lunedì 14 febbraio 2011

A COLD DEAD BODY

Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Stefano Casanova - Voce, Basso, Synth, Corno
Lorenzo Cercelletta - Chitarra
Cristiano Perin - Chitarra e Synth
Chantal Shizu Fresco - Batteria


Benvenuti su Aristocrazia Webzine. L'incipit dell'intervista è di solito dedicato a un paio di accenni storici, una pura formalità e un modo per farsi conoscere meglio. Come si sono formati gli A Cold Dead Body? Dove ha avuto inizio il tutto?

Lorenz: Gli A Cold Dead Body sono nati nel 2005 come progetto solista di Sten incentrato principalmente sul noise e su contaminazioni industrial. Io e Sten c'eravamo conosciuti molti anni prima. Iniziai a collaborare per le grafiche dei suoi primi lavori per poi venire coinvolto anche dal punto di vista musicale nell'ottobre 2007. Sten aveva voglia di portare live i suoi brani e con lo scioglimento degli Zune, band metal-hardcore di Pordenone di cui è stato l'ultimo cantante, ha preso la palla al balzo tirando dentro anche Cristiano, ex-chitarrista Zune. Dopo vari avvicendamenti è arrivata Shizu dai Varusclis, duo math-core di Genova, ed eccoci qua. Veniamo da tutte le parti d'Italia e da esperienze musicali molto diverse.


Ho messaggiato un paio di volte prima su Myspace e poi tramite e-mail con Lorenzo, molto affabile e pronto a fornirmi il materiale che mi serviva per la recensione (grazie). Il disco mi è arrivato un paio di giorni dopo, la Slow Burn l'aveva inviato con il promo package. Come siete entrati in contatto con il distaccamente alternativo della Solitude Productions? Lorenzo mi accennava una collaborazione anche con la Frohike, ospite fissa con le sue release sul nostro sito. Volete spendere due parole anche per dar luce a questa poco conosciuta ma tanto attiva label nostrana?

Lorenz: Una volta registrato l'album nell'aprile 2009 al Mushroom Studio di Enrico Berto ci siamo presi un po' di tempo per spedire il nostro Promo ep in cerca di un'etichetta che potesse fornirci libertà artistiche a tutto campo e una distribuzione abbastanza diffusa. La Slow Burn è stata una di quelle etichette la cui proposta era stimolante e rispondeva alle nostre esigenze di espressione artistica più che di tornaconto economico, per questo abbiamo scelto loro. Per quanto riguarda la Frohike Records, penso sia più che una semplice etichetta DIY italiana, un progetto culturale di grande rilievo ed il fatto che sia ospite fissa presso la vostra webzine ne è la riprova. Tutte le band nel loro roster sono valide e superiori alla media per l'originalità della loro proposta. Chiunque abbia comprato un loro disco penso si renda conto che ha in mano un oggetto che, dal packaging fino al cd o vinile che sia, vale tutti i soldi spesi. La Frohike è un po' come una famiglia allargata se vogliamo, siamo molto amici dei Three Steps To The Ocean, dei Rotorvator e degli Up There: The Clouds.


Siete particolarmente attenti alle tematiche legate all'ambiente tanto da produrre il vostro ep a mano e usando solo materiali riciclati. Un piccolo gesto che viene incontro alla natura. L'uomo è così estraneo e poco interessato a ciò che gli accade intorno, ai mali del nostro pianeta? Ci vuole davvero una grande scossa per svegliarlo del tutto? Prima il peggio e poi la smossa?

Lorenz: Assolutamente. Direi che basta guardarsi intorno per vedere come vanno le cose, dalle più piccole alle più grandi. Il nome della band nasce proprio da questa riflessione, l'umanità svincolata dal resto del mondo, un corpo a sè stante, freddo e privo di emozioni. Certo questo corpo non è privo di contraddizioni, c'è chi mangia fino a scoppiare e chi muore di fame, ma questa è un'altra storia. Noi non siamo gente pessimista, siamo solo molto disgustati dalla totale noncuranza nei confronti dell'altro. Si tratta di una vera e propria decadenza e regresso che investe un po' tutta l'umanità, anche se attecchisce di più dove manca sostanza. In questo paese, oggi, manca totalmente la sostanza e questo è un discorso sociale non politico. Per dire, se butti una cicca per terra quando a due metri c'è un cestino o se supporti la fantomatica "scena" seduto davanti a facebook sparando cazzate non sei poi tanto diverso dai politici che ti rappresentano, anzi direi che quasi te li meriti. Forse c'è bisogno del peggio per una vera smossa, il peggio comunque è vicinissimo.


