lunedì 30 maggio 2011

CULT OF ERINYES - A Place To Call My Unknown


Informazioni
Gruppo: Cult Of Erinyes
Anno: 2011
Etichetta: Les Acteurs De L'Ombre Productions
Contatti: www.myspace.com/cultoferinyes
Autore: Mourning

Tracklist
1. Call No Truce
2. Insignificant
3. Ísland
4. A Thousand Torments
5. Permafrost
6. Velvet Oppression
7. Black Eyelids
8. Thou Art Not
9. Last Light Fading

DURATA: 46:48

Venir sorpresi da ciò che non t'aspetti è sempre una bella sensazione, la presentazione cartacea riguardante il debutto dei belgi Cult Of Erinyes era di quelle esaltanti, "A Place To Call My Unkwnown" è raffigurato come un album capace di progressioni avanguardistiche e digressioni doomiche, impregnato d'oscurità battente e martellante interrotta da fasi ambient e con una gamma di melodie malsane a fare da malevolo contorno, cosa si può volere di più?
Un proverbio di quelli veramente saggi dice "fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare", mai parole furono più centrate e propiziatorie, la curiosità rivolta all'ascolto me lo fece inserire di getto nel lettore, il bello sta nel fatto che la formazione solca quello sterminato oceano del fondere più anime stilistiche con una grazia, dirompenza e personalità ben al di sopra di ogni più rosea previsione, demolisce lo scoglio del dubbio sin dalla sensazione che pervade e inebria in apertura con "Call No Truce".
E' una collisione di più pianeti, giganti e dall'importante peso musicale ciò di cui il nostro orecchio potrà godere, pensate di prendere act quali Alastis, Enslaved, Neurosis, Blood Of Kingu e un pizzico del flavour Emperor, shakerate il tutto e avrete le note, le atmosfere e l'emotività ritualistica che compongono "A Place To Call My Unknown" che, come accade in qualsiasi opera formata da più episodi, possiede dei picchi che ne elevano ancor più il livello di per sè già fantastico, in questo caso fra i titoli di riferimento c'è "Insignificant" favolosa nel suo intervallare intermezzi ambientalistici, cambi di tempo repentini e una ricerca che sfocerà nelle voci "sporcate" e negli effetti sonori particolarmente ricercati della successiva "Island".
Altro binomio letteralmente micidiale è quello che vede in rapida sequenza l'esplodere progressive/ambient di "Permafrost", che sembra sprigionare un sentore nostalgico dell'era nineties vivido, carnale, e la devastante "Velvet Oppression", in cui brilla la figura del batterista Baal, una vera macchina da guerra quando preme sull'acceleratore e un perfetto diversificatore d'incedere nei suoi dinamici e insistiti incastri.
Impossibile non nominare poi la conclusiva "Last Light Fading" dal mood cupo e avvolgente che sino alle battute finali mantiene fitto e comprimente l'alone nero che serpeggiando si è districato lussuregiante e diabolico di traccia in traccia.
"A Place To Call My Unknown" è un sole nero pronto a irradiarvi con i suoi raggi color pece, possiede una buonissima produzione che permette alle chitarre dovutamente sature di ritagliarsi un posto in prima fila senza spadroneggiare sul resto e con Mastema dietro al microfono che stride, graffia, macera l'ascoltatore con la sua malignità abbondante.
Per chi non avesse ancora compreso la sinfonia, i Cult Of Erinyes dopo un ep, "Golgotha", già più che apprezzabile, hanno deciso di fare davvero sul serio e con un pregevole, raffinato e annerito diamante come "A Place To Call My Unknown" si sono superati.
L'acquisto per un'opera simile è obbligatorio.

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