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Gruppi: Converge + Touché Amoré + A Storm Of Light + The Secret
Data: 19/12/2012
Luogo: Factory, Milano
Autore: Istrice
"Partiamo a sei e mezza così alle sette siamo al Factory e vediamo anche i The Secret". E scoprire che in realtà suonavano alle otto. Ed averli persi comunque. Due ore per fare sei (dicasi SEI) kilometri nel traffico di Milano. Le bestemmie.
Arriviamo al Factory, consci da poco dell'esistenza di strade a traffico limitato "riservate ai mezzi agricoli" in zone insospettabili dei sobborghi milanesi, verso le otto e quaranta, giusto il tempo di vedere l'ultimo paio di brani proposti dalla formazione triestina, che speriamo di reincrociare presto visto il reale interesse ad assistere ad un loro concerto dopo l'uscita dell'ottimo "Agnus Dei".
Essendo la prima volta che passiamo al Factory diamo anche un'occhiata al locale, la zona è orripilante, ma tutto sommato vicino alla tangenziale, e la sala concerti è ampia e capiente, non male nel complesso, considerate le altre improbabili location milanesi. Ancora ci stiamo guardando attorno quando fa capolino on stage la band A Storm Of Light, newyorkese di provenienza e portatrice sana di un doom metal cadenzato e fortemente influenzato dallo sludge di georgiana origine. Accompagnati alle loro spalle da un comparto visivo di pregevolissima fattura, gli ASOL si districano fra riff pesantissimi e momenti invece dal gusto post per quasi un'oretta, convincendo nonostante i suoni non siano ottimali per la loro proposta, forse un attimo troppo monotoni a tratti, d'altra parte però la monotonia è parte strutturale del genere che propongono, ed ascoltarli live senza avere una conoscenza pregressa dei loro lavori in studio non può essere sufficiente a dare un giudizio affidabile.
Breve cambio di strumentazione ed ecco presentarsi sul palco i Touché Amoré. La costa è quella opposta, Los Angeles per la precisione, e la differenza si vede e si sente tutta. Attitudine sbarazzina e ciuffetti malefici. Emocore, screamo, "salcazzo", chiamatelo come volete, ma a me 'sta roba è indigesta, drammaticamente indigesta. I californiani sono senza dubbio gente in gamba, il pubblico apprezza e dimostra una buona conoscenza dei pezzi proposti, si lascia coinvolgere e si sgola col cantante, tuttavia il sound è permeato da quell'atmosfera romantica e sofferente, e soprattutto soffre una totale mancanza di palle, di testosterone, di cattiveria. Ripeto, non sono assolutamente la persona da ascoltare a riguardo. Chiedete piuttosto a Bosj, amante del miele e delle melasse da quattordicenne, il quale è preso talmente bene che mentre io dormo sul divanetto attendendo momenti migliori si compra il vinile in tiratura limitata.
Finito lo strazio di un'adolescenza infelice arriva finalmente il momento della disperazione (quella vera) e del macello. Accordati gli strumenti ed appesa una sobria bandiera di sfondo, il quartetto da Salem fa il suo ingresso accolto calorosamente da un Factory piuttosto gremito, anche se non al completo. L'attacco toglie il fiato, il trittico di opener composto da "Heartache", "Concubine" e "Dark Horse" è devastante, le viscere vibrano, le orecchie esplodono. L'energia che il combo sprigiona sul palco ha pochi eguali, dopo "Heartless" (da "You Fail Me") arrivano i primi brani del neonato "All We Love We Leave Behind", l'opener "Aimless Arrow" e la successiva "Trespasser", cattivissima su cd e dal vivo. Il concerto vola via in un batter d'occhio, senza pause, una canzone dopo l'altra, spiegando con limpida chiarezza perchè nel loro genere non hanno mai avuto nè hanno tuttora rivali. L'intensità sonora ed emotiva che Ballou riesce a sprigionare con sole sei corde a disposizione è ogni volta stupefacente. In un'ora ed un quarto circa il quartetto pesca da tutta la produzione recente, riservando grande spazio, come è normale che sia, ai nuovi pezzi, da segnalare per pregnanza ed impatto "Glacial Pace" ed "Empty On The Inside", che in sede live confermano l'ottima impressione avuta durante l'ascolto su disco, passando per "You Fail Me" con una potentissima "Eagles Become Vultures", toccando spesso "Axe To Fall", la cui titletrack non lascia superstiti, risalendo fino a "Jane Doe" con "Bitter And Then Some" e la splendida "The Broken Vow" che chiude il set prima dell'encore. Peccato solo che non abbiano esplorato l'epoca pre - "Jane Doe", "My Unsaid Everything", proposta in altre date del tour, sarebbe stata gradita, ma son davvero dettagli.
Due minuti di pausa ed i Converge rientrano per il gran finale, tanto breve quanto sentito, che inizia sugli arpeggi di "First Light" e si dipana poi nelle melodie di "Last Light", il cui finale monumentale suggella e dà termine alla serata. Jacob Bannon e soci salutano ed escono di scena. Giunge nuovamente il momento dei saluti, ma gli sguardi son soddisfatti, del concerto ed in generale di un autunno ricco di eventi di ottimo livello, con la speranza che l'anno nuovo porti altrettante soddisfazioni.
Scaletta Converge
1. Heartache
2. Concubine
3. Dark Horse
4. Heartless
5. Aimless Arrow
6. Trespasses
7. Bitter and Then Some
8. All We Love We Leave Behind
9. Sadness Comes Home
10. Glacial Pace
11. Cutter
12. Worms Will Feed / Rats Will Feast
13. On My Shield
14. Damages
15. Axe To Fall
16. Empty On The Inside
17. Eagles Become Vultures
18. The Broken Vow
Encore
19. First Light
20. Last Light
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Artista: Vittorio Vandelli
Titolo: A Day Of Warm Rain In Heaven
Anno: 2004
Provenienza: Modena, Emilia-Romagna, Italia
Etichetta: Equilibrium Music
Contatti: non disponibili
Autore: Bosj
Tracklist
1. Farewell Farewell, Thou Wedding-Guest
2. Beneath The Lighting And The Moon
3. My Heart As Dry As Dust
4. The Ocean Green
5. A Sadder And A Wiser Man
6. The Bay Is White In Silent Light
7. The Curse In A Dead Man's Eye
8. A Day Of Warm Rain In Heaven
9. Whispers O'er The Sea
10. The Death-Fire Danced At Night
11. I Killed The Albatross
12. For The Sky And The Sea And The Sea And The Sky!
13. The Moment I Could Pray
14. Singeth A Quiet Tune
15. Sails In The Sun
DURATA: 59:48
Inauguriamo la collaborazione con la portoghese Equilibrium Music, etichetta di riferimento nel panorama europeo darkwave/neofolk, andando a ripescarne un'uscita decisamente datata, ma non priva di riferimenti all'orbita di Aristocrazia.
Innanzitutto "A Day Of Warm Rain In Heaven" è il primo e finora unico lavoro solista del modenese Vittorio Vandelli, già chitarrista dei seminali Ataraxia (band darkwave emiliana attiva da oltre venticinque anni). In questo lavoro, il compositore è stato affiancato alla voce da Francesca Nicoli, che oltre ad essere dietro al microfono degli stessi Ataraxia figura anche in veste di vocalist su un disco che agli appassionati di estremismo metallico nostrani con tutta probabilità ben conoscono: "In Absentia Christi", storico debutto dei milanesi Monumentum.
Ancora, questo esordio a proprio nome è un concept ispirato alla sempreverde "Ballata Del Vecchio Marinaio" del buon S. T. Coleridge, alla cui fama nel mondo hard'n'heavy contribuirono già nel 1984 cinque signori dei sobborghi di Londra.
Le sette parti in cui l'opera letteraria è suddivisa vengono trasformate dall'abile penna di Vandelli in quindici brani darkwave dalle mille sfumature che ripercorrono fedelmente il percorso intrapreso dal Marinaio, dal monito iniziale all'invitato a nozze, al finale veleggiare con cui la nave è miracolosamente riportata in patria da forze sovrumane.
E così, il viaggio del Marinaio torna a vivere attraverso le note delicate e carismatiche del lavoro compiuto da Vandelli: ora più acustico, ora tendente al neoclassicismo ("For The Sky..."), ora quasi litaniaco ("My Heart As Dry As Dust"), senza dimenticare la chitarra elettrica, di quando in quando ("A Sadder And A Wiser Man", "I Killed The Albatross").
Su tutto il lavoro aleggiano le presenze di Sam Rosenthal e Mike Van Portfleet, decisi punti di riferimento nel songwriting, che il Nostro riesce però con maestria a non rendere ingombranti o eccessivamente marcate. Possiamo così apprezzare appieno tutti i numerosi riferimenti in un raffinato gioco di ombre e sussurri, in cui a vincere è senza dubbio l'atmosfera fosca e misticheggiante di cui l'intero album è pervaso, anche grazie all'ottima interpretazione della Nicoli, decisamente a suo agio sui toni più bassi, ma in grado di regalare anche passaggi più sussurrati e melodiosi ("The Moment I Could Pray"), donando ancor più varietà al già diversificato lavoro compositivo.