M'interessa approfondire tali argomenti perché sempre da una mail con Lorenzo è uscito fuori che avete attivato un laboratorio artistico, "Earthache", che collabora con fotografi, illustratori, scultori e che ha come punto focale proprio il dare attenzione alle problematiche ambientali. In cosa consiste? Chi volesse darvi una mano o venirne in contatto a chi si può rivolgere e tramite quali mezzi?

Lorenz: L'Earthache Artlab è nato come un'idea mia e di Cris al solo scopo di rappresentare la nostra musica sotto altre forme artistiche. Questo ha portato alla realizzazione del Promo ep del 2009 con materiali riciclati fino a coinvolgere artisti che condividevano con noi il rispetto per l'ambiente. Per i poster in edizione limitata di "Harvest Years" ci siamo rivolti all'artista 108 Nero non solo perché era nostro amico ma anche perché condivideva le nostre idee. Stessa cosa per Maba Nero (Wooden Head), organizzatore di un evento ambientalista denominato "heart(h)" al quale abbiamo partecipato suonando insieme ai nostri amici torinesi Last Minute To Jaffna. Simone e Marta della Frohike poi fanno un po' quello che facciamo noi, solo lo fanno più in grande avendo un'etichetta. Come ti accennavo, noi non abbiamo il tempo di curare uscite di altre band (ringraziamo tutti quelli che ce l'hanno chiesto) anche se ci piacerebbe molto. Teniamo molto a fare le cose con cura, rispettando l'ambiente, ed è per questo che ci siamo rivolti alla Straight To Hell di Roma per fare delle magliette ecologiche in cotone organico. Siamo aperti a chiunque volesse collaborare con noi in quanto A Cold Dead Body, visto che l'Earthache altro non è che un'appendice della band. Al momento stiamo esplorando con Silvia EvE Zago la possibilità di un documentario fotografico ma ci piacerebbe poterlo fare anche in campo video. Se siete interessati potete contattarci su acolddeadbody.band[at]gmail.com.


Ho allungato un po' il brodo ma per parlare di "Harvest Years" era giusto far capire ai nostri lettori che gli A Cold Dead Body ruotano a 360 gradi e si confrontano con una dualità uomo - natura ch'esiste da sempre. Se doveste spiegare a un ragazzo che non ha mai ascoltato la vostra musica come e cosa suonate quali parole usereste?

Sten: E' sempre difficile rispondere alla domanda in questione. Il nostro approccio alla musica parte da un'idea di base che viene poi sviluppata da quattro menti, tutte influenzate da generi e sentimenti diversi. Quello che ne nasce difficilmente è inquadrabile. Posso dire che di certo le influenze più marcate sono quelle derivanti da mostri sacri come Black Sabbath, Depeche Mode o Pink Floyd. Che poi queste influenze si materializzino nei nostri brani in maniera assolutamente autonoma è un dato di fatto. Non saprei catalogare il nostro genere, il "psychedelic doom-wave" con cui un po' scherzosamente ci siamo etichettati è davvero l'unico "genere" che vedo associabile a noi, soprattutto per il nuovo sound a cui stiamo lavorando per i brani futuri. Ad ogni modo, a chiunque non ci abbia mai ascoltato consiglierei di darci un ascolto e farsi una sua idea.


Uno dei pregi e forse dei difetti (punti di vista) del disco è quello di rappresentare un percorso continuativo, è molto fluido nel suo scorrere ma al tempo stesso provando ad ascoltare i brani in modo random, la resa diminuisce come un racconto di cui si perde il filo. Il concept è talmente solido che riesco a godermelo unicamente di filato. Era questo che volevate? Un album che fosse un unico, lungo sentiero da percorrere senza soste ma ricco di bivi rappresentanti i cambi d'umore?

