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Gruppo: Grime
Titolo: Grime
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Mordgrimm
Contatti: myspace.com/666grime
Autore: Mourning
Tracklist
1. Self-Contempt
2. The Journey
3. Charon
4. Chasm
5. Born Sick
6. Wife-Beater
DURATA: 34:00
L'Italia è sempre più dentro al mondo che fa di stoner, sludge, psichedelia e carrozzone al seguito un vanto.
Inutile nascondersi, la Penisola nostrana vanta un gran numero di band non solo dalle potenzialità spiccate ma dai valori brillanti e citarne i nomi sarebbe inutile dato che ormai le conosciamo un po' tutti.
C'è chi muovendo i primi passi riesce da subito ad attirare attenzione, ciò è accaduto ai friulani Grime che, dopo essersi autoprodotti l'ep omonimo di debutto nel 2011, hanno trovato nella Mordgrimm la spalla ideale a dare slancio e visibilità alla loro proposta, label nata dalle ceneri della fu Cacophonous Records e che abbiamo già incrociato per aver dato vita alla produzione d'inizio giochi dei Dragged Into Sunlight di "Hatred For Mankind", altro giovane act promettente.
Immaginate di essere in un luogo ampio, venite distesi su di un tavolo mani e piedi bloccati, sopra di voi una betoniera che impasta e rimpasta catrame nero, bollente, sapete già quale sarà la vostra fine e vi rimane solo l'accettazione di una conclusione senza vie di fuga.
Questo potrebbe essere uno dei tanti paeseggi disegnati dai sei monolitici, granitici e dissestanti pezzi che compongono "Grime".
È un annientare continuo, un discendere e scolpire nell'animo profondi solchi avvalendosi con cattiveria e malsana presunzione di una commistione fra sludge, stoner e sensazioni affini al black metal rancido e primitivo, ciò che non ti uccide ti fortifica? Dopo un ascolto simile non ne sarei sicuro.
Non vi sono spiragli emotivi che portino a immaginare una natura meno rude, la cordialità è una qualità che non è di casa Grime, anzi è il contrario, più si va avanti e maggiore è l'inclinazione verso il basso. La fase preparatoria insita nei brani in apertura, "Self Contempt" e "The Journey", non fa altro che indicarci univocamente la direzione che ripiega spingendo giù e ancora più giù, il clou arriva infatti con "Chasm" nella quale l'area doom e le propulsioni allentatissime premono sul terreno comprimendolo e inabissandosi grazie anche alla prestazione ossessiva e minacciosa, ruvida e graffiata del cantante Marco, molto affine per carica nera a quelle black metal ma il calore e la sostanza acida sono di marca sludge.
Trovare un vero e proprio difetto ai trentaquattro minuti del platter è complicato, scorre troppo bene e conquista di giro in giro nello stereo, "Born Sick" mantiene alta la pressione, il numero di ottani, il fuzzy style pesante e la chiusura affidata a "Wife Beater" con quell'ingresso stoner/sludge travolgente mi fanno dire in maniera molto schietta: comprate questo "Grime"!
La band è entrata in studio nel mese di giugno per muovere le fila che condurranno all'uscita del secondo capitolo discografico e primo in formato full, non avremo quindi molto d'attendere per una eventuale conferma.
L'Italia ruggisce ancora una volta e lo fa con i Grime, chissà che nei prossimi anni non diventino un monicker del quale sentiremo parlare affiancato ai grandi del genere, se ci credono loro, è giusto che anche noi proviamo a fare lo stesso, supportiamo ciò che vale ed è frutto del nostro underground.
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Gruppo: Electric Moon
Titolo: The Doomsday Machine / Cellar Space - Live Overdose
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: Sulatron Records
Contatti: facebook.com/The.Electric.Moon
Autore: Mourning
Tracklist "The Doomsday Machine"
1. Doomsday Machine
2. Kleiner Knaller
3. Spaceman
4. Stardust Service
5. Feigenmonolog
DURATA: 1:19:40
Tracklist "Cellar Space - Live Overdose"
1. The Soul Feeder
2. The Idle Glance
3. The Verge Of Fainting
4. The Spaceman Return
DURATA: 1:28:00
Ci sono artisti che non riescono proprio a star fermi, qui non si parla di gruppi grind che ti tiran fuori un ep di tre pezzi per cinque minuti di durata o una serie di split, sinceramente operazioni in un certo qual modo più "semplici" da produrre e sfornare.
Quando si tratta di kraut, space e psychedelic il lavoro dietro le composizioni diviene ossessivo, privo di allineamenti e schemi di base, un viaggio all'interno del viaggio non alla portata di tutti e non è questione solo di cultura e orecchio, quanto d'attitudine e capacità d'immersione in un mondo che non ha ganci sicuri, fluttua, si espande sino a conquistare tentacolarmente ogni angolo del cervello.
Il corpo è solo una mera estensione fisica divenuta inutile, chiedete al duo composto da Sula Bassana e Komet Lulu, accompagnati dietro le pelli non più da Pablo Carneval ma da Alex, loro di certo sapranno indicarvi la via.
Come avrete forse capito è di uno dei mille progetti di questi signori che sto per trattare, la nostra vecchia conoscenza Electric Moon, troverete più di una recensione nel listone, sfornano dischi come fossero "acqua fresca", ed è allucinante e disarmante il modo con il quale riescono a creare una serie di ambientazioni e concatenazioni temporali capaci d'irretire anche il più scettico degli ascoltatori.
È "psych" a tutto tondo sia con la prova da studio "The Doomsday Machine" che con "Cellar Space - Live Overdose", platter che raccoglie le prestazioni on stage del 27/01/2012 al Schlossekeller Darmstadt e quella dell'avvenimento Sulatron Records Label Night del 30/09/2011, lo stordimento e i "paradisi artificiali" da scoprire e vivere sono assicurati. E' genio, non si può trattare e descrivere con altri termini l'operato dei tedeschi, "The Doomsday Machine" scivola via come fosse una storia raccontata di passo in passo: le note, i gorgoglii, il fuzz e il wah wah, il galleggiare psichedelico che interagisce sia con l'animo sixties-seventies che con quello al limite con l'appeal proto-doom di alcune soluzioni impreziosisce e intarsia una tracklist che si presta a una miriade di raffigurazione.
Potreste paragonarla a un prisma di cristallo che "contrastato" da un fascio di luce proietta una serie di raggi ognuno con una propria vita distinta.
Le tracce pur muovendosi su un territorio similare non possiedono che una parvenza di omogeneità di fondo, la sensazione è un impatto da jam-session che garantisce e mantiene inalterata la plasmabilità in corsa dei brani; diventino poi più pesanti, vedasi l'affondo iniziale di "Stardust Service", aggiungano una carica al limite con il territorio dronico brillando per atmosfere ancestrali come avviene in "Doomsday Machine" o inneggino alla trasmissione virale di stati narcotici inebrianti in "Feigenmonolog", la direzione è univocamente una, come direbbe un astronauta creato dalla Pixar, il personaggio Buzz Lightyear di "Toy Story": "verso l'infinito e oltre", un motto che non si discosta poi tanto dall'ottica dei navigatori spaziali Electric Moon.
Oltrepassata la prima barriera, è il momento di imbarcarsi in un'avventura ancor più "dura" e perigliosamente bella da portare a termine, quattro canzoni in sede live? Solo un'ora e mezza d'immersione nell'hyper-spazio, sembra di essere passati a un livello successivo nel quale tutto diviene tangibile.
Immaginate d'abbandonare l'animazione del film prima citato, venendo trasportati all'interno di una delle serie di fantascienza per antonomasia, lasciate il pianeta Terra e salite a bordo dell'Enterprise insieme ai comandanti Kirk e Spock di "Star Trek" e perlustrando il cosmo, vi si pareranno contro degli ammassi nebulosi giganteschi.
È alto il tasso di fascino sprigionato dagli episodi che suddividono "Cellar Space - Live Overdose" in due sezioni ben distinte anche come atmosfere.
La prima si evolve in una situazione d'accompagnamento riflessivo, placido in più di una circostanza, nella quale il fondale sonoro composto da "The Soul Feeder" e "The Ideal Glance" serve su un piatto d'argento melodie liquide che si propagano su di un'asse emotivo dal retrogusto agrodolce.
La malinconia è una delle tante componenti presenti in un mix che nella seconda sezione con "The Verge Of Fainting" e "The Spaceman Return" svolterà portando alla ribalta caratteristiche differenti, il magma primigenio bolle e l'adattamento a temperature crescenti richiede anche un cambio d'approccio, adesso non si è esclusivamente spinti da una lenta e costante corrente, vi sono mulinelli cosmici e profondi buchi neri da evitare, i tratti del sound in alcuni attimi raggiungono spigolosità metalliche, il gonfiarsi e sgonfiarsi è la propulsione che ci accorda l'ennesimo tentativo di entrare a far parte di questo sconfinata ma abitale galassia. Che altro dire? Non so, potrei scrivere e scrivere quindi meglio fermarsi e consigliarvi l'acquisto di entrambi i lavori, se poi foste dei collezionisti sfegatati vi suggerisco di far vostre le edizioni in doppio vinile di questi "The Doomsday Machine" e "Cellar Space - Live Overdose", gli Electric Moon del resto non sbagliano un colpo e da loro non c'attendiamo di meno, the trip is on!