Se cercate una pausa dall'assordante chiasso delle ultime uscite death e thrash, se volete ravvivare la vostra passione romantico-letteraria, se amate i Black Tape For A Blue Girl o i Lycia o più semplicemente musica "d'altri tempi", che faccia correre lontano con la mente, potete prestare orecchio al Vecchio Marinaio, la cui straordinaria storia perdura, raccontata ancora e ancora, nei secoli dei secoli.
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Gruppo: Chaos Invocation
Titolo: Black Mirror Hours
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: World Terror Committee
Contatti: facebook.com/pages/Chaos-Invocation/202379059787910
Autore: Mourning
Tracklist
1. Delirium Worship And Total Abandon
2. The Mirror
3. Beyond Coming
4. The Beckoning Flame
5. Hypertoxication
6. Faces On My Spiritual Plane
7. Lord Of Our Temple
8. Funeral Messiah
9. Towards The Boundless Horizon
10. Walking In His City
11. Into The Living Darkness
DURATA: 1:07:31
I tedeschi Chaos Invocation furono una vera e propria rivelazione, il 2009 vide l'uscita di quello che posso tranquillamente definire come uno dei migliori dischi di black metal dal 2000 a oggi, parlo di "In Bloodline With The Snake".
Sono trascorsi tre anni da quella prima release e finalmente è stato dato alla luce il secondo capitolo "Black Mirror Hours", saranno cambiati? Ritroveremo quelle atmosfere tenebrose e serpeggianti che facevano brillare l'oscurità della loro musica? Decisamente sì.
Siamo dinanzi a un rituale, una composizione che in tutto e per tutto concentra i proprio sforzi e intenti nell'avvolgere e contemplare la venuta di un'entità, un'invocazione che diviene richiamo e ossessione.
Il sound è ancora una volta ortodosso e malevolo, ancora una volta abile nel tratteggiare e raffigurare elementi immaginari difformi, divincolandosi fra frangenti asfissianti per la maniera con la quale percuotono e trafiggono l'animo e altri nei quali s'impone una teatralità oscura dove pare d'intravedere i cinerei fumi di una processione di candelabri eretta a onore della "signoria" entrante, l'ascolto è martoriante e affascinante nel medesimo tempo.
L'intransigenza che muoveva le corde di "In Bloodline With The Snake" viene confermata, l'aura primordiale e quel senso di infettivo che inizia a prendere possesso del vostro corpo saranno facili da riscontrare già dopo solo un paio di giri nel lettore, brani come "Beyond Coming", "Hypertoxication" e "Faces On My Spiritual Plane" condividono furia, maestosità e quella carica evocativa priva di compromesso che esalta.
Potrei continuare a elencare le doti di ogni singolo pezzo, prendendo a esempio "Lord Of Our Temple", "Funeral Messiah" (episodio che venne inserito in un promo di tre pezzi che i musicisti distribuirono gratuitamente in occasione dell'esibizione live tenutasi al "Deathkult Open Air") e "Walking His City" a riprova dell'ardore implementato in quest'opera della quale è necessario un assorbimento lento, accurato e accompagnato dalla lettura approfondita dei testi.
Già, perché se è un fatto reale che le canzoni esaminate singolarmente siano dei piccoli diamanti nero lucidi, il sentiero battuto e tracciato dai Chaos Invocation deve essere mantenuto con perseveranza e dedizione, dopo averlo quindi sezionato e rivoltato l'unica maniera per avere un contatto personale intimo con "Black Mirror Hours" è intraprendere sessioni estenuanti e complete del platter.
Sulla prestazione strumentale non mi dilungherò, la chitarra di A. è ancor più efficace e morbosamente perfida anche nei frangenti in cui irrompono dosi elevate di melodia, ciò che spicca però è il cantato di M., nel debutto era uno dei punti di forza, qui diviene a dir poco trascinante e il fascino delle linee vocali spazianti in più campi, si va dal classico scream a cadenze litaniche sino a far intravedere tratti decisamente puliti infettati da delirio ipnotico, regalandoci una prova che è stata rilasciata in tempo per entrare a far parte della mia personale top five del 2012.
"Black Mirror Hours" è un album che si rivolge a chi è interessato alla natura black vera e incontaminata, a un'esperienza esoterica che vada oltre i soliti "Satan Satan Satan" ripetuti per fare effetto e nulla più, non potete e non dovete mancarne l'acquisto.
I Chaos Invocation sono il male o la chiave per guardare il mondo dal verso corretto? Fatevi un favore, ascoltateli.
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Gruppo: Mortör
Titolo: Shoot 'Em Up
Anno: 2012
Provenienza: Canada
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/mortormetal
Autore: Mourning
Tracklist
1. Intro
2. Under The Flag
3. Eat Lead
4. Shoot 'Em Up
5. Clusterfuck
6. Trigger Happy
7. Locked And Loaded
8. Infidels
9. Whiskey Surgery
10. For Glory
11. Days Of Our Knives
12. Point Blank
13. The Bonesaw
14. Let's Deflagrate
DURATA: 47:27
I canadesi Mortör sono in attività da circa quattro anni, la band è nata per volontà del chitarrista David Paquette che a oggi è coadiuvato da Antonin Perras-Foisy all'altra sei corde, Jonathan Boulay al basso, Jay Cross dietro le pelli e Yolin Lafrenière alla voce, questa è la line-up che ha rilasciato nel 2012 "Shoot' Em Up".
Suonano un death thrash che non lascia spazio all'immaginazione, pesante, incalzante, frequentemente battagliero nei toni e incattivito da influenze mortifere che portano nomi decisamente distanti per sound e impatto a incontrarsi, non è difficile infatti incrociare sonorità che ricordano i Facebreaker (ma i nomi da tirare in ballo in ambito groove potrebbero essere tanti, ad esempio i Six Feet Under), Morbid Angel, Amon Amarth, Kreator e... il resto lo lascio indovinare a voi.
È una collisione strana, da un lato abbiamo la brutalità e un regime sonoro che tendono all'oscuro, dall'altro la grinta di un thrash energico e la fierezza degli scandinavi, la bravura del quintetto sta nell'esprimersi tramite pezzi che raggiungono i propri obbiettivi utilizzando soluzioni mai troppo complicate, dirette sul bersaglio senza girarvi intorno.
La tracklist è compatta e priva di attimi morti, noterete come l'asse ritmico sia sempre intento a far pervenire all'orecchio la sua prestanza, si preferisce colpire puntando sulla pesantezza più che sulla velocità.
Vi accorgerete inoltre di come il riffing pur ammettendo la volontà di far apparire sembianze melodiche non permette intrusioni di stampo "catchy", infilando una serie di brani come "Under The Flag", "Clusterfuck", "Trigger Happy", "Locked And Loaded" e "Infidels" che martellando sapientemente e favorendo quest'incedere da mattonata si rendono scapoccianti.
In fin dei conti i Mortör sembrano avere il preciso intento di smuovere le acque facendo nascere una bella sessione di headbanging.
La band sa essere ironica, titoli come "Whiskey Surgery" e "Let's Deflagrate" parlano da soli, e la cover dell'album dai toni fumettistico/futuristici, con questi soldati scheletrico-cibernetici molto jappo-manga, conferisce il tocco finale a uno "Shoot 'Em Up" che ha voglia sì di sparare cartucce a raffica ma nello stereo.
Bastardo e dotato di un discreto fascino, il platter dei Mortör è un ascolto piacevole soprattutto se si è abituali fruitori di proposte di stampo moderno, per gli old schooler il sound forse troppo pulito e quelle inflessioni alla melodia potrebbero creare dei fastidi ma ciò non esclude il fatto che possa risultare apprezzabile, motivo per cui v'invito a dar loro una chance.
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PINK FLOYD - Animals
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Gruppo: Pink Floyd
Titolo: Animals
Anno: 1977
Etichetta: Columbia
Autore: ticino1
Voi siete tutti dei maiali, dei porci... magari tre differenti e con le ali? Siete forse di quel genere che si mischia fra le pecore di una gregge diretto a latrati da alcuni cani che dettano legge? Perché non esaltare le proprie capacità e qualità per diventare magari un cane o addirittura il pastore? Perché obbedire? Perché seguire? È meglio essere una pecora o il lupo camuffato dal vello? David Gilmour e i suoi compagni riuscirono nuovamente a produrre un disco che seguiva il corso del tempo con la sua raffinata evoluzione. Eh sì... chi vuole sputare sul rotore di un ventilatore acceso o pisciare controvento? Lasciamo pure che la brezza trasporti questi maiali verso il loro destino indefinito.
QUELLA VECCHIA LOCANDA - Quella Vecchia Locanda
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Gruppo: Quella Vecchia Locanda
Titolo: Quella Vecchia Locanda
Anno: 1972
Etichetta: Help!
