Informazioni
Gruppo: Furyu
Titolo: Ciò Che L'Anima Non Dice
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Selvarossa Records
Contatti: myspace.com/projectfuryu
Autore: Mourning
Tracklist
1. Illusione Dei Miei Giorni
2. ...E Poi La Luce
3. Un Momento, Vado A Fuoco
4. Finalmente Io Sono
5.La Vastità Del Mio Tempo/Ciò Che l'Anima Non Dice
DURATA: 31:43
I bolognesi Furyu sono la classica band per cui ti chiedi: come mai non li ho ascoltati prima? Pechè non hanno avuto un'esposizione che si possa definire seria? Non li hanno ancora presi in considerazione? Sì, è vero sono quesiti che più volte in questi quattro anni di Aristocrazia sono andati ripresentandosi con costanza e il mio rimaner male per la poca visibilità data ad act di valore come questo mi lascia sempre più perplesso.
Iniziamo dal monicker, Furyu in giapponese moderno prende il significato di "elegante", in antichità aveva però un valore meno estetico e più emotivo legato a una visione della vita aristocratica del tempo (795-1185 D.C.) malinconica tanto da venir tradotto come "vento e acqua che scorre" simboli di piena libertà, spontanei, delicati e alle volte paragonabili anche a ottime culle per il pensiero.
Cosa rappresenta meglio il viaggiare se non il proprio io che si diffonde nel vento o i pensieri che si fanno trasportare dalla placida corrente di un fiume?
In entrambe le sue interpretazioni il nome incarna la mentalità propositiva del combo emiliano, la musica è un progressive/rock metal che, pur dimostrando di possedere delle qualità tecnico/compositive di ottima fattura, non si limita a una mera e sin troppe volte replicata rappresentazione stilistica fine a sé stessa. Il prog è una cosa che o sai cos'è per natura o finisci solo per divenirne una caricatura vivente, vi dice nulla l'ultima porcata uscita con un altisonante logo svedese? Sì, parlo degli Opeth e di quella trovata alquanto, ehm, imbarazzante di pseudo-prog di "Heritage".
Quale potrebbe essere la differenza fra questo disco e quello? Lì si lavorava solo di mestiere, incollando e controincollando pezzi di altri, facendo ruotare il tutto intorno ad Akerfeldt e alle simil-atmosfere rimaste dell'universo Opeth, dimenticandosi che l'arma fondamentale del genere è il saper offrire oltre una concettualità musicale anche la possibilità all'ascoltatore di focalizzare, immaginare e dare forma alle note. I Furyu tutto ciò l'hanno racchiuso in una chiara visione di quello che intendono per "progressivo".
È un connubio d'influenze vario ma riconoscibile quello che ne cementifica le basi e che va dai Fates Warning ai Queensryche, dai Dream Theater ai Watchtower passando per Death Angel, Heathen e chi più ne ha ne metta, non perdendo mai però il bandolo della matassa che riporta al concept traino dei testi e della parte dimostrativa del booklet. Qui si evidenzia il carattere personale con il quale affrontano il tema di come la rivendicazione del possesso di un "Io" che sia realmente individuale porti a uno snervante, necessario, conflittuale ma fondamentale scontro con ciò che il mondo odierno raffigura, passando per sentimenti contrastati quali solitudine e l'estremo d'essa l'alienazione, l'inadeguatezza e il bisogno di risposte.
"Ciò Che L'Anima Non Dice" è un disco destabilizzante in quanto privo di mezzi termini, in alcune circostanze è schizofrenia pura quella che assume il controllo della situazione per la maniera con la quale cambi di tempo e il mood si susseguono, l'opener "Illusione Dei Miei Giorni" è forse il pezzo più rappresentativo in tal senso. Ascoltando invece la successiva "...E Poi La Luce" ciò che salta all'orecchio è una deriva di stampo funk inserita su coordinate thrash che inevitabilmente mi fa pensare a Rob Cavestany & Soci di "Act III" (1990) una furia sapientemente coniugata con le scelte groovy, jazzy o di stampo atmosferico.
Il rock c'è ed è una presenza strisciante, strumentalmente è riscontrabile in qualche flebile onda post-rock che s'incunea all'interno del calderone d'influenze, è più prominente e importante quella legata all'impostazione del cantato, più similare a forme "alternative" che al prog stesso. Si potrebbero spendere ancora tante belle parole sul lavoro e sulla band, c'è però anche da limare qualche difettuccio, di tanto in tanto sembra ci prendano un po' troppo gusto nel complicarsi la vita, l'esser cervellotici può starci ma alcuni fraseggi alleggeriti avrebbero permesso un maggior slancio.
Una critica circa il fattore derivazione sarebbe invece una crociata persa in partenza, chi non ne soffre? In "Ciò Che L'Anima Non Dice" la personalità dei Furyu è presente, certo l'impronta d'altri ha un peso da ridimensionare se non si vuole rimanere ancorati a questo o quello, ci lavoreranno di sicuro su.
Un album decisamente sopra la media e qualità da vendere, questo sono i Furyu, l'ennesimo act italiano che possiede le carte in regola per fare il grande salto, che sia arrivato il momento per agganciare il treno che conduca la loro musica oltre i confini nostrani? E sarebbe anche in ritardo di un po'... mannaggia.