Informazioni
Gruppo: Huldre
Titolo: Intet Menneskebarn
Anno: 2012
Provenienza: Danimarca
Etichetta: Gateway Music
Contatti: huldre.dk
Autore: Istrice
Tracklist
1. Ulvevinter
2. Trold
3. Skovpolska
4. Brandridt
5. Gennem Marsken
6. Vaageblus
7. Havgus
8. Spillemand
9. Beirblakken
10. Knoglekvad
11. Skærsild
DURATA: 50:53
È innegabile che il folk metal sia stato uno dei generi più inflazionati dell'ultimo decennio, sulla scia del successo di Finntroll e di altre formazioni che hanno portato il genere agli onori delle cronache, quantomeno a livello commerciale. Prendo ad esempio gli Eluveitie, band che più di altre è stata determinante per una più ampia diffusione del genere, grazie a un sound estremamente catchy e abbordabile anche per il pubblico più giovane. Ad oggi decine di band hanno tentato la propria fortuna inserendosi in scia ai colossi, cercando di cavalcare il momento, con proposte spesso anonime e talvolta addirittura imbarazzanti, con qualche perla originale in un mare di mediocrità.
La premessa è necessaria per tratteggiare brevemente la situazione in cui viene alla luce il primo album di questa formazione Danese, gli Huldre, ennesimo combo voglioso di emergere dall'enorme calderone di gruppi clone generatisi negli ultimi anni. Risultato ottenuto? In parte.
La proposta degli Huldre, va detto, si allontana dai lidi più noti di influenza black o death, e si concentra maggiormente sulla componente puramente folkloristica, tant'è che le chitarre, sebbene sempre presenti, passano costantemente in secondo piano rispetto alle trame sonore tessute dal violino, dal flauto e dall'ormai imprescindibile hurdygurdy. Insomma siamo lontani anni luce dal folk black aggressivo di cui è pieno al mondo, ed anzi ci avviciniamo a una musica più rockeggiante a là Otyg o Myrkgrav, sfiorando a tratti un folk rock di lumskiana memoria. Significativa a questo riguardo è la scelta di non avvalersi di un vocalist maschile ad accompagnare Nanna Barslev, frontgirl dotata di un timbro vocale particolare, sicuramente distintivo, capace di disegnare ghirigori dal retrogusto quasi mediorientale e di colpire di primo impatto il fruitore del disco, ma che tuttavia, non possedendo un'estensione eccelsa e risultando anzi sulla distanza abbastanza monocorde, si rivela insufficiente a tenere alto il livello di tensione dell'ascoltatore.
L'impressione è costantemente quella di trovarsi di fronte a un gruppo potenzialmente in grado di porre un notevole delta qualitativo fra sé e gli altri neonati folker, la padronanza strumentale degli Huldre è notevolissima, le idee non mancano, ma possono essere meglio sfruttate. Pezzi come l'opener "Ulvevinter", squisito biglietto da visita, riffing lento eppure non banale, ottima melodia e struttura solida, si alternano a momenti più stanchi e meno riusciti, vedasi "Brandridt" che coi suoi sei minuti e mezzo risulta tediosa, o l'eccellente accoppiata composta da "Vaageblus" e "Havgus", due brani dalle sonorità più dure, che anticipano il banalmente danzereccio "Spillemand".
Nel complesso una prova onesta e degna di essere segnalata, teniamoli d'occhio, in fondo i ragazzi sono solo alla loro prima apparizione su disco, hanno dimostrato talento e meritano il tempo per poter affinare e definire la propria direzione musicale. Le doti non mancano.