Autore: Advent
Il Progressive con la "P" maiuscola ha avuto in Italia la sua epoca d'oro durante gli anni '70. Tra i tanti germogli nati allora a mio avviso c'è da notare la maestosità di quest'opera. "Quella Vecchia Locanda" propone una musica sublime fatta di ricchi arpeggi, armonie poliritmiche, ballate di blues eclettico, suonate barocche che si elevano verso maestri come Bach, Vivaldi, Corelli e Brahms. La musica ha delle radici ampie che abbracciano il folk più tradizionale, in cui un magico flauto alla Jethro Tull fa la parte del leone; la forte vena cantautorale ricorda il grande De André colorato da mille colori psichedelici. Negli anni in cui i King Crimson dettavano legge da un po' e gli Area erano pionieri del loro pazzo stile elettronico/avanguardistico, "Quella Vecchia Locanda" si ergeva già come un classico pieno di entusiasmo composto da ragazzi più che virtuosi. Entrate in "Quella Vecchia Locanda" ad occhi chiusi, non abbiate paura, aprite il vostro cuore ad un universo che non è mai morto.
MUDHONEY - Superfuzz Bigmuff Plus Early Singles
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Gruppo: Mudhoney
Titolo: Superfuzz Bigmuff Plus Early Singles
Anno: 1990
Etichetta: SubPop
Autore: Mourning
Mark Arm e Steve Turner, sì, sto parlando dei Mudhoney e loro ne sono i pilastri. La band nata dalle ceneri dei Green River, formazione che li vedeva convivere con i due Pearl Jam Stone Gossard e Jeff Ament, divenne il simbolo della loro voglia di esprimere la normalità tramite un suono sporco e noisy. Le influenze vanno dai Sonic Youth al punk dei The Adolescents, dagli MC5 ai Blue Cheer, rabbia e strafottenza che saturano gli amplificatori e si riversano con tutta la loro potenza in brani quali "Touch Me I'm Sick", "You Got It", "Halloween" e "Need". Un disco che mi ha dato una sveglia in un periodo davvero buio, un disco che può darvi una sveglia in qualsiasi momento la desideriate realmente, calci in faccia che fanno bene, fondamentale.
PASSENGER OF SHIT - Floating With My Poo
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Gruppo: Passenger Of Shit
Titolo: Floating With My Poo
Anno: 2006
Etichetta: Shitwank
Autore: Insanity
"Delirio" è la parola più corretta per definire questo lavoro. In balia della Speedcore/Breakcore più estrema, le nove tracce ci accompagnano in un breve viaggio tra melodie e sample alternativamente innocenti e nonsense, parti di batteria elettronica violente all'inverosimile, urla, rumori, disturbi di ogni genere e chi più ne ha più ne metta. Un caos totale che nella sua demenzialità vi sfonderà ripetutamente i timpani penetrando fino al cervello, ovviamente evitando di lasciarlo intatto. Ma in fondo ritengo questa mini-recensione inutile, la copertina non è già un motivo validissimo per dargli un ascolto?
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Gruppo: Neokhrome
Titolo: Perihelion
Anno: 2012
Provenienza: Ungheria
Etichetta: Autoprodotto
Contatti:facebook.com/Neokhrome
Autore: Istrice
Tracklist
1. Aurea
2. Stellar Outcast
3. Starborn
4. Crystallized
5. Closer To The Sun
6. Rise Above The Ridge
7. Cosmic Grave
8. Through The Surface
9. Cold Ashes Of Vanished Time
DURATA: 40:12
Progetto interessante quello degli ungheresi "Neokhrome" (in origine Neochrome), arrivato al suo terzo episodio con il neonato "Perihelion", disco che segna un deciso cambio di rotta rispetto ai pilastri stilistici che avevano contraddistinto la band nei dischi precedenti, autrice fin qui di un black/death di matrice scandinava dalle tinte scure.
Sicuramente significativa a questo riguardo è anche la decisione sopra accennata di cambiare monicker, marcando una sostanziale differenza anche a livello grafico, riscontrabile già dando un pur rapido sguardo alla copertina.
La proposta musicale che i Neokhrome affidano a Perihelion verte su un black metal atmosferico, fortemente influenzato dalla lezione "avant-vintersorgiana", e dal black-shoegaze tanto in voga negli ultimi anni, riuscendo nella complessa missione di ritagliarsi una propria dimensione, una propria diversità.
Grazie ai suoi nove brani il disco tenta di portare a spasso l'ascoltatore attraverso lo spazio profondo, i temi trattati sono subito evidenti leggendo i titoli dei brani: "Cosmic Grave", "Starborn", "Stellar Outcast" per citarne alcuni.
Il canovaccio su cui si sviluppa l'intera opera è chiaro, blast beat veloci su cui le chitarre rarefatte scandiscono riff di matrice black, pur rimanendo sempre piuttosto eteree e mai taglienti, si alternano a momenti riflessivi ed a grandi aperture in cui i riverberi delle chitarre stesse si accompagnano agli organi ed ai sintetizzatori creando panorami spaziali e futuristici.
Il vocalist Vee si dimostra capace di saltare dallo scream al clean, e anche se francamente né l'uno né l'altro restano impressi per originalità nel complesso riescono ad avere una resa espressiva più che sufficiente.
In conclusione, pur non essendo nulla di trascendentale, la proposta degli ungheresi è convincente e la capacità di creare momenti di grande suggestione non deve passare inosservata. Anzi, a mio modesto avviso è proprio l'innegabile abilità di dipingere grandi scenari negli intermezzi melodici fra un riff e l'altro che la band deve coltivare e se possibile migliorare in vista di future produzioni.
Va fatto un plauso a questi ragazzi per la cura dedicata alla (auto)produzione ed al packaging del disco, nonché alla sua realizzazione, la materia che propongono non è di facilissima equalizzazione, essendo il suono piuttosto ricco e stratificato, ma il lavoro svolto è egregio, e a larghi tratti ci si dimentica completamente di trovarsi di fronte ad un cd "fai-da-te", anche se un sound più aggressivo ed incisivo delle chitarre nelle sezioni più cattive sarebbe stata cosa gradita.
Questo non sminuisce comunque "Perihelion", chissà che questa release non riesca a farli notare a qualche etichetta discografica, la materia prima, e quella grigia, paiono esserci.
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Gruppo: Lacrima
Titolo: Old Man's Hands
Anno: 2011
Provenienza: Polonia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/lacrimapl
Autore: Mourning
Tracklist
1. Old Man's Hands
2. As A Slave
3. Regardless
4. Fever Of Deception
5. Dangerous Patterns
6. Alar Shadows
7. Crying Willows '96
8. I Shouldn't [live in Cracow]
DURATA: 38:13
I polacchi Lacrima devono aver avuto una situazione interna alla band alquanto travagliata, sono in giro dal 1994 e dopo il demo "The Prisoners Of Time" prodotto tre anni anni più tardi, seguito dal debutto "The Time Of Knight's Return", si prendono una pausa sino al 2003 che li vede rispuntar fuori con un secondo demo intitolato "Innocent Incarnations".
Fin qui niente di strano poi però il nulla fino al 2010 con l'uscita di un dvd celebrativo per i quindici anni d'attività, "15th Anniversary Live", e solo nel 2011 viene dato alle stampe il secondo disco "Old Man's Hand".
E' trascorsa oltre una decade eppure questo disco è totalmente devoto al sound anni Novanta del panorama gothic.
Il sound sia per il modo di proporlo sia per le soluzioni solistiche, le pause interne ai brani e l'utilizzo della voce di Kuba Morawski che fortunatamente per noi "disconosce" le aperture in clean, utilizzando soltanto un paio di spoken words e preferendo un "ringhiare" definito, e le influenze dei Paradise Lost che si combinano con quelle degli Anathema, ci consegna una prova che si distacca dalla visione odierna fatta di melodie frequentemente sdolcinate, fraseggi power e femminilità dirompente.
La componente vocale dell'altro sesso infatti viene inserita solo a supporto della canzone come accadeva nei bei tempi andati, in maniera meno invasiva rispetto anche a coloro che interpretano oggi il genere, dando comunque sfoggio di prestazioni d'alta qualità e in parte conservatrici come avviene nei Draconian e figliocci Nox Aurea.
Le prime quattro tracce possiedono una più che discreta prestanza e un'atmosfera grigia pesante: l'opener è caratterizzata dall'incedere allentato, epico, condito dalle intrusioni della cantante Hanka Swaryczewska che ci fossero o meno non so se farebbe particolare differenza; "As A Slave" è stranamente intrisa di Amorphis e Dark Tranquillity, le chitarre in certi frangenti ricordano sia la formazione di Esa Holopainen che quella di Niklas Sundin, particolare e piacevole; "Regardless" è grevemente emotiva, le coordinante sonore sono sempre quelle di stampo britannico interpretate in maniera alquanto coinvolgente e "Fever Of Deception" vi si allinea giungendo agli ultimi due capitoli nuovi, "Dangerous Patterns" e "Alar Shadows"; il primo è decisamente più spinto e veloce con Stanne e soci percettibilissimi nel sound mentre il secondo invece tendente per lo più a far rivivere i Lost che furono, l'intro di tastiera praticamente lo si potrebbe inserire in "Icon" senza problemi.
I Lacrima sul finire collocano "Crying Willows", canzone contenuta nel demo "The Prisoners Of Time", e la versione live di "I Shouldn't" estratta dal dvd registrato a Cracovia, nulla che sposti realmente il peso sui piatti della bilancia né dell'uno né dell'altro lato, si lasciano ascoltare, probabilmente con pezzi nuovi si sarebbe ottenuto un riscontro maggiormente positivo.
