Informazioni
Gruppo: Krief De Soli
Titolo: Munus Solitudinis
Anno: 2012
Provenienza: Canada
Etichetta: Endless Winter
Contatti: endless-winter.ru
Autore: Mourning
Tracklist
1. Náscentés Morimúr
2. Vita Memoriae - Exordium Sanctus
3. Vita Memoriae - Apogaeus Rerum Vitae
4. Deo Volente... Caelo Tegi
5. Sanguis Et Umbra Sumus
DURATA: 01:09:47
Una cattedrale d'agonia, un posto grigio dimenticato dal tempo nel quale chiedere infinito perdono all'esistenza vissuta, è tornato con il secondo disco il canadese Egregoir de Sang e neanche la più forte e insistente delle luci riuscirà a scalfire il millenario velo che i Krief De Soli dispiegano.
La one man band in questione aveva sorpreso in maniera positiva nel 2010 con il debutto "Procul Este, Profani...", un album che definire "maledettamente religioso" nel suo litaniaco e incessante incedere pachidermico è il minimo. L'ortodossia della quale si nutriva ha condotto il mastermind a evolvere il suo progetto in una forma ancor più claustrofobica, monumentale, complicata da afferrare e facile da subire.
"Munus Solitudinis" è un percorso periglioso, irto di brividi lungo la schiena, un incrocio devastante fra le creature "madre" del funeral quali Thergothon e Skepticism, la solennità in dote ai Pantheist, la capacità comunicativa dei Colosseum e l'estraniante voglia di ricerca ancestrale e melancolia degli Ea; un frullato musicale ed emotivo talmente ingombrante e pesante nel vero senso della parola può stendere un ascoltatore incauto, non è un lavoro da prendere sottogamba.
La struttura architettonica di questo luogo "sacro" nel quale ogni singola nota espande dolore, mestizia e costanti echi di una insoddisfazione morale mai appagata è scandita da monolitiche schitarrate, da synth a cavallo fra sonorità ritualistiche, una rievocazione horrorifica di ciò che è il malessere umano e da una voce pronfonda e cavernosa che "recita" testi in latino. Non vi è un secondo in cui le tracce diano la possibilità di appigliarsi o prevedere una mutazione ambientale verso atmosfere meno cupe, il solo momento nel quale si ottiene una lieve e insperata parvenza di pallore, oscurata comunque quasi nell'immediato dalla gigantesca massa plumbea, è la striminzita esistenza di "Vita Memoriae - Exordium Sanctus", brano di stampo univocamente strumentale che pare abbia il compito di preparare l'ingresso definitivo al cammino di purificazione e fustigazione annunciato da "Náscentés Morimúr" e concluso in perenne decadenza da "Sanguis Et Umbra Sumus".
"Munus Solitudinis" è un diamante allo stato rozzo, il suo fascino funereo, l'incanto sprigionato dalla prova di Egregoir, è racchiuso nella maniera in cui è capace d'innalzare una teca di cristallo millenaria nella quale rinchiudervi. È una strada priva di sbocco ma dalla quale non si ha nessuna intenzione di uscire, la dimenticanza è padrona e il chiedersi il dove e il perché di questo andare non porta con sé che altri quesiti ai quali trovare risposta.
Per i "follower" della scena funeral un lavoro assolutamente da possedere.
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Gruppo: Unchallenged Hate
Titolo: New Hate Order
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: Grind Attack
Contatti: facebook.com/unchallengedhate
Autore: Mourning
Tracklist vinile
1. Concept Of Deceit
2. Dichotomy
3. Of Thousand Fires
4. Democracide
5. Hostile Intent
6. Dowpal
7. Blackwater Rising
8. Wooden Pride
9. WW III
10. The Three Beasts
11. Laid To Waste
12. New Hate Order
Tracklist bonus
1. Henkersmahlzeit
2. Politics (2012)
3. Foul Existence
DURATA: 44:45
I tedeschi Unchallenged Hate si sono pian piano ritagliati una fetta di spazio all'interno della scena death/grind.
La formazione che vede nelle sue fila l'axeman Robert Nowak (ex di Jack Slater, Japanische Kampfhörspiele e membro attivo di Fake Idyll e Phobiat) e il batterista Carsten Rehman (Mercury Tide ed ex Call Of Charon) ha da poco rilasciato la quarta release "New Hate Order" in versione vinile, a questo è stato allegato un codice per il download di tre tracce bonus. In totale ci sbattono contro tre quarti d'ora di musica "no compromise" e dal gusto molto nineties.
Inevitabile citare il Napalm Death fra le influenze primarie, non credo proprio si tratti di una casualità la scelta del monicker, sono poi riscontrabili quelli che erano i Dying Fetus primordiali e in minima parte anche il passato di Nowak negli Jack Slater si fa sentire (ascoltando un brano come "Democracide" lo noterete più che in altri momenti).
Il platter è energico, disposto a percuotere con assiduità e intenzione di affondare i colpi senza pensarci su due volte, ad esempio le accelerazioni di "Dowpal" rimembrano le spietate martellate dei Brutal Truth, le soluzioni in alcuni frangenti avvalorano partiture core come in "Blackwater Rising", la cattiveria di "Of Thousand Fires" dichiara a voce grossa che non si fanno sconti per nessuno e allora... e allora arrivi a "The Three Beasts", pezzo bello quanto inusuale all'interno del contesto sinora snocciolato, e ti chiedi se ci stia davvero bene oppure no, cingendo con melodie malevole azzeccate e la profondità del growl di Tobias a incastrarsi in una forma quasi "epica" che di primo acchito potrebbe spiazzare.
Eppure le sue dinamiche evolutive e una composizione che scardina i sino allora graditissimi ma rigidi cardini death/grind fanno confluire in "New Hate Order" linfa vitale inaspettata. Questi musicisti sanno sorprendere e con la titletrack posta in coda ne danno riprova, confezionando una traccia dalle ritmiche e dagli umori altamente instabili che scemano in un protrarsi di rumori sempre più scevro e minimale sino al definitivo spegnersi.
I tre episodi bonus ("Henkersmahlzeit", la versione 2012 del brano che da titolo al loro secondo lavoro in studio del 2002 "Politics" e "Foul Existence") si allineano alla schiera di legnate ben assestate già esibite in precedenza, il dessert che sta bene a chiusura di un lauto pasto.
Gli Unchallenged Hate sono in ottima forma e si candidano a divenire un porto sempre più sicuro per coloro che amano il death/grind, siete fra loro? Bene, il consiglio è quello di acquistare "New Hate Order" e godervelo a volume esagerato.
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Gruppo: Mortal Infinity
Titolo: District Destruction
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: Digital Media Records
Contatti: facebook.com/MortalInfinity
Autore: Mourning
Tracklist
1. Intro
2. Thrill To Kill
3. At Dawn Of Death
4. Wake Of Devastation
5. Retribution
6. District Destruction
7. Condemned Rising
8. Radical Response
9. Sound Of Brutality
DURATA: 39:19
- "Ascolti thrash?"
- "No, ormai il genere mi annoia, suonano tutti uguali e poi queste nuove band non hanno nulla da dire".
Troppe volte ho letto questo irritante ritornello, mi chiedo davvero cosa si pretenda da gruppi che vivono e amano questo mondo. Dovrebbero forse inserire violini, marranzano e la pizzica all'interno del sound per divenire alternativi e poi essere sputtanati dagli stessi che lamentano una sin troppa "coerenza" stilistica? Misteri della fede, ma non inserite la parola "thrash" e "Trivium" nella stessa frase perché i dolori gastro-intestinali potrebbero colpirmi sul serio.
Detto ciò, iniziamo a parlare dei Mortal Infinity, band teutonica che dopo l'ep d'esordio "Eternal War" del 2010 si è decisa a fare il grande passo, dando alle stampe il full "District Destruction". Come ormai qualsiasi band che s'inserisce nel filone si muove su cardini e soluzioni impossibili da definire anche lontanamente "sconosciute", in questo caso abbiamo una graditissima prestazione di stile Bay Area con gli Exodus a fare da capofila fra i tanti papabili nomi da tirare in ballo. La formazione di Gary Holt, sia nella veste più old school con Steve "Zetro" Sousa alla voce che con quella più moderna con Rob Dukes dietro al microfono, è una presenza persistente e dirompente che s'innesta su basi quindi colme di deja vù ma alquanto solide.
"District Destruction" è un platter molto muscolare che non disdegna l'inserimento di parti blastate in "Thrill To Kill", con semplicità piazza episodi riusciti quali "Wake Of Devastation" e "Retribution", puntando più su ciò che i ragazzi sanno fare bene e non su quanto si vorrebbe fare per spettacolarizzare la prova.
È l'essere talmente naïf e incautamente figlio d'altri (sprazzi di Testament, Vio-Lence, Sodom e aggiungerei Dew Scented fanno capolino di tanto in tanto) a rendere i Mortal Infinity un divertimento scapocciante e privo di assolute pretese, con "At Dawn Of Death" e la conclusiva mazzata a capocollo "Sound Of Brutality" che pongono tonnellate d'attitudine a conferma che il loro thrash possiede le doti per accaparrarsi l'approvazione dell'ascoltatore, pur non escludendo del tutto qualche perplessità sulla longevità della release all'interno delle scorribande musicali giornaliere.
Non posso dirvi che "District Destruction" sia un disco essenziale, di quelli per cui è doveroso ricorrere all'acquisto, è però uno di quei lavori che inseriti "on air" non vi faranno pentire della scelta, per il groove prodotto, quei riff accattivanti, l'impatto che ci si attende da un album thrash e l'impegno profuso.
Se siete fruitori maniaco-ossessivi di questo tipo di release, i Mortal Infinity vi saranno di compagnia; se invece ciò che ricercate è qualcosa di un pizzico più personale, dirottate le orecchie in altre zone, i tedeschi devono ancora trovare la loro identità, sempre che lo vogliano, per ora accontentiamoci.
