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lunedì 18 ottobre 2010STONE CIRCLE - MythInformazioni Gruppo: Stone Circle Anno: 2010 Etichetta: Autoprodotto Contatti: www.myspace.com/stonecirclemetal Autore: Mourning Tracklist 1. The Puzzle 2. Tempest 3. The Greatest Lie 4. A Missing Star 5. The Sky Has Spoken 6. Closed Eyes 7. Grief DURATA: 01:06:41 Al giorno d'oggi quando si parla di death metal e progressione il primo nome che viene in mente a molti è quello degli Opeth, personalmente la ritengo una bestemmia, e di gran portata, visto che lo stesso Akerfeldt deve molto del proprio bagaglio artistico a uno dei geni fondamentali del movimento svedese Dan Swano. Quando la formazione ora pluriosannata si cimentava ancora nelle forme più classiche del genere, il produttore, cantante, e chi più ne ha ne metta, aveva già rilasciato dei capolavori di sperimentazione quali "The Spectral Sorrows" e "Purgatory Afterglow" per non parlare del mastodontico "Crimson" e dei dischi con i Pan.Thy.Monium. Comprendo che la gente spesso ignori ma il merito va assegnato a chi appartiene e non a chi la massa conosce meglio. Fatto questo (per chi scrive) dovuto preambolo, è impossibile negare che gli Opeth abbiano avuto una portata così influente da creare un proselitismo ampio ma che non sempre ha fornito dei lavori di pregio. Fra i migliori che io ricordi posso citare quello dei Pressure Points "Remorse To Remember", il primo In Mourning "Shrouded Divine", molto affine e tali sonorità e a questi posso aggiungere finalmente un terzo capitolo: "Myth". La creatura inglese che ha dato i natali al disco è quella degli Stone Circle, il quartetto di Brighton, per quanto presenti un platter ancora acerbo e derivativo, possiede vari pregi che hanno avuto la capacità di conquistarmi con l'aumentare degli ascolti. Il punto più importante riguarda la prestazione dei singoli che strumentalmente ha davvero poco da farsi rimpiangere, hanno colto l'essenza dei lavori fondamentali di questo filone trovando un equilibrio pressochè perfetto fra parti concitate e spazi ampi dove le melodie si fondono con il rimando ai seventies, la parola chiave che riflette al meglio il buon operato è: emozione. Quando si riesce a trasmettere un qualcosa di proprio a un'altra persona sia tramite musica o qualsiasi altra arte si è già realizzata più di metà della fatica, aggiungete che la prova del cantante Joe Ashwin è di qualità ben superiore alla media sia nell'uso del clean che nelle parti growl inerenti allo stile e che il batterista Sam Hill è un motore che sa dare la propulsione più adatta ai cambi di umore delle canzoni e avrete un quadro completo e positivo della cosa. Le sette tracce, tutte di consistente durata, scivolano via piacevoli, le parti più tristemente dolciastre strizzano l'occhio a certe soluzioni Katatonia, quando serve gli Stone Circle sanno mettere di lato il fioretto per sfoderare la sciabola diventando rocciosi ed è così che "The Puzzle", "The Greatest Lie" e "The Sky Has Spoken", che reputo le meglio riuscite, in pratica mezzo disco dato il minutaggio elevato delle tre che va oltre i trenta minuti, passano con velocità e buon ricordo a seguito. Il resto dell'album si mantiene su alti livelli, non tutto è perfetto e non si può parlare di un capolavoro perché la derivazione del sound è sin troppo netta. Per quanto anticipatamente abbia asserito che l'equilibrio sia stato inquadrato a livello di tempi e inserimenti, non è invece lo stesso per le scelte fatte che in alcune occasioni "incasinano" leggermente il risultato, come avviene in "Closed Eyes" ma parlando di un debutto e autoprodotto penso che si possa soprassedere visto che gente che suona da vent'anni ha fatto uscire dei sottobicchieri notevoli pur avendo mezzi, tempi e capacità compositive rodate. La produzione è stata ben curata, non sembra avere difetti particolari o rilevanti dato che le parti più pulite si possono ascoltare con chiarezza e quelle dove i giri aumentano impattano all'orecchio con buona resa. Inutile dilugarmi ulteriormente, dalle mie parole avrete ben inteso che gli Stone Circle e "Myth" sono riusciti a entusiasmarmi e dopo un "Watershed" che mi aveva lasciato l'amaro in bocca, è per me un piacere poter tranquillamente dire che se gli Opeth avessero fatto uscire un disco simile a distanza di un "Deliverance" ultimo a convicermi pienamente ne sarei stato davvero soddisfatto. Non ci sono riusciti, ringrazio questi giovani inglesi per averlo fatto. |
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