Nostalgici? Può darsi. Per Nostalgici? Sicuramente sì, fra le tante zozzerie che inondano il filone gothic, e chissà per quale motivo entrate a far parte di questo mondo, con un album dello stampo di "Old Man's Hands" sembra di incontrare un vecchio amico con il quale non ci si vede da una vita, magari vi risulterà parecchio derivativo, e lo è, vedetelo come un omaggio agli anni Novanta e speriamo di non dover attendere un secolo per il capitolo successivo, rimanesse sulla stessa scia non mi dispiacerebbe di certo ascoltarlo.
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Gruppo: Adfail
Titolo: Unkindness...
Anno: 2012
Provenienza: Russia
Etichetta: Darknagar Records
Contatti: facebook.com/ADFAIL
Autore: Mourning
Tracklist
1. Storm
2. Pity
3. Destiny Doll
4. Remorse... Regret...
5. Drama
6. Condemned Future
7. Throwing Pain Away
DURATA: 37:19
La Russia ha una scena doom e gotica in continua ebollizione, è facile imbattersi in band totalmente sconosciute che producono buonissima musica ma che per un motivo o l'altro non riescono a ottenere l'attenzione che meriterebbero.
Gli Adfail, interessante quintetto di Kaliningrad al debutto con "Unkindness...", mi auguro non subiscano lo stesso triste destino.
La formazione è molto "english" nell'esporsi, abbiamo a che fare con uno stile che ricorda non poco quello di Nick Holmes e soci dell'era di mezzo, la fase in cui con "Shades Of God" prima e "Icon" poi i britannici virarono diminuendo sostanzialmente i contenuti doom/death della proposta a favore di un gotico più raffinato, maggiormente malinconico, questo a discapito ovviamente delle sensazioni sofferenti e incatenanti che i dischi d'inizio carriera furono capaci di offrire.
Ecco, inserite il disco degli Adfail, immaginate idealmente di tornare indietro di una ventina d'anni, in alcuni frangenti anche meno visto che avrete occasione di percepire sparse qua e là reminiscenze di stampo Katatonia e Anathema, la cui svolta sonora fu, seppur di poco, postuma rispetto a quella del combo di Halifax, e immergetevi in quelle atmosfere che si espandono lasciando dietro di sé gradazioni di grigio perlacee e nelle quali la melancolia è all'ordine del giorno.
Il sound con le sue melodie, le parti acustiche, l'operato delle tastiere e la voce di Alexander "Thorshammer" Popovic, veramente gradevole sia nel growl che nell'ambito pulito, raffigura un contesto gotico lievemente più accentuato al cospetto delle influenze di base e la prestazione del quintetto non si limita a a una mera, scontata ed esclusiva riproposizione di ciò che conosciamo e in tanti amiamo.
Per quanto sia "relativo" e poco enunciato, il carattere personale di questi artisti tenta di venir fuori sia in pezzi brevi come l'opener "Storm" che in capitoli dalla durata più estesa quali "Destiny Doll"; a dire il vero non vi sono filler all'interno di "Unkindness...", il disco mantiene vivo l'interesse con costanza sino alla sua conclusione, supportato da una produzione dal gusto retrò, in bilico fra la pulizia e quell'alone "underground" che avvolge i suoni rendendoli piacevolmente distanti dal piattume attualmente infilato a forza nelle uscite di ultima generazione.
Volete una band sulla quale scommettere? Gli Adfail potrebbero fare al caso vostro. Siete alla ricerca di album che si nutrano del passato del genere provando comunque a dire la loro? "Unkindness..." fa al caso vostro. Non vi resta da fare che ascoltare e giudicare voi stessi.
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Gruppo: Tons
Titolo: Musineè Doom Session, Volume 1
Anno: 2012
Provenienza: Torino, Italia
Etichette: Heavy Psych Sounds Records, Escape From Today Records
Contatti: facebook.com/TONSBAND
Autore: Advent
Tracklist
1. Musineè Doom Session
2. Once Upon A Tentacle
3. Rime Of The Ancient Grower
4. Tangerine Nightmare
5. Ketama Gold
6. At War With Yog-Sothoth
DURATA: 34:31
Lo sludge metal? Cattiveria allo stato puro, vomito sputato in faccia da un ubriacone stanco.
Questo è l'album d'esordio dei torinesi Tons, che si affianca con piacere all'ultimo lavoro dei Grime nonostante sia più orientato sullo stoner. La release possiede un'atmosfera sinistra che mette in rilievo la sfrontatezza di band come gli Orange Goblin portata alla violenza dei Dopefight.
La produzione, in stile Bongzilla, è zozza ma fatta da qualcuno di mia conoscenza con le palle esagonali: un certo "Dano" dei Last Minute To Jaffna con i quali hanno anche diviso il palco più di una volta. Concretamente, i suoni sono spettacolari: la voce sembra sia stata strappata da una strega dopo uno stupro, le chitarre sono "DOOOOOOOM", gonfie da far scoppiare i timpani, ma sanno essere anche stoner/psichedeliche e dannatamente vintage.
Tutto è ridondante, la batteria ti lancia certe mazzate da rimanere a terra e il basso (fondamentale in questo genere) comanda un esercito di bolle che vengono a galla su una pozza di melma. Cercare di analizzare quest'album nel dettaglio mi sembra una causa persa, le badilate di merda sono una più furiosa dell'altra e la genuinità delle composizioni è impressionante.
I Tons si sono fatti una pera di Bongzilla, Weedeater, ed Electric Wizard per dieci anni; il disco trasuda così tanta roba da far felice qualunque appassionato del filone più sporco che ci sia.
Avvicinatevi a questo "Musineè Doom Session Volume 1"! Scoprirete che si tratta di un concept album sul Musineè, una montagna "maledetta" che si erge poco prima dell'ingresso nella Val di Susa (all'interno delle nostre terre piemontesi), le voci che si tramandano da molto tempo ormai parlano di apparizioni di demoni, streghe e oggetti volanti non identificati, paura? Non ne abbiate, pensate piuttosto ad acquistare una copia della produzione di questi talentuosi torinesi, non avete che da scegliere tra due versioni in vinile e un digipak CD.
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Informazioni
Gruppo: Winterblood
Titolo: Dungeons - Sombre Soundscapes (Remastered Tapes 1996-'99)
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/pages/Winterblood/196463727125096 - myspace.com/winterblood78
Autore: Akh.
Tracklist
1. Capitolo 1
2 .Capitolo 2
3. Capitolo 3
4. Capitolo 4
5. Capitolo 5
6. Capitolo 6
7. Capitolo 7
8. Capitolo 8
DURATA: 1:11:09
Winterblood è un Logo che avete ritrovato sovente fra gli articoli di Aristocrazia Webzine, tramite giri loschi siamo riusciti a scovare la genesi di questo progetto che nasce sul finire del '96e.v. e nel quale Stefano Senesi incomincia a sperimentare soluzioni di stampo Dark Ambient ritualistico, monotono e freddo. Siamo quindi in possesso delle prime tracce tratte dai nastri demo in versione rimasterizzata, che l'artista stesso ha deciso di riportare a galla nella sua produzione e grazie a certi movimenti interni si è potuto finalizzare il desiderio di tale manifestazione (vero Jürgen?).
A dir la verità, i primi movimenti hanno a che fare anche con certe pulsioni più scure, per non dire "nere", infatti il primo capitolo manifesta immediatamente un loop vocale rovesciato disteso su un tappeto basso fosco e minaccioso. Si percepisce che i passi iniziali quindi fanno riferimento al titolo stesso, ovvero alle oscurità della materia, alla pangea antropomorfa cui è legato lo stato dello spirito inizialmente, obbligandolo ad una linea orizzontale.
Si evince chiaramente una natura quasi necrotica e demoniaca anche nei due capitoli successivi, che rispetto alle future produzioni hanno un'agitazione e una natura più movimentata e tormentata, tanto da far dominare la "sacralità" di un canto gregoriano da bordate di una tastiera plumbea, tanto da apparirci un vero e proprio bombardamento a tappeto, su cui sonorità nervose fuoriescono ad intermittenza chiudendo una triade di pura oscurità compositiva; questo era il primo periodo del gruppo.
Lentamente si comincia a comprendere quindi questa evoluzione artistica, il quarto capitolo va a trovare l'unica chitarra elettrica apparsa a mia saputa in Winterblood, cercando istintivamente una vicinanza con Vinterriket, allineandonsi perciò a uno spiraglio verticale di matrice naturale, condizione che permette di sciogliere le proprie spigolosità, dando il via a una maggior distensione strutturale delle composizioni e a una dilatazione dei suoni. Forse questo è il periodo di maggior sperimentazione di Stefano, in quanto anche la canzone seguente trova in una base ritmica solida e martellante l'appoggio per le apertura di keys, già con accenni di trionfo al suo interno, dal vago sapore marziale.
Con il sesto verso di questa compilazione si vanno ad unire le due nature fin qui trovate, infatti le note sognanti del brano vengono contrapposte ad una campana a morto, che a mio avviso delinea la scissione stessa delle due linee, come se finalmente la matrice fisica lasciasse posto all'ascesa dello spirito, un abbandono della propria carcassa, chiudendo di fatto il secondo ciclo.