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Gruppo: Ram-Page
Titolo: Blooming Rust
Anno: 2012
Provenienza: Russia
Etichetta: Metal Scrap Records
Contatti: myspace.com/ram-page
Autore: Mourning
Tracklist
1. Infinite Life
2. The Man
3. Soul
4. Sea Waves
5. Reason
6. Horizon
7. Future
8. Time Fluctuations
DURATA: 25:08
Il metal estremo è letteralmente inondato da band che si propongono e ripropongono con misture trite e ritrite, chi negli ultimi anni non ha ascoltato almeno una cinquantina di produzioni black/thrash o black/death praticamente identiche con l'unica differenza ad occhio nudo che risultava essere il monicker in capo? Questi settori sono inflazionati e, pur nutrendosi della passione e coerenza nell'interesse dei propri sostenitori, non è che facciano gridare al miracolo così spesso. Riusciranno i russi Ram-Page a dire la loro? Credo che siamo ancora lontani dal bersaglio.
La formazione, come tante odiernamente, decide di bruciare le tappe, zero demo e subito due dischi rilasciati uno dietro l'altro, "The Keeper Of Time" e "Blooming Rust", è del secondo che mi occuperò.
Iniziamo dai "problemi" se così li possiamo definire, l'album non è granché come dinamiche, le sezioni classicamente ancorate a un retrò sound thrash il più delle volte risultano sin troppo elementari e tendono a ripetersi, l'escamotage atmosferico in parte salva la baracca e con la discreta capacità di miscelare le diverse correnti mantengono a galla il platter, trovando il modo di farsi apprezzare in un paio di episodi, si vedano "Sea Waves", "Soul" e "Horizon". Peccato sia ancora troppo poco per poter garantire loro un posto al sole.
La produzione è abbastanza pulita e definita, i suoni sono distinguibili ma a dire il vero di black nella proposta racchiusa in "Blooming Rust" sembra esserci solo la presenza dello scream, passabile senza fare davvero la differenza; è tutto troppo livellato verso la più "salutare" e pacata delle sufficienze risicate in zona Cesarini.
Al secondo lavoro in studio e con una durata minima che dovrebbe giocare a favore dei Ram-Page, ci troviamo ancora di fronte a una band allo stato larvale, c'è da affinare le armi, soprattutto per quanto concerne la violenza, l'impatto è spesso ridotto ai minimi termini e ciò diviene una limitazione considerevole per "Blooming Rust". Dovrei quindi consigliarvene l'ascolto? Credo che possiate anche bypassarlo.
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Gruppo: Tygers Of Pan Tang
Titolo: Ambush
Anno: 2012
Provenienza: Inghilterra
Etichetta: Rocksector Records
Contatti: facebook.com/tygersofpantang1
Autore: Mourning
Tracklist
1. Keeping Me Alive
2. These Eyes
3. One Of A Kind
4. Rock & Roll Dream
5. She
6. Man On Fire
7. Play To Win
8. Burning Desire
9. Hey Suzie
10. Mr. Indispensable
11. Speed
DURATA: 49:07
Le Tigri Inglesi ruggiscono ancora, sono passati ormai quattro anni dalla pubblicazione del soddisfacente "Animal Instinct" e i Tygers Of Pan Tang si rifanno sentire alla grande con "Ambush".
La formazione, che vede dietro il microfono dal 2004 il nostro Jacopo Meille e nella quale è rimasto Robb Weir alla sei corde quale simbolo e leader di una line-up storica che non esiste più, è più in forma che mai.
Questo decimo capitolo è la conferma di quanto di buono si era ascoltato in precedenza con un assetto ritmico divenuto ancor più "importante", il nuovo entrato Gavin Gray, ex dei Blitzkrieg che ha preso il ruolo di bassista del dimissionario Brian West, si combina alla grande con il drumming robusto di Craig Ellis.
Dopo un paio di passaggi nello stereo sono rimasto affascinato dal modo in cui le tracce rimangono in testa, pur avendo a che fare con un album che in maniera sapiente fonde hard-rock e heavy metal, riferimenti quali Scorpions, U.F.O. ma anche Ac / Dc per feeling e appeal potrebbero risultarvi poi non tanto distanti da accomunare a certe soluzioni messe in atto dal quintetto.
Sono la facilità d'ascolto e la sensazione che più di una canzone possa finire in un circuito radiofonico, senza per questo poterla definire lontanamente "commerciale" nel senso più becero del termine, a sorprendere, un paio sono letteralmente trascinanti come l'opener "Keeping Me Alive" travolgente nell'operato delle sei corde di Weir e Deano, affascinante nel chorus interpretato con carisma da Meille che in "Man On Fire" poi è a dir poco spettacolare.
Il fatto che io debba chiamare in causa il signor Robert Plant come termine di paragone la dice lunga e non è l'unico brano nel quale lo ricorda, anche "Rock & Roll Dream" regala l'impressione di avere all'orecchio in più frangenti il singer dei Led Zeppelin, oltre a un fantastico assolo.
Non sono esclusivamente quei due gli episodi che si ritagliano spazio e interesse, evocano i fasti del passato dei Tygers Of Pan Tang anche la invitante e old style "She", caratterizzata da ricami latineggianti in fase solistica e dall'intervento delle nacchere, ed "Hey Suzie" che si potrebbe definire il prosieguo ideale di quella "Suzie Smiled" contenuta nello storico debutto "Wild Cat", nella quale l'esecuzione di Jacopo rimembra un po' anche Mr. Joe Lynn Turner.
"Play To Win" si fa notare per un "chorus" dalla presa istantanea e che stranamente ha una certa assonanza con quello di "Salvation" dei Cranberries, cosa che lo rende anche particolarmente divertente da canticchiare, mentre "Burning Desire" atmosfericamente si rivela essere la più scura e seducente, le sensazioni sono vivide e ancora una volta è il ritornello a regalare non un deja-vù bensì l'accostamento mentale ad una realtà immensa e ahimé splittata come quella dei Metal Church, vi sono una sensibilità e un impatto emotivo in quel frangente che mi hanno fatto ricordare attimi stupendi passati ad ascoltare i dischi di quella band.
Prodotto da Chris Tsangarides, nome notissimo non solo per aver curato le loro prime release, impossibile non ricordarlo dietro il mixer che confezionò quel capolavoro che è "Painkiller" dei Judas Priest, e con l'artwork realizzato per l'occasione da Rodney Matthews, in passato già autore di lavori con Scorpions e Thin Lizzy, "Ambush" dichiara d'esser spietato, aggressivo e pieno di sorprese.
Non vi resta quindi che ascoltare e acquistare questa nuova fatica dei Tygers Of Pan Tang, a coloro che avessero erroneamente pensato che avessero mollato la presa, le Tigri dicono chiaramente: avete sbagliato di grosso!
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Gruppo: Marduk
Titolo: Serpent Sermon
Anno: 2012
Provenienza: Svezia
Etichetta: Century Media
Contatti: facebook.com/Mardukofficial
Autore: M1
Tracklist
1. Serpent Sermon
2. Messianic Pestilence
3. Souls For Belial
4. Into Second Death
5. Temple Of Decay
6. Damnation's Gold
7. Hail Mary (Piss-Soaked Genuflexion)
8. M.A.M.M.O.N.
9. Gospel Of The Worm
10. World Of Blades
11. Coram Satanae [bonus track]
Album numero dodici in casa Marduk, quarto con Mortuus dietro il microfono, e aspettative decisamente alte nei confronti della storica formazione svedese che aveva visto il valore delle proprie azioni schizzare nuovamente alle stelle grazie a quel "Wormwood" che aveva restituito alla scena un gruppo ispirato. Davvero in pochi, compreso il sottoscritto, avrebbero scommesso su una ripresa delle quotazioni in seguito alla picchiata dei primi anni del 2000. Il merito di questa rinascita è stato da ascrivere totalmente alla figura del leader dei Funeral Mist, il quale ha permesso alla band di esplorare territori inediti (non per lui ovviamente, visto quanto prodotto nella sua band) e malsani, supportata da prova vocale mai così varia ed eclettica. Lo scorso anno invece l'ep "Iron Dawn" ci ha fatto tornare direttamente sul campo di battaglia fra cannonate e bombardamenti, in una sorta di "Panzer Division Marduk" parte seconda. Cosa aspettarci quindi da "Serpent Sermon"?
Dopo una serie di attenti ascolti emerge un chiaro cambio di rotta, importante per quanto non destabilizzante, la percentuale di violenza torna ad alzarsi pericolosamente e in maniera continuativa, a questo proposito il quartetto di pezzi iniziale è devastante e non lascia scampo. "Messianic Pestilence" ad esempio è una fucilata ultracompressa, due minuti e mezzo di furia senza compromessi. La vena ispiratrice non si è comunque inaridita e qualche soluzione inedita la si ritrova, nel riff in apertura di "Temple Of Decay" dal gusto malinconico e decadente (devo aver ascoltato troppo i Woods Of Ypres negli ultimi tempi!) o nella melodia inaspettata di "Serpent Sermon" che dona al tutto un alone quasi epico.
Vanno sempre a segno invece le stoccate più morbose, quando i giri del motore calano drasticamente e l'orizzonte si adombra pericolosamente come accade nel corso di "Into Second Death" o "Damnation's Gold", non sprovviste comunque di sfuriate arrembanti. Questa continua alternanza consente un ascolto fluido e senza cali di concentrazione, lo dimostra "Souls For Belial", autentica bomba utilizzata fra l'altro per anticipare l'uscita dell'album.
