martedì 1 dicembre 2009

SANCTUARY - Refuge Denied





Informazioni
Gruppo: Sanctuary
Anno: 1988
Etichetta: Epic
Autore: Mourning

Tracklist
1. Battle Angels
2. Termination Force
3. Die For My Sins
4. Soldiers Of Steel
5. Sanctuary
6. White Rabbit (Jefferson Airplane cover)
7. Ascension To Destiny
8. The Third War
9. Veil Of Disguise

DURATA : 39:47



I Sanctuary formazione heavy fine anni ottanta è la creatura che dona i natali ad una delle band più conosciute ed affermate dalla seconda metà degli anni novanta: i Nevermore.
Ebbene si,vi suonava quasi l’intera line up ad eccezione del drummer (nel secondo lavoro “Into The Mirror Black” infatti entrerà a far parte della formazione anche il chitarrista Jeff Loomis).
Qui ci troviamo dinanzi ad un esempio di puro e tagliente metallo, ritmiche standard che non risparmiano qualche bella spinta sul pedale dell’accelleratore ed un lavoro chitarristico da parte dell’accoppiata Lenny Rutledge/Sean Blosl d’alto livello.
Il dono della melodia che è insito in un certo tipo di metal per chi conoscesse solo i Nevermore riporterà molti punti in comune fra le due realtà, così come per le linee vocali di un Warrel Dane in gran forma che giostra passando dal classico clean ad un falsetto/scream riconducibile anche all’omonimo disco dei Nevermore in pezzi come “The Sanity Assassin” o “Garden Of Gray”.
E’ un disco dinamico, che non ha vistose pecche se non quella di avere poca personalità,di rimandi sonori a band come Candlemass,Metal Church ve ne sono molti (e ce ne sarebbero altre d’influenze da poter citare), il suo essere graffiante e battagliero gli permette però d’ovviare a questa mancanza.
Ricco di buoni spunti, gli episodi più evidenti per impatto sono sicuramente tre: l’opener “Battle Angels” con un ottimo riff portante e il miglior solo dell’intero album, “Die For My Sins” per la sua espressività vocale, il repertorio completo di Dane è sfruttato a dovere in questo pezzo, sale , graffia, fa davvero quel che vuole, una delle sue prove più riuscite in assoluto.
“Soldiers Of Steel” con un chorus da paura e parti di voci appena sospirata e totally scream, un riffing che con i suoi tratti acustici ad orpello ne affina ancora più la qualità ed un’incedere che incanta l’ascoltatore.
Menzione anche per la cover dei Jefferson Airplane “White Rabbit” rifatta manieristicamente e che si colloca tranquillamente nello scorrimento del disco.
Questo lavoro venne prodotto da un Dave Mustaine che vi partecipò anche come musicista eseguendo l’assolo che apre proprio “White Rabbit”.
Un album, un punto di partenza per una macchina che seppur cambiando monicker di lì in poi non si è più fermata.
L’ascolto è consigliato non solo agli amanti del classic ma a tutti quelli che vivono di buona musica, fatelo vostro.

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