Informazioni
Gruppo: Moonless
Titolo: Calling All Demons
Anno: 2012
Provenienza: Danimarca
Etichetta: Doomentia Records
Contatti: facebook.com/moonless666
Autore: Mourning
Tracklist
1. Mark Of The Dead
2. Devil's Tool
3. Horn Of The Ram
4. Calling All Demons
5. The Bastard In Me
6. Midnight Skies
DURATA: 39:07
Il buon Lukas e la sua Doomentia Records stavolta pescano in Danimarca, il monicker è giovane, la realtà interessante, loro sono i Moonless.
La formazione composta da Kenni Holmstad Petersen (voce), Hasse Dalgaard (chitarre), Banger (batteria) e Kasper Maarbjerg (basso) aveva prodotto sinora un solo 12" intitolato "Born Burned Out" facendosi strada live grazie all'opportunità di spalleggiare act come Church Of Misery, Pentagram, Sain Vitus e i nostrani Ufomammut, a marzo hanno pubblicato il disco di debutto "Calling All Demons".
Tre parole: Rock, Black Sabbath, Heavy, basterebbero queste per entrare in contatto con l'album.
È ancora una volta innegabile l'assoluta dominanza del combo di Tony Iommi & Co. nel reparto "influenze", così com'è vero che i danesi riescano a non divenirne un semplice "clone" affidandosi a una varietà di sound pur navigando costantemente in acque retrò, possedendo sia un fantastico appeal seventies che eighties sfrontatamente heavy.
In questo ultimo caso anche il "Re Diamante" fa percepire la sua presenza, tramite un approccio incline allo psichedelico che l'avvicina a realtà più odierne come i Cathedral e gli Orange Goblin. L'album racchiude in sè le qualità che affascinano e incantano l'ascoltatore abituale di doom, quelle scanalature profonde che ti agguantano trascinandoti giù pesanti ma non per è questo privo di prove orecchiabili.
"Horn Of The Ram" esempio possiede un flavour che in qualche modo, soprattutto per quanto concerne il cantato, riporta alla mente Danzig mentre l'opener "Mark Of The Dead" pur rilasciando sentori sinistri è tutt'altro che cupa, eppure il "destino" è lì dietro l'angolo pronto a incatenarvi.
I quaranta minuti di "Calling All Demons" scorrono troppo in fretta, si rimane inchiodati a "Devil's Tool" nella quale il basso di Kasper similare a quello di Geezer e l'estensione vocale di Kenni rapiscono, è estasiante giungere alla fase più sabbathiana della titletrack, si è proiettati senza mezzi termini a metà anni Settanta e quell'assolo che vi scaturisce poco dopo è un "win" fantastico.
Gira talmente bene il disco in "play" continuo o saltando di pezzo in pezzo che nel momento in cui scrivo questo testo sono già al sesto/settimo "on air" completo.
La conclusione è affidata alla doppietta che vede in rapida successione affondare i colpi "The Bastard In Me" e "Midnight Skies" nelle quali è riscontrabile la passione dell'heavy metal primorde, entrambe mi fanno pensare che se un lavoro simile fosse uscito in contemporanea a capolavori come "Sabbath Bloody Sabbath" e "Sad Wings Of Destiny" probabilmente avrebbe potuto dire la sua.
In tanti potranno asserire che la mia considerazione per questo "Calling All Demons" sia esagerata e che al giorno d'oggi risulti facile suonare in questo modo.
Non contesterei tale argomentazione, però se ci fate caso pur essendoci una miriade di band in circolazione capaci di "emulare" o entrare empaticamente in contatto con il sound di quella storica decade, elevandosi dalla massa, sì sopra la media qualitativa delle uscite di qualsiasi altro genere musicale, quante hanno in sé la personalità per poter affermarsi divenendo dei capisaldi per la nuova generazione? Poche, realmente poche.
Le premesse e ciò che ci viene dato in pasto dai Moonless indicano che questi ragazzi danesi possiedono le doti per inserirsi in quella cerchia di eletti, ovviamente dovremo riceverne conferma sul lungo periodo, per ora non posso far altro che consigliarvi di acquistarne il disco, è un piccolo gioiellino che i cultori del doom non possono e non devono farsi mancare.
Tre parole: Rock, Black Sabbath, Heavy, basterebbero queste per entrare in contatto con l'album.
È ancora una volta innegabile l'assoluta dominanza del combo di Tony Iommi & Co. nel reparto "influenze", così com'è vero che i danesi riescano a non divenirne un semplice "clone" affidandosi a una varietà di sound pur navigando costantemente in acque retrò, possedendo sia un fantastico appeal seventies che eighties sfrontatamente heavy.
In questo ultimo caso anche il "Re Diamante" fa percepire la sua presenza, tramite un approccio incline allo psichedelico che l'avvicina a realtà più odierne come i Cathedral e gli Orange Goblin. L'album racchiude in sè le qualità che affascinano e incantano l'ascoltatore abituale di doom, quelle scanalature profonde che ti agguantano trascinandoti giù pesanti ma non per è questo privo di prove orecchiabili.
"Horn Of The Ram" esempio possiede un flavour che in qualche modo, soprattutto per quanto concerne il cantato, riporta alla mente Danzig mentre l'opener "Mark Of The Dead" pur rilasciando sentori sinistri è tutt'altro che cupa, eppure il "destino" è lì dietro l'angolo pronto a incatenarvi.
I quaranta minuti di "Calling All Demons" scorrono troppo in fretta, si rimane inchiodati a "Devil's Tool" nella quale il basso di Kasper similare a quello di Geezer e l'estensione vocale di Kenni rapiscono, è estasiante giungere alla fase più sabbathiana della titletrack, si è proiettati senza mezzi termini a metà anni Settanta e quell'assolo che vi scaturisce poco dopo è un "win" fantastico.
Gira talmente bene il disco in "play" continuo o saltando di pezzo in pezzo che nel momento in cui scrivo questo testo sono già al sesto/settimo "on air" completo.
La conclusione è affidata alla doppietta che vede in rapida successione affondare i colpi "The Bastard In Me" e "Midnight Skies" nelle quali è riscontrabile la passione dell'heavy metal primorde, entrambe mi fanno pensare che se un lavoro simile fosse uscito in contemporanea a capolavori come "Sabbath Bloody Sabbath" e "Sad Wings Of Destiny" probabilmente avrebbe potuto dire la sua.
In tanti potranno asserire che la mia considerazione per questo "Calling All Demons" sia esagerata e che al giorno d'oggi risulti facile suonare in questo modo.
Non contesterei tale argomentazione, però se ci fate caso pur essendoci una miriade di band in circolazione capaci di "emulare" o entrare empaticamente in contatto con il sound di quella storica decade, elevandosi dalla massa, sì sopra la media qualitativa delle uscite di qualsiasi altro genere musicale, quante hanno in sé la personalità per poter affermarsi divenendo dei capisaldi per la nuova generazione? Poche, realmente poche.
Le premesse e ciò che ci viene dato in pasto dai Moonless indicano che questi ragazzi danesi possiedono le doti per inserirsi in quella cerchia di eletti, ovviamente dovremo riceverne conferma sul lungo periodo, per ora non posso far altro che consigliarvi di acquistarne il disco, è un piccolo gioiellino che i cultori del doom non possono e non devono farsi mancare.