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Gruppo: Botanist
Titolo: III Doom In Bloom
Anno: 2012
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Totalrust Music
Contatti:facebook.com/Verdant.Realm.Botanist
Autore: Mourning
Tracklist CD 1
1. Quoth Azalea, The Demon (Rhododendoom II)
2. Deathcap
3. Ganoderma Lucidum
4. Vriesea
5. Ocimum Sanctum
6. Amanita Virosa
7. Panax
DURATA: 01:08:06
Tracklist CD 2
1. Mathruska - The Ejaculate On The Petals Of The Femme Orchid, Part 1
2. Cult Of Linnaeus - The War Of All Against All
3. Ophidian Forest - Cordyceps
4. Arborist - Total Entarchy
5. Lothus Thief - Nymphaea Carulea
6. Bestiary - It Lives Again
7. Mathruska - The Ejaculate On The Petals Of The Femme Orchid, Part 2
DURATA: 46:59
Il mondo musicale è colmo di potenzialità, di spunti di genio e di gran dischi, vi sono tantissimi musicisti dotati e band di caratura importante ma artisti che lo siano sempre e comunque? Quelli sono davvero pochi. Per molti che leggeranno questo testo starò forse per dire un'eresia ma ritengo Otrebor (The Botanist) allo stesso livello degli osannatissimi Devin Townsend e Ihsahn e il perché é molto semplice: l'artista in questione, perché tale è, è uno di quei personaggi eclettici, capace di cambiare, modificare e reinventare la propria connessione con l'arte di album in album, come di band in band: se aveste seguito Aristocrazia in questi anni, ve ne sarete resi conto leggendo il suo pensiero ampio e descrittivo racchiuso in parte nella nostra intervista e in parte nel suo vivere ed esplorare questo mondo tramite l'altra realtà della quale è membro, gli Ophidian Forest (troverete le loro recensioni nel listone).
Se pensate di poter andare incontro al nuovo doppio lavoro "III Doom In Bloom" come si fa con qualsiasi altro disco metal, vi sbagliate di grosso.
È una dimensione parallela che nel proprio dischiudersi ha ingurgitato tutto ciò che riteneva necessario per il sostentamento, noterete sin da subito che le atmosfere "floreali" e "silvestri" in genere dei primi due capitoli "I: The Suicide Tree / II: A Rose From The Dead" siano state inglobate in una centrifuga emotiva immensa che spazia in una miriade di stili coinvolgendo il doom, il black, il noise, bagnandosi languidamente in lidi folk e ambient, dimostrando come sia possibile far convivere melancolia, dimenticanza, oscurità con delicatezza, vivacità e bagliori di luce.
Avete presente l'immagine di un uomo che corre in mezzo a una fitta foresta durante il giorno con le fronde degli alberi che creano quel gioco costante di chiaroscuro impedendo in parte il passaggio dei raggi solari? Quel continuo rincorrersi di ombre che appaiono e scompaiono improvvisamente? Ecco, una delle sensazioni o raffigurazioni mentali che le tracce potrebbero offrirvi è questa, è un "mindtrick"? Probabile, il bello è anche questo. Siete disposti a mettere da parte ogni riserva e allearvi con l'artista? È fondamentale abbandonarsi, "III Doom In Bloom" non è assolutamente di facile ascolto, è una di quelle opere d'arte che necessita di un approfondimento costante, ripetuto nel tempo, è troppo varia e stravagante anche nelle sue esibizioni più elementari e cicliche, vedasi il concludersi ossessivo di "Panax", e dinamicamente perigliosa in alcune occasioni, prendete ad esempio il pezzo più corto del primo disco "Ganoderma Lucidum", eppure è quello che ti fa chiedere con maggior insistenza: dove vuole andare a parare? Ogni interrogativo che vi si fisserà in testa diverrà per voi motivo avvalorante per il prosieguo del percorso intrapreso, una sfida alla quale non vorrete rinunciare.
Il secondo cd che porta come sottotitolo "Allies" è la riprova che Otrebor è uno che ama rischiare e prova piacere nel mettersi alla prova sempre e comunque.
Il mastermind del progetto ha deciso di invitare gentilmente alcuni amici a suonare, ha fornito loro le basi di batteria utilizzate per "III Doom In Bloom" e ha chiesto di inserirvi la propria personalità. In pratica ha volutamente creato da geni di partenza condivisi con la creatura Botanist una serie di "specie" alternative alle quali l'operato di questi signori ha fornito caratteristiche distinte, si vedano "Cordyceps" alla quale gli Ophidian Forest hanno affidato il trasporto e la visione atmosferica/sperimentale, doti delle quali sono in gran possesso, "Total Entarchy" alla quale gli Arborist hanno dato una forma particolarmente variegata che alterna fraseggi rozzi ad altri di una disarmante dolcezza con stravaganti venature "country" a far capolino. Preferisco fermarmi qui e non svelarvi tutte le sorprese che vi verranno offerte.
Finita la traversata del mondo Botanist, il piacevole "brainwashing" che "III Doom In Bloom" nella sua interezza mi ha piacevolmente imposto m'invita a rimetterlo su e tenendo conto che si parla di quasi due ore di musica, capirete che il centro segnato dall'artista sia di quelli che lasciano un segno netto, ben distinto.
Vi ritenete impavidi? Adorate guardare oltre provando a scrutare quei luoghi che solitamente non vengono solcati dalla massa di release che escono annualmente? Se la risposta a entrambe le domande è un grosso "sì", dovreste assolutamente avere nella vostra collezione quest'album ed è altrettanto corretto, dovesse intrigarvi "III Doom In Bloom", recuperare il precedente, diverrebbe la cosa più ovvia da fare per scoprire e amare integralmente l'operato di Botanist. Capolavoro e ci sta tutto.
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Gruppo: Stramonia
Titolo: Stramonia
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/thestramonia
Autore: Mourning
Tracklist
1. Just To Have You
2. El Chupacabras
3. To Belong To The Darkness
4. All Saint
5. Human Wreck
DURATA: 22:13
Gli Stramonia sono una band genovese dalle indubbie qualità. La formazione dopo aver trovato nel 2011 la stabilità in line-up (ora così composta: Federico Arata alla voce, Roberto Arata alla chitarra, Daniele Scherone alle tastiere e Fabio Di Capita dietro le pelli) ha da poco rilasciato il primo ep omonimo contenente cinque pezzi che spaziano parecchio sfruttando l'incisività dell'heavy coniugata alla passione per il rock dall'atmosfera gotica.
L'alternarsi delle due facce all'interno del sound Stramonia è costante e che ai musicisti liguri piaccia sperimentare è palese, ascoltando il "Chupacabras" infoltito da influenze latine e con la tromba "mexican" che si confronta con una solistica oscura eighties l'immagine di un film di Rodriguez appare nella mia testa, mentre la successiva "To Belong To Darkness" risente piacevolmente delle influenze londinesi di Ian Astbury e i suoi The Cult soprattutto per ciò che concerne l'aspetto vocale.
Da ciò che ho potuto apprendere dall'ascolto di "Stramonia" questi ragazzi vivono ancora all'interno di un limbo, stanno provando a ritagliarsi uno spazio anche se le soluzioni che apportano nel sound scelte più estreme con tanto d'innesto in growl non rendono quanto i momenti nei quali è l'aura rock a espandersi. "Just To Have You" a esempio è il perfetto mattone sul quale poter costruire un futuro interessante, indovinato lo sviluppo dei synth in stile organo horror (non è un caso che in Italia ci siano dei veri e propri maestri di tale modo di adornare la musica, si vedano Goblin, Antonio Bartoccetti e i Death SS che sono stati e saranno spunto costante per molti) e con la già tirata in causa "To Belong To The Darkness" forma una coppia di canzoni di tutto rispetto.
Si difendono comunque bene sia "All Saint" nella quale ancora una volta è l'ambientazione horrorifica a far capolino e un ritornello ben congegnato con il growl che lo rende robusto e minaccioso, sia "Human Wreck" con i suoi frangenti più rilassati e melancolici particolarmente intriganti.
Le basi per far bene e crescere repentinamente ci sono, gli Stramonia con la loro aggressività ricercata possono conquistare più di una tipologia d'ascoltatore e un'occasione a "Stramonia" v'invito a darla. Nell'attesa che ci venga fornita riprova che il "work in progress" stia dirigendosi definitivamente verso la via più corretta e ciò magari porti alla produzione di una release full godetevi questi cinque brani.
