mercoledì 2 dicembre 2009

ARCHGOAT - Whore Of Bethlehem





Gruppo: Archgoat
Anno: 2006
Anno: Cupra
Etichetta: Hammer of Hate Records

Tracklist
1. Invocation
2. Angel of Sodomy
3. Lord of the Void
4. Dawn of the Black Light
5. Luciferian Darkness
6. Desecration 0
7. Black Crusade
8. Whore of Bethlehem
9. Grand Marshall of the Black Tower
10. Hammer of Satan

DURATA 35:38



Ricordo ancora il clamore che suscitò in ambito underground l’uscita di “Whore Of Bethlehem” tre anni or sono. I folli Archgoat, act finalandese attivi dal 1989 fino alla fine del 1993, per poi riformarsi nel 2004, avevano sino allora rilasciato due demos e un live Ep e nessuno si sarebbe aspettato un ritorno tanto devastante e brutale con un full lenght uscito per la Hammer of Hate.
I dieci capitoli partoriti dalla mente perversa dei tre finlandesi consistono in brutale Black/Death infarcito da fetidi mid tempos che appesantiscono ancor di più (e non in senso negativo) la “cappa” densa e schiumosa d’odio che avvolge ogni singola nota, a cominciare dall’intro che ci proietta direttamente in un’atmosfera infernale, materializzando i nostri peggiori incubi.
E’ compito arduo nominare una canzone che spicchi sulle altre, dal momento che tutte contribuiscono a tenere alta la tensione. Sicuramente “Angel Of Sodomy” rappresenta uno dei capitoli più ossessivi e “oltranzisti” dell’album e non oso immaginare quale putiferio possa scatenare in sede live. Produzione rozza ma che lascia gli strumenti distinguibili; chitarre ruvide che fendono l’aria con un riffing semplice ma di grande effetto, accoppiato alle ritmiche martellanti del drumming. Meritano un elogio a parte le volcas di Lord Angelslayer, un growl gutturale e disumano che amplifica la dimensione claustrofobica e soffocante che si respira. E’ difficile non restare affascinati dalla titletrack, che alterna strutture incalzanti ad altre veloci e letali come una manciata di proiettili. Brani istintivi e suonati, oserei dire, con un feeling primordiale al fine di risvegliare le nostre pulsioni più recondite e bestiali. Basti ascoltare “Grand Marshall Of The Black Tower”, uno dei brani più blasfemi e feroci proposti dall’act finlandese che causano un annichilimento a livello sia fisico che mentale: in questo gli Archgoat sono dei veri e proprio maestri e forse uno dei pochi gruppi che possono raccogliere l’eredità dei Blasphemy.
In uno stile come il Black/Death metal, in cui risulta difficile non ripetersi e spesso a rilasciare albums dove a fatica si supera la quinta traccia, gli Archgoat rappresentano un’ eccezione, sfornando un album godibile e scorrevole per tutta la tracklist, senza stravolge i canoni del genere. Il diavolo non poteva trovare adepti migliori per le sue litanie di morte.

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