lunedì 6 giugno 2011

I THE WITCH - Nagual

Informazioni
Artista: I The Witch
Anno: 2011
Etichetta: Astromaster Productions
Contatti: non disponibili (contattare l'etichetta)
Autore: Bosj

Tracklist
1. Nagual

DURATA: 43:24

Un disco densissimo. Quarantatrè minuti di delirio sonoro portati alle nostre orecchie dall'esordiente Stanley Franco, padre e padrone di questo parto che mischia noise, drone, space rock, doom e litanie.
Dalle informazioni in nostro possesso, questo è ciò che l'artista ha composto ispirandosi ad una storia vera: una ragazza rumena, accusata di stregoneria, viene arsa viva; niente di nuovo sotto il sole? E invece no, perchè l'atto si è consumato in Transistria, durante la seconda guerra mondiale, nel campo di sterminio di Bogdanovka.
Fin dalle note iniziali, le sovraincisioni vocali loopate di Ana Lucestis, il tono claustrofobico ed ansioso del disco si pone in primo piano. A questa nenia ipnotica si sovrappongono poco dopo distorsioni, riverberi, fruscii, percussioni e bordoni spessi come una colata di cemento. Ce n'è per tutti i gusti insomma, anche se personalmente credo che Franco si sia studiato per bene le lezioni impartite da tali Dave Brock, Stephen O'Malley e Aidan Baker, su tutti.
Il disco è sfaccettato, proprio quando si è convinti che abbia intrapreso una direzione vira improvvisamente e fa rotta altrove, come navigando nello spazio profondo. Non sono sicuro che sia un lavoro, questo, di cui si possa parlare razionalmente; l'ascolto è lisergico, allucinato e deviato, i suoni non sono mai puliti e levigati, sempre graffianti, esagerati, disturbati e disturbanti, volutamente alienanti. E' un album notturno, "Nagual", da ascoltare in completo distacco dall'ambiente circostante, perchè semplicemente con l'ambiente circostante non può esserci nessun tipo di collegamento. Poi, un'ancora, una sparuta corda di chitarra, un suono più lieve, ma è presto dispersa, soverchiata dalla sovrabbondante mole di materia altra, ed è di nuovo oblio distorto, con una voce malvagia che si prende gioco di noi ascoltatori, caduti nel tranello. Non c'è risalita, la sentenza è pronunciata, la condanna eseguita. C'è solo il vagare di un'anima tormentata, ora ancora più folle e veloce, con un motivo che è quasi difficile carpire, nel caotico marasma. Ed ecco, al termine del viaggio, un violino, a dirci addio, ed è tutto finito.
Non esile (le coordinate lo lasciavano intendere fin dal principio), questo concept è però un disco facile, quasi ossimoricamente snello nella sua imponenza. Non è tanto la ricerca dei motivi e dei passaggi, di per loro piuttosto banali e scarni, è ciò che questi vengono resi, o meglio ciò che di questi rimane, il punto focale. Quasi la decostruzione di un'idea, per arrivare al suo nucleo più etereo e schizzato.
Dischi così assurdi sono rari, ed è un bene: ne va della nostra sanità mentale, e della capacità di apprezzare ancora di più un esperimento di questo calibro, quando se ne ha l'occasione.
Storie narrano che lo spirito della fanciulla presunta strega ancora non si dia pace, ci auguriamo che "Nagual" lo aiuti a trovare il proprio posto nel limbo.
Nota a margine: come ogni viaggio che si rispetti, accertatevi di essere nella giusta condizione, quando e se vi avvicinerete a questo lavoro; un trip sbagliato può regalare orrendi incubi per anni.

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