Gli ultimi due episodi divengono perciò fughe verso l'alto nelle quali Winterblood si rispecchierà nel prosieguo della propria carriera, unendo ad esse una ispirazione di carattere naturalistico (la chitarra acustica, abbinata a giri di tastiera e di piano, mi rafforza ancora di più in questa idea) avvicinandosi per certi versi ad alcune elaborazioni dei Paysage D'Hiver e ai lavori più trascendenti di Vikerness; lo si può notare nel lunghissimo "Capitolo 8", in cui vedo lo scheletro per la scrittura di "Samblana", che abbiamo apprezzato nell'ultimo split del Senesi, qui le proiezioni astrali sono materializzate e l'anima di Winterblood messa a nudo completamente.
Se aggiungiamo che questa operazione di riscoperta è lodevole da parte di un artista di questo calibro per evidenziarne la sensibilità e l'evoluzione, c'è da sottolineare come sia stata scelta la possibilità di far ascoltare a tutti questi brani rilasciando l'interno album in scaricamento libero e gratuito, donandoci la parte più metifica e carnale di questo progetto, ma anche la scintilla divina che dentro vi albergava.
I sotterranei sono aperti...
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Informazioni
Gruppo: The Black Vajra
Titolo: The Electric Bodhisattva
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: non disponibili
Autore: Dope Fiend
Tracklist
1. Angles Of Ma'Rifah
2. Exuvia
3. The Electric Bodhisattva Part 1
4. The Electric Bodhisattva Part 3
DURATA: 33:42
Ritengo utile ai fini dell'analisi che sto presentando iniziare con una piccola premessa: "vajra" è un vocabolo di origine sanscrita che letteralmente può significare "diamante" o "fulmine" e che si colloca alla base della tradizione buddista mahayana, andando ad identificare il principio della più totale liberazione spirituale. Nello stesso contesto filosofico si inserisce il concetto di "Bodhisattva", un essere senziente che aspira all'illuminazione conducendo un'esistenza compassionevole ed empatica.
Ho fatto questa breve introduzione per lasciare intendere fin da subito che il progetto The Black Vajra è mosso da motivazioni tutt'altro che di spicciola entità; al contrario, ciò che "The Electric Bodhisattva" ci consegna è qualcosa di profondamente simbolico.
Fin dai momenti iniziali di "Angles Of Ma'rifah" veniamo travolti da un'atmosfera altamente sacrale e mistica formata da canti e suoni di estrazione indiscutibilmente orientale in cui si insinuano riverberi elettrici dal sapore arcaico: Mente e Spirito sono dunque pronti ad intraprendere il viaggio che li attende tra percussioni etniche che si amalgamano a chitarre ed arrangiamenti estremamente corposi e penetranti, un intero universo si sta aprendo di fronte a noi.
Ed ecco che, con "Exuvia", ha inizio la nostra peregrinazione attraverso l'anticamera di una dimensione astrale in cui nulla può più essere definito materiale e in cui la Verità inizia pian piano a dischiudersi di fronte ai nostri sensi trascendenti che verranno poi completamente assorbiti dalla suprema maestosità delle visioni che ci saranno evocate fino al termine del disco.
La realtà in cui ci siamo addentrati non è lineare, non è facilmente percorribile ma è costellata di potenti forme ancestrali che ci attorniano, ci feriscono, ci scrutano, ci intimoriscono e ci attirano in molteplici vortici di nervose e titaniche evoluzioni spirituali che, forse, non potremo mai comprendere nella loro totalità.
La tensione in cui siamo immersi è elettrica, dilaniante e gravida di aspirazioni e pulsioni scevre da qualsivoglia tipo di contaminazione materiale: tali pulsioni sono il frutto di un percorso cosmico collocato in un ambiente atemporale e adimensionale, un percorso che distrugge ogni traccia di ignoranza e conduce alla Verità intangibile dello Spirito, alla liberazione della Mente da ogni forma di legame con il cancro dell'inconsapevolezza e della terrena trivialità.
"The Electric Bodhisattva" è un impeto avvolgente di trascendenza e di illuminata conoscenza che, attraverso i suoi maestosi e mistici filamenti, scuote ed eleva la parte più atavica e pura dell'Essere.
Mi chiedo soltanto se qualcuno tra di voi sarà in grado di raggiungere questa indistruttibile liberazione...
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Gruppo: Ævangelist
Titolo: De Masticatione Mortuorum In Tumulis
Anno: 2012
Provenienza: USA
Etichetta: I, Voidhanger Records
Contatti: facebook.com/aevangelist.official
Autore: ticino1
Tracklist
1. Anno Mortii: Gnostic Transcendental Heresy
2. Pendulum
3. Death Illumination
4. Funeral Monolith
5. Hierophant Disposal Facility
6. The Longevity Of Second Death
7. Blood & Darkness
8. Crematorium Angelicum
DURATA: 62:22
Vampirismo, un tema, tante possibilità di sviluppo, molti punti di vista e superstizioni che hanno ispirato plebe, artisti e musicisti. La casa nostrana I, Voidhanger ci ha presentato l'ottobre scorso il primo LP degli Ævangelist, formazione floridiana composta da membri provenienti dai Benighted In Sodom che forgia il metallo nelle sue forme mortali e oscure.
Il primo ascolto mi rivela un CD lontano dai canoni che mi attenderei da un gruppo death di quella regione statunitense. L'intro mi rammenta di primo acchito qualcosa dal primo disco dei Fear Factory per finire in linee dark ambient. Le tracce seguenti sono prevalentemente dense, di velocità media, il sottofondo elettronico crea un'atmosfera pesantissima e densamente oscura. In dettaglio scopriamo riff molto vicini al doom funebre, qualche spunto jazz, che sia volontario o meno non so dirvelo, e tocchi industrial si mescolano a trame ossessive, monotone che a volte possono diventare noiose. Personalmente faccio fatica a sopportare la citata pista elettronica che mi accompagna durante quasi tutta la durata dell'opera, rendendomi aggressivo, anche per l'effetto impastante che ogni tanto ha sul resto. La voce è senza dubbio il punto forte; con il suo timbro deciso e il suo carattere risoluto racconta storie lugubri, accompagnata da uno scream un poco timido.
Durante l'ascolto mi domando onestamente se il gruppo sappia in che direzione andare. Ogni uditore attento discernerà diverse influenze che non sempre vogliono fluire l'una nell'altra. "De Masticatione Mortuorum In Tumulis" è, secondo me, un disco di difficile ascolto adatto a chiunque adori il death-doom più oppressivo o comunque sensazioni negative nella musica, senza disdegnare alcuni tocchi ambient oscuri.
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Informazioni
Autore: Mourning
Traduttore: Dope Fiend
Formazione
M. - Voce
A. - Chitarra, Voce
T. - Batteria
Oggi ho il piacere di dialogare con i membri di una delle formazioni black che reputo fra le migliori dei giorni nostri. Loro sono i Chaos Invocation e il secondo capitolo "Black Mirror Hours" è pronto a flagellare le nostre e vostre anime, vediamo cos'hanno da raccontarci.
Benvenuti su Aristocrazia Webzine, l'estate dei Chaos Invocation è tutt'altro che calda, da quel che ho avuto piacere d'ascoltare è ancora il gelo dell'oscurità a dominare, come state?
Tutto bene, grazie.
Chi sono, come nascono e qual è l'obbiettivo dei Chaos Invocation?
I Chaos Invocation sono composti da M. (voce), T. (batteria) e A. (chitarra e voce). Il gruppo è stato creato nel 2004 come strumento per esprimere le nostre convinzioni religiose. Percorrendo il sentiero dei serpenti, siamo divenuti ciò che solo pochi sono in grado di diventare. In questo modo possiamo trattare termini come "terrore luciferino", "magia dannosa", "tempo infinito", "morte".
Nel 2009 avete rilasciato uno dei dischi più importanti e per il sottoscritto significativi del panorama estremo di quell'anno, parlo di "In Bloodline With The Snake". A distanza di tre anni dalla sua pubblicazione vi rappresenta ancora in toto?
Naturalmente abbiamo aumentato le nostre conoscenze e competenze dal lato musicale ma ancora di più, e credo che questa sia la cosa più importante, dal lato spirituale. "In Bloodline With The Snake" è ancora rappresentativo, perché porta in grembo l'impulso per cui abbiamo scelto di dar vita ai Chaos Invocation. È difficile dire in che misura i dischi si distinguono l'uno dall'altro musicalmente. Vi consiglio di farvi una foto...
Quali sono stati gli aspetti che più vi hanno soddisfatto della realizzazione di quell'album?
Probabilmente non parli del nostro lavoro spirituale, quindi le cose più soddisfacenti per me, riguardo a questa band e a questo nuovo album, sono il fatto di poter ascoltare le nostre canzoni e sentire che siamo riusciti a manifestare ed esprimere quello che volevamo.
In quel periodo vi hanno paragonato a molti gruppi del panorama "orthodox", c'è una formazione di quella scena con la quale vi sentite di condividere molta della vostra essenza?
Ci sono alcune band che presumibilmente condividono la nostra stessa essenza ma non le elenco in questa intervista, dal momento che non ne sono sicuro al 100%.
Mentre il cd è uguale, ho notato in quanto li possiedo che vi sono due differenti artwork di "In Bloodline With Snake", come mai questa scelta, cosa simboleggia ognuno di essi e l'autore è lo stesso per entrambi?