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MARIOLLION - Misplaced Childhood
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Gruppo: Marillion
Titolo: Misplaced Childhood
Anno: 1985
Etichetta: EMI Records
Autore: ticino1
Fish, figura controversa che dava viso ai Marillion, è definitivamente la colonna portante di questo lavoro che mi perseguita, o accompagna, da venticinque anni. Conobbi questo disco grazie a un compagno di scuola e allora mio grande amico. Erano ancora i tempi in cui non sapevo neppure che cosa fosse un CD... I Marillion hanno sfornato un capolavoro che cerca ancora oggi concorrenti validi. Raramente si trova un album di concetto tanto intenso e con tocchi delicati, pieni di sentimenti. Disgraziatamente molti riducono il tutto, anche a causa della radio e del caro commercio, alla sola canzone "Kayleigh". Peccato.
PGR - Per Grazia Ricevuta
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Gruppo: PGR
Titolo: Per Grazia Ricevuta
Anno: 2002
Etichetta: Universal Music
Autore: 7.5-M
La grazia tocca sempre qualcuno, a qualcuno tocca portarne il peso, qualcuno con leggerezza la condivide con gli altri. È il caso di Lindo e dei musicisti che lo affiancano, il produttore Zazou, Gianni Maroccolo, Ginevra Di Marco, Giorgio Canali, Francesco Magnelli. Questa grazia è gentile e tagliente come la lingua semplice di Lindo, densa e vischiosa come la realtà elettronica, cantata da una pluralità di voci. È inutile chiedere la grazia o attenderla. Se ci giunge è per una volontà non nostra, ma di qualcun altro. Ed i PGR sono questo altro. Ah, Le Monde! ci incanta il mondo, ci incatena. Come diceva un irlandese: "Quando hai dato qualcosa, solo allora è veramente tuo, non ti può essere più rubato".
DEAD TO A DYING WORLD - Dead To A Dying World
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Gruppo: Dead To A Dying World
Titolo: Dead To A Dying World
Anno: 2011
Etichetta: Tofu Carnage Records
Autore: Advent
Questa sera "l’alchimie de la douleur" trasforma l’oro in vapore. Prendete i Fall Of Efrafa di "Elil", la mood tetra ma atmosferica di Drudkh, Negură Bunget, Agalloch e mettete tutto in un bel calderone epico, post-rock e neoclassico. Non sto scherzando, qua tra due violoncelli, due chitarrone sludge e un cantato black/doom furioso e cupo che si staglia su uno sfondo dolciastro c'è da farsi venire il latte alle ginocchia, forse anche a causa dei pezzi molto lunghi, però la proposta è notevole anche se ambientarsi in questa palude è un'impresa ardua. Il full in questione è stato realizzato per essere ascoltato appositamente su vinile, ma è scaricabile gratuitamente sulla pagina Bandcamp del gruppo. Una volta che lo avrete ascoltato dovrete darmi ragione, citando una delle tracce: "Stagnation".
BLACK SUN EMPIRE - Endangered Species
Informazioni
Gruppo: Black Sun Empire
Titolo: Endangered Species
Anno: 2007
Etichetta: Black Sun Empire Recordings
Autore: Insanity
Voglia di qualcosa di dinamico, elettronico ed oscuro? Questo lavoro fa al caso vostro, la Drum & Bass dei Black Sun Empire accontenterà questo vostro desiderio per oltre due ore suddivise in due dischi. Lasciatevi rapire dai ritmi frenetici, dalle linee di basso taglienti e dai pattern di batteria rapidi e saturi di energia; date la vostra mente in pasto a questa creatura misteriosa, state certi che non la rifiuterà, anzi la infarcirà di quel feeling robotico ed oscuro che caratterizza l'intera durata dell'album. Da segnalare la presenza di gente come State Of Mind, Jade e Noisia in alcune tracce.
FOO FIGHTERS - Foo Fighters
Informazioni
Gruppo: Foo Fighters
Titolo: Foo Fighters
Anno: 1995
Etichetta: Capitol Records
Autore: Mourning
C'erano una volta i Foo Fighters, una band sorta grazie a Dave Grohl nel 1995. Il ragazzo sino a poco tempo prima è il drummer dei Nirvana ed è da quell'esperienza bruscamente interrotta dall'addio inaspettato di Cobain (suicidio?) che il suo tragitto musicale come "leader" prende primordialmente forma.
"Foo Fighters" pagava un dazio stilistico notevole nei confronti della musica del trio di "Smell Like Teen Spirit" ma era affascinante, genuino e divertente, chi non ricorda una hit come "Big Me", con il video che imperversava su Mtv? Il disco non presenteva filler e si faceva ascoltare a ripetizione dal primo all'ultimo secondo.
Quella formazione non esiste più, il tempo l'ha smantellata e rimodellata tramutandola in qualcosa che odiernamente disconosco, ma quest'album omonimo per chi ha ama il rock è da possedere, è un piccolo gioiello.
BLACK WIDOW - Sacrifice
Informazioni
Gruppo: Black Widow
Titolo: Sacrifice
Anno: 1970
Etichetta: Castle Music
Autore: Dope Fiend
L'esplicita propensione ai temi oscuri e occulti è ormai legata indissolubilmente all'immaginario consueto del Rock e del Metal ma, all'alba della decade settantiana, le cose erano un poco differenti. Tra i promotori di questa attitudine, assieme ai Coven e agli immancabili Black Sabbath, ci furono i Black Widow che nel 1970 con "Sacrifice" fecero il loro ingresso nella musica, nella storia, nell'Eterno.
In questa opera Rock progressivo, Folk e puntate Jazz confluiscono in atmosfere cupe, diabolicamente mistiche e morbose in cui il nucleo nero plasmato da Jim Gannon e soci si agita incessantemente esternando visioni malsane e sulfuree, anatemi demoniaci e sinistre invocazioni. La famigerata "Come To The Sabbat" non è l'unica perla che questo disco ci regala: la malignità di cui si fa portatrice "In Ancient Days", l'ipnotismo perverso di "Attack Of The Demon" e la malefica languidità di "Conjuration" sono soltanto alcuni degli aspetti peculiari che rendono "Sacrifice" un monumento di un certo modo di intendere e vivere una musicalità diabolica e ammorbante.
Se amate i vagiti del Rock occulto dovreste già conoscere a menadito l'album in questione, se non lo conoscete sarebbe doveroso da parte vostra fustigarvi impietosamente e rimediare immediatamente a tale grave mancanza. In ogni caso chiunque si dichiarasse amante della buona musica e dell'Arte non potrà in alcun modo non venire in contatto con tale opera. "Sacrifice" è il ritratto migliore della Vedova Nera (che purtroppo non ebbe vita lunga e nemmeno fortunata), una danza infernale vegliata dal Maligno, un morso oscuro che non perdona.
...Deep underground where no light dared to come, beneath my pyramid
I stood in Hell, a mortal man, between Belial and Satan...
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Gruppo: Ghost Kommando
Titolo: Paramount
Anno: 2012
Provenienza: Soletta, Svizzera
Etichetta: Death Fiend Productions
Contatti: apokalyptron.blogspot.com
Autore: Bosj
Tracklist
1. The Ravages Of Time
2. Paramount
3. Blood And Smoke
4. Baptized In Ashes
5. Katharsis Till Death
6. Spirits Move Mountains
7. Persistence
8. The Tower
DURATA: 33:26
Da una costola dei defunti Bestial Torment, di cui trovate ampia descrizione qui, spuntò qualche anno fa il progetto Ghost Kommando, incarnato dalle persone di Reverend Void (voci e testi) e Karnov (strumenti). Dopo qualche release minore, l'estate 2012 ha finalmente portato il debutto completo del duo, "Paramount".
La proposta degli Elvetici è piuttosto particolare: l'impostazione è quella di un black'n'roll lo-fi che più lo-fi non si può, marcio, sporchissimo e decisamente tradizionale: tutto piacevole e godibile, steccate e scordature comprese. Il vero punto di forza di questo debut, però, è il riuscire ad avvicinare il suddetto b'n'r al post-punk più malinconico. Mi spiego meglio, perdonatemi se la prendo alla lontana: nel 2007 un certo nasuto Francese ebbe l'intuizione di spostare il baricentro del suo progetto black metal verso lidi post-rock, con chitarre dolci come lecca lecca e spazi atmosferici grossi quanto un deserto. Da lì, è stato sufficiente qualche souvenir da un altro mondo per far esplodere tutto il filone blackgaze, come viene banalmente chiamato oggi. Bene, "Paramount" tenta la stessa formula, solo che anziché i My Bloody Valentine, ad essere chiamati in causa sono i Joy Division. Ecco quindi melodie che sembrano scritte sul finire dei '70, parti vocali in clean monocorde e ritmi mai eccessivamente accelerati.
Ora, per non essere frainteso, specifico subito che i Ghost Kommando non avranno mai e poi mai i risvolti commerciali e di pubblico ottenuti dal già citato Francese: non ne hanno e non ne vogliono avere la raffinatezza, anziché di primavere smeraldine e scaglie di luna Void e Karnov parlano di divinità stuprate, guerre, fine del mondo e via discorrendo. Ben lungi dall'essere un tentativo dalle mire di guadagno, "Paramount" è quindi un disco onesto, godibile e molto interessante, a patto di apprezzare la sporcizia in fase di registrazione, l'immaginario completamente ancorato al black metal e la bassa fedeltà in generale. Fate i vostri conti, ma fateli in fretta, perché come da tradizione nelle etichette underground l'edizione è fortemente limitata, in questo caso trattasi di sole trecento copie.
