Informazioni
Festival: The Devilish Triumph Tour
Data: 25/10/2012
Luogo: The Theatre, Rozzano (MI)
Autore: Bosj
Scaletta
Velnias
Obscurity
Helrunar
Kampfar
Non posso negarlo: il timore nel recarmi al Theatre di Rozzano per un concerto black metal era molto, moltissimo. Il piccolo locale, inaugurato da pochi mesi, non mi aveva fatto un'impressione particolarmente positiva relativamente alla qualità dell'impianto e del suono in generale in occasione di una (costosa) data neofolk qualche settimana addietro, e il pensiero di come potesse essere rovinato il non semplice suono distorto tipico del nostro genere preferito mi allarmava alquanto. Una volta arrivato, ho seriamente detestato scoprire quanto avessi ragione.
Andiamo però con ordine: giunti sul luogo verso le 20:45, io e il mio compare (che ringrazio espressamente per l'aiuto che mi ha dato, a lui dovete le fotografie che corredano il pezzo), facciamo il nostro ingresso nel locale situato nel pieno della zona industriale di Rozzano (i magazzini riadattati con un'acustica pessima oggi vanno per la maggiore, che volete farci) e c'è giusto il tempo di fare qualche rapido, seppur non proprio economicissimo, acquisto alla bancarella della WhiteWolf Records, mentre i Velnias hanno appena iniziato a scaldare gli strumenti.
Al loro secondo passaggio dalle nostre parti in poco più di sei mesi, non posso non confermare quanto detto su di loro nella precedente occasione, in supporto agli Agalloch lo scorso aprile: in un locale piccolo e dalla pessima acustica, la proposta dell'ora quartetto di Boulder (Colorado) finisce con l'essere profondamente incomprensibile. Gli spazi, l'atmosfera, le dilatazioni del pur lo-fi "Sovereign Nocturnal" e del suo fresco seguito "RuneEater" vengono impietosamente inghiottiti dai quattro muri del Theatre, risputando un informe pastone che lascia percepire ciò che i quattro farebbero in condizioni più favorevoli (e farebbero belle cose, ci tengo a precisare), ma non ci permette di apprezzarlo in loco. I monolitici riff che strutturano brani da dieci minuti e più si confondono, regalando sprazzi di ciò che potrebbero rappresentare con un impianto meritevole. E anche la seconda volta l'esibizione dei Velnias finisce lasciandomi più voglia di vedere un concerto di questo gruppo di quanta ne avessi al mio arrivo.
Breve cambio palco, e ad arrabattarsi sul minuscolo stage del Theatre per tentare di offrire la miglior performance possibile sono i validi Obscurity, band tedesca la cui fatica del 2010 "Tenkterra" potete trovare recensita dall'onnipresente Mourning su queste stesse pagine. Non mi posso dire uno dei più ferventi sostenitori del combo teutonico, in bilico tra un black/death quadrato e un'attitudine amon-amarthiana dedita alla predicazione dell'ideologia vichinga, ma è pur vero che i cinque, capitanati dal massiccio frontman Agalaz (la cui capacità dal vivo è degna di un plauso), hanno offerto al pubblico ciò per cui era venuto, senza risparmiarsi e con grande umiltà, stringendosi tutti e cinque negli striminziti spazi a loro disposizione. Purtroppo delle quattro della serata, a causa della proposta più battagliera e violenta di tutte, gli Obscurity sono stati la band più penalizzata dal luogo e dall'attrezzatura a disposizione, il che ha significato, nello specifico, lottare per distinguere una chitarra dall'altra, a volte addirittura per sentire il rullante. Il repertorio del quintetto, che non conosce grande varietà, non ha poi aiutato nell'impresa di identificare un pezzo rispetto all'altro. Discreti, ma penalizzati.
Siamo già al turno degli Helrunar. Delle presenze della serata, la band di Skald Draugir è quella che conosco meno, e che conseguentemente sono più curioso di incontrare. Rispetto ai precedenti conterranei, i quattro teutonici (di cui, scopro in seguito, due sono session member) segnano un netto stacco. La loro musica è molto più emotiva ed atmosferica, lontana dall'incedente belligeranza che ci ha accompagnati fino a poco prima. Siamo qui in terre più vicine a quanto ascoltato con i Velnias, sebbene la matrice musicale sia profondamente europea, anzi, affondi abbondantemente le sue radici nella scena black tedesca. Nonostante il palco minuscolo, nonostante lo spazio angusto, nonostante l'acustica inclemente, i brani di "Sól", "Frostnacht" e delle altre produzioni della band (tra cui figurava, se non ho capito male, un'ultima traccia risalente addirittura alla prima demo, ma ero distratto e ho colto solo la seconda metà della frase del frontman) non possono che essere definiti accattivanti, suonati e cantati con grande perizia e capacità interpretativa. Più che meritevoli.
Ultimo, breve soundcheck ed ecco spuntare Ole, Jon, Ask e l'irrefrenabile Dolk, per dare ai blackster affamati il loro main event. I Kampfar, come nota lo stesso Dolk, sono al solo quarto passaggio in Italia, ma nei festival estivi europei sono una presenza costante, ed avendoli visti anche poco più di due mesi fa sul palco del Brutal Assault la scaletta non mi sorprende, sebbene mi soddisfi appieno: si parte con la bellissima "Mare", con Ask impegnatissimo dietro le pelli e alle prese con il secondo microfono, per continuare con pezzi presi da tutta la produzione lungo ormai quindici anni della band norvegese. Da "Inferno" a "Huldreland", all'anthemica "Norse", all'immancabile bis di "Ravenheart", c'è di che bearsi nell'ora e mezza di esibizione dei quattro, con un Dolk (come sempre) esagitatissimo e sinceramente grato a tutti i presenti, continuamente profuso in ringraziamenti nei confronti della piccola, ma "dedicata" folla.
Un frontman d'alta scuola, con la giusta dose di follia (le sue sputacchiate all'indietro, da tanto il palco era minuscolo, atterravano regolarmente sui piatti e sui tom di Ask, per sua somma gioia), che non ha perso l'umiltà. Come sempre, incurante della stagione, del luogo e di qualsiasi altro fattore, al momento del rientro per gli encor, è il momento di sfoggiare petto nudo, per mostrare il tatuaggio col logo della band e quanto per lui significhino i Kampfar. A giudicare dalla risposta ricevuta, il coinvolgimento del pubblico non era in discussione. Alla fine, scendendo dal palco, la band non manca di ringraziare per l'ennesima volta il ristretto, ma felice zoccolo duro di fan che, speriamo, ha fatto sì che il black norvegese dei Kampfar non si fermi alla sua quarta discesa italica, bensì vada molto oltre.
Per il momento, la carovana del Devilish Triumph Tour ha altre terre da conquistare.