Il fattore sorpresa insomma è venuto a mancare, in cambio i Marduk ci offrono una prestazione davvero omogenea e compatta, dall'alto tasso formale e contenutistico, si percepisce l'affiatamento di un gruppo in splendida forma: Mortuus è ancora una volta eccellente interprete e non soltanto ficcante "urlatore", Morgan vive una seconda giovinezza senza snaturare il marchio "Marduk", i pattern di Lars sono pregevoli e puntuali, mentre il basso di Devo sferza l'aria che è un piacere. La produzione poi contribuisce a donare una certe freddezza e un tocco chirurgico essendo molto rifinita, "Serpent Sermon" è un album studiato in ogni minimo dettaglio e con grande lucidità.
Volendo trovare per forza dei nei, potrei parlare di qualche (lecita) autocitazione con "Hail Mary (Piss-Soaked Genuflexion)" che possiede il gusto di una "Cold Mouth Prayer" stampato sopra o di una seconda parte di tracklist con qualche leggero momento di stanca, bilanciato però da sagge scelte di scaletta come l'inserimento di pezzi brevi prima del gran finale dal titolo "World Of Blades".
Chiudo dicendo che l'edizione in mio possesso è il digi-book in edizione limitata di quaranta pagine, molto sobrio, interamente in bianco e nero, arricchito da alcune immagini legate al concept del disco e dalle informazioni fondamentali. Confezione a parte, è la bonus track "Coram Satanae" a essere l'elemento più succoso e che non sfigura assolutamente al cospetto dei brani precedenti.
Il Dio Babilonese reclama ancora un posto nel Pantheon delle divinità portatrici della Nera Fiamma: continuate ad adorarlo... e se non l'aveste mai fatto redimetevi prima che sia troppo tardi, stolti!
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Gruppo: Fallen Fucking Angels
Titolo: Italian Restaurant
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Noisy Hour Records
Contatti: myspace.com/fallenfuckingangels
Autore: Mourning
Tracklist
1. Lost Over The Mountain
2. Annapurna
3. Italian Restaurant
4. Road Pigs On The Highway [feat. Gerre from Tankard]
5. Veganazism
6. Ludicrous Speed
7. B-Movie Mania
8. Less But Better
9. I Am The Stopper
DURATA: 34:55
I Fallen Fucking Angels sono ormai una realtà consolidata, Butch alla batteria e voce, Sté Giusti e Alberto Moriani alle chitarre e Leonardo Tomei al basso ne rappresentano l'odierna line-up, quella che ha dato alle stampe il terzo full "Italian Restaurant".
Cos'è che piace dei toscani? Sono irriverenti, non si complicano mai la vita e suonano sempre ciò che vogliono come vogliono, mantenendo viva quell'ironia pungente della quale sono sempre stati portatori sani, è buona musica che gode del sound e della naturalezza degli anni Ottanta, non è infatti in discussione l'amore del quartetto per formazioni quali Exciter, Anvil, Savage Grace, Tankard, Saxon, Overkill e via dicendo.
Cosa dovremo attenderci da "Italian Restaurant"? I Fallen Fucking Angels nè più nè meno, brani veloci, l'heavy/speed fatto di riff taglienti, cantato aggressivo che però decanta testi che sanno animare e far divertire, assoli che ti riportano indietro nel tempo, è tutto troppo piacevole per non ascoltarlo e riascoltarlo più volte. I pezzi t'invitano a farti una sana serie di birre in loro compagnia: "B-Movie Mania", "Road Pigs On The Highway" che si avvale della partecipazione di Gerre, l'alcolico cantante degli alcolicissimi Tankard, e "I'm The Stopper", contenuto antecedentemente nello split con gli Ul Mik & Longobardeth e del quale è stato ricavato anche un video, dedicato niente meno che a Pasquale Bruno, uno che la gente la "stoppava" davvero.
La dimensione più adatta per apprezzare questi musicisti è quella live, ogni loro lavoro trasuda carica e passione, coerenza e convinzione dei mezzi in proprio possesso, probabilmente su disco se ne percepisce una quantità decisamente minore rispetto a quanto Butch e soci riescano a trasmettere sul palco e chi avrà avuto modo di vederli in esperienze passate come quelle del Play It Loud, Made In Hell, Acciaio Italiano Festival potrà confermare quest'impressione.
Del resto il titolo di quel primo ep prodotto nel lontano 2005, "Metal Against Mtv", incarna ancora ciò che la band è: una compagine che si mantiene distante e volutamente si fa forza di ciò che è il metal nella sua natura più pura.
Dopo quasi quindici anni d'attività "Italian Restaurant" è la riprova che di loro ci si può fidare, i Fallen Fucking Angels non rifilano fregature.
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Informazioni
Autore: Mourning
Traduzione: Insanity
Formazione
Robb Weir - Chitarra
Craig Ellis - Batteria
Deano - Chitarra
Jacopo Meille - Voce
Gavin Gray - Basso
Anno 2012, i Tygers Of Pan Tang festeggiano l'uscita della decima release full intitolata "Ambush", troverete la recensione nel listone, intanto andiamo un po' a vedere cosa ci raccontano i protagonisti di una storia lunga ormai oltre tre decadi...
Benvenuti su Aristocrazia Webzine, è un piacere e un onore avere la possibilità di avervi ospiti sul nostro sito. Come state? Avete passato l'estate a definire gli ultimi dettagli della nuova uscita che vedrà luce il 24 settembre? C'è ancora l'emozione della "prima" volta dopo così tanto tempo?
Ciao a tutti, come state? Grazie per l'intervista!
Robb: Abbiamo registrato il nuovo album "Ambush" allo studio The Ecology Rooms a Deal, vicino a Dover nel Regno Unito. Lo studio appartiene al nostro vecchio amico e produttore Chris Tsangarides a cui ci siamo affidati per la prima volta da "Spellbound" per tenere sotto controllo la produzione delle canzoni. Penso che per la nostra storia personalmente mi abbia portato alla mente sentimenti dei primi anni Ottanta e l'emozione che c'era per l'Heavy Rock/ Metal a quei tempi.
Chi sono i Tygers Of Pan Tang oggi? Sono passati quasi 35 anni da quando la band è nata, tutte le difficoltà e i cambi in line-up dovuti affrontare hanno lasciato qualche cicatrice o sono serviti sempre e comunque come stimolo per andare avanti?
Robb: I Tygers oggi, e per l'ultimo decennio sono stati... L'italianissimo Jacopo Meille alla voce, Craig Ellis alla batteria, Dean Robertson come mio compagno alla chitarra ed ora Gav Gray al basso, ed io Robb Weiralla chitarra. I cambi di line-up sono parte dell'essere in una band purtroppo; è come essere sposati, le situazioni cambiano per cui a volte si va verso direzioni diverse da quella della band. Al momento può fare male ad entrambe le parti coinvolte ma il termpo guarisce, vorrei anche aggiungere che la band non dimenticherà mai nessun ex-componente e i loro contributi, saranno sempre parte della famiglia.
"Wild Cat" e "Spellbound" rimangono due perle del periodo N.W.O.B.H.M., "The Cage" è forse il più amato/odiato, cosa ricordate di quegli anni? Com'era il movimento metal e quali erano i suoi aspetti positivi? Odiernamente alcuni sono ancora riscontrabili?
Robb: È stato un periodo fantastico per chiunque fosse coinvolto, penso che per capirlo bisognerebbe viverlo. C'era un'atmosfera fantastica, tutti volevano vedere più concerti possibile e le collezioni di dischi erano fonti di invidia e competizione. Tutti parlavano dell'ultima band vista live e di quanto suonasse forte, che chitarre e che batteria usassero. È stato un periodo pesante per l'industria che non si ripeterà mai secondo me.
C'erano formazioni di quel periodo con le quali avevate un rapporto stretto d'amicizia o di rispetto? E fra quelle meno note, ce n'è qualcuna a cui avreste augurato un destino migliore?
Robb: Abbiamo suonato con molte band e artisti che sono riusciti a vivere di musica come Iron Maiden, Saxon, Def Leppard, Magnum e molti altri. Auguro a tutti la migliore fortuna quando entrano nel mondo musicale, è un ottovolante di emozioni.
Facciamo un salto di vent'anni e più parlando direttamente di "Animal Instinct". Le Tigri ruggiscono come un tempo e dietro al microfono c'è Jacopo. Com'è avvenuto l'incontro e la decisione di puntare su di lui?
Robb: Jacopo è stato trovato da un agente che ha organizzato il provino con lui nel Regno Unito, è un grande fan della musica e conosceva già il nostro repertorio per cui l'ha ripassato il giorno prima e poi proposto. Appena l'ho sentito cantare le canzoni ho capito che era l'uomo giusto per il futuro. Onestamente è stato lo stesso quando abbiamo sentito per la prima volta John Sykes suonare la chitarra, si sente quando c'è qualcosa di speciale.
Ho percepito un netto cambio di passo dai due dischi che lo precedono, "Mystical" e "Noises From The Cathouse", la vena rock'n'roll e quella capacità di comunicare con facilità da parte di coloro che possiedono uno spirito libero è tornata a farsi viva. C'è invece qualcosa che avreste modificato in quelle due release?
Robb: "Mystical" stava sondando il terreno ai tempi ed è stato un album con un budget molto basso, "Noises..." è stato sperimentale e completamente diverso. Penso che tutto il feeling fosse troppo moderno per I Tygers, un po' come i Def Leppard ed il loro "Slang". Bisognerebbe fermarsi a fare ciò che si sa fare e per cui si è conosciuti dalla gente, siamo una band che suona canzoni catchy. Non credo che nessuno dei due album sia il nostro migliore.
Diamo spazio ad "Ambush", per prima cosa presentiamo il lavoro ai nostri lettori, a voi la parola...
Robb: Abbiamo discusso con i nostri manager la strategia in termini di sound, produzione e presentazione. Se ne sono occupati loro per noi e ciò ci ha concesso di concentrarci sulla musica. Volevamo tutto ciò che era buono della band nei primi tempi per riaffermare che non dimenticheremo mai il passato anche se siamo concentrati sul futuro. Penso che i fan ameranno questo album poichè è il classico sound dei Tygers con una produzione moderna.
