lunedì 28 dicembre 2009

L'ORDRE DU TEMPLE - In Hoc Signo Vinces


Gruppo: L'Ordre Du Temple
Anno: 2007
Etichetta: My Funeral Records
Autore: Leonard Z

Tracklist
1. Sancta Sanctorum
2. Nine Shadows Behind The Temple
3. Waiting for a God's Sign
4. Et In Arcadia Ego
5. The Knight's Dream
6. What Magic Is, What Are The Parts Thereof, And How The Professors Thereof Must Be Qualified
7. In Lode De L’Asino
8. Libellus Veneris Nigro Sacer

DURATA : 42:46

Debut album per il progetto solista di Count David con i suoi L'Ordre Du Temple. La prima cosa che mi colpisce di questo prodotto è il packaging: un digipack in dimensioni da DVD molto ben confezionato con un artwork che rimanda al medioevo e alle gesta dei Templari. Le otto tracce presenti in questo lavoro mi spiazzano: mi sarei aspettato qualcosa di tradizionalmente black metal e invece rimango stupito dall’accorgermi che la via percorsa dal musicista in questione è un misto tra ambient, folk e black metal. Se dovessi accostare gli L'Ordre Du Temple ad un’altra band direi immediatamente: Summoning! Certe scelte sonore sembrano proprio giungere dal sunnominato progetto austriaco (come ad esempio il suono dei synth, che paiono strappate dall’album “Dol Guldur”), mentre altre come uno screaming meno sussurrato e più marcio, e l’uso delle chitarre in perfetto stile black metal ne prendono le distanze. I testi di “In Hoc Signo Vinces” non ci proiettano in mondi fantasy, ma nel nostro passato, scavando nella storia dei movimenti ereticali medioevali e nella tradizione dell’esoterismo occidentale. Uno dei pezzi più avvincenti dell’album (insieme a “Nine Shadows Behind The Temple”) è “In Lode De L’Asino”, dove si cita Giordano Bruno (mandato al rogo dalla Chiesa Cattolica nel 1600 per eresia) e la sua visione critica secondo cui la Chiesa vede nell’ignorante fiero di non conoscere e di non sapere nulla (l’asino) il massimo esempio di fede e santità. In definitiva: un album da avere senz’altro se siete amanti delle sonorità medioevali e di un certo black metal colto che non si limita ai soliti cliché. Per quanto mi riguarda posso dire che sia questo album che “Oath Bound” dei Summoning arrivarono a casa mia lo stesso giorno. Riponevo grandi speranze nel lavoro dei Summoning e poche in quelle di questo progetto italiano (lo ammetto: puro pregiudizio), ma mi sono dovuto ricredere. “In Hoc Signo Vinces” è girato molte più volte nel mio lettore di quanto non abbia fatto il suo rivale austriaco.

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