Sten: Sicuramente un album "capolavoro" è un album che, oltre ad avere una propria integrità, esce vincente anche nei singoli brani. Quello che a noi premeva era realizzare qualcosa di non necessariamente "radiofonico", qualcosa di diametralmente opposto a quei dischi dove vengono messe canzoni a caso, racchiuse da un intro e un outro tanto per far credere che il tutto abbia un senso. Siamo partiti da una storia (pagine di diario contenute nel libretto del disco, riflessioni di un viaggio) e l'abbiamo musicata, passo dopo passo. Un libro lo si legge dall'inizio alla fine, così andrebbe fatto con un disco. Volevamo creare un luogo dove la nostra storia e la musica che a questa storia avrebbe dato parola potessero incontrarsi, un piccolo mondo a parte dove immergersi appena la vita ti regala quaranta minuti di pace.


La parte dei testi è stata curata da Sten, l'ispirazione per sviluppare le riflessioni sui vari conflitti duali uomo vs natura, creazione vs distruzione da dove è stata tratta? C'è una fonte che più delle altre è stata fondamentale nel dare un senso alle parole che rappresentano la linea di pensiero degli A Cold Dead Body?

Sten: Credo che non servano grandi fonti di ispirazione per rendersi conto che non è più la tecnica ad essere serva per il benessere dell'uomo, ma è l'uomo a rendersi servo della tecnica per il proprio benessere (fittizio). Ad ogni modo sono sempre stato attirato da ciò che c'è di perverso e malvagio nell'umanità, nel rapportarsi tra persone, popoli, gruppi. "The Womb", il secondo brano, esemplifica molto bene questa dualità: "fottiamo con i robot, con le macchine, preghiamo il nuovo dio e proviamo la nuova schiavitù, piangiamo attraverso webcam e viviamo attraverso cavi, i nostri corpi sono solo pornografia".


Alcuni dei momenti più belli del disco sono inclusi nell'esecuzione delle due parti di "Madre". Che differenza trovate nel comportamente materno della natura e quello che una donna assume nel momento in cui diviene madre? Possibile che la rabbia abbia colpito entrambe le entità causando danni (mi riferisco alle notizie sui giornali che parlano d'infanticidio e contemporaneamente all'astio delle calamità che flagellano certe zone del nostro pianeta)?

Lorenz: Beh ciò che accomuna la donna e la natura è il fatto che siano entrambe sotto scacco. Essendo sotto scacco reagiscono, anche se in modo diverso. Madre natura ha tutta la mia stima, certo è che se alcuni cataclismi potessero abbattersi su parlamenti stranamente pieni per votare aumenti di stipendio anziché su popolazioni inermi mi farebbe molto più piacere. Invece, l'argomento madre intesa come donna è abbastanza delicato. Purtroppo la donna ha perso il ruolo di pilastro familiare e di collante sociale per ridursi ad essere "un culo e due tette che camminano", merce insomma, poco diversa da un cellulare che fa tendenza. Per altro devo ammettere che questo ruolo sociale, almeno nella tradizione culturale italiana, deve essere stato un fardello piuttosto pesante da portare. Credo che le donne che hanno combattuto per essere indipendenti ed avere le stesse opportunità lavorative degli uomini auspicassero ben altro di quello che hanno tra le mani oggi, sicuramente si meritavano altro. Molta colpa è degli uomini, il restante è di quelle donne che si sono prestate a questo gioco al ribasso. Certo è che quando essere la fidanzata del tipo giusto, l'amica di Maria De Flippi, la velina o la escort è la massima aspirazione della maggioranza delle donne non c'è più spazio per la maternità. Per tornare al nostro disco, le due "Madri" (la madre della fecondazione e quella della procreazione) sono il fulcro attorno al quale si muovono le musiche, il racconto e le grafiche di "Harvest Years". Questo è un concept album. Due sono le canzoni intitolate come "Madre", due sono le "Madri" illustrate sul packaging del disco (anche se pochi sono in grado di vederle, sono volutamente nascoste).

