lunedì 2 gennaio 2012

ENDNAME - Anthropomachy


Informazioni
Gruppo: EndName
Titolo: Anthropomachy
Anno: 2011
Provenienza: Russia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/endnameband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Black Light
2. Neuros[e]
3. Under Asphalt
4. Old Star
5. Clouds Fly To The East
6. Not Dead
7. Horizon
8. Anthropomancy

DURATA: 01:13:36

Rientro a due anni di distanza dal debutto "Dreams Of A Cyclops" per i russi EndName, la compagine doom/sludge/post "only instrumental" ci presenta il secondo lavoro "Anthropomachy" e di strada questi già bravi musicisti sembrano averne fatta parecchia, sia in termine di scelte di sound che per quanto concerne l'ambito compositivo.
L'esperienza accumulata in questo biennio è sicuramente giovata al quartetto che nel frattempo ha subito anche un cambio in line-up, alla sei corde non vi è più Sergo Meskhidze a far da compagno a Sergey Kaplin bensì Dmitry Churilov.
La sensazione d'aver a che fare con un flusso di suoni orchestrato in maniera coerente in ogni singola variante viene confermata dall'opener "Black Light", il pezzo mostra di possedere un'ottima coesione strumentale e uno sviluppo sciolto, effervescente ma pur sempre mantenuto in vita da sonorità dalle tinte "scure", è però solo la prima delle facce che il disco ci permette di visionare.
È già diverso l'approccio della seconda "Neuros[e]" nella quale è palesemente il lato progressivo e sperimentale, caratterizzato da continui cambi di tempo e chitarre asincrone ridondanti con una quasi costantemente impegnata in ruolo solistico, a creare le melodie portanti del pezzo.
Le tonalità doom più pesanti e profonde cominciano a scavare nel terreno in "Under Asphalt", l'atmosfera diviene più ampia, si espande passaggio dopo passaggio assorbendo quella poca luce intravista in precedenza, schiacciandola sotto la mole imponente del riffing sovraccarico di sofferenza e da pattern di batteria mai troppo complessi a scandire le dinamiche dilatate nella quale vi è il dovuto spazio per sbalzi umorali non troppo accentuati ma adeguati a fornire personalità al brano che dopo la metà tende a "svegliarsi".
La differenza di base fra i due dischi pubblicati che fa pendere dal lato di "Anthropomachy" la bilancia dei segni più è insita nel reparto dedito all'esposizione musicale, offre una gamma di soluzioni a ventaglio capace di coinvolgere più seguaci sia del filone doomico che di quello post/metal.
I tratti orientaleggianti di "Old Star", traccia che coniuga severità ed esplorazione, sono la riprova di uno studio e di un provare con coraggio a guardare sempre un passo più in là di quanto fatto in passato attingendo anche dai lidi più odierni e anche quando si rimane all'interno di "recinti" artistici noti come avviene in "Clouds Fly To The East" e "Not Dead" il combo riesce nell'evitare lungaggini e ripetizioni eccessive che possano far approdare momenti di noia.
Dopo quella che si può definire come una fase di "stasi" e relax, con "Horizon" vengono alimentate ancora una volta le frange post del sound che, mantenendo inizialmente la quiete antecedentemente costruita, in sordina prendono a innalzare col passare dei minuti un muro sempre più alto, robusto avvolto dalle melodie chitarristiche che diventano presenti e accativanti.
La fine di "Anthropomachy" è quasi giunta, rimane solo la titletrack e stavolta è un oceano costituito da droni e approfondimenti in territorio noise, lenta, dispersiva nel conquistare un raggio d'azione sembra formare delle ellissi di suono che si allargano sino a svanire, bel trip.
Stavolta l'acquisto dell'album ci scappa, è un consiglio che in molti potrebbero voler seguire data l'evoluzione e l'equilibrio che la band è riuscita a trovare producendo un platter solido e sperimentale quanto basta, non ci rimane dunque che attenderne il capolavoro, arriverà? Vedremo.

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