Informazioni
Data: 14/09/2013
Luogo: Live Club, Trezzo Sull'Adda (MI)
Autore: Dope Fiend
Scaletta
Agony Face
Asgard
National Suicide
Death Mechanism
Cripple Bastards
Attacker
Asphyx
Tankard
Sodom
Quarta edizione per il Rock Hard Festival, terza in quel di Trezzo Sull'Adda e seconda a cui riesco a partecipare. La manifestazione svoltasi nel 2012 fu di quelle che lasciano il segno (ricordo ancora lucidamente il terremoto interiore che l'esibizione dei Marduk mi provocò) ed è quindi con grandi speranze che, con gentil donzella e amici al seguito, mi avvio alla volta del Live Club, uno dei pochissimi locali del Nord che possa ancora vantare la nomea di ottimo luogo per godersi un concerto. Nonostante tutto, però, sono un po' deluso dal cartellone dei gruppi in programma che, almeno secondo i miei gusti, avrebbe potuto essere composto in maniera migliore. Bando alle ciance, comunque: sono sicuro che non mancheranno le sanissime dosi di legnate metalliche per le quali tutti noi siamo qui presenti.
Facciamo il nostro ingresso nell'ampio salone del Live mentre i nostrani Asgard stanno terminando il tempo a loro disposizione. I cinque ferraresi vengono seguiti a ruota da altre due compagini italiane: i National Suicide e i Death Mechanism. Sebbene rapidi colpi d'occhio all'interno dimostrino che entrambi i gruppi sono ben apprezzati dal pubblico, i miei interessi sono catturati totalmente dalle bancarelle dei dischi, poste sia all'interno che nella sempre bella area esterna del locale, dal cibo e dall'aria aperta. Dunque è soltanto durante il soundcheck antecedente all'esibizione dei Cripple Bastards che rimetto stabilmente piede nei dintorni del palco. Non posso millantare un fanatismo assoluto nei confronti dei quattro astigiani, ma la violenza rovesciataci addosso da Giulio The Bastard e soci non può in alcun modo lasciare indifferenti. Pochi (rapidissimi) convenevoli e una marea di rabbiose mazzate: così si potrebbe riassumere quanto vedo e il ferocissimo mosh che si scatena davanti alle transenne lo testimonia. I nostri snocciolano una scaletta celebrativa del disco "Misantropo A Senso Unico" (appena ristampato dalla FOAD), senza tralasciare un pochino di spazio per pezzi più recenti. Episodi come "Quasi Donna... Femminista" e "Il Sentimento Non È Amore" non lasciano spazio a interpretazioni di sorta e l'indomito spirito live dell'Hardcore e del Grind che ci si abbatte addosso mette d'accordo davvero tutti.
Dopo la scarica di aggressività dei Bastardi, nulla possono gli Attacker che — nonostante la bontà della proposta — risultano poco adatti al clima creatosi. A ciò si aggiungano una spudorata derivazione maideniana sin troppo marcata e una prestazione generale non così imprescindibile; il risultato è che, seppure su disco gli americani risultino piacevoli e una piccola perla come "The Second Coming" sia sempre graditissima all'ascolto, l'attesa per il gruppo successivo divenga assolutamente pressante. E il gruppo successivo arriva, cazzo se arriva.
