lunedì 2 gennaio 2012

FLOORSHOW


Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Dylan Vail - Voce
Luke Teardrop - Chitarra
Ray Bow Jacques - Basso
Mark Lawrence - Batteria


Aristocrazia ha oggi il piacere d'ospitare i Floorshow, una delle realtà che tengono ancora vivo in Italia il filone post-punk/dark. Ho avuto la soddifazione di scrivere del loro album "Son Of A Tape!", mi sembrava quindi dovuto approfondire tale conoscenza.

Benvenuti sul nostro sito, iniziamo subito col dare ai nostri lettori una serie d'informazioni basilari e presentare la band?

Un saluto a te e ai lettori di Aristocrazia, grazie per lo spazio che ci avete concesso e per l'interesse mostrato a noi e al nostro lavoro. La band è attiva dal 2005, è stata la nostra risposta alla noia e alla frustrazione del vivere in provincia. Veniamo tutti dallo stesso paese e ci conosciamo fin dall'adolescenza. Avevamo molta rabbia inespressa e non c'era un gran che da fare. È cominciato tutto in modo abbastanza naturale...


Cosa rappresenta e perchè scegliere il nome Floorshow?

Floorshow è un'espressione che può avere diverse chiavi di lettura. È un termine che va oltre la musica e abbraccia il concetto di spettacolo a 360°, il che si addice molto alla nostra attitudine sul palco, dove facciamo il possibile per far "apparire" la nostra musica esattamente nel modo in cui viene suonata. È una messa in scena ma anche un rito liberatorio. E poi a memoria di musicologo rimanda a svariati riferimenti musicali: il "Rocky Horror Picture Show", i Sisters Of Mercy, David Bowie...


Il disco ha una spiccata atmosfera retrò, il titolo "Son Of A Tape!" rispecchia il vostro viverlo? Siete figli degli anni Ottanta e di quel passaggio di cassette che in quel periodo era il modo più rapido per avere della musica nuova fra le mani?

In realtà siamo nati negli Ottanta e cresciuti nei Novanta. Abbiamo attraversato in maniera abbastanza passiva i primi anni dell'era digitale. Ci siamo avvicinati alla musica da ragazzini, maneggiando svariate quantità di cassette, ci passava tra le mani di tutto e tutto aveva un suono magnetico. Era una cosa molto passionale. Era anche molto più difficile procurarsi un album se non si avevano punti di riferimento. Oggi le persone vanno su Internet e in un attimo possono scaricare informazioni e discografie intere di quello che gli passa per la testa. Il mondo si è evoluto anno dopo anno e tutto sembra essersi trasformato in un film di fantascenza.


Quali sono i gruppi che vi hanno dato il là artistico? Intendo quelli che negli ascolti non vi hanno mai abbandonato e hanno influenzato positivamente il momento in cui avete intrapreso la via della composizione di vostra mano.

Abbiamo iniziato suonando cover degli Stooges, ancora oggi ogni tanto ci piace chiudere i nostri live set con un brano tratto dal loro repertorio. Per il resto ci influenza di tutto, da Eddie Cochran ai Throbbling Gristle... Ce ne sono moltissimi e ognuno di noi ha i suoi preferiti. Fare una lista sarebbe impossibile, ci sarebbero sempre figure importanti che rischieremmo di dimenticare.


"Son Of A Tape" è un album multisfaccettato sia musicalmente che atmosfericamente, com'è stato assemblarlo passo dopo passo? Come nascono le canzoni?

Ognuno di noi ha un background differente, non necessariamente ascoltiamo le stesse cose. L'album è la somma di tutti gli umori e gli stili che la band ha sperimentato nel corso della propria esistenza. Con l'arrivo di Mark abbiamo deciso di riadattare alcuni pezzi del repertorio e creare nuove composizioni, prediligendo le parti più istintive e dirette della nostra musica. La scrittura dei brani si avvale di molte possibilità: la nostra è in gran parte di stampo chitarristico, non mancano però occasioni in cui ci siamo concentrati più sul ritmo oppure altre in cui ci siamo evoluti sulle liriche.


L'aria melancolica, le frequenti ambientazioni di stampo dark e qualche passaggio che invita al ballo, un misto fra Bauahus, Joy Division e Ramones per fare i primi tre nomi che mi sono venuti in mente, cos'accomuna queste realtà?