Shizu: Noi donne oltre ad aver mantenuto il ruolo di pilastro della famiglia abbiamo dovuto imparare a vestire panni maschili poiché la virilità stessa è in crisi. Per essere riconosciute dobbiamo perseguire l'indipendenza economica, mantenere la famiglia, essere attraenti per essere desiderate, per soddisfare un ideale di femminilità sterile che ci mortifica. Questo ha creato una distorsione del senso stesso di femminilità. Per natura la donna è colei che accoglie, che riceve e genera. Oggi per la donna è sempre più difficile assecondare questa sua natura: la società non le riconosce più il ruolo di madre, ma le impone il successo personale e l'appartenenza a una società incapace di generare, sterile, paralizzante al punto da renderci freddi corpi morti. Madre è l'entità più potente, che dà la vita, la regola e la porta via. All'atto della nascita ci separiamo da essa, abbandonando il nido più dolce della nostra vita per intraprendere un percorso tortuoso, che porta a dimenticare di fare parte dell'universo anziché di una società. In "Harvest Years" questo passaggio raggiunge il suo culmine in "Madre 2" e "Collapse": dalle dolci melodie di una voce ascoltata dal grembo materno si passa a un'atmosfera violenta e disperata, la caduta libera verso il nulla ("Zero") a cui ci si condanna sradicandosi dalla Natura. Questa separazione farà soccombere l'individuo sotto il peso delle "sue" scelte sbagliate, per poi ritrovare nuova luce e aspirare a una redenzione ("Divinity").


L'Italia è un paese ricettivo? L'interesse per l'arte si è risvegliato o le nuove generazioni soprattutto stanno troppo vivendo sugli allori di ciò che offre il commerciale e la televisione? Come si arriva a diffondere la propria arte al giorno d'oggi senza svendersi?

Sten: Ogni vera forma d'arte è forma di protesta. Questa può essere personale, sociale, politica, artistica, di qualunque tipo. Ma è uno svincolarsi dal luogo comune, dalla tradizione, dal mercato. Tutto ciò che rientra in questi ultimi parametri, invece, non è arte, è prodotto di mercato. Personalmente mi interessa poco. Proprio per questo A Cold Dead Body è un progetto che non dà da mangiare a nessuno di noi, anzi, ci spolpa vivi. Ma finché ne avremo le forze e avremo qualcosa da dire andremo avanti.

Lorenz: Premetto che per me parlare di "arte" è un po' problematico anche perché dietro la parola "arte" si nascondono delle cose di dubbia rilevanza o di scarso spessore culturale. Ad ogni modo, non credo proprio che l'Italia sia un paese ricettivo. Se lo fosse tutti i laureati in restauro dei beni culturali, tanto per dirne una, non sarebbero a spasso. In Italia c'è una cosa come il 60% dei beni culturali mondiali ma c'è il 90% dei restauratori disoccupati. C'è anche un ministro che scrive poesie su Vanity Fair (quasi mi dispiace fare pubblicità a questa pseudo-rivista) mentre crolla Pompei, sempre per dirne solo una. Più che vivere adagiandosi sugli allori qui si sopravvive adagiandosi sulle macerie. Questo è un paese che potrebbe e dovrebbe vivere di cultura (artistica, ambientale, turistica) ma che grazie ai vari ministri dei beni culturali, non solo l'ultimo ma anche i precedenti, e tanta altra brava gente non può proprio farlo. Hanno anche la faccia come il culo per venirti a dire che noi siamo i fannulloni e loro rappresentano l'etica del fare. Queste persone non hanno un'etica e l'unica cosa che sanno fare è speculare sulla gente e sul genio che una volta ci rendeva unici. Quando "l'arte", intesa in senso lato, deve accontentare tutti scende inevitabilmente a compromessi svendendosi di conseguenza, a parte delle rare eccezioni. Non credo sia un caso che di solito i veri, grandi "artisti" sono incompresi e vivono ai margini della società. Se sei un "artista" che vive al centro della società (parlo della nostra, l'unica che conosco bene), essendo questa società consumistica, dove l'unico dio è il denaro, è molto più facile che tu diventi merce piuttosto che tu riesca a preservare la tua "purezza" o identità morale prima che artistica.