Jack: È l'album dei Tygers che volevamo fare. Ha tutti gli ingredenti: un produttore fantastico, il "Dark Lord" Chris Tsangarides, una cover classica di Rodney Matthews e, soprattutto, undici ottime tracce che non riusciamo a smettere di ascoltare! Per me è il perfetto collegamento tra "Crazy Nights" e "The Cage".
Cos'è successo nel lasso di tempo, quattro anni, che avete avuto a disposizione per comporre le canzoni? È cambiato il modo di dar vita ai pezzi? E quanto è stato rilevante l'apporto di Brian West? Mi pare si sia integrato subito nei vostri meccanismi.
Robb: Il processo di songwriting non è mai cambiato per me in trentacinque anni! Scrivo un riff semplice, aggiungo un'idea per il ritornello e l'assolo, lo registro nel mio studio e lo invio a tutti per chiedere pareri. Dean fa lo stesso con le sue idee e il processo inizia da qui. Il nostro nuovo bassista Gav Gray ci ha ispirati molto! Si è inserito molto bene, il suo modo di comporre ci è di aiuto e la sua tecnica è fantastica! Craig e Jacopo lavorano sui testi e sulla voce e poi proviamo la canzone fino allo sfinimento quando ci incontriamo settimanalmente.
Una cosa che ho notato sin dagli ascolti iniziali, è il fatto che adesso più che mai in passato i ritornelli ti rimangono in testa, ci sono dei brani che potrebbero finire in radio e risultare gradevolissimi pur essendo tutt'altro che commercialotti. Come si fa a non perdere il bandolo della matassa in un mondo metal che sembra sempre più strizzare l'occhiolino ai target "mainstream"?
Robb: La band ha i benefici di trentacinque anni nel mondo musicale con sound e testi riconoscibili. Non ci diciamo "ok, questa canzone deve essere catchy", succede e basta, per qualche miracolo siamo capaci di farlo naturalmente!
Jack: Quando abbiamo scritto le canzoni, sapevamo cosa volevamo ottenere. Per me i Tygers sono sempre stati una band hard rock con un'attitudine heavy nei riff. È questo che costitusice "Ambush"! "Keeping Me Alive", l'opener, è un ottimo esempio: un riff perfetto su cui abbiamo scritto una melodia catchy. Pensate ad alcuni classici di Deep Purple e Thin Lizzy: i Tygers sono figli di quelle band.
"Hey Suzie" è il prosieguo di "Suzie Smiled"? Di cosa parla il testo? Dato che non ho avuto modo di leggerli mi piacerebbe capire in che modo si leghi alla canzone contenuta in "Wild Cat".
Jack: Parliamo della stessa Suzie. È stata un'idea di Craig (il batterista e autore della maggior parte dei testi e delle melodie dell'album, con me e Dean). È invecchiata ma ancora sexy come nel 1980!
Jacopo so che insieme a Francesco Bottai, che suona con te nei Norge, hai una band tributo ai Led Zeppelin, avete preparato un set acustico sempre in omaggio a Plant e soci giusto? È stato amore a primo ascolto con i Led?
Jack: I Led Zeppelin sono la mia band preferita anche se non è stato amore a primo ascolto come si potrebbe pensare. Avevo tredici anni. Il primo album rock che comprai - in realtà chiesi a mio padre di comprarlo - è stato "A Night At The Opera" dei Queen nel 1976. Avevo otto anni. Poi mi sono innamorato dei Kiss e poi degli AC/DC. Il primo album dei Led Zeppelin che ho ascoltato è "LZ I" e non mi piacque. Poi un mio amico mi prestò "Houses Of The Holy" e dopo aver ascoltato "Over The Hills And Far Away" ho adorato la loro musica, e così fino ad oggi!
Ci sono un paio di occasioni, "Man On Fire" e "Rock & Roll Dream", nelle quali si percepisce proprio un'interpretazione dal fascino alla Robert Plant mentre in "Hey Suzie" ho avuto l'impressione venisse fuori anche qualcosa di Joe Lynn Turner. C'è un modus operandi che segui per dare a ogni canzone le linee di voce più adatte?
Jack: Robert Plant è il mio idolo! Penso sia parte del mio DNA, non lo faccio apposta. Nel giorno del suo compleanno quest'anno ho postato su Facebook una sua foto dicendo solo: "Buon compleanno papà!". Sono benedetto dato che il mio range vocale è simile al suo. Joe Lynn Turner è un ottimo cantante, ho amato la sua performance sull'album dei Rainbow. Si può sempre imparare ascoltando grandi cantanti: Paul Rodgers, Lou Gramm (il cantante originale dei Foreigner), l'immenso Freddie Mercury, ma anche Frank Sinatra o Tom Jones... Sono più r'n'r di quanto ci si possa aspettare!
Avete già scelto il singolo che farà da apripista all'uscita di "Ambush"? Se sì, qual è il motivo che vi ha spinto a puntare su quel pezzo?
Robb: Mark Appleton, il capo della Rocksecter Record, sta gestendo la promozione dell'album e sceglie le sue canzoni preferite che sembrano cambiare ogni settimana. Ho sentito almeno quattro canzoni diverse alla radio. L'album è catchy e molte canzoni sono adatte, per questo cambia idea spesso.
Chris Tsangarides ancora una volta dietro il mixer per i Tygers Of Pan Tang, com'è lavorare con questo personaggio? A lui dobbiamo il suono di una miriade di dischi stranoti e che hanno segnato la storia del genere e non solo.
Robb: Chris è una leggenda assoluta e grande amico della band, ci ha anche aiutati nei live nel tour del 1981 prima che diventasse famoso, scommetto che questo non lo sapevate. È un vero piacere lavorare con lui perchè capisce il processo di registrazione ed è un ottimo tecnico.
Nell'ultimo periodo c'è una folta schiera di new act che mantiene vivida l'essenza degli anni Ottanta, gente come Ram, Skull Fist, Striker, Alpha Tiger, Enforcer etc... stranamente però l'heavy, che è il mattone di base del metal viene spesso spodestato dalla miriade di release di stampo più "estremo". Eppure una volta gli stessi Venom non erano considerati appartenenti alla N.W.O.B.H.M.? Cos'è che rende poco appetibile per i più giovani l'heavy?
Robb: Ehi, ci sono molte band che portano il verbo della NWOBHM e fanno tutti un ottimo lavoro. Dico solo che spero continui per molto! Per quanto riguarda la tua ultima domanda, il mondo è cambiato e la moda definisce cosa deve essere popolare e chi deve esporsi ogni sabato alla tv. Non penso che il Rock/Metal sia morto ma è sicuramente meno popolare nel mondo rispetto agli anni Ottanta e Novanta.
A quali eventi live avete partecipato sinora in questo 2012 e quale vi ha lasciato il ricordo migliore?
Jack: Ci siamo divertiti molto allo Sweden Rock. Ottimo pubblico e ottime band. Dean ed io non vedevamo l'ora di ascoltare Michael Schemer suonare con Hermann Rarebell e Francis Bucholz degli Scorpions e Dougie White alla voce. Pioveva, ma siamo rimasti ad ascoltare... E dopo un'ora eravamo sul palco a suonare i "nostri" classici come "Suzie Smiled" e "Hellbound"!
Robb, c'è un concerto o festival vissuto in passato che è rimasto indelebile nella tua memoria per le band che suonarono insieme a voi, per il pubblico o per un qualsiasi altro motivo che lo rese tale?
Robb: Non proprio, amo ogni singolo concerto, dove suoniamo o abbiamo suonato. Continuiamo a suonare in nuovi stati che è molto emozionante anche alla mia età!
Quali sono i programmi per supportare il rilascio di "Ambush"? State programmando una tourné?
Robb: Abbiamo fatto un tour quest'anno e abbiamo suonato qualche canzone di "Ambush", ma non si possono suonare molte nuove canzoni perchè la gente vuole sentire i classici. Continueremo a fare il tour nel 2013 per promuovere il nome della band e "Ambush".
Qual è la vostra vita al di fuori dai Tygers Of Tan Pang? Progetti collaterali, hobby, passioni?
Jack: Come hai detto, suono in una tribute band dei Led Zeppelin chiamata Norge e con il chitarrista abbiamo anche un duo acustico in cui suoniamo riarrangiamenti dei classici degli Zeppelin. Sono il cantante dei General Stratocuster And The Marshals, una band italiana. Il nostro debutto è disponibile su ITunes e si può comprare online. È rock'n'roll con attitudine southern rock. Stiamo lavorando a nuove canzoni per un possibile doppio album. Sarò in un tour in Europa il prossimo ottobre con Carmine e Vinnie Apace. Il progetto si chiama Drum Wars.
Robb: No, solo musica, famiglia e cani.
Al giorno d'oggi si può ancora sperare/sognare di vivere solo della propria musica?
Robb: È dura ma possibile, l'industria rende più difficile farlo rispetto agli anni Ottanta. Credo in "Ambush" e questo viaggio ha ancora molte miglia da percorrere.
Jack: Ci sto provando ma è difficile. Bisogna avere una mentalità molto aperta. Insegno a cantare e questo mi tiene occupato quando non sto cantando, ed è sempre collegato alla musica. Se capisci cosa intendo.
Ringraziandovi per il tempo concessoci e facendovi un grosso in bocca al lupo per la nuova avventura che di qui a poco partirà, vi giro un'ultima volta la parola per concludere come meglio credete la nostra chiacchierata...
Jack: Non vediamo l'ora di sentire pareri dai fan! A tutti i fan italiani state pronti: verremo a suonare molto presto! Attenti: c'è un agguato dei Tygers sulla strada!
Robb: Date un ascolto ad "Ambush" e guardate il sito www.tygersofpantang.com. Abbiamo anche un fanclub chiamato Tyger-Force per cui iscrivetevi anche qui.