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Artista: Menegroth
Titolo: Das Rote Werk
Anno: 2012
Etichetta: Darker Then Black Records
Contatti: non disponibili
Autore: ticino1
Tracklist
1. Heiliger Krieg
2. Der STAHLinistische Arbeiter
3. Rote Revolution
4. Sowjetische Nächte
5. Marxistische Mysterien
6. @O+
7. Roter Phallinismus
8. Red Lion Pub
9. Nachts Steht Hunger
10. Tanks'n'Roses
11. Die Mönche Des Roten Zaren
12. Gott, Schütze Den Zaren
DURATA: 53:58
Già durante le ultime settimane sono nate parecchie discussioni riguardanti il nuovo disco dei Menegroth, disco che appare tre anni dopo il riuscito "Gazourmah". "Das Rote Werk" ("Il Lavoro Rosso")... il titolo e la copertina hanno allarmato molti degli appassionati del black destroide, in cui è sistemata la formazione della città di Ulrico Zwingli. Che è successo? C’è stato un cambiamento di rotta totale, abbandonando il solco del futurismo? Leggendo alcuni testi, dubito che i Menegroth rinuncino alla passione per quel movimento.
Durante il primo ascolto mi pongo già una domanda: dove finisce il black e dove inizia il metal? Le canzoni sono molto variegate, influssi ce ne sono a bizzeffe e dunque quest’ora scarsa passa in un baleno, lasciando un poco perplesso il sottoscritto che fischietta ancora il riff di "Red Lion Pub". Andiamo per ordine, compagni!
Possente s’innalza dinanzi a noi la statua bronzea, un viso fiero ci domina inoculandoci timore; sì, la bandiera rossa della rivoluzione si scioglie nel vento e copre, proteggendoli, i nostri capi. Questa è l’impressione che si riceve tenendo fra le mani il digipak davvero riuscito. "Rivoluzione, reazione", leggiamo dopo avere rimosso il libercolo e sotto il CD si cela un’aquila bicefala che impugna un AK-47 e simboli di potere. L’introduzione, totalmente sovietica, è il sipario per un pezzo che contiene ancora linee tipiche per i Menegroth ma si mostra più "giocherellone" con scale cristalline e assoli interessanti. Già qui comprendo che il disco avrà bisogno di più di un ascolto per carpirne l’essenza e i suoi segreti. Non so se Herr Tarihan sia in parte responsabile per la grande quantità di sapori heavy, doom o folk; è un dato di fatto che le tracce scorrano come oliate e gridino sovente toni marziali e che lascino gonfiare il petto con degli excursus epici o dandoci qui e là la sensazione di cavalcare con i cosacchi sulle sponde del grande Don.
Presumo che fra voi ci saranno alcuni sorpresi e perplessi dal tono di queste mie righe. Vi dirò di più! Melodie s’intrecciano con le linee ritmiche ma, e qui potrete tirare un sospiro di sollievo, non sono quelle di tipo omosessuale tanto temute che lasciano immaginare ragazzini che canticchiano in coro con il corno colmo di met in mano. Troviamo anche passaggi un poco progressivi, death e anche thrash, oltre ai sapori citati sopra, che saranno la gioia di chi sarà presente a un concerto degli zurighesi. Il cavallo di battaglia che convolgerà il pubblico sarà, credo io, "Red Lion Pub"; è un pezzo molto trascinante, quasi da pozzo nella massa. Coraggiosamente il gruppo gioca anche con strumenti come il pianoforte o la fisarmonica per porre accenti di colore. L’unico punto negativo, dal canto mio perlomeno, è una certa mancanza di coerenza nella costruzione di alcuni pezzi, usando parti che paiono essere al posto sbagliato. De gustibus non est disputandum.
Ritengo che, punto primo, con questo lavoro i Menegroth si catapultino nell’Olimpo del metal svizzero, mettendola così in culo, tanto per dirla alla buona, a tutti coloro che li snobbano per la presunta appartenenza alla destra più rigida e che, punto secondo, siano andati oltre a ciò che è comunemente considerato black metal, passando a qualcosa che definirei semplicemente acciaio di ottima fattura che si fonde con loro, inaugurando così la metallizzazione del corpo umano.
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Gruppo: Lotus Circle
Titolo: Caves
Anno: 2012
Provenienza: Grecia
Etichetta: Dusktone
Contatti: myspace.com/lotuscircleofficial
Autore: Insanity
Tracklist
1. ...To Witness Under The Stars
2. Dawn Of A Dead Sun
3. Secret Entities
4. From The Depths
5. Plutonian Funeral
DURATA: 38:56
Mi sto accorgendo ultimamente di come la Grecia, per quanto non sia nominata quanto altre nazioni, abbia un panorama underground da non sottovalutare. Mi vengono in mente nomi come Spectral Lore e Dawn Of Division, entrambi recensiti dal sottoscritto; ora mi capitano questi Lotus Circle, act di cui abbiamo ben poche informazioni, l'alone di mistero si adatta perfettamente a quel mix di Drone e Black Metal che la band ellenica ci propone nel secondo full-length intitolato "Caves". I cinque brani in esso contenuti sono fatti di un minimalismo ossessivo e claustrofobico, i riff lenti, zanzarosi e ripetuti per decine di volte sono un classico di questo stile ma bisogna stare attenti a non cadere nella noia; come spesso accade, questo ostacolo viene aggirato inserendo variazioni in sottofondo e non, feedback di chitarra, rumori distorti, urla disumane e tutto ciò che abbiamo sempre trovato nel genere. In alcuni passaggi inoltre ho notato una certa imprecisione nei tempi, specialmente nella prima parte dell'opener "...To Witness Under The Stars", la domanda è: volontaria o no? La risposta non la conosco e chissà, forse è meglio così, ciò che importa è che in questo modo si crei una sensazione di instabilità che aggiunge qualcosa al lato emotivo del disco; nel mondo estremo ho riscontrato più di una volta questa caratteristica di poter trasformare qualcosa che potrebbe benissimo essere un difetto in un pregio a vantaggio della musica, una sorta di "bellezza dell'imperfezione" come la definirebbero in oriente. L'assenza di una batteria da invece man forte alla componente minimalista, riducendo all'essenziale il sound dei Lotus Circle. Da notare anche la presenza di un fattore ritualistico ottenuto grazie ad alcune parti vocali dal tono profondo e cerimoniale sparse nelle varie tracce.
Il disco dura meno di quaranta minuti, non presenta particolari novità o sperimentazioni ma risulta godibile senza alcuna fatica; chi conosce un minimo il genere sa cosa aspettarsi e non verrà deluso, è un lavoro da ascoltare senza aspettative esagerate e lasciandosi trascinare nell'abisso nero che questa musica sa creare.
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Informazioni
Gruppo: Process Of Guilt
Titolo: Fæmin
Anno: 2012
Provenienza: Portogallo
Etichetta: Division Records
Contatti: Sito - Facebook - Myspace
Autore: Dope Fiend
Tracklist
1. Empire
2. Blindfold
3. Harvest
4. Cleanse
5. Fæmin
DURATA: 42:58
I Process Of Guilt non sono un nome nuovo per coloro che si districano abitualmente all'interno dell'immenso panorama del Doom e dei suoi derivati; il quartetto portoghese è infatti giunto, con questo "Fæmin", al traguardo del terzo full e, mai come questa volta, è veritiero il detto che vorrebbe la maturità musicale collegata al raggiungimento di questa tappa.
Se gli esordi della formazione lusitana erano più orientati verso sonorità riconducibili al Death/Doom, nel nuovo parto troviamo una svolta sostanziale effettuata però con indiscutibile naturalezza e consapevolezza delle proprie risorse.
Ascoltate pezzi come "Empire" e "Harvest" e vi ritroverete di fronte a echi Hardcore di matrice Isis (l'ormai defunto gruppo di Aaron Turner e soci verrà chiamato in causa spesso durante tutto il disco) appesantiti da venature che non esitano ad avvicinarsi all'eclettismo più rabbioso dei Neurosis, le quali vengono a loro volta inglobate in riff di chitarra che scavano solchi profondissimi e in alcune cellule ritmiche che ancora possono portare impressa un certo tipo di marchiatura Death/Doom.
La pece scorre a fiumi in un costrutto musicale in cui ogni salvezza è negata, in cui gli incubi e la pesantezza di animi inquieti e oscuri si avvolgono e si dispiegano all'interno di substrati mentali e sonori che, anche nei momenti più melodici (come avviene nella titletrack, tenendo comunque sempre presente che si tratta di un senso melodico dissonante e insano), vengono disturbati dall'ipnotica sensazione di impotenza di fronte ad una rovina ormai estremamente vicina.
Le fasi più atmosferiche di tracce come "Blindfold" e "Cleanse" riportano a galla dai più reconditi abissi della mente visioni oppressive e dilanianti che investono, asfaltano e violentano senza sosta la sensibilità dell'ascoltatore, proprio come se le deviazioni più scellerate di Amenra e Year Of No Light si fondessero con la volontà terremotante e distruttiva dei primi Godflesh.
