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lunedì 17 gennaio 2011SVARTI LOGHIN - Drifting Through The VoidInformazioni Gruppo: Svarti Loghin Anno: 2010 Etichetta: Atmf Contatti: www.myspace.com/svartiloghin Autore: Mourning Tracklist 1. Red Sun Sets 2. Kosmik Tomhet 3. Odelagd Framtid 4. Drifting Through The Void 5. Nightsky Interlude 6. Bury My Heart In These Starlit Waters 7. Planet Caravan (Black Sabbath cover) 8. Stargazer DURATA: 47:10 Ci sono band che a tanti non piacciono perché non rientrano nei "canoni" prestabiliti a mo' di paletto che si tendono a definire "essenziali" per identificare in note il proprio essere, è normale quindi che realtà come gli Svarti Loghin spesso non vengano comprese e vissute con la stessa intensità da chi intende il black prettamente con una visione oltranzisticamente old rispetto a chi ama la ricerca e un progredire anche guardando indietro, e non per forza nell'ambito metal, per arricchire il sound. In effetti gli svedesi sono una via di mezzo, sì hanno aperto una porta che da sul passato ma attingendo dalla fonte rock, come non ricordare dopo l'ascolto del debutto "Empty World" alcuni conoscenti presi male per la poca "truezza" dell'album in questione. Personalmente andai in brodo di giuggiole dopo un paio di on air del suddetto e quindi attendevo con particolare interesse il secondo disco del combo, "Drifting Through The Void" è riuscito nel sorprendermi ancor più positivamente di quanto mi aspettassi superando i valori espressi dal primo nato. La natura "estrema" della proposta è intatta, le chitarre sanno ancora porsi freddamente malinconiche e lo scream di S.L. fa ancora la sua nei frangenti più classicamente ancorati allo stile, sono però le lunghe strade strumentali rock che si fanno largo attraverso le silvestri sonorità a fare la differenza. C'è un incrocio molto intimo fra visione black e grunge, è impossibile non notare come una "Kosmik Tomhet" e una titletrack dotate di una vitalità nineties che ricorda Eddie Vedder e i Pearl Jam balzino all'orecchio sorprendendolo, nella seconda l'armonica di Limpan appare improvvisa ad animare e arricchire una traccia che fa del vissuto di Seattle un proprio punto di forza, per non parlare della splendida e delicata riproposizione dell'immortale e psichedelico viaggio a titolo "Planet Caravan" dei Black Sabbath. Del resto ho sempre trovato odioso affibbiare a questa al pari di tante altre band l'inutile quanto dozzinale aggettivo "depressive", non ha nulla di depressivo la musica degli Svarti Loghin, è sicuramente melancolica, ha una tristezza di fondo ricca di fascino ma non ha davvero niente a che spartire con i mille e più pseudo emuli di gente come Silencer e Burzum che scopiazzano senza dar senso alle note nella maggior parte dei casi. C'è una forte personalità nel sound che lo rende proprio e lo scegliere di ripartire dalle basi ha premiato loro con un risultato che va ben al di sopra delle più rosee aspettative. E' un ibrido che riesce a colpire sia nelle fasi più tradizionali, sia in quelle più orecchiabili con strofe che invitano a seguirle ed eseguirle in loro compagnia, capita che il canto pulito attiri e non poco, ovviamente non si può negare che "Odelagd Framtid" accontenti i sostenitori della prima scia ma l'invitante eleganza di una "Bury My Heart In These Starlit Waters" con i suoi arpeggiati e la voce pungente potrebbe intrigare e trovare riscontri in entrambi le fasce d'ascoltatori. I quarantasette minuti volano via, "Stargazer" è l'ultimo frammento di cielo che ci viene contro, il disco ha lasciato tanti buoni ricordi, segno di una maturità che avanza. Gli Svarti Loghin non sono da vivere a cuor leggero, non offrono una prova semplice da assimilare, soprattutto per quanto riguarda l'impegno emotivo e le atmosfere che da persona a persona verranno recepite e affrontate in maniera trasversalmente diversa. Se a un primo passaggio nello stereo doveste bocciarlo, ve lo dico in tutta franchezza, fareste un grosso errore, è anche vero che chi non ha tempo da dedicare all'ascolto e pretende di entrare in contatto con l'arte come si fa con il cibo da fast food in stile Mac Donald ha proprio sbagliato mondo in cui inserirsi. |
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