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Informazioni
Gruppo: Brain Death
Titolo: Bloody Death Fields
Anno: 2012
Provenienza: Costa Rica
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/BrainDeathMetal
Autore: Mourning
Tracklist
1. Blood In My Hands
2. Empty Souls
3. Follow My Steps
4. Nautilus
5. Premonition
6. Hate
7. No Sign Of Fear
8. Eliminate
9. Beyond Rationality
DURATA: 42:30
I costaricani Brain Death debuttano con "Bloody Death Fields", nessun passaggio intermedio, demo o ep, si punta direttamente al full e il risultato autoprodotto ha i pregi e i difetti di molte produzioni nate forse prematuramente.
È necessario tenere conto anche dei mezzi a disposizione della band perché, parliamoci chiaro, la nota "dolente", se così la vogliamo definire, è la produzione che da un lato avvalora la genuinità della proposta death/thrash del combo, dall'altro evidenzia una definizione del suono non perfetta e una gestione dei volumi non sempre consona.
Eppure l'album, più per l'accezione thrash che per quella death, offre una prestazione che si lascia ascoltare, le ritmiche non sono serratissime ma abbastanza robuste da permettere una decisa scapocciata, vi sono un paio di brani come "Follow My Steps", "Premonition" ed "Eliminate" che svolgono tale compito con più che una discreta resa, ve ne sono poi altri poco piacevoli nel loro esporsi melodico scontato, è il caso di "No Sign Of Fear", dallo strano stacco atmosferico simil Annihilator degli esordi, e "Beyond Rationality" dal buon groove e nulla più.
Ci vogliono olio di gomito e cura dietro al mixer, "Bloody Death Fields" le basi dimostra di possederle, qualche spunto gradevole lo palesa, la solistica a esempio è più che soddisfacente così come la prova di Arturo Ramìrez dietro al microfono, è ovvio però che il fattore derivazione è una costante, il numero di act da poter chiamare in causa meriterebbe l'infinito, pur se a onor del vero se ci si fermassea questo ostacolo iniziale probabilmente non si ascolterebbe più nulla.
È solo il primo passo compiuto, forse si sarebbe potuto attendere, è anche vero che provare nella vita non può che portare con sé lezioni da tenere in considerazione per il futuro e dato che i Brain Death sembrano parecchio attivi in sede live, il suonare e il mettersi in discussione auguriamo siano d'aiuto verso una seconda release che sia maggiormente evoluta e completa nel dettaglio.
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Gruppo: Cherry Blossom Chains
Titolo: Enslavement Through Flowers
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: D.N.A. Collective
Contatti: cherryblossomchains.net84.net - dnanetlabel.altervista.org - Facebook
Autore: Dope Fiend
Tracklist
1. Dakryon
2. Enslavement Through Flowers
3. Mermaid Angel
4. Waltz Of Bleak Schizoidia
5. Memories (Autumn Inside)
6. Ghost Shadows And Screaming Mirrors
7. Requiem Of Love - Lullaby Of Hate
DURATA: 45:20
Prima che vi apprestiate a leggere questa recensione, è necessario che io faccia una premessa: l'Elettronica (perchè è questo ciò di cui parleremo) è un panorama musicale che ritengo potenzialmente interessantissimo ma di cui, purtroppo, ho una conoscenza piuttosto limitata. La mia seguente disamina, quindi, non sarà improntata su aspetti tecnici o di appartenenza a certi correnti piuttosto che ad altre bensì ciò che leggerete sarà un resoconto delle mie personali sensazioni.
Cherry Blossom Chains nasce verso la fine del 2011 per mano di Vlakorados, già mastermind del progetto Lolicore (corrente della musica Elettronica ispirata dal mondo otaku) denominato Bloody Vomit Bukkake.
Le prime composizioni erano orientate verso un Black Metal sperimentale ma poco dopo sono state rimaneggiate fino a divenire ciò che oggi possiamo trovare nell'album di debutto "Enslavement Through Flowers".
A detta dello stesso Vlakorados, la via musicale intrapresa trae ispirazione dalla sofferenza e dal dolore della vita, è un tentativo di esprimere ciò che non può essere espresso e, personalmente, ritengo che tale descrizione calzi a pennello.
Volete sapere a cosa ho associato il disco la prima volta che l'ho ascoltato?
Avete presente le macchie di Rorschach?
Bene, quei disegni ambigui tanto utilizzati nei test della personalità e diversamente interpretabili da ognuno sono proprio ciò che ho spontaneamente associato a Cherry Blossom Chains.
La title-track del disco ci scaraventa da subito al cospetto di un tormento angosciante che vive e prospera nello Spirito, un disagio virale nel cui nucleo si susseguono senza sosta immagini di vita di una splendente bellezza che, nell'istante immediatamente successivo, vengono sepolte e occultate da coltri di oscura e profondissima tristezza.
Ed è qui che assistiamo ai picchi emozionali del disco: "Mermaid Angel" (con il suo attacco che in qualche modo mi ha ricordato i Profanum per l'aura intensa ricreata) è un pezzo di una profondità stupefacente, probabilmente il migliore del lotto assieme a "Waltz Of Bleak Schizoidia" che, con la sua perversa e angosciante follia, porta alla ribalta la componente più isterica della proposta e sembra ribollire senza sosta sui fondali di un oceano acido popolato da demoni indescrivibili e orrori che nessuno potrà mai comprendere appieno, nessuno al di fuori di chi è costretto a conviverci quotidianamente.
La situazione cambia un po' quando entrano in gioco le successive "Memories (Autumn Inside)" e "Ghost Shadows And Screaming Mirrors" che si dimostrano alternativamente rilassanti e nervose: sembra che la creatura che stiamo osservando sia ora piombata in una sorta di cupa e malinconica rassegnazione, rinchiusa in un inaccessibile angolo dell'universo in cui potrà crogiolarsi e nutrirsi della sua stessa insania, eternamente tormentata dal terrore di esistere, stremata da quell'insopportabile sensazione che tramuta in uno sforzo orrendo ogni ulteriore istante di vita, incapace di dare un senso al dolore estremo che dilania il suo Spirito e consuma la sua mente.
La conclusiva "Requiem Of Love - Lullaby Of Hate" è una marcia dall'incedere quasi soave di cui è difficile interpretare il significato: guarigione o semplice accettazione che conduce alla quiete?
Come già accennato, l'album, musicalmente parlando, si piazza in un territorio in cui confluiscono Dark Ambient ed Elettronica, il tutto annegato in atmosfere dal retrogusto gotico e in cui la primaria impronta Black Metal è forse vagamente percepibile soltanto nella ripetitività ossessiva delle strutture.
"Enslavement Through Flowers" offre però il meglio di sè dal lato emozionale: è il ritratto di una personalità espressivamente disturbata, bipolare e disagiata che, in ogni sua sfaccettatura, non potrà che ammaliarvi e conquistarvi come una mitologica sirena.
L'uscita è stata supportata dalla netlabel nostrana D.N.A. Collective, dal cui sito è disponibile il disco in download gratuito e io mi dolgo soltanto del fatto che "Enslavement Through Flowers" non sia stato prodotto anche in forma fisica (lo meriterebbe da ogni punto di vista) ma chissà...
Nel frattempo non posso che consigliare caldamente questo album bellissimo, incredibilmente personale e curato: non ve ne pentirete!
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Gruppo: Rise Above Dead
Titolo: Stellar Filth
Anno: 2012
Provenienza: Milano, Italia
Etichette: Shove Records / Moment of Collapse Records / Forever True Records
Contatti: riseabovedead.com
Autore: Advent
Tracklist
1. Hide And Weep
2. No Land Toward The Sea
3. Bury Them In Dust
4. Stellar Filth
5. Light Release
6. End Of A Kingdom
7. A Thousand Thorns
DURATA: 47:09
I figli dei The Secret rivendicano un’identità più bastarda e sludge/doom. Vogliono avvicinarsi ai migliori del post-metal: gli AmenRa sono il primo nome che vi verrà in mente mentre ascolterete "Hide And Weep", poi a ruota seguiranno i Cult Of Luna e gli Isis. Il riffing è molto oscuro e trattenuto come se i ragazzi amassero tenersi in apnea con tutti gli strumenti per poi annaspare sulla superficie schizzandoci di schiuma nera, una batteria spartana ma decisa, un basso corposo e una voce robusta in perfetto stile hardcore. Gli accordi sono magici e semplicemente azzeccati, si sente che i Rise Above Dead non vogliono essere da meno ai Neurosis anche se la strada che porta a quella qualità è ancora lunga. E’ evidente una decisa maturazione, la band è cresciuta in una maniera inaspettata magari per chi ricorda il loro primo esordio, hanno staccato il cordone ombelicale a tutto l’hardcore che c’era in loro, il doom metal più psichedelico spesso si impone come padrone delle loro anime e soprattutto in quei frangenti risultano allo zero per cento derivativi. Una nota molto positiva va alla produzione definitivamente eccelsa che al sottoscritto ricorda parecchio anche i Viscera/// oltre agli Isis e gli AmenRa (pur se questi ultimi come voce sono su un altro pianeta). L’uscita analizzata nella sua interezza è massiccia, il song-writing spontaneo e rigido allo stesso tempo, non cervellotico ma nemmeno banale. Il formato del disco è unicamente il vinile, pertanto questa recensione è stata fatta su degli mp3 di alta qualità, anche se restano pur sempre dei freddi mp3, se l’esperienza non mi inganna (dato che possiedo qualche vinile) l’ascolto sul dodici pollici dovrà essere nettamente superiore, o mi sbaglio? Certo è che non sono più dei ragazzi alle prime armi, possono stare benissimo con Lento, Tons, Grime e Last Minute To Jaffna senza sfigurare, vediamo se le sorprese termineranno con questo "Stellar Filth", chissà.
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Gruppo: Symbiosis / Winterblood
Titolo: Contemplando La Rotazione Degli Astri Attorno Ad Un Punto Immobile
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Black Death Productions
Contatti: Symbiosis - Winterblood
Autore: Akh.