Shizu: Come diceva Gide, "L'arte comincia dalla resistenza: dalla resistenza vinta. Non esiste capolavoro umano che non sia stato ottenuto faticosamente". Il problema è che molta gente è pigra, si disinteressa del mondo, e non crede in nulla che non sia acquistabile. Molti trovano la loro ragion d'essere nell'ammazzarsi di straordinari per arredare il salotto con una tv lcd da 40 pollici, che sponsorizza surrogati di felicità a portata di mutuo. Il sistema ti illude che la libertà risieda nel possesso. Io invece credo che la libertà stia nel cuore di chi sa creare, e di chi continua a lottare per ciò in cui crede. Noi siamo fedeli a certi ideali che si rispecchiano nella nostra arte. Abbiamo atteso pazientemente di trovare un'etichetta che ci concedesse totale libertà in questo senso, e così è stato con la Slow Burn. "Harvest Years" è stato stampato rispecchiando le idee di Lorenzo, che ha curato ogni aspetto grafico, dall'ideazione del digipak alla manoscrittura del booklet. Siamo molto soddisfatti e credo che i nostri sforzi ci stiano cominciando a ripagare.


Nel vostro ambito musicale come ritenete la scena italiana? C'è un movimento preciso che marcia in unica direzione o solo dei gruppi sparsi che quando possono o hanno bisogno si spalleggiano?

Sten: Il termine scena raramente l'ho visto usato a proposito. Spesso viene usato in modo retroattivo: "quella volta che c'era una scena...". E poi quelli che quella scena l'hanno vissuta ti dicono che non è cambiato nulla. Forse una scena c'era davvero quando fare determinata musica ti rendeva un reietto, forse c'erano così tanti reietti che trovarsi agli stessi concerti e suonare negli stessi posti era fisiologico. Ora che ci crediate o meno si è perso questo modo di essere: Facebook è molto più divertente di un concerto, le foto dei concerti sono più belle che vederli dal vivo, e i dischi te li puoi ascoltare comodamente in poltrona. Ma effettivamente, tolta una decina di gruppi che davvero meritano, l'Italia è musicalmente imbarazzante.

Lorenz: Se esiste una scena io non me sono accorto.

Shizu: Non credo si possa parlare di una scena, ma di alcune realtà interessanti sparse per lo Stivale e tantissime altre molto più inconsistenti e autoreferenziali. Per portare la tua musica fuori dalla sala prove ti serve stringere contatti utili a suonare nei locali, e i contatti si basano su quanti e che tipo di "amici" hai. Purtroppo succede come tante altre cose in Italia: la meritocrazia non esiste, le raccomandazioni sì. Comunque non è tutto da buttare, a volte l'iniziale diffidenza a fine concerto diventa stima reciproca ed amicizia vera, capita di venire sorpresi anche in positivo pur se di rado.


Quant'è importante il lavoro svolto da label come la Frohike? Gli avete affidato la stampa in vinile di "Harvest Years", quanto avere persone fidate che fanno il proprio mestiere con la spinta della passione e dell'amore verso l'arte?

Lorenz: Conta tantissimo stimarsi a vicenda, la stima è la base su cui si fonda la fiducia e senza fiducia non si può fare niente. A noi piace la gente che parla poco e che lascia parlare i fatti, il resto sono solo chiacchiere. La Frohike fa le sue cose e le fa molto bene.

Shizu: Le cose non succedono per caso, prima o poi la vita ti porta dove sei destinato ad andare. Allo stesso modo, le persone giuste entrano nella al momento giusto nella tua vita. Siamo orgogliosi di avere intrapreso questa strada assieme alla Frohike: sono ragazzi davvero in gamba, con idee straordinarie e grandissime potenzialità. Oltre a condividere con noi molti ideali, ci stanno aiutando a concretizzare le nostre idee in perfetta sinergia.