No, sono state create da due persone diverse. Il motivo principale per cambiare era il fatto che i testi delle canzoni erano appena leggibili nella prima edizione. Tutti i sigilli relativi al nostro lavoro sono stati mantenuti in entrambe le versioni. Il motivo principale per cui i layout si sono rivelati diversi è perchè non abbiamo posto dei limiti ai disegnatori. Dovrebbero creare booklet ispirati alla nostra musica.
"Black Mirror Hours" è diverso rispetto al suo predecessore, le dinamiche dei pezzi sono spesso più infervorate e sprezzanti, non mancando però di quell'alone atmosferico e di quelle ridondanze che hanno caratterizzato la prima uscita. Com'è stato partorito? C'è stata qualche variazione nel vostro modo di comporre?
È stato proprio come in ogni nascita. Si tratta di un processo naturale che si regge quasi da solo. Per lo più ho già i titoli delle canzoni in mente a cui si collegano immagini chiare. Ho solo bisogno di scegliere il momento che sembra giusto e la musica viene fuori.
È stato dato anche maggior spazio alle fasi solistiche di chitarra, bella quella che s'interseca in "Lord Of Our Temple", che insieme all'apertura in voce clean dai toni solenni in "Funeral Messiah" ritengo tratti di una maturità conquistata. Vi sentite adesso in totale controllo di ciò che siete come artisti o l'evoluzione/crescita è ancora in corso?
Dal momento che il modo di essere un artista è inseparabilmente allineato al nostro "io", la risposta alla tua domanda è no. Cresceremo, ci svilupperemo, aumenteremo la nostra conoscenza, amplieremo la nostra aura e i nostri chakra fino al nostro ultimo respiro.
Ho notato anche una differenza a livello di produzione, è leggermente più pulita e nitida, è stata una scelta voluta? A chi vi siete affidati per curare tale aspetto?
La versione che tu conosci non è il risultato finale. Sarà rivelato quando l'album verrà rilasciato ufficialmente ma, hai ragione, la produzione è diversa. Questa volta abbiamo portato la nostra attrezzatura. Tra l'altro "Black Mirror Hours" è stato registrato nello stesso studio in cui è nato il nostro primogenito. Ci sentiamo molto a nostro agio negli Hellsound Studios e poi Ronny ha un buon fiuto per il nostro tipo di musica.
Anche stavolta i testi hanno un'importanza direi fondamentale per inquadrare il cammino percorso, anche perché se "In Bloodline With Snake" era incentrato sull'invocazione, "Black Hours Mirrors" può essere visto come il mezzo che permette all'entità di entrare in contatto con il nostro mondo. È una visione corretta o ho interpretato male l'idea dei primi due capitoli di quella che sarà una trilogia? Cosa dobbiamo attenderci in futuro?
Non so da dove questo venga fuori, ma io non ho mai detto che il nostro lavoro sarà una trilogia. "Black Mirror Hours" è ancora una parte del primo capitolo, "la ricerca di chiavi e cancelli". L'obiettivo principale dei testi di "Black Mirror Hours" è il tema delle invocazioni. Il corpus è costruito su come liberare se stessi e diventare qualcosa di più grande, mentre le estremità sono formate da percezioni ed esperienze dovute alle invocazioni.
Da quali basi iniziate per scrivere un testo? Quando s'incrociano ricerca e istinto?
Il processo di scrittura di un testo è simile al processo di scrittura della musica. Naturalmente abbiamo diversi libri su come raggiungere maggiori conoscenze, su come invocare e su chi invocare. Ma le basi principali per la scrittura dei testi sono il carattere innato, lo spirito affamato e le esperienze che abbiamo fatto nella nostra vita.
Come siete entrati in contatto con l'occultismo e la simbologia a esso legata? Cos'è che li rende parte integrante della vostra vita?
Ho vissuto, visto e sentito cose che gli altri non hanno mai vissuto quando ero solo un bambino. Questo mi fa credere che tutto ciò che sono è il risultato, o diciamo il sequel, di qualcosa che ho iniziato in una passata esistenza. C'è una fame dentro di me, una fame di conoscenza e un'ambizione di liberare il mio spirito da questo ciclo ricorrente di rinascita in una sorta di esistenza limitata. Camminiamo passo dopo passo verso un'esistenza che ci condurrà a piani superiori. Questo dovrebbe essere sufficiente.
Cos'è il black metal al giorno d'oggi? E come vedete la situazione sia in ambito musicale che di testa?
Superficiale, purtroppo! Molti in questa scena agiscono dietro una falsa facciata che è facile da penetrare. La musica si è evoluta, ma questo non è sempre un aspetto positivo. Mi piace la crudezza dei dischi più datati, perché sembra meno prevedibile ed è più oscura, ha un'aura più misteriosa.
Se negli anni Novanta il genere era praticamente un'affare quasi del tutto scandinavo data l'evoluzione dello stile e i nomi che l'hanno portato avanti, la Germania ha saputo col tempo ritagliarsi e acquisire un'importanza e una consistenza in questo campo che l'ha resa una nazione fondamentale per il sostenamento e la passione riversate nel panorama black. Quali sono le formazioni vostre connazionali che stimate o con le quali condividete volentieri il palco?
Sì, la scena tedesca si è sviluppata. Tuttavia, questo non è importante per i Chaos Invocation. Le band tedesche che personalmente rispetto molto sono Katharsis e Ascension. Oltre a questo un live con Celestial Bloodshed (so che questa non è una band tedesca) avrebbe potuto essere qualcosa di speciale. In ogni caso, questo non è più possibile.
Qual è il mondo che i Chaos Invocation vogliono raffigurare? Quanto corrisponde a quello in cui viviamo? E quanto ciò che è la nostra quotidianità e la decadenza che traspare di giorno in giorno, sempre più palese agli occhi di chi non si ferma e basa la propria vita sulle notizie fornite dai "media", possono condizionarne il cambiamento?
I nostri testi dovrebbero essere sufficienti come risposta.
Com'è una vostra esibizione live? Quale ricordate con più piacere: per il coinvolgimento del pubblico o per la vostra performance sopra le righe?
Un concerto, parte del Living Darkness Tour, nel sud della Francia. Il pubblico è andato completamente fuori di testa e l'intero luogo era pieno di energia pura. Non ho mai provato una cosa del genere prima d'ora. Ogni concerto dovrebbe essere così.
Avete già avuto modo di presentare i nuovi brani on stage? Ci sono state reazioni a caldo che vi hanno colpito?
Sì, abbiamo già suonato una parte del materiale nuovo dal vivo. Siamo ancora una band sconosciuta, per cui le reazioni sono quasi sempre le stesse (diciamo sobrie), perché la gente non conosce nemmeno una delle nostre canzoni. Chiedimelo di nuovo quando avremo rilasciato il nostro terzo album.
Chaos Invocation e World Terror Commitee ancora insieme, com'è collaborare con Sven? E come siete entrati in contatto con la sua label?
È molto gratificante collaborare con un'etichetta che comprende completamente la musica che suoniamo. Fino ad ora abbiamo avuto un sacco di sostegno in tutte le cose che abbiamo fatto. World Terror Commitee è probabilmente la label più satanica esistente. Siamo entrati in contatto con WTC nel 2006. Abbiamo inviato loro tre canzoni e il tutto si è concluso con un contratto.
Cosa ne pensate di alcune mosse di mercato messe in atto da band quali Watain o Immortal, probabilmente spinti dalle etichette d'appartenenza nel tentativo di commercializzare le proprie uscite, d'immettere poster marchiati con il sangue umano o confezioni deluxe dall'inutile valore? Questa gente ha finito di "credere" in ciò che suona?
Non sono in grado di giudicare queste cose. Presumibilmente ancora credono in quello che stanno facendo. Non seguo più gruppi come gli Immortal ma tu hai probabilmente ragione in ciò che hai detto: le versioni deluxe sono in gran parte troppo costose e non giustificano il prezzo.
Come sono le giornate dei Chaos Invocation al di fuori della dimensione band? Quali sono le passioni che coltivate e che confluiscono nella vostra giornata arricchendola?
Questo mondo sembra essere pieno di frenesia e stress da cui non si può sfuggire completamente. Dobbiamo andare a lavorare per guadagnare soldi ma cerchiamo di trovare un equilibrio al riguardo.
Progetti a breve termine?
L'evento più importante per noi sarà l'uscita di "Black Mirror Hours" che avverrà nel mese di dicembre. Inoltre ci sono sempre pezzi di repertorio che saranno distribuiti in un modo o nell'altro ma, in ogni caso, gratuitamente. Un tour non è ancora previsto.
Ed è finita qui, c'è ancora un ultimo spazio nel quale salutare o mandare un messaggio ai nostri lettori, a voi la parola...
Visitate di tanto in tanto www.chaosinvocation.wordpress.com per seguire le ultime notizie.
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Information
Author: Mourning
Translation: Dope Fiend
Line Up
M. - Vocals
A. - Guitar, Vocals
T. - Drums
I am glad to chat with the members of a black metal band that I consider to be one of the best nowadays. Her name is Chaos Invocation and their second work "Black Mirror Hours" will flagellate our and your souls. Let’s listen to their words.