Tracklist
Symbiosis
1. Sospiri d'Autunno
2. Bianca
3. Omphalos
Winterblood
4. Crepuscoli Solitari
5. I Monti Pallidi
6. Samblana
DURATA: 70.00
Dalla Toscana sono usciti spesso gruppi o progetti di grande valore artistico ed è grazie alla polacca BlackDeath Productions che giungono a noi i Symbiosis e (i già noti ai nostri lettori) Winterblood, autori di uno split di puro e glaciale Dark Ambient. Due gruppi che non sono certamente alle prime armi e che stanno ricevendo ampi consensi a livello internazionale.
Dividendosi un lato ciascuno (dato che il formato in questione è una cassetta professionale dalla tiratura limitata a 333 copie), parte Symbiosis. Il genere D.A. ha coordinate spesso ferree soprattutto quando possiede inclinazioni atmosferiche o naturalistiche, in cui le coordinate elargite da Vinterriket sono riseguite dai discepoli molto da vicino; "Sospiri D'Autunno" ne sembra la conferma, ma ci sono lievi particolari che non mi fanno precisamente credere a quanto appena pensato, indirizzando la mia riflessione sull'impatto emozionale percepito.
Cosa fa la differenza quindi? La sensibilità, l'interpretazione, la ricerca del suono e della vibrazione giusta al concetto da esprimere.
Ecco la chiave di lettura, il farsi trasportare, il cedere ai suoni e alle loro onde oniriche, il procedere quasi in forma meditativa all'ascolto per poter scoprire il valore trascendente di questa musica, quell'elevarsi verso l'alto di cui questa tape è pregna; un'osservazione mentale del planisfero celeste lungo settanta minuti questo è "Contemplando La Rotazione Degli Astri Attorno Ad Un Punto Immobile".
"Bianca" è un andamento dai tratti personali che rapisce e incide, un brano corto, intenso e ricco di spessore e movimento che ben riesce ad aprire il varco per l'astrale "Omphalos", dai suoni che riportano a mente il Burzum più dilatato; ma come detto in precedenza la vocazione cosmica è assolutamente più elevata e certa effettistica fa veramente staccare la spina per attirarci in maniera catartica verso le lande più lontane del Cosmo, giungendo in fine davanti ad un tempio aulico da pura commozione, in un crescendo maestoso ed imponente.
Il lato Winterblood non si discosta dalle coordinate precedenti del conterraneo progetto Symbiosis, suoni dilatati e freddi appaiono a formare "Crepuscoli Solitari" e qui giunge a me un nuovo quesito: questo è forse (in toto) un tributo alla solitaria esplorazione di quegli esseri che ricercano l'insondabile muoversi dello Spirito attraverso il movimento delle Sfere Celesti?
Il rapporto percepito in questo senso è molto toccante ("Monti Pallidi" ne è un'altra conferma), quasi struggente, nel tentativo monumentale di ricreare quella sensazione di estraniazione partecipativa con le correnti uraniche che muovono l'Universo; la solitudine cosciente che ogni uomo ha davanti a certi spettacoli ha del mirabile e allo stesso tempo del folle, perchè intenzionato ad andar oltre alle proprie membra per ricongiungersi a quel Pneuma perduto, per ricongiungersi alla Luce Aurea, creando uno stato di pura ascesi, come nella seguente "Samblana".
Quest'ultimo brano è associabile a mio modo di sentire sia alla fondamentale "Tomhet" per la sua sensazione di vuoto e assoluta deriva mentale, sia a "Rundgang Um Die Trasnszendentale Saule Der Singularitat" per il suo incedere mantrico e mistico dai lunghi accenti ipnotici, una lenta marcia verso il cuore del più puro se stesso, trovando la finale rivelazione comunicativa con l'immobile Sole Polare.
Ringrazio e plaudo la B.D.P. per averci elargito questo lavoro che sono sicuro diverrà col tempo un culto (e non solamente per il formato), in quanto i due gruppi (che ottimamente si equivalgono, ben si amalgamano e supportano vicendevolmente) si sono prodigati a regalarci oltre settanta minuti di pura emotività ambientale, che trova la sua soluzione opportuna con cuffie e volta stellata a completa disposizione, donando a chiunque le basi per essere rapiti dalla grandezza superiore dell'Opera.
Un lavoro da non farsi assolutamente scappare; il Cosmo ha trovato il suo freddo respiro; uno spaccato di puro Universo.
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Gruppo: Grand Alchemist
Titolo: Disgusting Hedonism
Anno: 2012
Provenienza: Norvegia
Etichetta: Lydfella
Contatti: myspace.com/grandalchemist
Autore: Insanity
Tracklist
1. Créme De La Créme Collapse
2. Deserted Apocalyptic Cities
3. Disgusting Hedonism
4. Strongly Addicted To A Stimulating Despair
5. Alcohol And Gambling
6. Synthetic Physical Intercourse
7. Touching The Cause Of My Muse
8. A Brilliant Dissonance
9. Requiem (An Ode To Agony)
DURATA: 47:12
Il tempo passa un po' per tutti, eppure c'è chi sembra non sentirne le conseguenze. Prendiamo come esempio i Grand Alchemist, il debutto "Intervening Coma-Celebration" è datato 2002 e il suo successore ha dovuto aspettare esattamente un decennio prima di venire al mondo. Sappiamo bene che i grandi ritorni spesso e volentieri lasciano l'amaro in bocca, non nego però che da amante del Black sinfonico la curiosità e soprattutto la speranza verso il nuovo lavoro dei norvegesi fossero notevoli. Dieci anni non sono pochi, possono cambiare molte cose, soprattutto considerando che la band non ha una discografia abbastanza lunga da poter mostrare uno stile consolidato nel tempo; sono rimasto sorpreso nel sentire che questo "Disgusting Hedonism" sembra la diretta conseguenza del suo predecessore, è come se i due dischi fossero stati registrati a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro. Lo stile è sempre riconoscibilissimo ed ha mantenuto le proprie caratteristiche di base invariate: le tastiere che ora più che mai rimandano agli Arcturus (specialmente le parti di pianoforte, assolutamente ottime e perfettamente inserite) giocano ancora un ruolo importante nella creazione di atmosfere magiche, sembra di essere coinvolti in un misterioso rituale dell'antico Egitto e questo aspetto è evidente in tracce come "Alcohol And Gambling" (tra gli episodi più riusciti, grazie anche ad un uso del clean azzeccatissimo) e "Strongly Addicted To A Stimulating Despair". C'è da dire che non si parla più di semplice Black, sono presenti evidenti influenze Progressive a partire dalle chitarre, sia nei numerosi assoli che in fase ritmica, per arrivare a parti di tastiera che prendono a piene mani dal genere citato; qua e là possiamo trovare inoltre tracce di elettronica, i synth di "Requiem (An Ode To Agony)" e il brevissimo intermezzo nella seconda metà della splendida "Deserted Apocalyptic Cities" ne sono esempi evidenti ma come noterete non è niente di eccessivo. Tutto ciò è valorizzato da una produzione pulita (sia chiaro, lontana dal cellofan) che mette in evidenza ogni singolo aspetto del disco, compresa la sezione ritmica che risulta molto varia e sempre adatta al mood.
Come detto sopra, "Disgusting Hedonism" può benissimo essere considerato l'evoluzione del disco di debutto, pertanto se avete apprezzato il primo non farete fatica ad innamorarvi di questo secondo parto; per chi, affine alle sonorità descritte, non conoscesse la band l'ascolto è consigliatissimo, è una di quelle tante perle che purtroppo non hanno la fama che meritano.
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Gruppo: Sabbat
Titolo: Bloody Countess
Anno: 2011
Provenienza:
Etichetta: FOAD / Scareystore
Contatti: myspace.com/sabbatofficial
Autore: ticino1
Tracklist
Contiene tre CD con diversi pezzi rari o inediti, fra cui la demo "Bloody Countess" e tracce del gruppo predecessore chiamato Evil.
DURATA: 222:39
Gli ultimi due o tre anni sembra che siano stati dedicati ai maniaci alla ricerca di registrazioni rare. Grazie a case come la FOAD oppure la HRR anche i loro sogni più lubrici e perversi si stanno realizzando. Fortunatamente le persone competenti che operano nel retroscena di queste etichette pensano allo stesso modo degli ascoltatori e il motto "da fans per fans" prende davvero vita; si presenta sotto forma di dischi pieni d’informazioni dettagliate. Un tale impegno manca sfortunatamente durante la preparazione di gran parte dei lavori pubblicati oggi.
Chi di voi può affermare con sicurezza di possedere la discografia completa dei Sabbat, eroi del black thrash giapponese? Pochissimi probabilmente. Il gruppo dal Sol Levante vanta una lista lunghissima di uscite ufficiali, e ancora più vasta di bootleg, che è il risultato di quasi trent’anni di lavoro e passione.
