Informazioni
Gruppo: Dordeduh
Titolo: Dar De Duh
Anno: 2012
Provenienza: Romania
Etichetta: Lupus Lounge / Prophecy
Contatti: facebook.com/Dordeduh
Autore: Istrice
Tracklist
1. Jind De tronuri
2. Flăcărarii
3. E-an-na
4. Calea Roţilor De Foc
5. Pândarul
6. Zuh
7. Cumpăt
8. Dojană
DURATA: 77:49
Anno Domini 2009: la formazione rumena Negură Bunget, tra le più talentuose ed originali in circolazione, si divide. Negru, batterista, si accaparra i diritti del monicker e con una band totalmente rifondata mantiene in vita la creatura, Sol Faur ed Hypogrammos scompaiono momentaneamente dalla scena. Sembrava allora di trovarsi di fronte all'ennesima perdita musicale, era evidente che le vette di "'N Crugu Bradului" ed "Om", nati dal perfetto equilibrio fra i tre personaggi, difficilmente sarebbero state raggiunte di nuovo, sicuramente non da un combo privo dei due mastermind fondatori. I quali, per inciso, avevano nel frattempo fondato in sordina un nuovo progetto, battezzato "Dordeduh", gioco di parole traducibile in "ricerca dello spirito", o qualcosa di simile.
Era il 2010, e vedeva la luce l'EP "Valea Omolui", bitraccia che pur nella sua brevità segnalava con chiarezza che il duo godeva di ottima salute ed era pronto a dimostrare dove realmente risiedesse il lampo di genio che dava vita ai Negură.
"And then there was silence" (direbbero i Guardian, che non c'entrano una mazza, ma è sempre bello citare), per quasi due anni il silenzio è totale, Hypogrammos e Sol Faur si muovono sottotraccia, poco o nulla trapela, tant'è vero che in tanti ci siamo interrogati sulla possibilità che potesse non esserci seguito all'EP sopra citato. Dubbi fugati qualche mese fa, all'annuncio in pompa magna dell'uscita del full lenght "Dar De Duh", sotto l'egida dell'etichetta Lupus Lounge (Prophecy).
L'attesa è stata ampiamente ripagata, "Dar De Duh" si impone come una delle migliori uscite del 2012, riprende il cammino laddove era stato abbandonato con "Om", arricchendolo di nuove sfumature. La strada porta lontano dai lidi più canonici del black metal, verso una proposta eterogenea, ricca di influenze folkloristiche, di momenti acustici più quieti e distensivi.
"Dar De Duh" non è un disco di facile assimilazione, è ricco, lungo, complesso, mai banale, in grado di offrire ad ogni ascolto nuovi panorami, nuove sfumature, ma allo stesso tempo permeato da una costante sensazione di spontaneità che ne è anche la grande forza. Riff serrati coesistono con aperture distese e riflessive, costruite con maestria grazie ad un ampio campionario di strumenti etnici e tribali, percussioni, corni, flauti, che creano un amalgama sonoro stratificato, ma mai eccessivamente carico.
I tamburi che accolgono gli spettatori in "Jind De Tronuri" convivono senza frizioni col riffing tirato di "Flăcărarii", con l'oscurità di "Zuh", "Dio", brano che forse riassume al meglio il senso musicale del disco, che alterna stacchi metal di grande intensità e momenti acustici suggestivi grazie alle onnipresenti percussioni tribali, con le melodie di "Cumpăt", pezzo di pregevole fattura, meno ricco a livello sonoro, ma estremamente bilanciato nelle sue parti, il cui titolo è significativamente traducibile con "Equilibrio", con l'atmosfera rarefatta del brano di chiusura "Dojana".
E poco importa se la lingua utilizzata è impenetrabile all'orecchio, poiché il messaggio risulta trasparente senza bisogno dell'apparato testuale. Ciò che rende speciale quest'opera è la carica emotiva che mette in gioco, la tensione spirituale che la pervade e trascina l'ascoltatore lungo un percorso di ricerca interiore e di trascendenza, di comunione con la natura circostante. Un disco che riesce a toccare, se gli si dà la possibilità, corde profondissime.