lunedì 13 dicembre 2010

ISLAND - Island


Informazioni
Gruppo: Island
Anno: 2010
Etichetta: Vendlus Records
Contatti: www.myspace.com/islandofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Jukai
2. Waterside
3. Nadir
4. Mistral
5. Origin
6. Harbour
7. Sol

DURATA: 56:53

Esistono artisti che difficilmente ti deludono, gli Island, seppur per me fossero un nome noto di cui conoscevo l'esistenza ma non avevo ancora ascoltato nulla della loro produzione sinora costellata di demo ed ep, non potevo farmeli scappare visto che la line-up è formata da membri ed ex di Valborg, Klabautamann e Woburn House, realtà una più bella e interessante dell'altra.
Appena mi è arrivato fra le mani il debutto omonimo ero quindi strasicuro che non avrei avuto un disco semplice fra le mani, la supposizione è stata confermata dall'on air.
Non si parla di difficoltà derivanti dall'aspetto tecnicamente forzato, i musicisti in questione sfruttano le proprie abilità a servizio delle composizioni e hanno delle capacità spiccate di innalzare banchi atmosferici di un'intensità e sostanza incredibili.
I quasi sessanta minuti di durata di "Island" partoriscono un percorso fatto di luci adombrate e angoli neri nei quali la natura sognante delle note si scontra con un oblio che mostra essere sul chi va là per assorbire e rigettare l'ascoltatore successivamente.
Leggiadro come gli Opeth acustici, psichedelico come un mix di droghe Hawkwind-floydiane vs Ved Buens Ende (più echi che altro però), progressivo come Steven Wilson insegna e goticamente retrò tanto da ricordare il periodo d'oro di formazioni quali Tiamat e Anathema (parlo del tempo di "Pentecost III"/"Silent Enigma"), l'album si districa fra un reticolato di emozioni amplio che è impossibile descrivere e che solo l'ascolto può rendere vivibili nel migliore dei modi.
Le tracce godono di strutture che alternano momenti colmi d'ansia ad altri aperti al pari di spazi infiniti, gli undici minuti dell'apripista "Jukai" mettono in risalto molte delle particolarità sonore e umorali che incontrerete nel corso del platter, importante è l'approccio vocale con cui l'esperto ed enigmatico Christian Kolf si muove sulle basi dando prova di saper giostrare calma e vivacità dai toni malinconici.
Figurativamente l'immagine che più s'avvicina all'essenza di "Island" per il sottoscritto è quella di un tramonto, per quanto esso sia bello, romantico e dai toni anche accesi con quel rossore che lo contraddistingue, lascia una sorta di melancolica presenza che se non ci fosse farebbe perdere parte del valore, è questa sensazione che andando avanti nell'ascolto i brani svariate volte mi evocano.
"Waterside" ha suoni "impazziti" che si animano e affossano, lì a un passo dal drammatizzare una canzone che più si avvicina al greve, più d'improvviso rialza la testa movimentando il proprio incedere, il cambio che porta poi all'avvio della successiva "Nadir" post-rock oriented è da brividi, la formazione ha in testa non so quante idee e riesce a convogliarle inserendo le passioni musicali che la influenzano senza diventarne vittima, non c'è quindi presenza di una clonazione e dell'aver estrapolato una modalità sonora precisa quanto un flusso di correnti che si unisce per formare qualcosa di personale e il marchio Island, per quanto altre realtà si riscontrino, ci sta tutto.
Rafael Calman, l'uomo a cui è affidata la cura delle pelli, è perfetto nel dare una cadenza che muta continuamente, più di ogni altra cosa e sottolinerei l'aspetto legato all'umore che infonde diversificato con un uso dei piatti che hanno un peso determinante dato che sembrano scandire l'emozioni create dando un ritmo ben preciso a ognuna.
Se "Mistral" per alcuni aspetti potrebbe farvi pensare che abbiano bisogno di fermarsi un attimo a riflettere mantenendosi sulla canonicità iniziale del pezzo, verrete smentiti dalla sua evoluzione sul finire dove diviene robusta prima di spegnersi acusticamente, sono comunque le successive "Origin" e "Harbour" che rimettono in moto la vena esplosiva dell'immaginario contrastante in cui le sonorità degli Island si dilettano a sparire e ritornare o riesumare vecchie conoscenze, nella prima infatti vengono a galla parentesi aspre, tratti growl nella frazione conclusiva che si ribellano alla quiete disarmante ostentata dal pezzo, nella seconda invece il placido viaggio viene interrotto dall'intrufolarsi di sensazioni e sapori prettamente seventies che l'aromatizzano.
Manca ancora un brano e poi il cd sarà finito, eppure se uno tornasse indietro e lo riesaminasse daccapo l'affronterebbe nella stessa maniera? Onestamente non so dirvelo anche perché ogni giro nello stereo ha influito a cambiare la mia giornata portando qualcosa di buono, una riflessione o un semplice sorriso che mi hanno fatto guardare e ascoltare in modo differente anche l'album, molto è dovuto anche a come è stato portato a termine, "Sol" fa sì che si spezzi un po' l'inquietudine mai velata nelle altre tracce come un raggio di sole che fioco bypassando la serranda non perfettamente chiusa vi sveglia con il suo calore, una giornata quindi che deve ancora fare il proprio corso e non una che si è appena conclusa, è una forma di circolo chiuso che la canzone sembra volere riportare al principio per far suonare ancora una volta le note di "Island".
Sorretto egregiamente in ogni singola prova strumentale e prodotto in modo che l'equilibrio fra sound e umanità risaltasse, è un album geniale e che gli amanti dell'arte fatta musica non possono assolutamente farsi mancare.
Va ascoltato tantissime volte, ci vuole pazienza e voglia di entrarvi pienamente in contatto ma il tempo che gli avrete dedicato vi verrà ricompensato con l'acquisizione profonda e toccante di un'opera come poche in giro, compratelo.

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