La casa torinese FOAD Records ha pubblicato nel 2011 questo digi-book di lusso contenente tre CD pieni zeppi di registrazioni rare o inedite, datate dal 1983, qui ancora sotto il nome Evil, al 1987 con pezzi apparsi poi sulla cassetta demo intitolata "Bloody Countess". I maniaci, feticisti di catene, chiodi, cuoio e cartuccere, i fanatici di storia metal e altri ospiti del reparto psichiatrico troveranno molto da sfogliare e leggere; non solo un estratto da una fanzine v’incuriosirà (questo purtroppo davvero piccolo da leggere in formato CD) ma anche diverse fotografie dell’epoca che celebrano l’esaltazione per le pose e mostrano un catalogo di abbigliamenti davvero scurrili. In poche parole imparerete che cosa significhi il termine "true". La scaletta ci offre l’ascolto di un gruppo che non era ancora maturo, in quegli anni non era davvero necessario esserlo, ma pieno di sé e voglia di vincere. Le tracce non sono ordinate cronologicamente e per prime ascoltiamo allora le canzoni di quello che diventerà "Bloody Countess", titolo che definisce anche il nome della collezione. Passiamo al secondo CD per rivivere un poco dello spirito d’allora. Gran parte delle piste sono cover dei Venom che dimostrano quanta influenza avesse in quegli anni questo gruppo britannico in tutto il mondo metallico. Indubbiamente interessante è il terzo disco che contiene delle tracce incise durante due concerti in Giappone, uno nel 1986 e l’altro nel 1987. È difficile per i più giovani realizzare cosa significasse ascoltare metal in quel periodo in Europa; non oso pensare a quanto fosse ridotta l’offerta in Giappone. Immagino che il pubblico fosse davvero grato di poter assaporare il gusto di un poco d’acciaio durante un sabato sera. L’impressione datami da queste testimonianze possenti e piene di violenza attizza la mia fantasia e mi convincono che i fanatici presenti siano rientrati a casa estenuati ma soddisfatti.
È quasi inutile ricordarlo ma, per evitare una delusione ai lettori con gli orecchi fini, voglio dirvi di non dimenticare che questi nastri furono registrati più di un quarto di secolo fa e, nonostante la qualità sia buona, non è da paragonare a lavori in studio. Piccola pecca che ho trovato, e che spero sia solo propria della mia copia, è la rilegatura debole: il libretto si stacca già ora dalla copertina.
Lascio a voi il piacere di scoprire questo pezzo di storia e di cultura metallica.
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Gruppo: Fear Of God
Titolo: Fear Of God
Anno: 1987 / 2012
Etichetta: FOAD / Scareystore
Contatti: fearofgod.ch - scareystore-xx.hxcspace.com
Autore: ticino1
Tracklist "Lato A"
Rubbish Planet
Controlled By Fear
Prisoner Of Your Ideals
Under The Chainsaw
Trouble Maker
Proud On Your Pride
My Hands Deep In Your Guts
Which Way?
Pneumatic Slaughter
A Life In Rigorism
7 Up
Tracklist "Lato B"
Circle A
Running Through The Blood
Raise The Siege
Pelzfotze
I’m Positive
The Two Sides Of The Coin
Locked Away
I’ve Seen
Absolution
First Class People
DURATA: 11:30
Paura di Dio... il bigottismo da essa provocato, e diffuso ancora oggi in alcuni luoghi, era comune una trentina d’anni fa soprattutto nelle pittoresche e fiorite regioni della Svizzera centrale, costellata da verdi montagne con picchi impolverati qui e là da candida neve primaverile che, stoicamente, resiste all’attacco dei raggi solari sempre più possenti. Erich Keller e i suoi compagni si opponevano a questo e ad altri problemi dell’epoca. Molti temi si discutevano e apparivano sovente nei quotidiani. Il terrore provocato dall’impalpabile energia nucleare provocava, come ancora oggi, movimenti di protesta, la vivisezione di animali innocenti a favore di studi a volte utili schifava una grande parte della massa, immagini di giovani foche dal manto bianco intriso del loro sangue, a volte scotennate vive, creavano sentimenti d’odio verso coloro che si abbigliavano con le loro pellicce. L’idealismo sfrenato di Erich portò presto allo scioglimento dei Fear Of God che lasciarono comunque dietro di loro una traccia profonda nella scena noise e grind, influenzando molte formazioni desiderose di produrre suoni duri ed estremi. Era un’epoca in cui la difficoltà per scoprire gruppi che si spingessero tanto lontano negli esperimenti, esplorando a fondo i limiti dell’estremismo musicale, era enorme.
La casa italiana FOAD è condotta da veri maniaci ossessionati dall’origine delle sonorità estreme che rendono onore alla musica dura, trattandola per ciò che è: un pezzo di cultura da conservare per i posteri. Ogni progetto è un poco di sangue e sudore che merita lo sforzo, a volte davvero duro con i tempi che corrono, di spendere qualche Euro. Perché scaricare tutto, quando etichette simili offrono magnifici prodotti di alta qualità e da collezione che invitano a tastare, sfogliare e leggere? Come si dice? Meglio pochi ma buoni.
Qualche anno fa uscì già il CD, cercavo da anni le registrazioni, con queste ventun tracce estreme; oggi tengo fra le mie mani tremanti dall’emozione il "picture disc" di sette pollici con la sua magnifica copertina apribile in stile "gatefold". Mentre tolgo il disco dalla custodia, scopro un autoadesivo a immagine del fronte, che potrete conservare come parte integrante del prodotto in collezione o utilizzarlo per abbellire cartelle di scuola, lo stereo o altro. La FOAD resta otticamente fedele all’originale e all’interno troviamo dunque anche i testi molto critici che rispecchiano le idee di Keller e lo spirito di quegli anni, così come furono pubblicati con l’originale.
Questo è indubbiamente un pezzo per i veri fanatici, amanti del vinile e per collezionisti. L’etichetta torinese non ha, come di consueto, rinunciato a buttare il cuore oltre la trincea, e anche di più, per viziarvi. Onorate questo sforzo e visitate il suo sito.
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Gruppo: Oprich
Titolo: Север Вольный [North The Boundless]
Anno: 2010
Provenienza: Rybinsk, Russia
Etichetta: Casus Belli Musica
Contatti: oprich-band.com
Autore: Bosj
Tracklist
1. Приходи, Зима [Let Hiems Come)
2. Гнев [Wrath]
3. Нехристи [Non-X-tians]
4. Сечей раскали клинок [Make Burning Hot The Blade Of Battles]
5. Предки [Ancestors]
6. Купала [Midsummer]
7. Дорога [A Road]
8. Прощальная
DURATA: 39:38
Dal mezzo del nulla, nelle profondità delle terre di Madre Russia, arrivano gli Oprich, sestetto dedito, manco a dirlo, al folk di estrazione "etnica", quello che se non tutto certamente molto deve ai soliti Temnozor' e Nokturnal Mortum (che russi non sono, d'accordo, ma ci siamo capiti). Ora, rispetto a questi due nomi altisonanti è bene fare una precisazione: la formazione di Rybinsk è molto lontana dalla malvagità congenita di "Lunar Poetry" e dal profondo intimismo di "Folkstorm Of The Azure Nights", per sposare un verbo più semplice e alle volte "battagliero", che, tocca dirlo, oggi "tira". Qualcuno ha detto Arkona?
La scelta di posizionamento del combo poi non è necessariamente negativa: inquadrata la formazione per quello che è, ossia un onesto act che fa dei flauti suonati dall'immancabile pulzella (Rada, questo il suo nome, che si occupa anche di un discreto quantitativo di strumenti tradizionali, quali zhaleyka e sopilka) e del cantato pulito in lingua madre i propri fondamenti, gli amanti del genere non tarderanno a farsi contagiare dall'atmosfera ancestrale e folkloristica di questo debutto sulla lunga distanza.
Prati verdi, corsi d'acqua limpidi e freddi, battaglie da tempo dimenticate, notti d'estate e quant'altro sono ciò che gli Oprich offrono, il tutto perfettamente corredato da un booklet dettagliato e curato in ogni singolo aspetto, dalle note di produzione, alle fotografie, alle immancabili greche runiche disseminate qua e là. E se come me avete problemi con l'alfabeto cirillico, non preoccupatevi, perchè la band fornisce anche, all'interno, le traduzioni di titoli, testi e credits. Insomma, un prodotto finito con tutti i crismi.
La pecca più grande, volendo essere pignoli, è la poca incisività del riffing chitarristico: elemento di secondo piano per la gran parte della durata del lavoro, quando a farla da padroni sono i tradizionalismi sovietici, le sei corde non sono tuttavia in grado di lasciare il segno nei momenti in cui tentano di imporsi sul sound generale, proponendosi come veicolo di epiche cavalcate, ma mancando di spunti personali e finendo con il risultare troppo di contorno anche quando vorrebbero essere protagoniste. Questo detto, è pur vero che il metallaro in cerca di riffing di qualità in primo piano non andrebbe mai a ficcare il naso in casa Oprich, prediligendo mete ben diverse.
Per tutti coloro che sognano Masha Ahripova vestita di pelli d'orso, o che sono semplicemente affascinati dal lore della steppa russa, al contrario, ecco un nome di possibile interesse.
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Information
Author: Mourning
Line-up
Robb Weir - Guitars
Craig Ellis - Drums
Deano - Guitars
Jacopo Meille - Vocals
Gavin Gray - Bass
In the year 2012, Tygers of Pan Tang look to release their tenth full length release entitled "Ambush", you can find the review in the list; now let's see what a more than thirty years old band can tell us.
Welcome on Aristocrazia Webzine, it's a pleasure and an honour to have you here on our website. How are you doing? Did you spend this summer retouching the new album which will be released on September 24th? Is the "first time" emotion still present, even after so much time?
Hi everyone, how are you all doing? Thank you for your interview!
Robb: We recorded the new album "Ambush" at The Ecology Rooms recording studio in Deal near Dover in the UK. The studio belongs to our long-time friend and producer Chris Tsangarides who we commissioned for the first time since the "Spellbound" album to take control of producing the songs. I think because of the history between us both it certainly brought back for me personally the memories and feelings of the early 80s and the excitement there was with Heavy Rock/ Metal at that time.
Who are Tygers of Pan Tang today? Almost thirty-five years have passed since your birth, did all the difficulties and line-up changes leave any scars or were they a reason to not give up and to continue your story?
Robb: The Tygers today, and indeed for the last decade or so have been and are... Italy's very own Jacopo Meille on vocals, Craig Ellis drums, Dean Robertson my fellow guitarist and now Gav Gray on bass as well as myself Robb Weir, guitars. Line-up changes are part of being in a band unfortunately; it is just like being married, people and their circumstances change so at times it means that they want to go in a different life direction than the band. At the time it can hurt for both parties involved but time heals, I would like to add though that the band will never forget any previous band member or their contributions they made, they will always be valued as part of the band family.