Che altro dirvi?
Posso confessarvi che non sono mai stato un amante delle uscite che vengono allungate con additivi Post (il suffisso da aggiungere lo lascio liberamente a voi, per me non fa alcuna differenza) ma che, allo stesso modo, nell'oceano di dischi incanalati a tali correnti ogni tanto riesco a trovare qualcosa di mio gradimento; e mi pare scontato dirvi che "Fæmin" sia per il sottoscritto una di quelle piacevoli occasioni.
Questa volta è dalle (apparentemente) placide e flemmatiche lande del Portogallo che veniamo minacciati da una nera nube gravida di calamità e sciagure; vi avverto fin da ora del fatto che sarà inutile rifuggirla perchè, presto o tardi, essa vi raggiungerà comunque.
Che fare quindi?
Non vi rimane altra possibilità che quella di fronteggiare questa apocalisse, di accoglierla e di stare a vedere fino a quale oscura e malevola profondità riuscirà a trascinarvi... sempre a patto che il vostro intelletto non collassi molto prima.
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Artista: Midnight
Titolo: Complete And Total Hell
Anno: 2012
Etichetta: Hell's Headbangers Records
Contatti: totalmidnight.webs.com
Autore: ticino1
Tracklist
1. Funeral Bell
2. All Hail Hell
3. Servant Of No One
4. Unholy And Rotten
5. I Am Violator
6. Hot Graves
7. Long Live Death
8. White Hot Fire
9. Endless Slut
10. Lord In Chains
11. Strike Of Midnight
12. Take You to Hell
13. ...On The Wings of Satan
14. Turn Up The Hell
15. Black Rock'n'Roll
16. It's a Sacrifice
17. Vomit Queens
18. Screams Of Blasphemy
19. Cross Held High
20. Lucifer's Sanctuary
21. Berlin Is Burning
DURATA: 74:01
Nero e ancora più nero... per i cosiddetti fan moderni del black tutto deve essere nero come la pece e "true", altrimenti non lo accettano. Qui invece di nero c’è solo lo speed dei Midnight. L’esperienza dice che è difficile trovare gruppi validi in questi sottogeneri.
Parliamo prima del concetto di questa raccolta, la quarta di un gruppo fondato nel 2003, che uscirà il 25 di settembre. Contiene tutte le registrazioni antecedenti il primo e solo full uscito l’anno passato che è intitolato "Satanic Royalty". Non è facile giudicare il risultato usando qualche mp3, senza potere vedere l’aspetto del prodotto finale. So solo che saranno offerti CD ed LP doppi.
Vere sorprese non se ne trovano in queste tracce. Il gruppo attinge a piene mani dai classici come Hellhammer, Venom, rock Anni Settanta e altri ancora, sfruttandone tutti i cliché. Personalmente ritengo che la musica dei Midnight sarebbe molto divertente per passare il tempo a una festa o in sede live. Per rendere un’idea di quel che vi aspetta, posso dirvi che l’impressione generale è quella dei Bewitched, la voce è quasi uguale, ma con meno spigolature e con uno stile definitivamente più rozzo.
Acquistando questa raccolta non vi taglierete le vene ma non avrete comunque un pezzo di metallo particolarmente interessante, seppur in parte divertente, in collezione. Mettiamola così: chi non si è mai interessato troppo per il passato del metallo sarà forse più soddisfatto dell'acquisto di coloro che come me hanno un orizzonte musicale molto ampio e profondo.
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Artista: Corrupt Bastards
Titolo: EP
Anno: 2012
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: corruptbastards.bandcamp.com
Autore: ticino1
Tracklist
1. Poison
2. Infected
3. Cursed
4. Extinct
5. Still Believe
DURATA: 09:39
Un duo bastardo e porco di Houston osa spacciare merda nel vostro giardino e non avete il coraggio obiettare? Più corrotti e furbi di questi voi ne troverete pochi. D’accordo, sentire il termine "powerviolence" come risposta alle vostre minacce vi porterà un piccolo sorriso sulle labbra.
I ragazzi non hanno inventato l’acqua calda, questo dovrebbe essere chiaro anche al più cazzuto, non solo dei nostri lettori. Le tracce mitragliate dagli statunitensi si abbigliano con vestiti tolti da un armadio che non è stato ordinato da parecchio. Sento tocchi di Crude SS, potreste anche bisbigliare Discharge per essere cattivi, Raw Noise e tutti i fiori all’occhiello della scena britannica.
Di americano trovo poco ma chi se ne frega, cazzo. Rozzo marciume sporco e puzzolente non ha mai fatto male a nessuno. Chi ha già fatto il militare o vagabonda sovente nella natura in condizioni estreme sa di che parlo. Tecnica? Raffinatezza? Dolcezza? Melodia? Ma fatemi il piacere!
Ostentate il vostro spirito anarchico per una scarsa decina di minuti!
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Information
Band: Ghost Kommando
Title: Paramount
Year: 2012
Country: Solothurn, Switzerland
Label: Death Fiend Productions
Contacts: apokalyptron.blogspot.com
Author: Bosj
Tracklist
1. The Ravages Of Time
2. Paramount
3. Blood And Smoke
4. Baptized In Ashes
5. Katharsis Till Death
6. Spirits Move Mountains
7. Persistence
8. The Tower
LENGTH: not available
From a rib of deceased Bestial Torment, which you can find deeper information about here, sprouted a few years ago a project named Ghost Kommando, in the persons of Reverend Void (voices and lyrics) and Karnov (instruments). Following some minor release, in summer 2012 we are finally listening to the debut of the duo, "Paramount".
The proposal of the two Helvetians is quite particular: their structure is a dirty, rotting and fairly traditional black n'roll, 101% lo-fi: everything plainly enjoyable, wrong notes and out-of-tunes included. The real force of this debut, though, is the mixture of the aforementioned b'n'r and a melancholic post-punk sound. I'll explain the point, forgive me if I start from a distant point: back in 2007 a big-nosed French guy had the idea to move the center of mass of his black metal project towards the shores of post-rock, with guitars as sweet as lollipops and atmospheric spaces as wide as deserts. From that point on, some souvenirs from another world have been enough, and the blackgaze subgenre, as it is trivially called today, was born. Well, "Paramount" tries the same formula, but instead of My Bloody Valentine, here we have Joy Division. So here come melodies sounding like those written in the end of the seventies, clean vocals parts and never too fast rythms.
Now, I do not want to be misunderstood, Ghost Kommando will never ever have the commercial implications and fanbase of the above mentioned french one: they do not have and do not want to have its refinement, instead of emerald springs Void and Karnov talk about raped gods, wars, armageddons and so on. Way far from being a commercial experiment, "Paramount" is a honest album, enjoyable and pretty interesting, made it clear that the listenere must be familiar with dirty recordings, the black metal imaginery and low fidelity in general. Draw your conclusion, but draw it fast, since following the tradition like any other small label, Death Fiend Productions limited this release to three hundred copies only.
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Informazioni
Autore: Mourning
Formazione
Carlo - Chitarra
Pat - Basso
Ciny - Voce
Wiz - Batteria
Warren - Chitarra
In compagnia di Ciny, cantante dei Blend71, scopriremo parte della loro realtà, li abbiamo incrociati in occasione della recensione di "Signs" e a quanto sembra adesso qualcosa di nuovo bolle in pentola, vediamo cos'ha da dirci.
Ciao Ciny, benvenuta sul nostro sito, evito i convenevoli e iniziamo subito a parlare dei Blend71, raccontaci un po' della vostra storia, come nascono, chi sono i componenti e tutto ciò che ritieni utile per inquadrare ciò che siete.
Ciny: Ciao Gabriele e, innanzitutto, grazie per lo spazio che ci dedichi sulla vostro webzine. Dunque siamo una band della svizzera italiana nata nel 2004. Alle chitarre abbiamo Warren & Carlo, al basso Pat, Wiz alla batteria e la sottoscritta alla voce. Dopo un lungo percorso evolutivo, musicale ma anche delle persone e delle personalità che costituiscono ogni singolo componente del gruppo, abbiamo trovato il nostro sound in ambito alternative-metal-crossover.
Com'è cambiata la band dall'uscita di "Signs" a oggi? Sono trascorsi quattro anni, giusto? È ancora quel sound a cavallo fra l'alternative/nu metal e il grunge che vi caratterizza o nella crescita che state portando avanti si è "intromesso" qualcos'altro ad arricchire il bagaglio?
Ciny: Da "Signs", uscito a fine dicembre 2008, direi che la band è cresciuta, maturata. A differenza di "Signs", appunto, il nuovo album "Inside Your Cage" è sicuramente più massiccio e graffiante con una direzione più lineare e decisa... da ascoltare e comprare... anzi, da comprare a scatola chiusa! [ride]
"Signs" possiede qualche difetto ma è un disco godibilissimo, come ci si districa all'interno di un settore musicale che ha dei cardini e dei paletti difficili da disporre in maniera differente a ciò che si è ascoltato sinora?
