lunedì 5 settembre 2011

VOWELS: CRONACA DI DUE ORE

I Vowels sono assolutamente immersi. Sono partito in ritardo, come al solito, prendendo l'autostrada. Stavolta vado io in casa loro (l'incontro precedente era avvenuto a Treviso), la Vicenza in cui i Vowels sono completamente immersi, non solo per ragioni pratiche di vissuto. Ritengo Vicenza sia una fonte d'ispirazione fondamentale per questo progetto. Sia come fonte diretta sia come fonte riflessa. Mi spiego meglio: come fonte diretta poiché ha caratterizzato la loro vita finora ed è familiare; come fonte riflessa in quanto la loro reazione di rigetto nei confronti di questo luogo influenza la loro musica. E' un'immersione in un certo ambiente veneto, fatto di urbanistica selvaggia ma anche di Palladio, di campagne agricole ma ricoperte di zone industriali. Questo per dare un'idea geografica visiva a chi non conosce quello spazio che è il Veneto. Dicevo, sono partito in ritardo, come mio solito, ho trovato traffico in autostrada (moltissimi tir, era un martedì), ho faticato a trovare la stazione di Vicenza, punto del randez-vous, girando tra Monte Berico, il centro storico, e altri luoghi che non conosco. Ho trovato a fatica un parcheggio abbastanza lontano dalla stazione. Ho pagato il posteggio per un'ora. Erano le quattro del pomeriggio. Ci siamo incontrati a metà strada tra la mia auto e la loro stazione. Cd alla mano, m'hanno salutato. Il disco in questione è "Hooves, Leaves & The Death". L'ultima volta c'eravamo incontrati con "Loss.Vows.Love". Sto seguendo passo per passo il loro percorso, praticamente. Ci incamminiamo verso un bar, attraversiamo il centro storico di Vicenza, piazza Castello, mentre i ragazzi mi raccontano, ciceroni, alcuni fatti storici ed eventi relativi ai palazzi ed alle piazze. Ci sediamo poi al trovato bar, all'aperto, lungo il corso del fiume Bacchiglione, a pochi metri dall'acqua, separati dal flusso da una leggera discesa erbosa. Siamo oltre l'argine, dalla parte del fiume. Sembra stia per piovere ma siamo sotto dei baldacchini bianchi di tela. Il fiume grigio sembra ancora portare i segni di quel denso malessere che ha annegato la città un po' di tempo fa, Federico mi indica i segni dell'acqua sui palazzi. E' utile fare una lista dei presenti: io, Elisa, che m'ha accompagnato nonostante il tremendo mal di testa, Federico, chitarrista e tastierista, Victor, cantante, e Alessandro, chitarrista. Il discorso, dopo il consueto caffè, si sposta subito sul progetto Vowels. Molte cose sono cambiate dall'ultima volta: innanzitutto la band non suona più dal vivo, a causa di esibizioni passate accolte con poco interesse dal pubblico (assolutamente demoralizzante dicono i ragazzi. Sarà per via dell'abbigliamento normalissimo, del genere non proprio ortodosso di black metal che propongono, delle occasioni in cui si sono trovati a suonare, con altri gruppi dai quali è noto cosa aspettarsi, così come è logico aspettarsi un certo pubblico); inoltre la strumentazione utilizzata ora dai Vowels richiede un impianto tecnico enorme non garantibile in comuni festival metal con organici strumentali standard. Anche la difficoltà di trovare un ambiente pronto ad accogliere una proposta del genere (non ben definita) all'interno della scena musicale a settori stagni è difficile. Perciò il gruppo ora si dedica alla composizione ed alla produzione dei loro album, in maniera da poter ottenere riscontri a livello discografico. Accennavo non solo alla composizione ma anche alla produzione. I Vowels hanno preso la strada della registrazione in proprio, non in studio, dei loro lavori (ad esclusione della batteria, troppo costosa è l'apparecchiatura per registrarla). Questo permette loro di poter lavorare con calma, a differenza del passato, stratificare, cancellare, aggiungere, rifinire, con cura artigianale. La produzione ed il mixaggio diventano lavoro lungo: per “Hooves, Leaves & The Death” tutto il processo ha richiesto un anno intero. I Vowels sono immersi nella loro opera, ormai è un progetto che ha quattro anni, ne vogliono fare la loro vita, poterle dare un respiro più ampio del semplice provincialismo casalingo veneto e più in generale italiano, non solo a livello musicale. Il loro lavoro ha uno sviluppo evidente e i ragazzi mi parlano di ogni singola tappa trascorsa come un passaggio necessario per giungere ad un proprio suono. Se inizialmente avevano una tendenza al black metal, misto però a quella vena punk originaria ed ancora originale nell'essenza, hanno poi gettato lo sguardo oltre. Fino agli ultimi lavori. "Hooves Leaves & The Death" è solo un preludio all'opera vera e propria sul tema della caccia selvaggia (le registrazioni di questo lavoro, che sarà il loro primo full length album, inizieranno quest'inverno). Quindi due opere che vedono la luce nel giro di due anni. Un pelote rouge che non accenna a fermarsi, come non si vogliono fermare i Vowels, immersi con passione nel loro mondo musicale. Un accenno a progetti futuri: un cortometraggio, divagazione molto interessante e molto sentita dalla band, e un prossimo lavoro sulla figura del messia, sull'immagine del profeta. I Vowels sono immersi in quell'acqua scura che è la musica. Non parlano d'altro: dischi di grandi gruppi in uscita, aneddoti sulle band locali. Vivono per questo, nel modo più sincero. Mi si è sbiadito il ricordo di tutto quello che è stato detto. Tante cose, tutte fresche ma allo stesso tempo mature, più consapevoli. Il prossimo lavoro non potrà che essere un punto di svolta fondamentale per il loro percorso. Ha cominciato a piovere, ci siamo diretti alla cassa del bar, abbiamo pagato, e ci siamo avviati verso la mia macchina. Ci salutiamo, cordialmente, come al solito. In macchina so già che m'immergerò nel disco tutto d'un fiato. Mi muovo insieme ad Elisa, ormai soli, verso l'auto, con la paura di aver preso una contravvenzione: erano ormai passate due ore dal mio arrivo ed un'ora dalla scadenza del parcheggio. Guardo il parabrezza. Niente.

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