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lunedì 2 maggio 2011PŸLON - Armoury Of GodInformazioni Gruppo: Pÿlon Anno: 2011 Etichetta: Quam Libet Records Contatti: myspace.com/pylondoom Autore: Mourning Tracklist 1. The First Church 2. The Worm Within 3. In From The Funeral Fields 4. Gravestar 5. Hollow Sky 6. Cosmic Treasure 7. I Lyki Stin Kardia Mou 8. Hunter Angels 9. In Serpent Tongues 10. Somewhere In Nowhere 11. Death Is All Around DURATA: 1:06:36 A due anni di distanza da quel bel disco che è "Doom", riecco gli svizzeri Pylon, la formazione guidata da Matt Brand rilascia il quarto disco "Armoury Of God", ben settantasette minuti di musica classicamente legata a figure come Black Sabbath, Count Raven e per rimanere in ambito white moderno si potrebbero accostare per certi versi a Nomad Son. E' una realtà rodata, profonda conoscitrice dello stile e che ha sin da inizio carriera mantenuto uno standard qualitativo ben al di sopra della media, questo platter di undici tracce, lo dico sin da ora, è l'ennesimo tassello di valore inserito in una discografia priva di passi falsi. Le canzoni poste in apertura, "The First Church" e "The Worm Within", mostrano le movenze che i Pylon sfruttano come cardini del proprio sound, si passa da un mid-tempo ricco di groove a un pezzo strisciante, dilatato all'inverosimile e adornato da grandi scanalature in cui la solistica del guest Vale Baumgartner trova terreno fertile in cui esprimersi. L'epicità cristallina e le melodie inquietantemente di compagnia sono le redini guida che imbrigliano "In From The Funeral Fields" seguita dall'accoppiata statuaria composta da "Gravestar" e "Hollow Sky", i due episodi mantengono vivo il sentore epico ma assumono connotati più grevi, pesanti e classicamente massicci, il riffing di Matt si tinge di un fitto grigiore e la rinnovata presenza di Vale nella prima del duo citato aggiunge quel quid in più. L'atmosfera non è un monolite nero, non ha una cadenza forzatamente minacciosa e oscura come spesso avviene con le release di questo tipo, risulta invece sfaccettata, una nuvola che muta forma, colore e umore assecondando il tempo e le dinamiche imposte dai brani. Inusuale la scelta di proporre una traccia strumentale dietro l'altra, è il caso di "Cosmic Treasure" dal mood fluttuante e psichedelico e "I Lyki Stin Kardia Mou" più consona a riportare in carreggiata l'album, pronto a riprendere la propria marcia con "Hunter Angels" che riporta i regimi ritmici e i carichi sonori alla pesantezza conosciuta puntando ad accentuarla in brevi frangenti in cui si percepisce l'apparire del growl. Piacevole il tentativo di unire emotività e ricerca in una "In Serpent Toungues", poche parole emesse in maniera sommessa le fanno da intro, il lavoro di chitarra è ipnotico, la voce di Matt s'integra al sound fornendo ancora e ancora quello spirito epicheggiante a supporto e con le tonalità strumentali assunte l'ombra dei Solitude Aeturnus di Rob Lowe si fa vivida. La formazione in cui milita adesso questo gran cantante, i fondamentali Candlemass, viene omaggiata con la cover di "Somewhere In Nowhere", brano facente parte di "Tales Of Creation" assorbito, masticato e ridato alla luce con la personalità dei Pylon, bella prova. "Armoury Of God" sta per finire, manca la sola "Death Is All Around" all'appello ed è esaltante, il trio fa intravedere in maniera cristallina la coesione, lo spirito con cui hanno portato a termine il proprio lavoro, ognuno dei membri ha modo di dire la sua, stavolta Jan e Andrea vanno oltre il confermare il fatto che siano la spina dorsale del sound, mostrandosi più liberi di agire. Con quest'album si chiude la trilogia inizata al tempo di "Th' Eternal Wedding Band", a quanto sembra la prossima produzione di casa Pylon sarà esclusivamente in vinile e chissà quali altri cambiamenti porterà con sè. Per chi non si stanca mai di godere del doom di prima ondata, quello che vive legato al ricordo del suono anni Settanta e Ottanta, quello che è capace di far sognare anche con note che potrebbero sembrare familiari (e spesso lo sono), i Pylon sono un cavallo su cui puntare sempre e comunque, con loro non si sbaglia mai. |
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