Ciny: Sento spesso parlare di originalità, ma sinceramente negli ultimi quindici o venti anni (e forse non solo) non mi sembra sia uscito niente di così innovativo. Penso che lo scopo primario di un musicista sia quello di comporre e suonare ciò che gli piace cercando nell'anima le proprie emozioni da trasmettere a chi lo ascolterà, non importa da dove vengano le sue influenze... Prova un po' a chiederlo al grandissimo Jimmy Page!
Qual è stata la soddisfazione più grande che avete ricevuto da quell'album? Adesso a distanza di tempo come lo giudichi? Lo riproporresti nella stessa identica maniera?
Ciny: Una delle soddisfazioni più grandi di "Signs" è stata aver avuto la possibilità di esibirci sul palco della Mycokemusic a uno dei più prestigiosi festival svizzeri, il Greenfield Festival di Interlaken in giugno 2009. In quell’edizione partecipavano band quali Korn, Slipknot, Faith No More, Soulfly, Social Distortion, Guano Apes... e credimi, essere lì a suonare la nostra musica a pochi metri dal mainstage è stata un'emozione grandissima! Poi c'è stata l’avventura oltremanica del mini tour di maggio dell'anno scorso. I Blend71 al completo, su di un furgoncino diretti in Gran Bretagna.. ma ci vedi? [ride]
Il rock/metal female-fronted è sempre fra i più "amati/criticati", il ruolo della donna dietro al microfono o vien preso sottogamba, o esaltato all'inverosimile, perché pensi esistano questi squilibri? E soprattutto credi che l'avvenenza abbia in alcuni casi sostituito la reale qualità della quale la musica avrebbe bisogno? Parlo della capacità di emozionare cantando ovviamente.
Ciny: Personalmente non sono una di quelle "girl" che stanno davanti allo specchio ore e ore prima di salire su un palco... e credimi l'ho visto fare! Però sicuramente chi ha un portamento e una presenza da "belloccia" può vedere aprirsi diverse porte... ma non sempre la vista va d'accordo con l'udito! O mi sbaglio? Per una female-fronted di una rock band trovare rispetto e gradimento in una scena prevalentemente maschile non è per niente facile, bisogna avere una forte personalità e un carattere decisamente "macho"!
Qual è il tuo pensiero sulla scena musicale attuale? Quali sono gli act che ritieni più validi e quali possono divenire eredi dei grandi che fra un po' andranno in pensione?
Ciny: Ci sono molte realtà di valore sulla scena attuale, forse troppe e tante solo di passaggio... Sinceramente non credo ci saranno gruppi che potranno prendere lo scettro di band quali Rolling Stones, Led Zeppelin, Pink Floyd, Nirvana o Pantera, giusto per citarne alcuni. Forse Eminem, Linkin Park, Foo Fighters, Korn e grupponi a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, ma alla velocità in cui cambiano le mode oggigiorno la vedo dura.
Cos'è la musica per te? Come cantante, ascoltatrice, in qualità di persona che compra dischi, come la vivi? Come t'aiuta a vivere?
Ciny: Sembra la solita frase fatta e un po' sempliciotta, ma per me la musica è vita! Nascendo da una famiglia di musicisti non potevo non ereditare questa passione. La musica ha sempre fatto parte della mia vita, fin dalla più tenera età quando mia madre arpista soleva cullarmi suonando "Les Jeux Interdits". La musica è sempre stata, e penso lo resterà per sempre, una grande valvola di sfogo per chi la fa e per chi l’ascolta. Chi suona o canta ha questa irrefrenabile voglia di comunicare al mondo che ci sei e che hai qualcosa da dire. Ah no, non potrei vivere senza!
Ci sono tue colleghe con le quali ti piacerebbe collaborare magari in un'ospitata sul nuovo disco?
Ciny: Assolutamente sì! A differenza di tante front-women, a me non dispiace cantare in una serata che ospita altre band capitanate da donne. Ritengo che non ci debba essere nessun tipo di gelosia tra di noi. Ognuna ha la sua personale bellezza e talento no? Comunque penso che se dovessi scegliere per una collaborazione, sicuramente chiamerei Shamaya, la cantante degli Otep, e andrei a prenderla negli States anche a nuoto! È bellissima e bravissima!
A proposito di nuovo album, cosa ci puoi dire di "Inside Your Cage"?
Ciny: "Inside Your Cage" è ufficialmente uscito il 16 giugno 2012. Abbiamo cominciato a comporre d’istinto le nuove tracce in modo naturale e spontaneo con l'intento di seguire una strada ben delineata. Infatti alcune tracce forse troppo legate a "Signs" sono poi state tagliate. L'album rappresenta una ricerca di sonorità maturata in più anni, una voglia di esprimere il nostro punto di vista in modo più marcato con dei testi ricercati e con un forte significato. Alcuni testi infatti sono anche intimisti e contengono messaggi che vengono direttamente dall’anima e da un mio periodo di transizione.
Avete mantenuto un'attività live costante in questi anni? C'è stata un'esibizione che vi ha lasciato un ricordo particolare?
Ciny: Abbiamo suonato parecchio in questi anni ma non quanto avremmo voluto, sicuramente in futuro cercheremo di organizzarci in modo diverso per avere molte più date e anche più mirate. Come già detto precedentemente, una delle esibizioni che ci ha lasciato un ricordo particolare è stata sicuramente quella al Greenfield Festival. Mezz’ora di puro "power blendiano" suonato quasi in apnea con un tasso adrenalinico non indifferente!
Aneddoti, fuori programma e imprevisti nelle prove su palco?
Ciny: Eccome! Potrei stare qui tutto il giorno a raccontarne, ma sicuramente uno dei più interessanti è quello successo in occasione del nostro mini tour di presentazione in Germania e Svizzera dell’EP "Blend71" nel 2006. Dopo una partenza alquanto rocambolesca, ritardata dalla "fuga" della mia gatta che non voleva più rientrare in casa, siamo arrivati a Costanza, la prima tappa del tour con un mostruoso ritardo. Alla fine del soundcheck visto il poco tempo per andare a mangiare al ristorante, sono state ordinate delle pizze... oserei aggiungere oscene! L'impasto era fatto con della pasta sfoglia e la salsa di pomodoro era piccantissima. Sarà stata l’agitazione della prima serata, il nervosismo generale, ma ci siamo trovati tutti al gabinetto a pochi minuti dall'inizio del concerto; la sottoscritta in particolare! Basta se ti dico che un set di un'ora di concerto è stato suonato in meno di quarantacinque minuti sotto gli occhi/orecchie di un pubblico alquanto scioccato?
Com'è la situazione locali/serate in Svizzera?
Ciny: La situazione varia molto da regione a regione, nella nostra Svizzera Italiana noi come Blend71 non possiamo lamentarci, nonostante i pochi locali a disposizione abbiamo avuto la possibilità di suonare ovunque, diverse volte e anche a diversi open-air locali. Per quanto riguarda le altre regioni, locali e manifestazioni sono decisamente in aumento, ma trovare spazio per esibirsi live non è così facile.
Chi è e cosa fa Ciny al di fuori dei Blend71?
Ciny: Ciny salta da un palco all’altro passando per una vita "normale", come piace definirmi un mio amico giornalista... e per un verso ha ragione. A parte un lavoro in un ufficio a Lugano (che durerà ancora per poco, visto che prossimamente la mia carriera prenderà altre vie decisamente meno formali), frequento una scuola artistica dove sono al terzo anno di teatro e teatro musical.
Altre passioni, hobby, sport?
Ciny: Sport molto poco, sono un vero disastro! Proprio non ho il tempo materiale per seguire una precisa disciplina, anche se mi piace andare a correre appena posso in mezzo alla natura, soprattutto nei boschi dietro casa mia. In compenso però faccio molto movimento soprattutto con la classe di musical e di teatro, come già accennato, le mie grandi passioni fuori dalla band.
Hai a disposizione un budget illimitato per produrre un disco dei Blend71, a chi ti rivolgeresti? Che tipo di tour a supporto organizzeresti e quali band vorresti sul palco con te nelle date più importanti?
Ciny: A questa domanda ho fatto intervenire Warren che è decisamente più al corrente e preciso di me in queste cose.
Warren: Se proprio proprio non avessi limiti di budget, come produttore prenderei Butch Vig e Dave Grohl e affiderei il mix al grandissimo Andy Wallace, il master direi Ted Jensen e per dare un bel vestito affiderei il design a Derek Hess. Dunque, chi ci finanzia adesso?
Quali sono: il primo disco che hai ascoltato, il primo e l'ultimo che hai comprato e quello che ti ha cambiato la vita.