Cosa boicottereste del sistema musicale italiano o mondiale? Lasciando da parte il fattore meritocrazia ormai sempre meno valorizzante (cosa che ha dell'assurdo), se doveste scegliere i canoni che fanno degli A Cold Dead Body una realtà che vale la pena di seguire e supportare, su quali ricadrebbe la vostra scelta?

Sten: Cosa boicottare del sistema musicale italiano o mondiale? Il sistema musicale italiano e mondiale ovviamente! Per quanto riguarda noi, la gente dovrebbe supportarci se diamo qualcosa a loro in termini di emozioni, sopportarci in caso contrario. Ad ogni modo il nostro nome non inizia con "the", questo potrebbe essere già un motivo.

Lorenz: La SIAE. I gestori di locali che ti trattano come se ti facessero un favore. I capoccia di alcune booking che spadroneggiano come piccoli mafiosi. A noi interessa solo fare musica, della buona musica supportata da buone intenzioni. Se poi vale la pena seguirci o supportarci non credo stia a noi dirlo.

Shizu: Credo comunque che la gente che ci segue sappia di supportare un progetto serio, non di certo basato su forzature o ammiccamenti a una scena che non esiste. Paragonerei il sistema musicale alla società in cui la musica vive: non è possibile boicottarla del tutto, ma non è detto che per viverci dentro si debba assecondarne tutti i meccanismi. Per far parte del sistema devi essere vendibile, conforme alle mode, privo di personalità ma è proprio la mancanza di idee la base di questa società di corpi assopiti.


Avete girato l'Italia e l'Austria condividendo il palco con band quali Lento, Juggernaut, Morkobot, Rotor, com'è stato quel periodo? Ci sono dei ricordi particolarmente intensi che volete condividere con noi? Ci sarà la ripresa delle attività on stage a supporto dell'album, ci sono già date programmate?

Sten: Sono state tutte esperienze consumate in un lasso di tempo relativamente breve (Juggernaut ad Aprile 2010 e Rotor ad Agosto 2010), ma decisamente belle. Unico neo sono stati i chilometri da fare per andare in trasferta. Abbiamo avuto molte opportunità di suonare dalla cintola dell'Italia in giù, ma per quanto riguarda la Toscana, l'Emilia-Romagna e le Marche, qualcuno dovrebbe dire ai gestori dei locali di smettere di contare i soldi nel portafoglio e chiedere ai locali in cui abbiamo suonato quanta gente viene ai nostri live. Dopo le date di Udine, Pescara, Montagnana (PD) e Albino (BG), in cui porteremo "Harvest Years" sia musicamente che materialmente sul nostro banchetto, molto probabilmente ci fermeremo per una pausa per cominciare a lavorare alle nuove idee emerse in questi mesi passati in sala prove.

Lorenz: Avendo già suonato il weekend del 4-6 febbraio, ne approfitto per ringraziare un po' di gente in ordine solo temporale non d'importanza. Consiglio alla gente di passare meno tempo su Facebook e di frequentare questi locali e ai gruppi di suonarci assolutamente perché meritano: il mitico Gae ed il NoFun a Udine (la nuova location è spaziale), Dave degli Zippo (se cercate la voce "ospitalità" su Wikipedia troverete la sua faccia barbuta) ed il Mono Spazio Bar di Pescara (bellissimo e gremitissimo), il grandissimo Pino e l'Ass. Culturale Bahnhof a Montagnana (il mio genere di locale preferito, tirato su da gente che ci mette soldi ogni giorno e costruisce tutto a mano e con materiali di recupero). Se tutti i gestori dei locali, organizzatori di date e gli spazi per suonare fossero così si potrebbe anche vivere solo di questo, peccato non sia così. Prossima data il 12 febbraio alle Officine 100dB di Albino (Bergamo) insieme agli Hypnotic Hysteria e i Vulcano, vi aspettiamo là.


Ragazzi, siamo giunti al termine. Grazie per la vostra disponibilità, non resta che mandare un messaggio o un semplice saluto ai nostri lettori, a voi la parola.

Tutti: Grazie a te e ad Aristocrazia per lo spazio che ci avete dedicato ed un saluto a chi ci segue!

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