Welcome to Aristocrazia Webzine. Chaos Invocation’s summer seems to be dominated by frost and obscurity if I listen to the new work. How are you?
I am fine, thanks.
Who are Chaos Invocation, how was the band created and which are its objectives?
Chaos Invocation is the circle of M.-vocals, T.-drums and A.-guitars, vocals. The band was crafted in 2004 as a tool to express our religious beliefs. We walk the path of snakes, focused to become what only a few are ever able to become. On this path we characterize terms like: luciferian terror, baneful magic, timeless end, breathless death.
In 2009 you released one of the most important and, at least to me, significant works for the extreme music for that year, "In Bloodline With The Snake". Is it still representative for Chaos Invocation today?
Of course we have increased our knowledge and skills on the musical hand, but even more and I think, that this is way more important, on the spiritual hand. "In Bloodline With The Snake" is still representative, because it bears the impulse why we choose to start up with Chaos Invocation. It is hard to say in how far the records distinguish from each other musically. I recommend to make yourself a picture...
Which are the most satisfying points of that work to you?
You probably do not mean our magical work. So the most satisfying things for me to come along with this band and with the new album are, to listen to our songs and to feel that we have succeeded in manifesting and expressing what we wanted to.
At that time many people paragoned you to many acts of the “orthodox” movement. Is there a band in that movement that you think is sharing much of your essence?
There are very few bands, that presumably share the same essence like we do. But I won’t list them in this interview, since I am not 100% sure.
Two different editions of "In Bloodline With The Snake" do exist and they have different artworks. Where they created by the same artist? What pushed you to change the aspect, also symbolic, of the first version?
No, they were created through two different persons. The main reason to change it was the fact, that the lyrics were barely readable in the first edition. All sigils related to our work maintained in both versions. The main reason why the layouts turned out different was, because we did not limit the originators. They should create the booklets inspired by our music.
"Black Mirror Hours" is different, the dynamic of the songs is often more vivid and scornful but at the same time with an atmospheric aura and the redundancies typical for the first work. How was BMH born? Did you choose a different approach to compose the songs?
It was just like it is with every birth. It is a natural process that works out nearly on itself. Mostly I already do have several song titles in mind with which I connect clear pictures. I just need to pick a moment that feels right and the music flows out of me.
Guitar solos also find more place to evolve, very nice the one in "Lord Of Our temple", there is also a solemn opener with clean voice in "Funeral Messiah". I consider this points signs of a new maturity. Do you feel complete in your evolution as artists or you’re still growing?
Since the way of being an artist is inseparable aligned with our "self", the answer to your question is no. We will grow, develop, increase our knowledge, widen our aura and chakras until our last breath.
I also notice a different production, more proper and clean. Was it a choice or casual? Who was responsible for it?
The album version you know is not the final result. It will be revealed when the album is released officially. But you are right. The production is different. This time we brought our own equipment. By the way "Black Mirror Hours" was recorded in the same studio as our firstborn record. We feel very comfortable in the Hellsound Studios and at least Ronny has a good sense for our type of music.
Also this time the texts are fundamental to show the way till now. If "In Bloodline with snake" the words were concentrated on invocation, "Black Mirrors Hours" can be seen as the medium allowing the entity to get in touch with our world. Is my vision correct or is it a misinterpretation to think of the first to chapters as a part of a trilogy? What can we expect in the future?
I don’t know where this comes from, but I never said, that we try to put our work into a trilogy. "Black Mirror Hours" is still a part of the first chapter, which is “The search of keys and gates”. The main focus of the lyrics on "Black Mirror Hours" is the theme of invocations. The corpus is build up by the question on how to liberate yourself and to become something greater, while the extremities are formed by perceptions and experiences that we made due invocations.
Which are the basics you need for writing a text? How much do research and instinct meet in the process?
The process of writing lyrics is similar to the writing process of the music. Of course we have red several books to attain more knowledge on how to invocate and on whom to invocate. But the main basics for writing lyrics are: the inborn character, the hungry spirit and experiences we made due our lifetime.
How did you get in touch with occultism and the symbolic connected to it? What does make them part of your life?
I have felt, seen and heard things that other people will never be confronted with when I was just a child. That makes me believe that all that I am is a result, or let’s say the sequel of something that I have begun in a past existence. There is a hunger inside of me, a hunger for knowledge and an ambition to liberate my spirit from this recurring cycle of getting reborn into a limited kind of existence. We walk step by step to an existence that will take place on higher planes. That should be enough.
What is black metal nowadays? How do you judge the situation under the aspects of music and attitude?
Superficial! Unfortunately! Huge parts of this scene act behind a false front that is easy to penetrate. The music has evolved, but this is not always a positive aspect. I do like the rawness of the older records, because it seems less predictable and has a darker, more mysterious aura and atmosphere.
In the 90s the black metal scene was almost concentrated in Scandinavia, if we consider evolution and the names that pushed is. The German scene could establish itself until becoming very important and bringing also pure and fresh passion in the black metal panorama. Are there bands that you particularly esteem or you specially enjoy to play gigs with?
Yes, the German scene developed. However, that is not important for Chaos Invocation. German bands that I personally respect a lot are Katharsis and Ascension. Apart from this bands a concert with Celestial Bloodshed (I know that this is not a German band) could have been something special. Anyway, that’s not possible anymore.
What sort of world represents Chaos Invocation? How similar or different is that world to ours in which is the live is dictated by medias presenting opinions ready to eat?
Our lyrics should be a sufficient answer.
How is Chaos Invocation live? Is there a performance that was particularly amazing: public, your work, etc.?
One concert (part of the Living Darkness tour) in the south of France. The people went completely insane and the whole place was filled with pure energy. I have never experienced something like that before. Every concert should be like this.
Did you already present your new songs on stage? If so, how were the reactions?
Yes, we have already played some of the new material on stage. We are still an unknown band, so the reactions are always nearly the same (let’s say restrained), because people do not know at least one of our songs. Ask me again when we release our third record.
Chaos invocation & World Terror Commitee are still together. How it is to work with Sven? How did you get in touch with the label?
It is very satisfying to work together with a label that completely understands the music we play. Until now we have experienced a lot of support in all things we do. The World Terror Committee is probably the most satanic label overall. We got in touch with WTC in 2006. We send a three song rehearsal and ended up with the assignment to record a complete album.
What do you think about marketing projects like those of Watain or Immortal, probably pushed by their labels, of offering blood covered posters or deluxe versions which are not worth the money? Do those musicians still believe in what they’re doing?
I am not in the position to judge this. Presumably they still believe in what they are doing. I don’t follow bands like Immortal anymore, but you are probably right with your statement, that deluxe versions are for the most part way too expensive and do not justify the price.
How are the days of the members of Chaos Invocation outside of the band? Which are your passions, hobbies that enrich your days?
This world seems to be full of hectic and stress which one cannot escape from completely. We have to go to work to earn money, but we have found a balance to this.
Tell us about projects in a short time:
The most important event for us the release of "Black Mirror Hours", which will take place in December. Furthermore we are getting footage stuff together that will be released in one way or another, but in any case for free. A tour is not planned yet.
That's all. The last word is yours for greetings, cheers or to leave a message for our readers...
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Informazioni
Gruppo: Victorians
Titolo: Aristocrats' Symphony / Revival
Anno: 2012
Provenienza: Polonia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/victorians.band
Autore: Mourning
Tracklist
1. Descent Of Your Destiny
2. In The End
3. Voice Of Eternal Love
4. Who Never Loved
5. Siren
6. Servants Of Beauty
7. Prince Of Night
8. Don't Let Them Cut My Wings
9. Juliet's Tale
10. Creed
DURATA: 45:09
Il modo di dire "non giudicare un libro/disco dalla copertina" è spesso e volentieri un consiglio corretto da seguire prima di approcciarsi con una nuova lettura o un nuovo ascolto, alle volte però quello che si vede dal di fuori corrisponde esattamente a ciò che ritroveremo all'interno dell'opera, di sicuro lo è nel caso dei polacchi Victorians.
La band in questione suona un power/gothic sinfonico e pomposo, punti di riferimento sono senza ombra di dubbio un trio di compagini maestre del genere: parlo di Nightwish, Epica e Within Temptation, ognuna rappresentata da una gentil donzella dietro al microfono. Questa caratteristica viene rispettata anche da questi musicisti dato che la voce è affidata alle cure della brava Eydis (Noxiferis).
I Victorians prendono particolarmente sul serio il loro monicker e la scelta del titolo, entrambi legati ai valori aristocratici, anche per ciò che concerne l'aspetto visivo altrettanto romantico e orientato a emulare quello noto dei Versailles, formazione giapponese fra le più famose del movimento denominato visual kei; a riprova della più che possibile connessione fra le due realtà v'è il fatto che "Aristocrats' Symphony" è il titolo di una tra le hit più popolari del combo nipponico.
