Portal, ma questa è un'altra storia.
Capitel IV - Acidi, Acidi E Ancora Acidi
Dope Fiend: Per la spedizione aristocratica l'Hell's Pleasure si apre ufficialmente intorno alle 21.30, quando gli Acid King fanno il loro ingresso in scena. Adoro immensamente la formazione californiana e sono assolutamente impaziente di vedere come i tre se la cavino sul palco; ora posso dire che sì, gli Acid King sono solo tre, ma anche dal vivo dispensano energia e droganti distorsioni per sei. Il grezzo fascino da camionista tatuata di Lori, la sua chitarra che apre abissi e il basso di Mark Lamb, a volte distorto con un fuzz da chitarra (e qui credo di aver detto tutto), innalzano una coltre spessissima su tutto l'uditorio. Gli Acid King aprono con la sempreverde "2 Wheel Nation", estratta da quel dannato capolavoro che è "III" e proseguono a suonare per circa un'ora, inondando tutti noi con un suono così enorme che avremmo potuto davvero misurarlo in metri cubi, invece che in decibel. Prestazione assolutamente immensa per gli Acid King, imperdibile per chiunque ami lo stoner.
Capitel V - The Curator E L'Allegra Combriccola, Ovvero L'Apocalisse
Istrice: Superato con fatica il concerto dei Repulsion, autori di una prestazione a dir poco imbarazzante, mutilata da suoni indecenti ("ma non sono sempre così" ci tiene a sottolineare l'affezionato Bosj), ci addentriamo nelle prime file raggiungendo la transenna, mentre i wallabies smascherati (e noi polli a capirlo solo in un secondo momento) provano le loro otto corde. Bastano due bordate di suono per rendersi conto che l'attesa sarebbe stata ben ripagata, che ciò a cui si stava andando incontro sarebbe stato memorabile. Calano le luci, il fumo invade il palco e il quintetto di Brisbane fa la sua entrata in scena. Premessa: se su disco la proposta dei Portal riesce ad annichilire completamente l'ascoltatore, dal vivo è anche peggio. I quattro strumentisti, cappuccio nero e cappio al collo, sviluppano un muro di suono disumano e le chitarre scivolano veloci sui ritmi afasici dettati da Ignis Fatuus. Horror Illogium mette in scena un vero e proprio clinic su come creare terrore sonoro, il mignolo bionico che sul manico arriva a toccare distanze infinite, tecnica impressionante al servizio del caos più totale. E poi The Curator. Minchia, The Curator. Una delle presenze sceniche più totali che mi sia mai capitato di vedere, vero e proprio Signore del Male, capace col solo sguardo di catalizzare su di sè tutte le attenzioni, agghindato alla perfezione con un nuovo copricapo. In un'ora abbondante di esibizione il quintetto inghiottisce l'intera Turingia e le regioni limitrofe in un enorme buco nero sonoro, recuperando brani da tutta la propria produzione. Sebbene sia pressoché impossibile riconoscere tutto quanto suonato, posso affermare con discreta certezza di aver percepito nel vortice sonoro "Swarth", "Vessel Of Balon" e "Awryeon", e tuttavia questo resta un aspetto irrilevante, poiché la demolizione emotiva e mentale provocata dall'esibizione non lascia spazio ad altre riflessioni. Allontanandoci dal palco, distrutti fisicamente e spiritualmente, ci accorgiamo che il cielo è terso e nemmeno le "several thunderstorms" previste per la serata hanno avuto il coraggio di farsi vedere, terrorizzate anch'esse dall'esibizione dei Portal. Resteranno il gruppo più citato dell'intero festival. Turbati nell'animo ce ne andiamo a nanna.
Capitel VI - Bosj's Incursion
Bosj: Non so quale santo (o dimonio) mi abbia svegliato giusto giusto quindici minuti prima che i Vorum attaccassero; decisamente frastornato, mi guardo intorno e vedo tutti i miei compagni di ventura beatamente addormentati. Stoicamente, per amor di cronaca, del metallo della morte e più probabilmente dell'autolesionismo, mi sposto dalla tenda al piccolo palco, e mi sciroppo l'esibizione dei finlandesi. I quattro giovinastri tengono alta la bandiera del death vecchia scuola, quello marcio, veloce e asciutto, e nei tre quarti d'ora circa a loro disposizione riescono a raggelare persino l'assolato Hell's Pleasure, che alle quattro del pomeriggio agonizzava sotto un tragico solleone. Forti del recente debutto "Poisoned Void", i ragazzi non concedono tregua al pubblico, e nonostante l'orario ingrato e la temperatura davvero ai limiti della sopportabilità, intrattengono al meglio. Veloci, precisi, incazzati e pure fedeli all'estetica, i Vorum non solo riescono a inanellare un brano dietro l'altro con cattiveria sempre rinnovata, ma lo fanno anche bardati di giubbotto di pelle, collane e monili vari di ossa (vere o finte non è dato saperlo, ma propendo per la prima) e litri e litri di sangue posticcio spalmato addosso. Con quel caldo, un voto in più per la coerenza.
Capitel VII - Attraverso I Cancelli Del Reame Di Morfeo
Istrice: Ci svegliamo rincoglioniti dopo il pisolino pomeridiano, scoprendo che l'audace Bosj s'è recato in zona concerti per i Vorum e lo raggiungiamo mentre iniziano la loro esibizione gli islandesi Svartidauði. Bardati come nemmeno un no-global durante un G8, il gruppo si destreggia con scioltezza sul palco, attirando con le sue chitarre zanzarose il pubblico, che si fa via via più numeroso. I ragazzi convincono appieno, i brani estratti dal recente "Flesh Cathedral" sono di grande impatto, vari e con costanti cambi di tempo. Qualche lungaggine in meno e possono davvero diventare una realtà interessantissima. Sono pischelli, diamogli tempo.