Ciny: Il mio primo disco che ho ascoltato in assoluto è stato un 45 giri di Elvis Presley che mia madre custodiva gelosamente. Mi ricordo che ero una bimbetta e mi affascinava vedere quel disco nero girare nel giradischi che suonava "Are You Lonesome Tonight". Ascoltavo affascinata quella voce così calda e sensuale... da innamorarsene! Il primo disco acquistato invece è stato "She's So Unusual" di Cyndi Lauper con l'inno degli anni ’80 "Girls Just Want To Have Fun". Adoravo quella pazza ragazza dal look anticonformista e molto punk, con quella voce così particolare, potente ma anche melodica e graffiante al momento giusto. Penso che sia partita da lì la mia voglia di fare la cantante. Mentre l’ultimo appena preso è un limited edition album di una cantante americana con una voce pazzesca molto somigliante a quella di Janis Joplin; lei si chiama Beth Hart e l'album è "My California", se ti capita l'occasione ascolta la traccia numero dodici "Oh Me Oh My"... un'interpretazione da paura! Di dischi che mi hanno cambiato la vita e il mio modo di vedere la musica ne ho tantissimi, ma citerei il primissimo di Sinéad O’Connor "The Lion And The Cobra", "Sinner" dei Drowning Pool, con la voce del grande Dave Williams, "Issues" dei Korn e "The Great Divide" di Scott Stapp.
E anche stavolta sono arrivato alla fine, grazie per aver trascorso un po' del tuo tempo in nostra compagnia, ti lascio ancora una volta la parola per dire ciò che vuoi a conclusione dell'intervista...
Ciny: Ancora un grazie a te e alla redazione di Aristocrazia Webzine per il tempo e lo spazio a me concessi. Saluto i vostri lettori musicisti e non e tutte le persone che credono in noi e concludo dicendo di supportare la musica underground e soprattutto venite ai concerti! Andiamoci tutti e divertiamoci! Un abbraccio rock .
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Informazioni
Autore: Mourning
Formazione
Cougar - Basso
Chris - Batteria
Tubo - Chitarra
Marco - Voce, Chitarra
L'Italia si fa sentire eccome, il nostro panorama si sta sempre più arricchendo di formazioni che suonano stoner, sludge e doom, capaci inoltre di competere con nazioni anche più rinomate come U.S.A., Svezia e Germania. Una delle ultime scoperte per il sottoscritto sono stati i Grime e il loro ep omonimo del quale troverete la recensione inserita nel listone.
Benvenuti su Aristocrazia Webzine, come va? Il caldo si fa sentire, è il periodo anche più adatto per esprimersi musicalmente tramite release dal mood fangoso/catramoso no?
Grazie, va di merda, come sempre. Sì, è perfetto tra caldo, umido e nessun tipo di altra sensazione eccetto quella di stare male. Depressione.
Inizialmente è giusto per me dare campo libero alle band, raccontateci un po' di voi, chi sono i Grime, come nascono...
Nascono nel 2010 a Trieste da quattro amici con l'idea di fare della musica grezza, sporca, che faccia stare male e che sia suonata ad altissimo volume. Volevamo misurarci col fare qualcosa di semplice ma che suonasse più cattivo possibile e che ci permettesse di vomitare fuori tutto lo schifo che covavamo dentro. Speriamo di esserci riusciti.
Cos'è che vi ha condotti a voler interpretare questo tipo di sound? Noto con piacere che la nostra Penisola si sta appassionando sempre più a queste correnti pur rimanendo, a mio avviso fortunatamente, molto underground come scena.
Niente in particolare. Questa musica l'abbiamo sempre ascoltata, ognuno di noi l'ha sempre avuta dentro, semplicemente finalmente avevamo tutti e quattro la possibilità di dedicarci a questo progetto. Non volevamo fare nulla di nuovo, ormai è già stato fatto di tutto, dunque di sicuro non ci interessava nè tantomeno pensavamo di essere originali, volevamo solamente creare musica sporca e cattiva! C'è un po' di interesse crescente, è vero, ma l'Italia è un caso strano, va a mode e poi solo pochi che ci credono veramente continuano. Noi non abbiamo mai fatto calcoli per piacere al pubblico, la nostra è un'esigenza di esprimere determinati sentimenti attraverso la musica che ci sembra più adatta per farlo.
Il vostro modo di suonare è particolarmente ibrido, sensazioni da deserto, panorami paludosi, aree grigiastre ma anche un pizzico di cattiveria accomunabile a certe realtà ritual come i Cough. Com'è nato "Grime"? Avete avuto dei punti di riferimento stilistico che in parte possono avervi influenzato nella stesura dei brani?
Non so quanto il nostro modo di suonare sia effettivamente ibrido, basandosi sostanzialmente sul togliere elementi e orpelli alle composizioni, asciugare al massimo il tutto e distillare solo l'essenziale, cercando di mantenere al massimo il livello di cattiveria e di immediatezza. I Cough sono una grande band e abbiamo avuto la fortuna di suonarci assieme, ma sono molto più dilatati nei suoni e legati al doom rispetto a noi (eccetto che per "Chasm", il nostro pezzo più lungo), con dei connotati ed un immaginario più esoterico rispetto al nostro, quindi non sapremmo se citarli fra le maggiori influenze, anche se piacciono molto a tutti e quattro. Forse le nostre maggiori influenze vengono dai gruppi sludge anni '90. Il nome è stato scelto in una seconda fase, suonavamo già sporchi, dunque, quando uno di noi ha tirato fuori il nome "Grime" (letteralmente "sudiciume"), ci è piaciuto subito perchè ci descriveva bene.
La versione promo che ho ricevuto non conteneva i testi, potreste illuminarmi sulle tematiche trattate all'interno dei pezzi? E quali sono quelle che preferite sviscerare?
I testi parlano principalmente di abusi, quelli che tante persone, come noi del resto, commettono su loro stessi, sul proprio fisico, sul proprio animo, sugli altri, quindi sostanzialmente di vite buttate che stentano a trascinarsi avanti, di depressione o di immagini terrificanti. Questi sono sostanzialmente i temi che questa musica ci porta a sviscerare, non vogliamo parlare di politica o di magia, dato che non abbiamo proprio un cazzo da insegnare a nessuno, nelle canzoni buttiamo fuori semplicemente tutto quello che ci fa schifo di noi, delle nostre vite o di quelle dei nostri amici e conoscenti.
Il lavoro era stato rilasciato originariamente come autoprodotto giusto? Come siete entrati in contatto con la Mordgrimm? Siete soddisfatti del suo operato?
Sì, giusto, era totalmente autoprodotto e lo abbiamo spedito ad un sacco di etichette, nella speranza che qualcuna si interessasse alla nostra musica. Mordgrimm è stata una delle prime a risponderci ed entrare in contatto con Neil (il titolare dell'etichetta) per noi è stato fantastico, ha ascoltato i nostri pezzi online, gli sono piaciuti e per fortuna ci ha contattati. Neil è una gran persona, ci ha aiutato da subito, soprattutto dandoci fiducia e assecondandoci praticamente in tutto (dalla scelta dell'artista per l'artwork al formato di stampa...) e non possiamo che essergli grati, inoltre sta lavorando molto bene per promuovere questo disco, non possiamo proprio lamentarci. In più è un'etichetta piccola, ma con uscite molto selezionate, e ci è sembrata la scelta migliore.
Chi è l'autore della nuova cover? Qual è il suo significato?
Tutto l'artwork è stato curato da Dilek Baykara, giovane e grandissima illustratrice di New York, che ha già lavorato per degli ottimi gruppi di oltreoceano. Ci è piaciuta un sacco da subito per il suo stile "malato", che riflette bene la nostra musica. Per quanto riguarda il significato bisognerebbe chiedere a lei, dato che le abbiamo lasciato carta bianca e ha dipinto quello che le canzoni e i testi le hanno trasmesso.
Secondo voi perché le band nostrane hanno spesso ottimi riscontri all'estero ma in molti casi vengono osteggiate o sottovalutate proprio dagli italiani? Siamo malati di esterofilia, o è quella famosa parola "scena" che rimane solo un astratto termine da secoli, ormai senza riuscire a raggiungere il valore che dovrebbe, a ostacolare? Molti "focolai" ma nessuna unità in genere...
Mah! All'estero abbiamo notato più apertura mentale e meno pose in generale, la gente va a un concerto per godersi la musica e si pone con un atteggiamento di apertura, ascolta e vede se fai cagare o spacchi. Da noi è sicuramente diverso, non c'è una scena, ci sono più spesso tante "scenette", la gente non si aggrega e questo crea tanta frammentarietà e spesso ignoranza musicale, che porta a idolatrare qualunque gruppo venga da fuori e a non sapere chi suona nella cantina di casa tua. Qui da noi sono molto poche le persone che hanno un'attitudine come si può trovare in giro per il resto d'Europa e la "scena", negli ultimi anni, è peggiorata tantissimo sotto il profilo umano.
Com'è andata la prima volta che avete portato i pezzi di "Grime" in sede live? Quali sono stati i riscontri ottenuti?