Tutti questi temi possono apparire come un culto per la degenerazione e la trasgressione che a volte restano l’unica soluzione di emancipazione culturale. Li ritroviamo in tutte le influenze musicali che hanno cambiato la storia. Noi cerchiamo a nostro modo di fonderli e ridefinirli al meglio nel nostro "stile".


Pezzi come "Meet The Monsters" e "Sometimes I Forget" portano con sè un malessere che sembra espressivamente più che similare a quello che nel periodo eighties forniva linfa vitale ai generi dai quali traete ispirazione, non è cambiato proprio nulla nelle decadi successive o l'evoluzione umana ha reso questi disagi ancor più gravosi? Pare evidente che il carico di "mali" venga trasportato forse con "sufficienza" da una generazione all'altra, è per questo che il concetto di felicità o superamento del dolore in sè sono ancora questioni irrisolte e rimarrano tali?

Felicità o superamento del dolore sono ambizioni che l'uomo ha dalle origini della sua esistenza. Il disagio è inevitabile in questi termini. La musica ne trae ispirazione da sempre, amplificando le soluzioni per condividerlo con gli altri e lasciando aperta ogni possibilità di risposta.


Perchè la scelta di coverizzare "Paranoia Paradise"?

Siamo prima di tutto dei grandi fan della musica. Per questo ci piace tributare i grandi del passato. Wayne County non ha riscosso sicuramente il successo che meritava. Era veramente un personaggio in anticipo sui tempi, il primo transessuale della storia del rock! "Paranoia Paradise" l'abbiamo riscoperta al cinema con il "Jubilee" di Derek Jarman. È un manifesto, uno stato mentale... e poi a dire la verità era quella che ci veniva meglio [risate generali...].


Pensate che artisti come Wayne County e G.G. Allin nel mondo odierno sarebbero riusciti ad avere lo stesso impatto mediatico?

Forse no. Forse sarebbero solo due dei tanti. Anche se alle persone piace ancora scandalizzarsi per le stesse cose, nonostante ormai tutto sia già stato fatto e riassorbito da un sistema che provvede puntualmente a risputarlo sotto forma di tendenza. C'è una maggiore consapevolezza però, perchè ora piu che mai (sempre grazie ad internet) la conoscenza è alla portata di tutti. Gruppi come i Marilyn Manson ad esempio hanno il difetto di aver saccheggiato e screditato diverse sottoculture. Ma bisogna anche riconoscere loro il merito di aver avvicinato più gente possibile a generi che, discograficamente parlando, sono sempre stati considerati di serie B. Quello che contraddistinguerà sempre un G.G.Allin o un Wayne County dalle masse però è la loro autenticità e l’originalità del proprio genio, che in questa epoca di seguaci-imitatori farà sempre la sua porca differenza!


Cosa simboleggia la cover del lavoro e chi è l'artista che l'ha curata?

Ognuno a suo modo all'interno del gruppo ha sempre prestato le proprie qualità figurative. La rappresentazione finale è toccata al nostro bassista che si è coinvolto attingendo alla sua passione per la fotografia. Si è scelto di utilizzare delle cassette ripetute in direzione obliqua rispetto allo sfondo. Alcuni hanno visto in quella figura nera che si crea al centro un pipistrello, un corvo in volo, le nove e quindici! (?). Con questo tipo di artwork, anche se indebitamente e non per primi, tributiamo lo stile della Pop Art e il suo carattere di spettacolarizzazione del consumismo. Cogliamo qui l’occasione per ringraziare il nostro caro amico Vick "WHiTEDUST" Lorraine che condivide spesso con noi il suo tempo libero e ci ha aiutati curando l'impaginazione di prova e la regia del videoclip di "Fortress".


L'Italia è un paese strano o meglio è una di quelle nazioni dalle mille contraddizioni, il nostro panorama musicale è molto più ricco di quanto molti immaginano eppure molte della band di qualità come la vostra sono costrette a vivere all'interno di un circolo "underground". Ok, la cosa sono sicuro non sia un male, però secondo voi quali sono i motivi che danno a Germania e Svezia, per non parlare del mercato U.S.A., un così ampio raggio d'azione e di sviluppo? Siamo ancora troppo bigotti e ignoranti?