"Wild Cat" and "Spellbound" are two gems of the N.W.O.B.H.M. era, "The Cage" is probably the most loved/hated one, what do you remember of those days? How was the Metal scene and which were its positive sides? Are they present today too?
Robb: It was such a fantastic time for everyone concerned, I guess you had to be there to truly experience it. There was such a vibe in the air, everybody wanted to go and see as many shows as possible and record collections were a source of envy and competition. Everybody was talking about the last band they saw play live and how much backline they had and how loud they were, what guitars they were using and what drums were played. It was a huge time for the Industry that will never be repeated in my view.
Did you use to have relations and friendships with other bands during those years? And among the less famous, is there any of them which you wanted to wish better luck to?
Robb: We have played with a lot of bands and individuals who have made a great living from music such as Iron Maiden, Saxon, Def Leppard, Magnum and loads of others. I wish anybody and everybody all the best luck in the world when they enter the world of music, it`s an emotional roller coaster.
Let's step back to 2008 and talk about "Animal Instinct". The Tygers still roar and at the vocals there is Jacopo. How did you meet him and why did you decide to welcome him in your line-up?
Robb: Jacopo was sourced through a Talent Agent who arranged for him to come to an audition in the UK, Jacopo is a huge music fan and he already knew our repertoire so he had revised the songs prior and nailed them on the day. As soon as I heard him sing the songs I knew we had the right man for the future. In fairness it was the same when we heard John Sykes first play the guitar, you can tell when there is something special in the room, you just know.
I felt a big change compared to the two previous works, "Mystical" and "Noises From The Cathouse", the Rock'n'Roll vein and that ability of communicating easily typical of the ones who have a free spirit came back on that album. Is there something that you wanted to change in those two releases?
Robb: "Mystical" was testing the water at the time and a very low budget release, "Noises..." was an experimental album and a different affair completely. I think the whole feel of the album was a bit too modern for the Tygers, a bit like Def Leppard and their, "Slang" album. You should stick to what you know, and the public know you for because were good at that, we are a good time band who play catchy songs. I don’t think either album was our greatest hour.
Now it's time to talk about "Ambush", first of all let's introduce this album to our readers, tell us anything about it...
Robb: We discussed with our management the strategy on terms of sound, production and presentation. They went away and made it happen for us which then allowed the band to concentrate on the music and songs. We wanted everything that was good around the band in its early days to re-affirm that we will never forget the past even if we are fully focused on the future. I think the fans will love this album as its classic Tygers with modern production.
Jack: It’s the Tygers album we wanted to do. It has got all the ingredients: a fantastic producer: the "Dark Lord" Chris Tsangarides; a classic album cover from Rodney Matthews and, most of all, 11 killer tracks we can’t stop listening to! To me it’s the perfect link between "Crazy Nights" and "The Cage".
What happened during these four years in which you wrote the songs? Did the composition process change? How much has been important the influence of Gavin Gray? I feel like he got immediately into the band.
Robb: The song writing process has never changed for me in 35 years! I write a simple riff, add a chorus and solo idea, record it in my studio and send to everyone for consideration. Dean does the same with his ideas and the process starts from there. Our new bass player Gav Gray has been quite inspirational for us! He has fitted in so well, his writing input has been a god send and his playing ability is fantastic! Craig and Jacopo work on the lyrics and vocals and then we rehearse the songs to death when we meet up weekly.
I noticed one thing since the first listening, the choruses are really catchy and memorable, and there are songs that wouldn't sound bad at all on a radio even if not "commercial". How can you keep your coherence in making music, in this Metal world that seems to become more and more "mainstream"?
Robb: The band does have the benefit of 35 years in the music making business with a recognised signature sound and lyric content. We don't mentally say to ourselves "Right, this song has to be catchy", it just happens, by some miracle we just are able to do it naturally!
Jack: When we have written the songs, we knew what we wanted to achieve. To me Tygers have always been a hard rock band with a heavy riff attitude. That’s what ‘Ambush is all about! ‘Keeping Me Alive’, the opening track is a good example: a perfect riff on top of which we have written a nice catchy melody. Think of some classic songs from Deep Purple and Thin Lizzy: Tygers were sons of those bands.
Is "Hey Suzie" the follow-up of "Suzie Smiled"? What are the lyrics about? I couldn't read them, so I'd like to understand if and how this song is related to the one included in "Wild Cat".
Jack: We are talking of the same Suzie. It was Craig’s idea (the drummer and the one who wrote most of the lyrics and melodies of the album, teaming with me and Dean). She‘s older but still hot and naughty as she was back in 1980!
Jacopo, I know that you play in a Led Zeppelin tribute band with Francesco Bottai which is with you in Norge, you prepared an acoustic set tributing Plant's band, right? Was it love at first listening with Led?
Jack: Led Zeppelin are my favourite band even though it wasn’t love at first listening as you might have thought. I was 13. The first rock record I bought – actually I asked my father to buy it – was Queen’s "A Night At The Opera" back in 1976. I was 8 years old. I then fell in love with Kiss and then AC/DC. The first Led Zeppelin record I listened to was "LZ I" and I didn’t like it. A friend of mine then lent me "Houses Of The Holy" and after hearing "Over The Hills And Far Away" I became addicted to their music, and it’s been like this ever since!
There are two songs, "Man on Fire" and "Rock & Roll Dream", in which I can feel a performance which reminded me to Robert Plant, while in "Hey Suzie" I felt something of Joe Lynn Turner. Is there a modus operandi that you follow to give each song the right vocal lines?
Jack: Robert Plant is my hero! I think is part of my DNA, I don’t do it on purpose. On the day of his birthday this year, I posted on Facebook a photo of him just saying: "Happy Birthday Dad!" I’m blessed since my vocal range is very similar to his. Joe Lynn Turner is a great singer, I loved his performances on Rainbow’s album. You can always learn by listening to great singers: Paul Rodgers, Lou Gramm (Foreigner original singer), the immense Freddie Mercury, but even Frank Sinatra or Tom Jones... they are more r’n’r than you would ever expect!
Have you already chosen the single that will anticipate the release of "Ambush"? If so, why did you choose that song?
Robb: Mark Appleton, the head of Rocksecter Record is handling the promotion for the album and he chooses his favourite song which seems to change by the week. I have heard at least four different songs played on the radio stations. The album is catchy and a lot of songs are Rock Radio friendly hence the change of mind.
Chris Tsangarides again behind the mixer for Tygers of Pan Tang, how is working with him? He is the responsible of the sound of so many famous albums which left a trace on the history of this (and not only) genre.
Robb: Chris is an absolute legend and great friend of the band, he even did the live sound for us on tour back in 1981 before he got famous, I bet you did not know that. He is an absolute pleasure to work with because he understands the recording process and is a brilliant engineer.
During the last years there are many new acts which keep alive the essence of the Eighties sound, people like Ram, Skull Fist, Striker, Alpha Tiger, Enforcer etc... Oddly, Heavy Metal which is the base of Metal is usually deposed by the million "extreme" releases, but weren't Venom considered as a part of N.W.O.B.H.M.? Why young people don't like Heavy Metal?
Robb: Hey, there are lots of acts rocking around the globe preaching the NWOBHM word and they are all doing a great job. Long may it continue is what I say! Regarding you last question, the world has changed and fashion does dictate what is popular as well as exposure every Saturday on TV for celebrity musicians. I do not for one minute think Rock/metal is dead but it certainly less popular around the world than it was in the 80s and 90s.
Which events did you participate to during 2012 and which one left you the best memories?
Jack: We really had fun at Sweden Rock. Great crowd, great bands to listen to also. Dean and I couldn’t wait to hear Michael Schemer playing with Hermann Rarebell and Francis Bucholz from Scorpions and Dougie White on vocals. It was pouring down, but we stood there listening... And one hour later we were on stage playing “our” classics like "Suzie Smiled" and "Hellbound"!
Robb, is there a live show or a festival in the past which left an unforgettable trace in your memories for the bands which played with you, for the audience or for any other reason?
Robb: No, not really, I love every single live show, where ever we play or have played. We keep playing new countries which is very exciting even at my age!
Which are your plans to support the release of "Ambush"? Are you planning a tour?
Robb: We have been touring this year and playing a small selection of songs from Ambush, but you can't play too many new songs because people want to hear the classic's. We will keep on touring during 2013 to continue promoting the band`s name and "Ambush".
How is your life outside Tygers of Tan Pang? Side-projects, hobbies, anything?
Jack: As you mentioned, I play in a Led Zeppelin Tribute band called Norge and with the guitar player we have also an acoustic duo playing rearrangements of Zeppelin classic. I’m the singer in General Stratocuster And The Marshals, an Italian band. Our debut album is available on ITunes, and you can buy online. Its rock’n’roll with a southern rock twist. We are currently working on the new songs for a possible double album. I will be touring Europe next October with Carmine and Vinnie Apace. The project is called Drum Wars.
Robb: No, just music, family life and dogs.
Is today possible to hope (or at least dream) of living just playing music?
Robb: It’s hard but possible, the industry today is much harder to make a living than it was back in the early 80s. I do believe in "Ambush" and this journey has plenty more miles left to travel.
Jack: I’m trying. But it is hard. You need to be very open minded. I teach vocals, and that keeps me busy when I’m not singing, and it’s still music related. If you know what I mean.
Thanks for the time you spent with us, I wish you all the best for you new upcoming adventure, the last message for our readers to close end the interview is up to you...
Jack: Can’t wait to hear fan feedback n the album! To all Italians fans be ready: we will come to play live very soon! Be aware: there’s a Tygers ambush on the way!
Robb: Just check out the album "Ambush" and the website www.tygersofpantang.com . We also have a fanclub called Tyger-Force so make sure you sign up to this also.
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