lunedì 21 maggio 2012

CENERE MUTO - Giambattista Vico


Informazioni
Gruppo: Cenere Muto
Titolo: Giambattista Vico
Anno: 2010
Provenienza: Italia
Etichetta: DNA Collective / Frohike
Contatti: thyminstrel.altervista.org/homecm1.html - dnanetlabel.altervista.org - frohikerecords.com - ceneremuto.bandcamp.com/album/giambattista-vico
Autore: Akh.

Tracklist
I - 1298: Crede'Io Ch'Eo Credette Ch'Io Credessi
2. II - 1349-1353: Summertime (G.Gershwin, I.Gershwin, DB.Heyward)
3. III - 1525: Venezia
4. IV - 1864: Deaf
5. V - 1920: Architexture Delle Lingue

DURATA: 33:42

Edito in formato fisico da Frohike Records (C40 tape, confezione fatta a mano con materiale riciclato, limitato a 70 copie) e distribuito in free download da D.N.A. Collective e Frohike Records. Mi piace iniziare questa visione ai Cenere Muto con questa premessa posta in evidenza sul loro Bandcamp; il perchè è semplice: Libertà, Improvvisazione, Creatività, questa è la sintesi assoluta di "Giambattista Vico".

Come altre forme d’Arte esposte da A. ed E. ci troviamo di fronte ad un’espressione che prende forma dal nulla, se non da un’idea non preconcetta di fare musica, lasciandosi alle spalle stereotipi e clichè. Se ancora si avverte l’influenza teatrale che da sempre contraddistingue i lavori del duo, stavolta dobbiamo ammettere che è solo l’espressività del non schema a fornirci quest’immagine, per darci in pasto cinque brani che sanno fortemente di jazz ("Deaf" ne è una controprova indubbia), contemporaneità e analisi subconscia, in quanto a parte "Architexture Delle Lingue" (brano originariamente affiliato al progetto U.L.S., ma che solamente qui ha potuto esplodere in tutta la sua motivazione) la destrutturazione del veicolo brano è solamente un vestibolo fra la società e gli artisti in questione, passando attraverso la causale letteraria.

Ci troviamo quindi di fronte a frammenti, foto musicali, inadatte a chi non sa indossare abiti leggeri o che non può permettersi dubbi visionari ("Crede'Io Ch'Eo Credette Ch'Io Credessi" mi pare dar subito voce forte in tal senso), per passare ai suoni rivisitati di "1349-1353: Summertime" ma elegantemente contemporanei di Gershwin & Co. in cui nonostante le forti critiche in altri lidi espressi lasciano posto a respiri e ovattate riflessioni su cui farsi semplicemente trasportare, senza l’ansia dell’ansia. Molto suadente anche l’atmosfera generale di "Venezia" che a tratti mi ha riportato alla mente il verbo musicale dei fiorentini Zeph (senza il loro isterismo comunque), un brano che si fa veramente godere per tutti gli otto minuti di lunghezza, in cui sono il frame personalizzato e la visione interiore ad uscire prepotentemente in suoni lievi ed intimi, con alcuni accenni quasi soft rock negli arrangiamenti ritmici, ma che ricreano una tensione affascinante e struggente, quasi come vedere la laguna con gli occhi romantici di un giovane ribelle.

Come accennato "Architexture Delle Lingue" è il brano che più si distacca dal resto in cui gli inserimenti "modernizzanti" si fanno più incisivi, basti vedere la data appresso al titolo per comprendere che l’evoluzione di questo suono è stata calcolata in base ad un’espressiva ben precisa, per quanto sempre libera di crescere indipendentemente. I suoni diventano disarmonici, duri e a tratti nervosi, il tessuto musicale s’incanala in una più precisa connotazione strutturale o comunque meglio identificativa, qui ovviamenti anche i più elastici viaggiatori sperimentatori avranno di che godere grazie ai forti cambi espressivi ed ai contrasti marcati che questo pezzo ha in seno; la percezione di pesantezza aumenta con il passare dei minuti, regalandoci uno spaccato asincrono con il resto del lavoro, ma che ben evidenzia lo stato attuale delle nostre catene artistiche, nevrotiche, acide e frenetiche.

Farei i complimenti alle due etichette per quanto prodotto; "Giambattista Vico" non è di facile assimilazione, chi si diletta con musica mainstream ne stia ampiamente alla larga, perchè potrebbe essere un’esperienza scardinante, dolorosa, mal digeribile; bisogna sapersi integrare con questi suoni per poterne apprezzare la natura non viceversa.

Cenere Muto non è sicuramente silenzio, almeno in questo caso.

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