Gli Asphyx, tolte certe compagini svedesi, sono sempre stati la mia band Death preferita e, a dirla tutta, sono anche stati tra i pochi ad essersi riformati mantenendo altissimo il livello delle loro uscite. L'ingresso di quella leggenda vivente che risponde al nome di Martin Van Drunen è giustamente accolto con un'ovazione dalla folla e le prime incitazioni arrivano già durante il soundcheck. Da qui in poi la Morte in persona, coadiuvata dalla Putrefazione, dalla Malattia e dalla Brutalità, si è impossessata dell'intero Live Club. I quattro olandesi, poco prima persone simpaticissime, affabili e tenerissime, si trasformano in emissari di terrore allo stato puro e ci riversano addosso ininterrotte colate di Death marcio e cattivissimo. Le chiome roteano senza sosta, i velenosi rallentamenti che da sempre sono il marchio di fabbrica degli Asphyx infettano morbosi la platea intera e le nostre anime, poco a poco, vengono purificate dalla Nera Mietitrice. Da "Deathhammer" a "Scorbutics", da "M.S. Bismarck" a "Wasteland Of Terror", passando per "Food For The Ignorant" e un'immensa "The Rack": i nostri snocciolano le parti migliori di un repertorio solido come una catena montuosa, privo di sbavature, un ritratto devastante di una delle più compatte carriere musicali che il Metal estremo possa vantare. Un'apocalittica "Last One On Earth" chiude una tra le esibizione più belle a cui il sottoscritto abbia mai assistito e Van Drunen, visibilmente estasiato dalla risposta di un pubblico coinvolto come non mai, ringrazia a profusione con un'umilissima sincerità che ha davvero dell'ammirevole. "Insegnare vita, morte e metallo alle generazioni passate, presenti e future": questo è il manuale che dovrebbero scrivere gli Asphyx. Piccola nota personale a margine: il plettro donatomi da Paul Baayens rimarrà a vita uno dei miei cimeli preferiti.
Il turno successivo è quello dei Tankard, ma, in tutta franchezza, proprio non ce la faccio a sorbirmi i quattro di Francoforte dopo la lezione impartita dagli Asphyx e seguo quindi soltanto a spezzoni ciò che accade sul palco. E devo dire che quanto vedo mi disturba: togliendo la mera parte musicale, gli orrendi siparietti imbastiti da Gerre mi lasciano perplesso (eufemismo). Se da una parte gli astanti sembrano andare a nozze con tanta caciara, io non riesco a sopportare a lungo la visione della mastodontica epa del corpulento cantante, né i balletti improvvisati con una ragazza fatta salire dalla transenna. Poco onorato del fatto che Gerre dedichi una canzone alla mia dolce metà, passo oltre e attendo pazientemente che arrivi il turno degli headliner della giornata.
Ed ecco comparire finalmente Tom Angelripper, Bernemann e Makka, pronti a lanciare granate di storia in grembo a tutti quanti noi. Il trio appare in forma smagliante, nonostante un visibilissimo invecchiamento, e — sebbene non abbia apprezzato le ultime due uscite targate Sodom (soprattutto se paragonate ai classici più datati) — dal vivo pezzi come "In War And Pieces" e "Stigmatized" fanno la loro porca, porchissima figura. Il meglio della scaletta è però ovviamente rappresentato dai piacevolissimi salti nel tempo che ci vengono propinati: "Among The Weirdcong", "Proselytism Real", "Sodomy And Lust", "Outbreak Of Evil" e "Nuclear Winter" sono solo alcuni dei meravigliosamente distruttivi pezzi che ci vengono proposti. Non mancano nemmeno le cover di "Iron Fist" e di "Surfin' Bird" a intervallare altri assalti come "M-16" e "Ausgebombt": il comando imperativo è di non fare prigionieri e i Sodom assolvono senza remore al loro compito. Anche il sempreverde Onkel Tom si dimostra soddisfattissimo della risposta del pubblico e c'è ancora tempo per un piccolo bis prima di far calare definitivamente i tendoni sul palco del Live. Un'esibizione magnifica.
Pollici in alto, quindi, per la quarta edizione del Rock Hard che sarebbe stata vinta dai Sodom, se solo non ci fossero stati gli Asphyx a saccheggiare a man bassa qualsiasi ipotetico premio messo in palio.
Nota: un piccolo ringraziamento speciale a te, stupido figlio di puttana, che durante la performance dei Sodom hai pensato bene di spruzzare il tuo fottuto spray al peperoncino in sala, provocando irritazioni, starnuti e furiosi accessi di tosse a tutto il locale. Di concerti ne ho visti tanti, ma non ho mai incontrato un livello di idiozia tale e, sinceramente, mi dispiace soltanto che nessuno ti abbia potuto identificare. Ti lascio con un personale e sentito augurio di passare le prossime due settimane seduto sul cesso in preda a insostenibili spasmi intestinali e, se ci cadrai dentro, non potrò che essere sinceramente felice per l'avvenuto ricongiungimento con la tua genealogia, stronzo!