È una questione culturale. In Scandinavia ad esempio, i ragazzini studiano musica a scuola, in Italia no. Qui c'è gente che suona da trent'anni e a cinquanta si sente ancora chiedere quale sia il suo vero lavoro. In quest’ultimo periodo abbiamo visto riunirsi grandi band del passato che hanno fatto tour mondiali e in Italia non sono passati. A volte ti fa sentire come se facessi parte di una sorta di Terzo Mondo musicale. A livello underground comunque ci sono moltissimi gruppi validi che si spaccano il culo e vanno avanti a testa alta. Un tempo esistevano i talent scout che andavano in giro per i locali e osservavano le band muoversi nel loro ambiente naturale, il palcoscenico. Ora ci sono migliaia di persone che si spostano in massa per presentarsi davanti ad una giuria che pretende di saperti giudicare in trenta secondi. È inconcepibile. La vera musica nasce ancora dai piccoli circoli, non c'entra niente con la televisione.


Parlando di musica "made in Italy", ci sono formazioni nostrane che ritenete importanti da conoscere se uno volesse addentrarsi nel vostro tipo di sound? Quali dischi consigliereste a un neofita per intraprendere questo percorso musicale?

Abbiamo sempre apprezzato molto i Not Moving. Il loro atteggiamento e la componente contemporanea della loro musica, senza mai dover subire le mode e i costumi che arrivavano (in ritardo) dagli altri paesi. Non sono mancati anche gli ascolti ai Litfiba (con Maroccolo), i Diaframma, i Neon e tutto il punk e la wave all'italiana. I primi lavori di queste band restano pietre miliari per ogni generazione.


Siete entrati a far parte della famiglia BloodRock, com'è stato l'incontro con Enrico? Cosa vi attendevate da una collaborazione con un personaggio serio e preparato qual è lui?

L'incontro con Enrico è avvenuto in rete, si è interessato al nostro lavoro e appena abbiamo iniziato a parlare di musica ci siamo trovati. Solo dopo lo abbiamo incontrato di persona. Con noi ha aperto un capitolo punk/dark nella sua etichetta, facendo una scelta per la sua produzione che si muove a tutto campo nel rock. Noi lo vediamo come un estimatore della nostra musica e ci basta così. Anche la sua affinità con il mondo del metal ci ha mostrato come questo sia molto organizzato, aperto e interessato a livello di critica. Ciò non significa che dobbiamo saltare su un treno diverso, è semplicemente curioso che ci sia maggior simpatia verso di noi da parte loro. Gran parte dell’ambiente dark si dimostra spesso spocchioso e dedito ai suoi cliché.


Com'è il mondo dei Floorshow al di fuori della vita nella band?

Non c'è una vita al di fuori della band [risate].


Che risposta avete avuto in sede live? Ci sono stati concerti dei quali siete stati totalmente soddisfatti e occasioni che vorreste poter ripetere a breve?

Abbiamo avuto modo di suonare molto durante il 2011, ci siamo spostati dal nord al sud e abbiamo ricevuto ogni volta una risposta diversa. Possiamo dirti che scendendo la Penisola il clima si scalda.


Ci sono date in programmazione? Le vogliamo rendere note ai lettori in modo che possano parteciparvi?

Il 20 dicembre saremo al Sinister Noise di Roma insieme agli House Of Light (Germania). Nel frattempo stiamo definendo un calendario di date per il 2012.


C'è stata un'esibizione on stage di una formazione famosa o meno che vi ha cambiato la vita? Una di quelle che vi ha fatto pensare: è così che si sta su un palco.

Sicuramente Iggy Pop che a sessanta anni suonati è ancora un animale da palcoscenico! Ma non è l'unico. Alice Cooper, Prince, i Suicide... Esistono ancora personaggi con un carisma tale che a vederli dal vivo in qualche modo sembrano davvero non appartenere a questa terra.


Si muove già qualcosa riguardo un prossimo lavoro in studio?

Stiamo già lavorando su nuovi pezzi che cercheremo di inserire al piu presto in scaletta. Abbiamo molte idee valide per il prossimo lavoro e potrebbero anche essere molto distanti dalla nostra proposta attuale. È ancora tutto da vedere...


Siamo giunti al termine dell'intervista, a voi la parola per un saluto o un messaggio indirizzato a chi ci segue.

Il tempo è un trucco. Se credi veramente in quello che fai, alla fine dovranno convincersene anche gli altri. Grazie mille Lele, è stato un piacere.

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