Informazioni
Gruppo: Syndrome
Anno: 2011
Etichetta: Consouling Sounds
Contatti: www.facebook.com/syndromechurch - www.myspace.com/noisesyndrome
Autore: Fedaykin
Tracklist
1. Clot
2. Floating Veins
3. Project5
4. Wolf
5. Absence
DURATA: 30:40
Appena qualche mese dopo l’uscita dello splendido esordio dei Kingdom, che lo vedeva in veste di cantante e chitarrista, torniamo a incontrare il nome di Mathieu Vandekerckhove, membro attivo anche di Amenra e Sembler Deah. Il belga, con l’inedito monicker di Syndrome, ci presenta oggi "Floating Veins", un excursus di drone/ambient registrato con mezzi propri ed uscito sotto Consouling Sounds, ideato interamente da lui stesso.
Coloro che hanno familiarità con gli Amenra e con tutta la serie di band che ci girano intorno sanno che, ad accomunarle tutte, c’è un certo modo di intendere la musica, di creare sonorità sinistre, riflessive, e di unirvi un immaginario peculiare, talvolta a sfondo pseudo-religioso; questa micro-scena belga, e in particolare proprio i progetti che portano la firma di Mathieu, si è fatta riconoscere negli ultimi anni per la produzione di dischi di eccellente fattura e personalità, e i Syndrome non sono che l’ultimo di una lunga serie di gruppi che, collaborando tra loro e lavorando sodo, hanno saputo ritagliare il proprio spazio nella scena e crearsi uno zoccolo duro di appassionati, soprattutto nella loro terra natale. "Floating Veins" è quindi un tentativo di espandere ulteriormente i confini di questa realtà, mantenendo tuttavia intatto lo spirito che l’ha resa nota.
Andando ad analizzare nel dettaglio il lavoro in questione, presentato in un sobrio packaging in bianco e nero contenente poche immagini di varia natura, possiamo dire che questo consiste in un delicato equilibrio tra drone e ambient: se da una parte c’è un largo utilizzo di suoni elettronici sovrapposti, molto spesso eccessivamente saturi, in altre parti c’è un approccio decisamente più pesante, rumoroso e lento, e questi due ingredienti sono bilanciati in maniera differente in ognuna delle cinque tracce che compongono l’album, in modo progressivo. Le prime due infatti tendono ad essere più "ambientose"; "Clot", creata con la collaborazione del batterista Dehn Sora dei Sembler Deah, è un pezzo quasi esclusivamente atmosferico (il sussulto allucinante che si ha al primo colpo di tamburo, dopo più di due minuti di torpore e sonnolenza, è assolutamente geniale, rischioso per le vostre coronarie e per i cristalli che avete dentro casa), mentre la title-track, dove si registra l’unica presenza vocale del disco (grazie alla cantante Zohra Atash), è probabilmente la più diversificata del disco, con una bella sessione di chitarra finale che richiama pesantemente, nel ritmo e nella distorsione, quei momenti più "calmi" degli Amenra (ci si aspetta quasi che parta la voce da un momento all’altro, accompagnata da un bel riffone sludge); le due successive muovono invece da territori più propriamente drone, quasi come un rumore di fondo, per andare, in evoluzione, di nuovo verso una proposta più melodica; "Absence", a mio avviso la composizione migliore del disco, è invece una bella summa di quanto sentito, che presenta però una sezione ritmica molto più preponderante e in generale è forse l’unica delle cinque ad avere davvero mordente, grazie al suo maggior dinamismo.
Se infatti l’album raggiunge l’obiettivo di risultare inquietante, a tratti persino terrificante, con questo costante bilanciarsi tra momenti di calma sinistra e altri di un’oscurità quasi noise e grazie anche alla presenza di suoni di fondo ed echi di vario genere in stile quasi cinematografico, è anche vero che nel farlo probabilmente non riesce sempre ad essere convincente; con il passare dei minuti il disco provoca inevitabilmente un certo calo di attenzione, e nonostante la durata relativamente breve resta l’impressione che, partendo dalle stesse basi, si sarebbe forse potuto fare di più. La sensazione che si ha alla fine dell’album non è tanto quella di aver attraversato un vero e proprio viaggio, quanto quella di averne vissuto solo alcune fasi, a tratti non sufficientemente coinvolgenti. Forse è la mancanza di un vero e proprio culmine a rendere l’album particolarmente dispersivo, l’idea che i suoi pezzi siano cinque crescendo che vanno da un punto all’altro, senza però raggiungere una meta precisa, lasciandosi seguire senza dare una scossa vera e propria.
In definitiva, per quanto non consideri "Floating Veins" un album totalmente maturo, c’è da dire che le premesse poste non sono affatto male, e che gli appassionati del genere troveranno sicuramente in questo disco pane per i loro denti, laddove chi non è avvezzo a sonorità di questo tipo probabilmente faticherebbe molto a trovarlo interessante. In ogni caso l’artista belga è stato in grado di far pesare la sua sensibilità musicale anche in questo caso, e per la sua enorme attività musicale non possiamo che augurargli la migliore fortuna.
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lunedì 6 giugno 2011SYNDROME - Floating Veins |
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