Il nostro primo live non è stato neanche in Italia (a proposito!). Abbiamo fatto da spalla ai grandissimi Cough, loro sono stati davvero pesanti e hanno spaccato. Noi invece abbiamo fatto un buon live, soprattutto per essere il primo, e non ci siamo resi bene conto di come fosse andato. Il locale era quasi pieno e soprattutto il volume era alto, cosa essenziale per gruppi come noi, i Cough e i Leechfeast (un gruppo sloveno di nostri amici che spacca veramente i culi). Molti hanno apprezzato e sono venuti a farci i complimenti, chiedendoci se avevamo dischi e merch vario, ma la cosa che ci è piaciuta di più è che i Cough stessi hanno apprezzato il nostro set e che da lì abbiamo stretto amicizia con loro, tanto che ci hanno anche inseriti in una Mixtape che hanno curato per Cvlt Nation qualche mese fa, cosa che ci ha lasciati letteralmente di sasso. Da lì abbiamo deciso di continuare e di darci dentro perchè la base ci sembrava buona.
Se non erro nel mese di Giugno siete entrati in studio per metter mano al debutto, ci potete dare qualche anticipazione su ciò che potremo ascoltare prossimamente?
Sì, siamo andati a registrare all'Igloo Audiofactory a Correggio, un gran posto, con Enrico Baraldi degli Ornaments. Le tracce sono pronte e adesso con calma ci muoveremo per il missaggio, il mastering e l'artwork. Purtroppo il nostro primo disco è uscito in ritardo per le solite cose che possono succedere alle band, e perciò avevamo già pronti i pezzi per il disco nuovo, che di sicuro non sarà tanto differente dal primo, abbiamo cercato di asciugare ancora la stesura dei pezzi, che già erano scarni [ride] cercando poi di cambiare i suoni per renderci ancora piu estremi/metal. I pezzi saranno più diretti e pesanti.
L'attività live è stoppata momentaneamente per dare priorità all'album o c'è qualche data programmata?
Per niente stoppata. Suoniamo dove ci chiamano e cerchiamo date, non ci tiriamo mai indietro. Questa estate abbiamo fatto e stiamo facendo delle buone date qui in Italia, abbiamo suonato a dei festival molto buoni (Rottura del Silenzio e Solomacello), con dei gruppi che a noi piacciono un sacco tra cui Napalm Death, Unsane, The Secret, Eyehategod. Ad agosto suoneremo al Pietra Sonica e stiamo organizzando altre cose per settembre. In più stiamo organizzando un tour di due settimane in centro/nord Europa per la fine di ottobre. Siamo essenzialmente una live band e non possiamo che cercare di distruggere ogni cosa si metta sul nostro cammino!
Quali sono i vostri ascolti ricorrenti in questo periodo? Quale disco consigliereste di acquistare fra gli ultimi usciti?
Burning Witch - "Crippled Lucifer", grandissimi, erano già avanti e molto cattivi quando sono usciti, ma è una ristampa, fra gli ultimi usciti di sicuro "Fangs" dei Sourvein, che sono sempre una garanzia.
Ci sono tre cose oltre la musica che sono indispensabili per la vita quotidiana dei Grime? A cosa proprio non potete rinunciare?
Suonare/Alcool/Droga.
Chi sono i Grime al di fuori della dimensione band? Hobby, passioni, lavoro?
Quattro brutti ceffi dal nord-est Italia! [ride] Per gli hobbies e le passioni vedi la risposta prima. Qualcuno di noi potrebbe rispondere: "Lavoroooo???????". Qualcuno di noi non trova lavoro da un bel po', qualcuno fa lavori che gli fanno cagare e poco pagati. Lavorare fa schifo e non nobilita nessuno!
Purtroppo vivere di musica, soprattutto di certa "musica", è quasi utopia e alcuni pur di realizzare il proprio piccolo "attimo" di gloria scendono a compromessi. Uno di questi è sicuramente la modalità parecchio in voga del "pay to play". Cosa ne pensate? È un cancro da eliminare o soltanto la conferma che l'arte è in costante declino a favore del "commercio"? È davvero impossibile far convivere le due cose?
Pay to play = M.E.R.D.A. punto! Per noi è assolutamente inaccettabile e tornando al discorso di prima, di che cazzo di scena parliamo se le band pagano per suonare?
Siamo arrivati alle battute conclusiva, vi lascio ancora una volta la parola e chiudete come meglio credete l'intervista...
"Life sucks, leave me alone", disse qualcuno. Grazie per l'intervista, speriamo di vederci presto in giro.
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Informazioni
Gruppo: Ramesses
Titolo: Possessed By The Rise Of Magik
Anno: 2012
Provenienza: Inghilterra
Etichetta: Ritual Productions
Contatti: myspace.com/ramesses666
Autore: Mourning
Tracklist
1. Sol Nocivo
2. Invisible Ritual
3. Plague Beak
DURATA: 21:01
La Ritual Productions, label di Ramesses e Bong, a inizio giugno ha annunciato il rilascio di una versione remix di "Possessed By The Rise Of Magik", uno dei primi album che il sottoscritto recensì nel 2011. La notizia che il remixer sarebbe stato il signor Justin Broadrick (Godflesh/Jesu/Greymachine/Final/JK Flesh) ha fatto sobbalzare di gioia i più, pur parlando di una versione "updated" del platter e non di un remix integrale.
Il disco adesso rilasciato in doppio vinile e in numero di copie limitate, appena 1000 (delle quali 800 nere e 200 rosse), gode quindi dell'inserimento delle tracce "Sol Nocivo", "Invisible Ritual" e "Plague Beak" fornite di nuova veste.
L'aura "ritual" che caratterizzava le creazioni nella forma originale non è andata perduta, l'operato di Broadrick non ha fatto altro che intensificare e inspessire le pigmentazioni delle sezioni annerite e offrire una scia di sound più fluttuante, straniante e incline ad acuire quella sensazione di mistico e di magico che le pervadeva. A usufruire maggiormente della cura è stata la conclusiva "Plague Beak" divenuta ancora più malsana, in alcuni frangenti pare emanare zolfo, la discesa a "sud" del Paradiso ha raggiunto la propria destinazione.
L'operazione di per sé è evidentemente rivolta ai fan di vecchia data della band, a coloro che da sfegatati fruitori della musica dei Ramesses non vogliono e non possono farsi mancare questa "nuova" visione del viaggio intrapreso e si sa che il collezionismo alle volte può divenire una brutta bestia da domare.
I restanti potranno ponderare o meno se acquistarla, onestamente chi avesse la stampa originaria e non rientrasse in quella "categoria" sopraelencata potrebbe pure evitarselo.
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Informazioni
Gruppo: Electrocution
Titolo: Inside The Unreal
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Gore Go Records
Autore: Mourning
Tracklist
1. Premature Burial
2. Rising Of Infection
3. They Died Without Crosses
4. Growing Into The Flesh (Bleed To Death)
5. Body's Decay
6. Ghost Of The Past
7. Under The Wings Only Remains
8. Back To The Leprosy Death
9. Behind The Truth
10. Bells Of The End
DURATA: 36:57
Gli Electrocution sono uno dei miti italici per eccellenza e "Inside The Unreal" uno di quei dischi indubbiamente da possedere. In passato ne abbiamo già parlato, chi segue il sito da un po' ricorderà probabilmente la recensione del buon Leo, vi potreste quindi chiedere perché dare altro spazio a questa band? I motivi sono molteplici, inizio con quelli personali legati al fatto che con questo disco ho condiviso momenti particolarmente belli e che purtroppo sino a oggi ho dovuto ascoltarlo in cassetta, di conseguenza l'acquisto di questa nuova versione per festeggiarne i vent'anni dell'uscita era per me obbligatorio, tenendo conto che i prezzi a dir poco esorbitanti che si trovavano sui vari siti non me ne hanno permesso l'acquisto.
In secondo luogo è doveroso scrivere di un "Inside The Unreal" al quale è stata donata nuova vita senza commettere nessun "reato", al contrario infatti di quanto spesso accade, fra le mani si ha un lavoro che mantiene moltissimo dell'originale: iniziando dalla cover ammodernata sì ma effettivamente più che similare a quella originale e arrivando al feeling genuino e fottutamente death metal di stampo oltreoceanico delle tracce che con la produzione odierna guadagna in definizione non perdendo in espressività e potenza. In pratica gli Electrocution sono ancora gli Electrocution e il restyling è alquanto apprezzabile siccome non ne deforma l'identità.
Perché comprarlo? Se si possiede la prima stampa probabilmente per puro collezionismo o curiosità d'ascolto, nei casi restanti è evidente come il Sole di mezzogiorno che l'Italia sia un paese drasticamente esterofilo, capace di sputare sempre e ripetutamente nel piatto dove mangia anche quando possiede "arte" allo stato puro da incorniciare e della quale farsi vanto. Possedere un disco come "Inside The Unreal" in collezione dovrebbe essere un doveroso atto di riconoscimento nei confronti di una scena metal che ha sfornato dei capolavori invidiatici da tantissimi e bistrattati, o per lo meno poco considerati, da noi autoctoni.
Nelle varie discussioni fra "metallari" insieme a nomi più altisonanti e autorevoli per carriera di lungo corso sarebbe buona cosa se i più grandi, come si faceva una volta, indirizzassero i più giovani alla riscoperta delle pietre miliari nostrane, gli Electrocution sono fra queste e non devono essere dimenticati.
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