Il pomeriggio prosegue nel nulla cosmico, complice la defezione all'ultimo degli Antaeus, e il plotone aristocratico s'aggira tra le bancarelle mentre gli Attic mettono in scena il loro heavy del tutto anacronistico, attendendo con pazienza il momento dei Cruciamentum.
La band britannica si manifesta sul palco attorno alle 20:00, pochi fronzoli, gran macello, death metal d'autore, marcio al punto giusto. Nei quarantacinque minuti a disposizione snocciolano quasi tutti i brani del loro ridotto, ma intenso repertorio, giusto un paio di EP fino a oggi e un paio di pezzi sparsi fra split e demo, proponendo anche un inedito dall'album in arrivo il prossimo anno. Ottimi suoni, grande impatto, diretti e violenti. E pensare che si volevano sciogliere per impegni del cantante. Per fortuna almeno un full ce lo offriranno, e per ora ci si accontenta. Da tenere d'occhio perché questi son bravi per davvero. Per quanto mi riguarda insieme coi due headliner completano il podio di questo Hell's Pleasure 2013.
Capitel VIII - La Quiete Prima Della Tempesta
Dope Fiend: Dopo l'impagabile e marcescente luridume dei Cruciamentum che ha inevitabilmente donato quel tipico fetore di putrefazione alle nostre anime, è il momento di assistere alla prestazione dei Necros Christos. I quattro teutonici si presentano più sobri di quanto mi attendessi e attaccano immediatamente a bombardarci con quel death scuro e occulto, innestato a più riprese di una certa aura doomica, che a me piace tanto, nonostante non sia un grande amante del death nella sua forma classica. C'è da fare una precisazione: i Necros Christos ce li si gode innegabilmente di più su disco. L'ambiente live è, per sua natura e a maggior ragione in un festival all'aperto, poco incline a favorire lo sviluppo di quell'atmosfera misticamente demoniaca che invece è parte fondamentale della proposta dei nostri. Quindi, appunto, ascoltarsi "Doom Of The Occult" in cuffia tra le mura di casa sarà sicuramente più efficace, ma ciò non toglie che sentir suonare e farsi asfaltare dal vivo da un'enorme "Doom Of Kali Ma" abbia il suo perché. Prestazione di indubbio spessore e soddisfacente, seppur non premiata dal contesto.
Il turno sul palco successivo è quello dei Satan, quei signori inglesi che la bellezza di trent'anni fa scrissero "Court In The Act", uno dei migliori dischi marchiati NWOBHM. Il gruppo si è recentemente riformato, dando alle stampe l'album "Life Sentence" che, a quanto sembra, è stato ben accolto da moltissimi. Devo ammetterlo: vedere a un paio di metri da me gli stessi musicisti che costituirono una delle punte di diamante di quel movimento che tanto apprezzo, mi ha emozionato. I cinque, a dispetto di un'eta ormai non più così florida, si divertono, sono energici e offrono una prestazione veramente ottima. Brian Ross, innegabilmente appesantito da un pancione piuttosto vistoso, non ha perso un briciolo della sua voce, così come tutti gli altri membri sembrano perfettamente a loro agio con gli strumenti. Vengono proposti alcuni estratti dall'ultimo parto discografico ("Time To Die" e "Siege Mentality"), ma è con i vecchi classici che i Satan dimostrano il perché della loro longevità: "Blades Of Steel", "No Turning Back" e "Break Free" sono solo alcuni degli episodi estrapolati dal loro passato e sono davvero un pregevole spettacolo per chi, come il sottoscritto, ama molti prodotti di quegli anni.
Capitel IX - Funeralopolis
Dope Fiend: E giungiamo così alla portata finale di questo Hell's Pleasure: gli Electric Wizard. Tra un tedesco che tenta di comunicare con noi dicendo che apprezza i nostrani Bretus (nonostante poi non capisca un beneamato cazzo quando gli parliamo), la sorpresa nel vedere montare sulla batteria dei piatti con un diametro almeno triplo rispetto a quelli normalmente utilizzati e l'attesa di un lungo soundcheck che ha visibilmente spazientito l'altrimenti impassibile Liz, finalmente si inizia ed è subito il "devasto" totale. Jus, in grande forma, annuncia una partenza officiata dall'immortale "Return Trip", ma è con l'esecuzione di "Black Mass" che la pianura tedesca si arrende definitivamente al potere del doom. Quando l'ugola del buon Osborn vomita la mistica invocazione "hear me Lucifer", l'intero Hell's Pleasure collassa, implode, sprofonda in un baratro di oscurità demoniaca e drogata. Dopo una "The Nightchild" che mi fa rizzare il pelo sul corpo per l'intensità raggiunta e altri pezzi vari, la chiusura dell'Hell's Pleasure si preannuncia di quelle con il botto. Una sola parola: "Funeralopolis". Jus, consorte e soci riversano qui tutta la loro insania, tutta la loro rabbia, tutta la loro degenerazione, tutta la loro acidità, tutta la loro voglia di annientare. Veniamo letteralmente devastati dalla carica di quest'ultimo pezzo e, dopo la buonanotte augurataci proprio da Jus, ci avviamo verso le tende: siamo sordi, esausti, annichiliti. Pochissime ore di sonno ci attendono prima del lungo e stancante viaggio di rientro e prima del ritorno alla solita e noiosa quotidianità, ma possiamo ritenerci decisamente soddisfatti del bilancio finale dell'Hell's Pleasure. Addio, Pößneck! O arrivederci?