Inutile ammorbarvi con dettagli e controdettagli dozzinali che potrete leggere su qualsiasi testo di un prodotto di tale tipologia, solitamente quello che mi ha sempre disturbato è l'utilizzo smodato e incontrollato della voce lirica, ora non dico che Eydis gestisca la situazione con la bravura e la delicatezza di una Sharon Den Adel, però se la cava più che discretamente modulando i cambi di tonalità e l'impostazione in modo da asservirla al brano e non divenire lei stessa la stella; è piacevolmente rock nella fruibilissima "In The End", adeguata a essere sfruttata come singolo apripista essendo molto orecchiabile e da "classifica", è solenne nell'epicheggiante opener "Descent Of Your Destiny", sognante nella cinematografica "Siren" e si trova poi a proprio agio anche nei frangenti più ruvidi (si fa per dire) delle prove più energiche e "powa" come "Servants Of Beauty" e "Don't Let Them Cut My Wings".
Diciamocela tutta, non è che il materiale di "Aristocrat's Symphony" riservi chissà quali sorprese a un ossequioso e laborioso acquirente di album dello stile, i Victorians, volenti o nolenti, si muovono in un territorio nel quale il déjà-vu è presenza costante, ciò che si pone a loro favore però è la costruzione dei pezzi che, alternando eccessi di pomposità, aperture folcloristiche e contatti col sound più diretto e "veloce", riesce a mitigare quella sensazione da "centrifuga ai satelliti" che colpisce solitamente coloro che non sono degli appassionati, facendo sì che ci si possa godere uno dopo l'altro i vari episodi arrivando a "Prince Of Night" e "Juliet's Tale", dotata di una piacevole evoluzione da una ballad alquanto melensa assume connotazioni via via diversificate, sino alla conclusiva "Creed" che suggella la fine di un album di buona, se non ottima, fattura.
Per il sottoscritto l'aspetto gotico è un po' troppo "Twilight oriented", l'unica forma di vampirismo accostabile ad "Aristocrat's Symphony" è quella adolescenziale dei libri di Stephenie Meyer con i Victorians che, per come son vestiti, assomigliano ai Volturi e non è che mi faccia impazzire sta cosa.
Tralasciando però questo disdicevole accostamento, che continua comunque a farmi rabbrividire data la sostanza inesistente del materiale sopra citato, suggerisco invece di tenere in piena considerazione la proposta musicale dei polacchi: il potenziale c'è, Eydis svolge il compito affidatole con notevole disinvoltura e nel complesso il cd regge non trasportando con sé pacchi di noia, per quello bastano e avanzano gli ultimi aborti dei Sirenia.
Se la vostre giornate non possono privarsi di ascolti di stampo symphonic female-fronted, segnatevi il nome del gruppo e date loro una chance, il vostro lettore avrà di che cibarsi; i restanti facciano finta che sia stato un incrocio di sguardi a cui si è già andati oltre.
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Informazioni
Gruppo: Ragnarok
Titolo: Malediction
Anno: 2012
Provenienza: Norvegia
Etichetta: Agonia Records
Contatti: facebook.com/ragnarokofficial
Autore: Mourning
Tracklist
1. Blood Of Saints
2. Demon In My View
3. Necromantic Summoning Ritual
4. Divide Et Impera
5. (Dolce Et Decorum Est) Pro Patria Mori
6. Dystocratic
7. Iron Cross – Posthumous
8. The Elevenfold Seal
9. Fade Into Obscurity
10. Sword Of Damocles
DURATA: 44:54
I Ragnarok a parere del sottoscritto sono una di quelle formazioni che non ti deludono mai e non esaltano nemmeno, non c'è un disco veramente brutto nella loro discografia e in ugual modo è assente quel capolavoro che valga la pena tramandare ai posteri. Si difendono sempre e comunque, ponendosi in maniera coerente, violenta e con meno fronzoli possibili, infliggendo sonore batoste black metal, il settimo sigillo intitolato "Malediction" mantiene viva la tradizione.
La prestazione del quartetto norvegese capitanato da Jontho, ormai unico superstite fra i componenti originali, con armi rodate e ben affilate si schiera all'attacco, proprio il batterista e il bassista DezeptiCunt (anche seconda voce) schiantano l'ascoltatore incollandolo allo stereo con brani che sfoggiano partiture ritmiche fulminee. Le tirate sono spezzacollo e in certi frangenti sembra di essere bombardati, la sei corde di Bolverk invece propone anche sezioni melodiche nelle conclusive "The Elevenfold Seal" e "Sword Of Damocles" che riescono a lasciare il segno del proprio passaggio in mezzo a un riffato che preferisce mantenere i ranghi serrati e non piegarsi agevolmente a tale aspetto.
La band è in forma, un po' al di sopra di ciò che "Collector's Of The King" aveva offerto, i piccoli dettagli aiutano a sorreggere tale tesi sin dai primi istanti grazie a quel brevissimo incipit sinfonico con il quale si da il via alla devastante "Blood Saints". Rincara poi la dose palesando ad esempio la spontaneità delle linee di basso rozze e sprigionanti odio di "Divide Et Impera" (brano che però evidenzia quanto ci sia un problema, piccolo a dire il vero, nei suoni di questo disco) e "Dystocratic" (capitolo che più "old school" non si può con i suoi accenni al metal oscuro degli eighties). Le tracce si fanno apprezzare e ascoltare con interesse.
Il cantante in tutto questo che ruolo ha? HansFyrste, personaggio che conosciamo anche per la sua militanza negli Svarttjern, è una sicurezza, la sua voce dura, maligna e diretta è lo sfogo ideale per una tipologia di musica che mostra di possedere spavalderia e tendenza continua all'assalto.
Ovviamente dietro l'angolo c'è sempre il rischio che dopo una serie ripetuta di passaggi nello stereo un minimo di noia possa palesarsi, pericolo previsto ma che stavolta non dovrebbe neanche esser così scontato dato che "Malediction" pare girar bene. Per quanto la produzione dell'album sia pulita e delinei con più che discreta resa il sound in genere, ci sono dei momenti in cui le note alte espresse dalle chitarre pare emettano dei fischi fastidiosi, proprio la citata "Divide Et Impera" ne è vittima, magari è un discorso bypassabile ed è solo questione di farci un po' l'abitudine.
"Malediction" è un album che conferma il buono stato di forma dei Ragnarok, manovalanza black metal che imperterrita batte strade note e gradite, la stabilità confermata è un buon segno per coloro che hanno amato le uscite precedenti, del resto le vecchie e care abitudini sono dure a morire.
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Informazioni
Gruppo: Subterranean Disposition
Titolo: Subterranean Disposition
Anno: 2012
Provenienza: Australia
Etichetta: Hypnotic Dirge Records
Contatti: facebook.com/SubterraneanDisposition
Autore: Mourning
Tracklist
1. Between Apes And Angels
2. Prolong This Agony
3. Seven Sisters Of Sleep
4. The Most Subtle Of Storms
5. Wailing My Keen
DURATA: 54:39
Terry Vainors è un musicista australiano con un bagaglio d'esperienze ampio, infatti è da un po' che circola nel mondo gothic/doom ed è stato membro dei The Eternal (ex Cryptal Darkness) e degli InSomnius Dei, oggi è entrato a far parte della famiglia Hypnotic Dirge con la sua creatura, i Subterranean Disposition, dei quali è da poco stato rilasciato il debutto omonimo.
Il disco è suddiviso in cinque lunghi capitoli di doom/death melancolico totalmente devoti allo stile primordiale dei primi anni Novanta, è quanto di più genuino e similarmente affine a quel periodo ci si possa attendere, con la scuola inglese dei My Dying Bride a fornire in più di una circostanza la base sulla quale muoversi. Non è un caso che sia nell'esecuzione della voce pulita di Terry che nell'ambito atmosferico si ricolleghi alla band di Halifax.
Il viaggio desolante e dolciastro adornato da melodie semplici e frequenti attimi acustici, come avviene nell'opener "Beetween Apes And Angels", attrae per tanti motivi: vi è la delicatezza infantile della voce femminile prestata da Phoebe Pinnock in "Prolong This Agony" e "Wailing My Keen", e le strane cadenze dai suoni quasi industriali racchiuse in "Seven Sisters Of Sleep"; ci sono quella sensazione e quella consapevolezza di sentirsi oppressi, espresse quando meno te l'attendi in una forma progressiva che prevede la comparsa del sassofono suonato da D'Arcy Molan in "The Most Subtle Of Storms", pezzo enorme anche per la durata protratta sin oltre i quattordici minuti.
"Subterranean Disposition" vuole essere classico pur puntando in direzione di qualcosa che fuoriesca da quel mondo "antico" divenendo un ascolto non poi così diretto e assimilabile dopo un paio di giri nello stereo, anzi cresce decisamente con il passare del tempo. È un album di confine, a coloro che rimangono volutamente ancorati all'era primordiale di tale panorama musicale potrebbero risultare poco concludenti i vari innesti d'altra natura; in altrettanta maniera quelli che gradiscono le esplorazioni in territori esterni a ciò che si è scelto come fondamenta potrebbero lamentarne uno sviluppo solo parzialmente riuscito, a chi consigliare un lavoro simile? A entrambe le parti.
I Subterranean Disposition pur non essendo privi di difetto si rivelano interessanti, possiedono spunti apprezzabili per l'una quanto per l'altra tipologia d'ascoltatore e necessitano di fiducia e passaggi nello stereo per offrirvi tutto ciò di cui sono capaci, offrite quindi una chance all'album e dovesse piacervi, la via da seguire è sempre la solita: acquistare.
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